La chiesetta di Santa Maria della Neve in Galugnano

Riportiamo gli abstract dei saggi pubblicati sul nuovo numero de Il delfino e la Mezzaluna

 

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Maurizio Nocera, Quando Luciana Palmieri scrisse della chiesetta di Santa Maria della Neve in Galugnano

in Il delfino e la Mezzaluna, Periodico della Fondazione Terra d’Otranto, anno VI, n° 8, 2019, pp. 273-280

 

ITALIANO

 Alcune pagine di Luciana Palmieri rappresentano lo spunto per un veloce ritratto di un’antica chiesa extramoenia di Galugnano intitolata a Santa Maria della Neve.

 

ENGLISH

Some of Luciana Palmieri’s pages rapresent the basis for a quick done portrait of an ancient extramoenia church in Galugnano dedicated to Saint Maria della Neve.

 

Keyword

 Maurizio Nocera, Luciana Palmieri, Santa Maria della Neve, Galugnano

Echi e aspetti del tarantismo in Sava e nel territorio limitrofo

Riportiamo gli abstract dei saggi pubblicati sul nuovo numero de Il delfino e la Mezzaluna

 

fondazione terra d'otranto

Gianfranco Mele, Echi e aspetti del tarantismo in Sava e nel territorio limitrofo

in Il delfino e la Mezzaluna, Periodico della Fondazione Terra d’Otranto, anno VI, n° 8, 2019, pp. 263-272

 

ITALIANO

 Questo scritto costituisce la sintesi di un lavoro di ricerca, di prossima diffusione nella sua versione integrale, finalizzato a ricostruire per quanto possibile una storia del tarantismo nella località specifica di Sava (pur con necessari riferimenti al circondario), territorio nel quale non è stato mai effettuato alcun tentativo di sistematizzazione storico-etnografica del fenomeno.

 

ENGLISH

The present writing is an overview of a research work that will be soon published in its full version. The goal of this research is to trace, as far as possible, a history of the Tarantism phenomenon in the village of Sava, with references to the surrounding areas where no attempt to systematize the historical and ethnographic background of the phenomenon was ever made.

 

Keyword

Gianfrano Mele, tarantismo, Sava

Per un’indagine sui collezionisti etnografici nel Salento

Riportiamo gli abstract dei saggi pubblicati sul nuovo numero de Il delfino e la Mezzaluna

 

Federica Manieri, I custodi della memoria: per un’indagine sui collezionisti etnografici nel Salento

in Il delfino e la Mezzaluna, Periodico della Fondazione Terra d’Otranto, anno VI, n° 8, 2019, pp. 253-262

 

ITALIANO

La volontà di recupero di una tradizione, di una memoria culturale e storica accompagna spesso il bisogno di riscoprire, assieme alle tradizioni di un dato ambiente, le proprie più intime origini, il rapporto con la propria gente, nella propria terra e fra le proprie cose. Vi sono persone che sentono in maniera più viva questo bisogno e che trascorrono la loro esistenza raccogliendo e conservando oggetti, testimonianze materiali del passato che, in tempi non troppo lontani, erano parte integrante della vita quotidiana di paesi e campagne e che, con la fine della società contadina tradizionale, il passaggio da un’economia agricola ad una industriale e lo spopolamento dei piccoli centri a vantaggio delle grandi metropoli, sono destinati a scomparire definitivamente. Queste persone sono i raccoglitori e collezionisti etnografici, amanti di quegli oggetti ≪poveri≫ e semplici, il cui valore è dato non dalla bellezza artistica, ma dall’impronta dell’ambito culturale in cui erano usati, dai segni che recano impressi, frutto del susseguirsi di ritmi e cicli lavorativi in cui erano impiegati.

 

ENGLISH

The willingness to retrieve a tradition, a cultural and historical memory, often goes with the need to rediscover, along with the traditions of a certain environment, one’s most inner origins, the relationship with the fellows, with one’s own land and everything he or she owns. There are people who feel this need in a more intense way and who spend their life collecting and keeping objects as well as material evidences of the past. These evidences, not so long ago, were a fundamental part of everyday life in villages and in the countryside. However, with the disappearance of the traditional peasant society, the shift from an agricultural economy to an industrial one and the depopulation of small towns to the advantage of big cities, these evidences are doomed to disappear forever. Ethnographic researchers and collectors are indeed interested in “poor” and simple objects whose value is not given by an aesthetic beauty but by their importance for the cultural environment they belong to but also by the marks they display due to the following of rhythms and production cycles in which they were employed.

 

Keyword

Federica Manieri, collezionisti etnografici, Tuglie, Francavilla Fontana, Crispiano

Uno spaccato di vita della città-diocesi di Castellaneta nel primo quarto del secolo XVI

Riportiamo gli abstract dei saggi pubblicati sul nuovo numero de Il delfino e la Mezzaluna

 

Castellaneta

Domenico L. Giacovelli, Spicilegium Castaniense II

in Il delfino e la Mezzaluna, Periodico della Fondazione Terra d’Otranto, anno VI, n° 8, 2019, pp. 235-252

 

 

ITALIANO

Una collettoria fatta redigere nel 1520 dal vescovo Marco Antonio Fiodo (1513-1536) per provvedere alla raccolta della decima permette – con l’abbondanza di riferimenti e particolari che la contraddistingue – di conoscere più direttamente uno spaccato della vita della città-diocesi di Castellaneta nel primo quarto del secolo XVI, si da far pensare alla somiglianza al genere dei verbali delle visite pastorali, della cui prassi, già prima del 1572 (anno della prima visita pastorale finora conosciuta in loco), riferisce un documento – in copia estratta successiva al 1533 – provvidenzialmente conservatosi tra le carte del Capitolo cattedrale.

 

ENGLISH

The bishop Marco Antonio Fiodo (1513-1536), in 1520, had drawn up a list in order to provide to the collection of the tithe. This document, full of references and details, allows us to know more directly a slice of life of diocese-city of Castellaneta in first quarter of XVI century, being similar to the models of reports of pastoral visits, whose routine procedure was recorded before 1572 (year of the first pastoral visit known so far on-site) in another document (whose certified copy was dated after 1533) that was providentially preserved at the Cathedral Chapter.

 

Keyword

Domenico L. Giacovelli, Castellaneta, Marco Antonio Fiodo

Il testamento di Nicola Massa, barone di Collepasso e Neviano, a favore della chiesa dell’Incoronata di Nardò ed altri conventi del Salento

Riportiamo gli abstract dei saggi pubblicati sul nuovo numero de Il delfino e la Mezzaluna

 

Marcello Gaballo – Armando Polito, Il testamento di Nicola Massa, barone di Collepasso e Neviano, a favore della chiesa dell’Incoronata di Nardò ed altri conventi del Salento

in Il delfino e la Mezzaluna, Periodico della Fondazione Terra d’Otranto, anno VI, n° 8, 2019, pp. 213-234

 

ITALIANO

 Il contributo evidenzia le peripezie di Anna Massa Capece, figlia del barone Nicola Massa di Nardò e di Beatrice Capece, ormai prossima al matrimonio con il duca di Lizzano Ottavio Clodinio. Questi, già reo di offese alla persona, alla reputazione ed ai beni del futuro suocero, mando dei sicari per ucciderlo, ma l’agguato fallì. La reazione di Nicola, essendo la figlia ancora intenzionata a convolare alle programmate nozze, fu immediata e drastica.

 

ENGLISH

This input highlights the vicissitudes of Anna Capece, daughter of the baron Nicola Massa of Nardò and Beatrice Capece, now closet o marriage with the duke of Lizzano Ottavio Clodinio. This one, already guilty of offenses to the person, reputation and property of his future father-in-law, sent assassins to kill him, but the ambush failed. Nicola’s reaction, being the daughter still intent on getting married in the planned wedding, was immediate and drastic.

 

Keyword

Marcello Gaballo, Armando Polito, Nicola Massa, Chiesa Incoronata

Una proposta per Paolo de Matteis nella chiesa di Santa Teresa a Nardò

Riportiamo gli abstract dei saggi pubblicati sul nuovo numero de Il delfino e la Mezzaluna

 

particolare della tela nella chiesa di Santa Teresa a Nardò (ph Lino Rosponi)

 

Marino Caringella, Una proposta per Paolo de Matteis nella chiesa delle Teresiane di Nardò

in Il delfino e la Mezzaluna, Periodico della Fondazione Terra d’Otranto, anno VI, n° 8, 2019, pp. 207-211

 

ITALIANO

 La recente ipotesi attributiva a Paolo de Matteis della Transverberazione di Santa Teresa con Sacra Famiglia, allogata nella chiesa delle Teresiane a Nardò, e qui discussa e ritenuta convincente alla luce di raffronti con opere certe del pittore cilentano. Il carattere acerbo di alcuni dettagli anatomici e una certa disomogeneità stilistica fanno pensare ad alcuni interventi di bottega, segnatamente a Domenico Guarino. Ove tale impressione fosse confermata da un auspicabile restauro, la datazione del dipinto sarebbe prossima al 1698, anno in cui de Matteis licenzia la Madonna delle Grazie per la cattedrale neretina, e comunque anteriore al 1702, quando il maestro parte per Parigi ponendo fine al rapporto di collaborazione col Guarino.

 

ENGLISH

The recent hypothesis that attributes to Paolo de Matteis the Transverberazione di Santa Teresa con Sacra Famiglia (Transverberation of St. Teresa with the holy Family) placed in the church of the Teresians in Nardò, is here discussed and considered convincing in the light of the comparisons with the irrefutable works of the Cilentan painter. The immature nature of some anatomical details and a certain lock of stylistic homogeneity suggest some involvements particularly by the studio of Domenico Guarino. If this impression could be confirmed by a desirable restoration, the date of the painting would be close to 1698, the year when

de Matteis dismisses the Madonna delle Grazie (Our lady of Grace) to the Nardo Cathedral, anyway preceding the 1702 when the master leaves to Paris putting an end to the collaboration with Guarino.

 

Keyword

Marino Caringella, Paolo De Matteis, Chiesa S. Teresa, Nardò

Due dipinti di Niccolò de Simone e di Giovanni Andrea Coppola nella chiesa di Sant’Angelo a Tricase

Riportiamo gli abstract dei saggi pubblicati sul nuovo numero de Il delfino e la Mezzaluna

 

Stefano Tanisi, L’Educazione della Vergine di Niccolò de Simone e il Sant’Oronzo di Giovanni Andrea Coppola nella chiesa di Sant’Angelo a Tricase

in Il delfino e la Mezzaluna, Periodico della Fondazione Terra d’Otranto, anno VI, n° 8, 2019, pp. 195-204

 

 

ITALIANO

L’attenzione di questo studio è rivolta a due dipinti seicenteschi, di recente restaurati, conservati nella chiesa di Sant’Angelo di Tricase, edificio un tempo incardinato alla famiglia Gallone, raffiguranti uno l’Educazione della Vergine, opera attribuibile al pittore belga Niccolò de Simone, e l’altro, il Sant’Oronzo, del pittore gallipolino Giovanni Andrea Coppola.

 

ENGLISH

The attention of this work is directed to two recently restored paintings of the seventeemth-century that were conserved in Sant’Angelo’s church in Tricase, building that was once under the possession of Gallone’s family. The painting depicting the Virgin’s education is allegedly related with the Belgian painter Niccolò de Simone, the other one, instead, is portraying Saint Orontius and belongs to the painter Giovanni Andrea Coppola from Gallipoli.

 

Keyword

 Stefano Tanisi, Niccolò De Simone, Andrea Coppola, Tricase

 

La facciata del San Domenico di Nardò. Un aggiornato manifesto di denuncia contro l’eresia (europea)

Riportiamo gli abstract dei saggi pubblicati sul nuovo numero de Il delfino e la Mezzaluna

 

Paolo Marzano, La facciata del San Domenico di Nardò. Un aggiornato manifesto di denuncia contro l’eresia (europea)

in Il delfino e la Mezzaluna, Periodico della Fondazione Terra d’Otranto, anno VI, n° 8, 2019, pp. 179-193

 

ITALIANO

 Questa ricerca, avente ad oggetto la facciata della chiesa di San Domenico a Nardo, indaga le matrici reali, i probabili luoghi originari e gli aggiornamenti stilistici di cui la facciata è un incredibile ed esaltante risultato. Dai suoi due livelli del tipo ≪a castello≫, dai diversi trattamenti della pietra (tutto tondo, alto rilievo, basso rilievo, stiacciato), dalle sue tante componenti, ne scaturisce una sorta di grammatica utile per comunicare nel migliore dei modi dei concetti teologici, con la voce chiara della cultura antiquaria europea del Cinquecento. La facciata del San Domenico è quindi concepita come un vero e proprio manifesto d’accusa contro l’eresia dilagante (riforma protestante). L’incredibile ≪apparato d’architettura≫ in pietra, conferma l’alto livello artistico dei mastri costruttori salentini, capaci di tradurre la riflessione teologica in un trionfo scultoreo di preziosa matrice europea.

 

ENGLISH

This research about the facade of St. Domenico’s Church in Nardo wants to find the real origins, the probable original places and the stylistic renovation of which the facade is an incredible and rousing result. From its two levels ≪at castle≫ type, from its different treatments of the stones (in full relief, high relief, basrelief, stiacciato) from its many components, comes out a kind of grammar useful to communicate in the best way the theological concepts, with a clear voice of the antiquarian European of the sixteen century. St. Domenico’s facade is so conceived as a real accusatory manifesto against the rampant heresy (the Protestan Reformation). The incredible ≪architectural apparatus≫ in stones, confirms the high artistic level of our salentini masters mason, capable to translate the theological meditations into a sculptural triumph from a precious European origin.

 

Keyword

Paolo Marzano, Nardò, chiesa San Domenico, eresia

Gennaro Cimafonte e l’altare maggiore della chiesa del Rosario di Martano

Riportiamo gli abstract dei saggi pubblicati sul nuovo numero de Il delfino e la Mezzaluna

 

Ugo Di Furia, Gennaro Cimafonte e l’altare maggiore della chiesa del Rosario di Martano

in Il delfino e la Mezzaluna, Periodico della Fondazione Terra d’Otranto, anno VI, n° 8, 2019, pp. 165-177

 

 

ITALIANO

 L’altare maggiore della chiesa domenicana del Rosario a Martano fu realizzato intorno al 1752 da Gennaro Cimafonte, uno dei principali esponenti di un’ampia e celebre famiglia di marmorari napoletani, già presente in Salento nella chiesa della Purità di Gallipoli e nella parrocchiale di Campi Salentina. Tale attribuzione si deve ai documenti ritrovati più di un trentennio fa da Eduardo Nappi nell’archivio storico dell’Istituto Banco di Napoli Fondazione. A questi si aggiungono oggi altri dati provenienti dal medesimo archivio che, oltre a definire meglio i tempi di realizzazione ed i costi complessivi dell’opera, forniscono ulteriori informazioni su alcuni manufatti lignei realizzati contemporaneamente per lo stesso monastero domenicano dallo scultore Pietro Nittolo e dall’intagliatore Giacomo Ricci. Inoltre, i due putti capo altare di Martano, che in passato erano stati riferiti a Matteo Bottigliero e dei quali al momento non esistono documenti atti a testimoniarne la paternità, vengono qui attribuiti, sulla base di valutazioni di carattere stilistico, a mani diverse: a Giuseppe Sanmartino quello di sinistra e ad un altro coevo scultore napoletano, al momento ignoto, quello di destra.

 

ENGLISH

The main altar of the Domenican church of the Rosary, in Martano, was erected in 1752 by Gennaro Cimafonte, one of the leading exponents of a large and famous Neapolitan marble cutter family. Similar structures were already present in Salento in the church of Purita in Gallipoli and in the parish of Campi Salentina. Such attribution is due to some documents found more than thirty years ago by Eduardo Nappi in the historical archives of the Institute Banco di Napoli Foundation. Other data originating from the same archives made us possible to define more in detail the overall cost of the work and the amount of time required for the realization of it along with further information about some wooden artifacts probably produced for the same Dominican monastery by the sculptor Pietro Nittolo and by the woodcarver Giacomo Ricci. Additionally to these, the two cherubs in Martano which in the past had been referred to Matteo Bottigliero and of which at the moment there are no document that testify the ownership, were attributed, on the basis of stylistic evaluations, to different artistis: with Giuseppe Sanmartino is related the cherub on the left and to an unknown contemporary Neapolitan sculptor the one on the right.

 

Keyword

Ugo Di Furia, Martano, Gennaro Cimafonte, Pietro Nittolo, Giacomo Ricci, Giuseppe Sanmartino

La Madonna degli Angeli per la cappella dei d’Amato di Seclì della chiesa di San Domenico a Nardò

Riportiamo gli abstract dei saggi pubblicati sul nuovo numero de Il delfino e la Mezzaluna

 

Nicola Cleopazzo, E Napoli cominciò a fare scuola nel Salento

in Il delfino e la Mezzaluna, Periodico della Fondazione Terra d’Otranto, anno VI, n° 8, 2019, pp. 137-163

 

 ITALIANO

Nel saggio, attraverso la rilettura di un atto notarile, già pubblicato nel 1891 e collegato ora a dati storici nel frattempo emersi, viene dimostrato che il pittore napoletano Aniello Laudisello realizzò nel 1590 una grande pala con la Madonna degli Angeli per la cappella dei d’Amato di Seclì della chiesa di San Domenico a Nardò. Un arrivo da Napoli, a cui altri se ne possono aggiungere (come una pala a Racale qui attribuita a Giulio Dell’Oca), che poté avere un ascendente diretto sui maggiori pittori salentini del periodo: Donato Antonio D’Orlando e Gian Domenico Catalano. Alcuni dei caratteri stilistici dei due salentini, a cui vengono restituiti rispettivamente due dipinti a Casarano e Racale, sembrano infatti risentire del contesto culturale partenopeo del terzo quarto del Cinquecento, di cui il Laudisello fu uno dei protagonisti. Contesto, dominato dalla fortunata bottega Lama-Buono, cui sembra appartenere anche una Madonna del Soccorso a Gagliano del Capo, qui restituita a un altro pittore napoletano, Decio Tramontano, forse con la collaborazione del maddalonese Pompeo Landolfo.

 

ENGLISH

In the essay, through the analysis of a notary’s act, already published in 1891 and now connected to new historical information, it is shown that in 1590 the Neapolitan Aniello Laudisello painted a large altarpiece

with the Virgin of the Angels for the d’Amato (Seclì’s barons) chapel in the church of San Domenico in

Nardo. This arrival from Naples, to which others can be added (like an altarpiece from Racale here attributed to Giulio Dell’Oca), had probably a direct influence on the main Salento painters of the time: Donato Antonio D’Orlando and Gian Domenico Catalano. Some of the stylistic features of the two Salentines, to which two paintings from Casarano and Racale are respectively attributed, seem to be influenced by the Neapolitan cultural context of the third quarter of the sixteenth century, of which Laudisello was one of the protagonists. To this context, dominated by the successful Lama-Buono workshop, also a Madonna del Soccorso from Gagliano del Capo seems to belong. Here this painting is attributed to another Neapolitan painter, Decio Tramontano, perhaps with the collaboration of Pompeo Landolfo from Maddaloni.

 

Keyword

Nicola Cleopazzo, Aniello Laudisello, Antonio D’Orlando, Gian Domenico Catalano, Decio Tramontano, arte

Un beneficio del 1623 nella seconda Matrice di Casarano

Riportiamo gli abstract dei saggi pubblicati sul nuovo numero de Il delfino e la Mezzaluna

 

Paolo Vincenti, Storia minima, Luigi Marrella

in Il delfino e la Mezzaluna, Periodico della Fondazione Terra d’Otranto, anno VI, n° 8, 2019, pp. 131-133

 

 

ITALIANO

L’autore recensisce gli ultimi due testi prodotti dallo storico Luigi Marrella per la raccolta Storia/e minima/e.

 

ENGLISH

The author reviews the last two works written by the historian Luigi Marrella for Storia/e minima/e’s collection.

 

Keyword

Paolo Vincenti, Storia minima, Luigi Marrella

 

L’episodio otrantino del 1480: scritture sui margini

Riportiamo gli abstract dei saggi pubblicati sul nuovo numero de Il delfino e la Mezzaluna

 

Otranto

Luigi Scorrano, L’episodio otrantino del 1480: scritture sui margini

in Il delfino e la Mezzaluna, Periodico della Fondazione Terra d’Otranto, anno VI, n° 8, 2019, pp. 119-130.

 

ITALIANO

Dal 1480 ad oggi, la conquista di Otranto ed il martirio dei suoi cittadini sono stati oggetto di numerose opere letterarie che, più o meno efficacemente e puntualmente, ne hanno narrato le vicende. In questo saggio, l’autore analizza alcuni scritti, da lui definiti, “ai margini”, dove cioè la presa turca “è un pretesto per parlare d’altro o per alimentare un mito esaltante”.

 

ENGLISH

Since 1480 until the present day the conquest of Otranto and the martyrdom of its population have been under the attention of many literary works which related these events quite effectively and consistently. The author analyses in this essay some works that he defines “on the edge”, that means where the Turkish domination is nothing but “an excuse to talk about something else or to enhance an exciting myth”.

 

Keyword

Luigi Scorrano, Otranto, 1480

Luigi Maria Personè (1902-2004): la leggerezza della letteratura

Riportiamo gli abstract dei saggi pubblicati sul nuovo numero de Il delfino e la Mezzaluna

 

Cosimo Rizzo, Luigi Maria Personè (1902-2004): la leggerezza della letteratura

in Il delfino e la Mezzaluna, Periodico della Fondazione Terra d’Otranto, anno VI, n° 8, 2019, pp. 111-117.

 

ITALIANO

Lo studio prende in esame rapidamente l’attività critica, saggistica, narrativa, i contatti con i grandi personaggi della cultura, dello spettacolo e della politica del Novecento di Luigi Maria Personè, personalità di alta caratura morale e di vasti orizzonti letterari, storici e artistici. Viene riservata particolare attenzione alle sue ultime pubblicazioni in cui spiccano posizioni critiche nei confronti della modernità e di un mondo sempre più meccanizzato.

 

ENGLISH

The study takes into consideration the critical activity, the literary production as well as the relations with emblematic figures in culture, politics and entertainment of the twentieth century of Luigi Maria Personè, a personality with a high moral and a great understanding of literature, history and art. A great attention

is given to his last publications, characterized by brilliant critical positions towards modern times and a more and more automatic world.

 

Keyword

Cosimo Rizzo, Luigi Maria Personè, Amore e Morte, Una vita raccontata da un centenario

 

Pietro Pellizzari: una fonte pugliese per le fiabe italiane di Italo Calvino

Riportiamo gli abstract dei saggi pubblicati sul nuovo numero de Il delfino e la Mezzaluna

 

Grazia de Maglio, Pietro Pellizzari: una fonte pugliese per le fiabe italiane di Italo Calvino

in Il delfino e la Mezzaluna, Periodico della Fondazione Terra d’Otranto, anno VI, n° 8, 2019, pp. 99-109.

 

 ITALIANO

Nella raccolta Fiabe italiane, Italo Calvino utilizzo ben sei racconti in dialetto salentino contenuti in Fiabe e canzoni popolari del contado di Maglie in Terra d’Otranto di Pietro Pellizzari. Questo studio, attraverso la ricerca sui motivi e i campi semantici, analizza le relazioni esistenti tra i testi originari e la trasposizione in italiano fatta da uno dei più grandi autori del Novecento.

 

ENGLISH

In the collection Fiabe Italiane, Italo Calvino used as many as six stories in the salentino dialect contained in Fiabe e canzoni popolari del contado di Maglie in Terra d’Otranto by Pietro Pellizzari. This study, through research on motifs and semantic fields, analyzes the existing relationships between the original texts and the transposition into Italian language made by one of the greatest authors of the twentieth century.

 

Keyword

Grazia De Maglio, fiabe, Italo Calvino, Pietro Pellizzari.

Erbe, voli e unguenti nella stregoneria salentina

Riportiamo gli abstract dei saggi pubblicati sul nuovo numero de Il delfino e la Mezzaluna

 

Gianfranco Mele, Erbe, voli e unguenti nella stregoneria salentina

in Il delfino e la Mezzaluna, Periodico della Fondazione Terra d’Otranto, anno VI, n° 8, 2019, pp. 75-96.

 

ITALIANO

Questo lavoro consiste in un’analisi di vari documenti e testimonianze inerenti alla stregoneria salentina tra il XVII e il XIX secolo, al fine di individuare le componenti e le tipologie delle erbe utilizzate a scopo magico. Poiché sia nelle deposizioni presso i tribunali inquisitori, che in saggi e resoconti etnografici sul tema, non sono state mai descritte chiaramente le sostanze e le misture utilizzate, l’autore si è servito della sua personale conoscenza in ambito di droghe, maturata attraverso un lavoro decennale come sociologo nei servizi pubblici per le dipendenze e la partecipazione a varie attività e studi del gruppo di ricerca S.I.S.S.C. (Società Italiana per lo Studio degli Stati di Coscienza), comparando gli effetti di una serie di piante presenti nella flora spontanea locale, notoriamente utilizzate in ambito magico-stregonesco, con le esperienze descritte nei vari documenti vagliati. È stato utilizzato inoltre, come riferimento e a fini comparativi, la letteratura farmacologica e farmaco-antropologica in tema di stregoneria.

 

ENGLISH

This work is an analysis of various documents and testimonies concerning the witchcraft in Salento between the fifteenth and sixteenth centuries in order to identify the components and the various types of herbs used for magical purposes.

The substances and the mixtures used, have never been clearly described in the depositions at the inquisitorial courts, in the essays and in the ethnographic reports on the topic. Therefore, the author used his personal knowledge of drugs through his ten years’work as sociologist in public services for addictions and his participation in various activities and studies of research group S.I.S.S.C. (Società Italiana per lo Studio degli Stati di Coscienza), to compare the effects of a series of plants that exist in the local spontaneous flora, notoriously used in the context of witchcraft, with the experiences described in the various documents examined. Moreover, the pharmacological and drug-anthropological literature was used as a reference in the field of witchcraft.

 

Keyword

Gianfrano Mele, stregoneria, erbe, incantesimi.

Le tre grazie della beneficenza magliese

Riportiamo gli abstract dei saggi pubblicati sul nuovo numero de Il delfino e la Mezzaluna

 

Maglie

Paolo Vincenti, Le tre grazie della beneficenza magliese

in Il delfino e la Mezzaluna, Periodico della Fondazione Terra d’Otranto, anno VI, n° 8, 2019, pp. 57-71.

 

 

ITALIANO

Le tre grazie del titolo sono Francesca Capece, Concetta Annesi e Michela Tamborino, protagoniste di una stagione esaltante della storia magliese che, per quanto indagata a fondo, si ritiene valga la pena che sia rimemorata, perché davvero, con le parole di Anneliese Knoop-Graf, “dimenticanza e sciagura, mentre memoria e riscatto”.

 

ENGLISH

The three graces on the title correspond to Francesca Capece, Concetta Annesi and Michela Tamborino, the main characters of an exciting season of Maglie’s history which is worth to be remembered regardless how

deeply it has been investigated. According to Anneliese Knoop-Graf in fact “the oblivion is a catastrophe, instead the memory is redemption”.

 

Keyword

Paolo Vincenti, Maglie, beneficenza, Francesca Capece, Concetta Annesi, Michela Tamborino.

Il bellum sallentinum ed il mistero della dea Pales

Riportiamo gli abstract dei saggi pubblicati sul nuovo numero de Il delfino e la Mezzaluna

 

Nazareno Valente, Il bellum sallentinum ed il mistero della dea Pales

in Il delfino e la Mezzaluna, Periodico della Fondazione Terra d’Otranto, anno VI, n° 8, 2019, pp. 7-27

 

 

ITALIANO

Il passato ha preservato poche tracce del bellum sallentinum, l’evento che stabili la fine dell’esperienza preromana nella nostra terra. In totale una quindicina di righe, facenti in aggiunta parte di compendi, che di per sè non riescono neppure a delineare per sommi capi una lotta costata ai Romani due anni d’intense attività militari. Forse a causa di questa carenza di informazioni, gli storici sono concordi nel considerare la guerra per la conquista del Salento il banale epilogo di un’altra storia, quella che aveva visto soccombere Taranto sotto i colpi dei Romani. La misteriosa presenza d’una dea pastorale, Pales, sinora emarginata dagli addetti ai lavori al ruolo insignificante di fantastico abbellimento, ci farà invece scoprire che gli avvenimenti presero una piega ben diversa da quella che da tempo si dà per scontata. E non solo, le riflessioni, che la dea invoglierà a fare sul rapporto tra religione e sistema giuridico romano, consentiranno di far emergere episodi restati sinora nell’ombra e di pervenire infine ad uno scenario a tutta prima nemmeno lontanamente prevedibile.

 

ENGLISH

The past has kept few traces of the bellum sallentinum, the event that established the end of the pre-Roman experience in our land. About fifteen lines altogether, besides belonging to abridged versions that can’t even definite summarily a struggle cost to Romans two years of intensive military activities. Maybe because of this lock of information, the historians agree on consider the struggle to conquer the Salento as the banal end of another war, the one that had seen Taranto surrender to Romans blows. The mysterious presence of a pastoral goddess, Pales, till now isolated by the experts to the meaningless role of imaginary decoration, not only will give us the opportunity to reveal that the events had taken a crease very different from that taken for granted for a long time, but also the meditations, that the goddess will induce us to make on the relation between religion and the Roman legal system, will allow some events remained unknown to come out and at first to arrive to the slightest predictable scenario.

 

Keyword

Nazareno Valente, Brindisi, bellum sallentinum, Pales

 

Il pittore alessanese Oronzo Letizia (1657-1733 ca.)

Riportiamo gli abstract dei saggi pubblicati sul nuovo numero de Il delfino e la Mezzaluna

 

Stefano Tanisi, Il pittore alessanese Oronzo Letizia (1657-1733 ca.)

in Il delfino e la Mezzaluna, Periodico della Fondazione Terra d’Otranto, anno VI, n° 8, 2019, pp. 31-56

 

 

ITALIANO

Il pittore Oronzo Letizia (1657-1733 ca.), nativo di Alessano nel Capo di Leuca, è da considerarsi protagonista della pittura barocca in Terra d’Otranto tra la fine del Seicento e gli inizi del Settecento. Nella sua famiglia di pittori si annovera tra l’altro Saverio, il figlio che seguirà le sue orme, Domenico e Aniello, padre e figlio, rispettivamente zio e cugino del nostro. In questo studio e per la prima volta elencata l’estesa produzione del Letizia, partendo da quella autografa che ci ha consentito di comprendere il ductus pittorico, risolvendo cosi una grossa lacuna attributiva di tanti dipinti che erano stati arrogati ad altri o segnalati genericamente come opere di artisti ignoti.

 

ENGLISH

The painter Oronzo Letizia (1657-1733) originally from Alessano, a commune part of Capo di Leuca, could be considered as the main character of baroque painting in Terra d’Otranto during the period between the end of the seventeenth-century and the beginning of the eighteenth-century. His family includes some important painters like the son Saverio which followed in the footsteps of his old man, Domenico and his son Aniello that are respectively uncle and cousin of our character. In this work is listed for the first time the Letizia’s large production and special role is given to the original hand-signed composition that allowed us to identify the painter’s «ductus», the distinguishing features which solved enormous gaps in the allocation of many of his paints usually considered achievements of other painters or, more generally, indicated as a product of unknown artists.

 

Keyword

Stefano Tanisi, Oronzo Letizia, pittura XVII-XVII sec.

Il delfino e la mezzaluna, n°8. Editoriale

di Alessio Palumbo – direttore

 

Cara lettrice, caro lettore,

come nel 2018, la Fondazione Terra d’Otranto ha deciso di inaugurare la serie di pubblicazioni previste per quest’anno con la rivista Il Delfino e la Mezzaluna, un periodico nato, oramai nel lontano 2012, con la stessa Fondazione e con essa cresciuto. La sua longevità, pur nell’avvicendarsi delle persone, pur con piccole e grandi modifiche formali e la sua diffusione nelle principali biblioteche salentine e nazionali, dimostra quanto questa terra abbia da raccontare ed offrire a chi, come noi (e come voi lettori) voglia conoscerla. Una poliedricità di argomenti, di tematiche, di figure che rappresentano il principale stimolo a continuare, pur di fronte alle immancabili difficoltà pratiche legate all’attività editoriale. Ma diamo il bando alle premesse ed iniziamo ad inoltrarci nel nuovo numero: l’ottavo della serie.

I collaboratori che gli hanno dato vita ci consentiranno, ancora una volta, di muoverci nel tempo e nello spazio, pur nei confini dell’antica Terra d’Otranto, visitando luoghi più o meno noti, scoprendo i personaggi (reali, mitologici, di pura fantasia, viventi o vissuti) che li hanno animati e li animano; ci permetteranno di ammirare le «tracce» lasciate dal loro passaggio e di scoprire testimonianze più o meno dirette e più o meno conosciute sulla loro esistenza. In questo numero, più che in altri, il piano del reale e dell’irreale, del concreto e del fantastico si intersecheranno e compenetreranno. Ma non vogliamo anticipare altro, lasciando a voi il piacere (si spera) di questa lettura.

Nel preparare questa edizione, il nostro fine è stato quello di portare alla luce degli studi che, pur nell’estremo rigore scientifico che li contraddistingue, non siano solo degli strumenti per conoscere una specifica realtà, ma anche degli stimoli per andare oltre, per interrogarsi, per guardare con occhi diversi il Salento. Questi saggi hanno, nelle nostre intenzioni, lo stesso ruolo dato alle «parole» da Cipriano Algor e dalla figlia Marta, i due protagonisti del romanzo La Caverna. Così disquisivano i due vasai, frutto della penna del nobel portoghese Josè Saramago:

“le parole sono soltanto delle pietre messe di traverso nella corrente di un fiume, sono lì solo per farci arrivare all’altra sponda, quella che conta è l’altra sponda, A meno che, A meno che, cosa, A meno che quei fiumi non abbiano due sole sponde, ma tante, che ogni persona che legge sia, essa stessa, la propria sponda, e che sia sua, e soltanto sua, la sponda a cui dovrà arrivare”[1].

I saggi del presente numero siano dunque per voi delle rocce poste nel fiume per scoprire un’altra sponda e uno spunto per esplorarne altre ancora. Personalmente, mi sono limitato a disporre le pietre, grandi e piccole, nella maniera più comoda possibile per il tragitto. Tutto il resto è opera, ovviamente, dei saggisti che, rimanendo nella metafora, hanno modellato questi massi di parole e li hanno offerti a noi in maniera gratuita e con eccezionale disponibilità; del presidente Marcello Gaballo, instancabile promotore e fautore delle molteplici attività della Fondazione; di Maria Costanza Baglivo, Elena Serio e, da quest’anno, del giovane Eider Arley Baglivo Castriota, che hanno fornito l’indispensabile consulenza linguistica; dei fotografi Maurizio Biasco, Rocco Castrignanò e Lino Rosponi che hanno offerto i propri scatti, anch’essi in maniera gratuita; di tutte le persone che con consigli, annotazioni o magari proponendo degli studi che per svariate ragioni non han potuto trovare spazio in queste pagine, hanno permesso ancora una volta la nascita di un nuovo numero. A tutti loro un grazie sincero.

Non mi resta dunque, cara lettrice e caro lettore, che darvi il mio «benvenuti», se per la prima volta vi accingerete a sfogliare queste pagine, o il «bentornati» se già in passato avete avuto modo di leggere Il Delfino e la Mezzaluna e, proprio per questo, avete deciso di farlo nuovamente.

Buona lettura!

 

[1] J. Saramago, La Caverna, Feltrinelli, Milano 2017, pp. 76-77.

Il delfino e la mezzaluna – anno VI – n° 8

Anche per il 2019 la Fondazione Terra d’Otranto, grazie alla collaborazione di numerosi studiosi, ha dato alle stampe un nuovo numero de Il delfino e la Mezzaluna. L’ottavo volume di una rivista che, oramai da circa sei anni, offre pagine di approfondimento su vari argomenti legati con la storia, la cultura, l’arte e, più in generale, la vita, passata e presente, dell’antica Terra d’Otranto.

In questa edizione, l’annuario, con il classico formato A/4 e la copertina a colori, dipana nelle sue circa 270 pagine, organizzate nelle sezioni inaugurate lo scorso anno, il filo di un racconto che oscilla tra realtà e fantasia, tra passato e presente, tra ricordi e scoperte. Ecco dunque a voi, l’indice del nuovo numero:

Palumbo A., Editoriale

Sezione I – Storia

Valente N., Il bellum sallentinum ed il mistero della dea Pales

 

Sezione II – Personaggi

Tanisi S., Il pittore alessanese Oronzo Letizia (1657-1733 ca.)

Vincenti P., Le tre grazie della beneficenza magliese

 

Sezione III – Natura, Ambiente e Paesaggi

Mele G., Erbe, voli e unguenti nella stregoneria salentina

 

Sezione IV – Letteratura

De Maglio G., Pietro Pellizzari: una fonte pugliese per le Fiabe italiane di Italo Calvino

Rizzo C., Luigi Maria Personè (1902-2004): la leggerezza della letteratura

Scorrano L., L’episodio otrantino del 1480: scritture sui margini

Vincenti P., Storia minima

 

Sezione V – Arte

Cleopazzo N., E Napoli cominciò a fare scuola nel Salento

Di Furia U., Gennaro Cimafonte e l’altare maggiore della chiesa del Rosario di Martano

Marzano P., La facciata del San Domenico di Nardò. Un aggiornato manifesto di denuncia contro l’eresia (europea)

Tanisi S., L’Educazione della Vergine di Niccolò de Simone e il Sant’Oronzo di Giovanni Andrea Coppola nella chiesa di Sant’Angelo a Tricase

 

Sezione VI – Spigolature di Terra d’Otranto

Caringella M., Una proposta per Paolo de Matteis nella chiesa delle Teresiane di Nardò

Gaballo M. – Polito A., Il testamento di Nicola Massa, barone di Collepasso e Neviano, a favore della chiesa dell’Incoronata di Nardò ed altri conventi del Salento

Giacovelli D., Spicilegium Castianense II

Manieri F., I custodi della memoria: per un’indagine sui collezionisti etnografici nel Salento

Mele G., Echi e aspetti del tarantismo in Sava e nel territorio limitrofo

Nocera M., Quando Luciana Palmieri scrisse della chiesetta di Santa Maria della Neve in Galugnano

 

La rivista, come dalle intenzioni statutarie della Fondazione, resta fuori commercio ed è riservata ai soci della Fondazione nonché alle principali biblioteche provinciali, regionali e nazionali. Può essere richiesta inviando una mail a ildelfinoelamezzaluna@gmail.com riportando l’indirizzo di spedizione ed allegando copia di un versamento di 22 euro per ciascuna copia desiderata, quale rimborso per le spese di stampa e di spedizione. Il bollettino o il bonifico dovranno essere intestati alla Fondazione Terra d’Otranto, cc postale 1003008339/ IBAN IT30G0760116000001003008339.

Chiudiamo questa breve presentazione, alla quale seguirà nei prossimi giorni la pubblicazione sul sito degli abstract di ciascun saggio, ringraziando tutti gli autori che hanno preso parte a questa nuova fatica, i fotografi (Giuliana Grassi, Maurizio Biasco, Rocco Castrignanò e Lino Rosponi), i consulenti linguistici (Maria Costanza Baglivo, Elena Serio e Eider Arley Baglivo Castriota) e tutti coloro che, in modo diverso, hanno reso possibile la nascita dell’ottavo numero de Il delfino e la mezzaluna.

Dizionarietto etimologico salentino sulle malattie e stati parafisiologici della pelle, con alcune indicazioni terapeutiche presso il popolo di Nardò (2/3: GNURICAMIENTU-‘NFUCAMIENTU TII FACCE)

di Marcello Gaballo e Armando Polito

GNURICAMIÉNTU Cianosi. GnuricamIèntu è da gnuricàre=annerire, a sua volta dal latino nigricàre=esser nero, da niger=fosco  

GNURICAMIÉNTU TI SOLE Abbronzatura ed elastosi solare. Per l’etimo di gnuricamièntu vedi il lemma precedente. Terapia: empiastro di prezzemolo. Si coglie l’occasione per ricordare che a natura, fra i tanti rimedi, fornisce anche quelli utili per la pulizia delle pelle, che dai nostri avi la si voleva bianca e lucida, comu queddha ti li signure, ritenendo la pelle scura e abbronzata un segno di popolanità e propria delle contadine. Le nostre nonne raccoglievano la linfa della vigna ancora verde in un vasetto ben pulito, per spalmarlo poi, in modiche quantità, sulle macchie della pelle esposta a lungo al sole cocente; I chicchi ancora verdi dell’ orzo, stemperati nel latte, danno un liquido lattiginoso che veniva utilizzato per togliere le impurita’ delle pelle, rendendola cosi’ piu’ lucente; la lanuggine che riveste la parte interna del baccello delle fave verdi veniva sfregata ogni sera sul viso per ravvivarne il colorito e qualcuno otteneva lo stesso risultato col succo fresco delle minuncèddhe (cocomeri). Ancora: la farina di fave e quattro semi freddi mischiati col latte tiepido rendevano piu’ chiara la pelle, togliendo quelle antiestetiche macchie che si formano dopo l’ esposizione al sole; un ultimo cosmetico si otteneva nel seguente modo: si raccoglieva ed essiccava la pianta della malva in tutte le sue parti e si faceva bollire col decotto di lengua ti cane o lengua ti pècura (piantaggine); col liquido ottenuto si detergeva la pelle macchiata dal sole, che così diventava piu’ chiara e lucida.

GNURICATÚRA Ecchimosi. Per l’etimo vedi gnuricamièntu. Terapia: empiastro di prezzemolo.

INTISCIAMIÉNTU Eczema da freddo. Da intisciàre che corrisponde, con slittamento semantico attivo (screpolare col vento) all’italiano di basso uso venteggiare=tirare vento. Terapia: frizioni serotine con olio d’oliva e cera.

ISSÍCA Vescica, classico esito dei sistemi correttivi di una volta che prevedevano l’uso della curèscia (corregia, cintura dei pantaloni) o, peggio ancora, della ugghina (nerbo di bue), forma aggettivale dal latino medioevale bùbula=bue. Issica, rispetto al corrispondente italiano vescica presenta maggiore fedeltà fonetica, a parte la geminazione di –s-, al latino vesica.

MBRIÁCULA il Rohlfs registra la voce per Squinzano (Le) e Lizzano (Ta) col significato di “infiammazione, gonfiore del dito, giradito”, per San Cesario di Lecce (Le) con quello di neo, voglia e, nel plurale mbriàcule, probabilmente per Brindisi, come testimonianza letteraria tratta dal Libro di Sydrac (codice del XV secolo) nel significato di “vescicole sulla pelle, così dette perché curate dal popolo con zaffi imbevuti di vino”; lo studioso, inoltre, invita ad un confronto “con il calabrese mbriàca, mbriàcula=giradito, dal latino tardo ebriàcus=ubriaco”. Va aggiunto che mbriàcula è, perciò, diminutivo femminile di mbriàcu=ubriaco, corrispondente all’italiano di basso uso imbriàco, che è dal citato latino ebriàcus attraverso la trafila ebriàcu(m)>*ebbriacu(m) (geminazione di –r-)>*embriàcu(m) (dissimilazione –bb>-mb-)>imbriàco (passaggio e->i– e regolarizzazione della desinenza); da quest’ultimo, poi, per aferesi di i– è nato il neretino mbriàcu.

MILUNGIÁNA Bernoccolo. Corrisponde all’italiano melanzana (dall’arabo badinjan, con influsso di mela), in palese uso metaforico. Terapia: simile a quella della cilona (vedi).

MINNÉDDHA Fibroma pendulo. Diminutivo di menna=mammella, voce per la quale il Rohlfs invita ad un confronto “con il siciliano e calabrese minna” (variante, fra l’altro, presente nel Leccese),“ di origine onomatopeica”. Non è da escludere, invece, il legame con la radice indoeuropea men– collegata all’idea di sporgenza, alla base, fra gli altri  del latino mèntula=pene (da cui il salentino mènchia) e adminìculum= puntello (da cui il neritino minnìcculu=capezzolo). Terapia: asportazione domestica che ne prevedeva la recisione tramite rapido strozzamento del peduncolo utilizzando un filo di cotone molto resistente.

 ‘MPICICACCHIAMIÉNTU Eritema da calore. Da ‘mpicicacchiàre, forma semanticamente riduttiva (come, in italiano, bruciacchiare da bruciare) di ‘mpicicàre=rendere nero come la pece, sporcare, composto da in=dentro e *picicàre, verbo denominale con infisso iterativo –ic– da pice (a Nardò pece), dal latino pix=pece, a sua volta dal greco pissa con lo stesso significato.

MPODDHA Bolla più o meno piccola sulla pelle, provocata dalla puntura di un insetto o dallo sfregamento ripetuto della mano contro un oggetto (chi prova ad usare per la prima volta una zappa per un certo periodo di tempo inevitabilmente incorrerà in questo inconveniente). Il Rohlfs non propone nessun etimo, ma c’è da credere che lo abbia fatto per l’assoluta corrispondenza all’italiano ampolla [dal latino ampùlla(m), diminutivo di àmphora, a sua volta dal greco amforèus=anfora, voce composta da amfì=da ambo le parti, intorno e fero=porto (non sapremmo decidere se con riferimento alla sua natura di contenitore privilegiato nello spostamento di merci o alle due anse)]. Da notare nella voce neretina la caduta di a– per aferesi (in tal caso andrebbe più correttamente scritta ‘mpoddha) o più probabilmente per deglutazione perchè scambiata come componente di articolo (*l’ampoddha>la mpoddha>mpoddha).

MPODDHE AN BOCCA Stomatite. Per mpoddhe vedi mpoddha. E’ usata anche la locuzione occa ardùta (vedi).

MPODDHE MPODDHE Pemfigo. Vedi mpoddha; da notare come la geminazione della voce serva ad indicare la pluralità di elementi che compongono il fenomeno, come succede in italiano negli aggettivi per una delle formazioni del superlativo (esempio: lento lento).

‘MPURAGNAMIÉNTU Follicolite purulenta. Da mpuragnìre, da un latino *impuraneàre (formato da in=dentro e *puràneus=purulento, dal classico pus/puris=marciume), da cui *impuragnàre che, a sua volta, con aferesi di i– e cambio di coniugazione con passaggio –a->-i– attraverso una forma intermedia *mpuragnère, ha dato ‘mpuragnìre.

MURÍDDHU Morbillo. Dal latino medioevale morbìllu(m)=piccolo morbo, diminutivo del classico morbus=morbo, con sincope di –b– attraverso una forma intermedia murvìddhu (attestata ad Aradeo).

Esantemi: rosolia, morbillo, scarlattina, erisipela; da Pierre François Olive Rayer, Traité des maladies de la peau, Baillière, Parigi, 1835

 

MURTICÉDDHA Pelle d’oca. Diminutivo di morte (come botticella da botte). La voce era usata per lo più nell’espressione è ppassata la murticèddha (alla lettera è passata la piccola morte) ad indicare l’effetto (la pelle d’oca) di uno spavento non proprio mortale ma nemmeno tanto leggero. Il neretino per indicare la stessa senzazione usa anche la locuzione sta mmi rrìzzicanu li carni=mi si stanno arricciando le carni; rrizzicàre è da rizzu=riccio, probabilmente dal nome dell’animale terrestre o marino, che è dal latino errìciu(m), a sua volta da er/eris.

NECA Candidosi orale o stomatite da Candida. Da nèvica, con sincope di –vi-.

NEU Nevo o neo. Come l’italiano nevo, dal latino naevu(m), con sincope di –v– intervocalica nella voce dialettale e nella corrispondente italiana neo.   

‘NFUCAMIÉNTU TI FACCE Rossore cutaneo da ipertensione. ‘Nfucamièntu è da ‘nfucare, a sua volta da un latino *infocàre (con sostituzione, rispetto al classico offocàre, di ob con in=dentro), con aferesi di i– e passaggio –o->-u-.

(CONTINUA)

Per la prima parte: https://www.fondazioneterradotranto.it/2018/11/04/dizionarietto-etimologico-salentino-sulle-malattie-e-stati-parafisiologici-della-pelle-con-alcune-indicazioni-terapeutiche-presso-il-popolo-di-nardo-1-3-bruscatura-fuecu-ti-santantoni/

 

Per la terza parte: https://www.fondazioneterradotranto.it/2018/11/15/dizionarietto-etimologico-salentino-sulle-malattie-e-stati-parafisiologici-della-pelle-con-alcune-indicazioni-terapeutiche-presso-il-popolo-di-nardo-3-3-occa-arduta-uecchiu-ti-pesce/

Dizionarietto etimologico salentino sulle malattie e stati parafisiologici della pelle, con alcune indicazioni terapeutiche presso il popolo di Nardò (1/3: BRUSCATURA-FUECU TI SANT’ANTONI)*

di Marcello Gaballo e Armando Polito

* Estratto da Il delfino e la mezzaluna, Fondazione Terra d’Otrnto IV nn. 4-5, agosto 2016, pp. 179-193

Da Jean Louis Alibert, Clinique de l’hôpital Saint-Louis ou traité complet des maladies de la peau, Cormon et Blanc, Paris, 1833

 

Premessa

Sono state raccolte le voci e le locuzioni dialettali riferentisi, direttamente o indirettamente, all’argomento indicato nel titolo e, dopo aver a lungo riflettuto, si è deciso, anziché inserirle in una struttura narrativa certamente più accattivante ma più dispersiva e certamente non adatta alla consultazione tipica di un dizionario,  di riportarle in ordine alfabetico unendo ad ogni lemma il corrispondente nome scientifico e/o comune e le relative osservazioni di natura filologica1 e altra. Il che non impedirà al lettore di cogliervi, anche attraverso le terapie anticamente praticate il ricordo della civiltà contadina e dello stretto contatto, diremmo partecipe, affettuoso, diretto ma pieno di rispetto, in qualche caso poetico, nella varietà delle ardite metafore, tra l’uomo e la natura, cosa che raramente è dato di ravvisare nella coeva terminologia scientifica. Di quella dei nostri giorni (pur con il dovuto rispetto per gli evidenti e perciò innegabili, almeno nella stragrande maggioranza dei casi, progressi della medicina ufficiale) si preferisce non dire…

BRUSCATÚRA Eczema o dermatite.  Da bruscàre, voce per la quale il Rohlfs propone solo un confronto “col toscano bruscàre=abbrustolire”, voce che è da un latino *brusicàre, da *brusiàre probabilmente di origine preindoeuropea; tuttavia, una certa incongruenza semantica (la dermatite non si spinge, di regola, fino all’”abbrustolimento” della pelle) induce a ipotizzare l’etimo da brusca (spazzola per strigliare il cavallo), dal latino tardo bruscu(m)=pungitopo, a sua volta dal classico ruscus. Il toponimo Brusca, indicante una masseria in territorio di Nardò, potrebbe avere la stessa etimologia, connessa con la diffusione in zona dell’arbusto prima indicato, utilizzato per la strigliatura dei cavalli.

Eczema rubrum, da Robert Willan e Thomas Bateman, Delineations of cutaneous diseases, Longman, Londra, 1817

 

BRUSCIATÚRA Ustione. Corrisponde all’italiano bruciatura, da bruciare e questo da un latino brusiàre, probabilmente di origine preindoeuropea. Terapia: applicazione della polpa della patata cruda (l’amido del tubero procurava sollievo) o di un empiastro di farina e vino, o di un unguento di olio di oliva e zolfo in polvere abitualmente usato per la vigna, o col sapone fatto in casa, o con un balsamo formato da cera gialla, olio e tuorlo d’uovo; qualcuno bagnava la parte con l’acqua di calce, cioè l’acqua in cui era sedimentata la calce viva. Ancora oggi qualcuno usa spalmare del dentifricio (magari alla menta, per avere la sensazione di freschezza).

Opération après brûlure de la face et du cou (Operazione dopo l’ustione della faccia e del collo), da London medical gazette, Longman, Rees, Orme, Londra, 1848

 

CADDHU Ipercheratosi o callosità. Come l’italiano callo, dal latino callu(m). Per un particolare tipo di callo e per la terapia in generale vedi uècchiu ti pesce.

CANIGGHIÓLA Forfora. Diminutivo di canìgghia=crusca, da un latino *canìlia=cose da cani, neutro plurale sostantivato da *canìlis, dal classico canis=cane; evidente la somiglianza tra la forfora e la crusca, già evidente per i latini per i quali furfur (per lo più usato al plurale) significava forfora oppure crusca.

CARÁNDULA Linfadenite. Deformazione della voce italiana di basso uso glàndula [dal latino glàndula(m), da glans/glandis=ghianda] che è la madre di ghiàndola.Trafila: glàndula>*galàndula (epentesi di –a– come in cancarèna rispetto all’italiano cancrena)>caràndula (passaggi g->c– e l->-r-).

CESTA Cisti. Come la voce italiana, dal latino medioevale cystis/cýstidis=vescica, a sua volta dal greco kustis; in più la terminazione in –a dovuta, più che a regolarizzazione della desinenza, ad un probabile incrocio con cesta [dal latino cista(m), a sua volta dal greco kiste)]; dopo l’incrocio, per evitare confusioni, per indicare il cesto il dialetto ha usato solo cistu [dal latino medioevale cistu(m), dal classico già citato cista], mentre l’italiano ha sviluppato cesta e cesto.

CILÓNA Lipoma, tartaruga. Il corrispondente italiano formale sembrerebbe essere chelone (tartaruga marina), dal latino scientifico Chelòne, dal greco chelòne=tartaruga, da x¡luw (chèlus), con lo stesso significato, forse connesso con kele=tumore. tutto ciò induce a pensare che la voce salentina sia direttamente dal greco chelòne, con  influsso di kele per quanto riguarda l’assenza di aspirazione (cilòna e non chilòna) e, forse, per il significato di lipoma che potrebbe essere stato traslato solo parzialmente per metafora da quello di tartaruga. Terapia: contenimento mediante una moneta mantenuta premuta con bendaggio.

Lipoma pedicolato del tessuto sottocutaneo della gamba e della parte profonda dell’avambraccio; da Willan e Thomas Bateman, Delineations of cutaneous diseases, op. cit.

 

CRANIÉDDHI Follicolite. Corrisponde all’italiano granello (cranièddhu a Vernole indica il seme dell’uva), diminutivo di grano, dal latino granu(m). Manifestazione meno evidente dello stesso disturbo è quella dei friulìti (vedi). 

ERME SOTTA PELLE Vitiligine. Basta la traduzione italiana: verme sotto pelle.

Da Larousse médical illustré, Larousse, Parigi, 1924

 

FAU Ascesso. Corrisponde, per analogia di forma, con particolare riferimento all’ascesso multiplo, ed etimo all’italiano favo, dal latino favu(m); nella voce dialettale è avvenuta la consueta sincope di –v- intervocalica. Terapia: empiastro di lampascione (muscari comosum) o di fiori e foglie di malva.

Da Pierre Louis Alphée Cazenave, Traité des maladies du cuir chevelu, J. B. Baillière, Parigi, 1850

 

FOCA Orticaria conseguente al contatto con i parassiti del grano. Il Rohlfs invita ad un confronto col “calabrese fucìda=macchia rossa di scottatura  sulle gambe, che risulta da un incrocio del greco foìs=macchia di scottatura col latino focus”. Si ritiene che l’incrocio non valga per la voce neretina che sarebbe direttamente dal latino medioevale foca2, dal classico focus. L’intenso prurito con cui si accompagna veniva sedato con impacchi caldi oppure con bagno in acqua in cui erano state immerse foglie di malva; qualcuno ungeva olio d’ oliva o cospargeva con una lozione ottenuta facendo bollire della cenere di legna in acqua di cisterna.

FREE ALLI MUSI Herpes simplex labialis. Per free vedi friulìti.

FREE TI PILU Mastite. Per free vedi friulìti. Si riteneva causata dalla presenza di qualche pelo nei condotti del latte, tale da impedirne la normale fuoriuscita. In entrambi i casi si ricorreva ad una cura con empiastri di finocchio e cavolo sulla mammella.

FRIULÍTI Follicolite meno evidente dei cranièddhi (vedi). Il Rohlfs non propone nessun etimo, il Garrisi, piuttosto confusamente,  un “incrocio tra latIno fricatus e leccese free e freculare + suffisso diminutivo -ulu”. Si ritiene, dopo aver detto che, inequivocabilmente, –iti è il suffisso tipico delle infiammazioni, che la voce abbia il suo nucleo nel latino febris=febbre; da un diminutivo *febrìola con l’aggiunta del suffisso –iti si passa a febrioliti, da questo, seguendo per febri– il normale sviluppo dialettale [free, da febre(m)>fevre(m)> freve (metatesi a distanza)>free (sincope di –v– intervocalica)] *freeolìti>*freolìti>friulìti.

FRÚNCHIU Foruncolo. Stesso etimo del corrispondente italiano: dal latino furùnculu(m)=tralcio secondario, gemma,  poi foruncolo, diminutivo di fur =ladro (la gemma “sottrae” nutrimento alla pianta, il foruncolo all’organismo); trafila furùnculu(m)>*frùnculu(m) (sincope della prima u)>*frunclu(m) (ancora sincope della terza u originaria diventata nel frattempo seconda)>frùnchiu (passaggio –clu>-chiu).

FUÉCU TI SANT’ANTONI Herpes zoster. La locuzione dialettale (che corrisponde alla popolare italiana Fuoco di Sant’Antonio) è legata secondo alcuni alla tradizione per cui Sant’Antonio era considerato come colui che combatteva il demonio che appariva sotto forma di serpente. Il nome scientifico, infatti, è, per Herpes, dal latino herpes in cui, oltre che erpete, indicava anche (in Plinio) un animale da identificare probabilmente con una specie di serpente; herpes, a sua volta è dal greco herpes con gli stessi significati già indicati per la voce latina, anzi il suo collegamento col verbo serpo=io striscio convaliderebbe l’ipotesi dell’identificazione dell’animale col serpente (la malattia è vista come una sorta di serpente di fuoco che si annida nell’organismo), confermando, ancora una volta, nella locuzione dialettale la commistione di elementi naturalistici e fideistici e, dunque, un livello, più profondo rispetto a quello della scientifica. La seconda parte, zoster, è dal greco zostèr=cintura, zona, fascia. C’è da dire che secondo altri la denominazione è dovuta alla confusione antica della malattia con il più grave ergotismo (intossicazione causata dalla presenza di segale cornuta nelle farine alimentari): nel Nord Europa, dove il pane veniva fatto con la segale, spesso si contraeva questa malattia, dovuta al fungo (ergot) che infettava la segale; tra gli effetti di questa intossicazione vi erano anche le allucinazioni e questo portava la gente a mettere in relazione la malattia con il demonio o con forze maligne, non essendo conosciuta al tempo la causa di queste alterazioni; i malati, recandosi in pellegrinaggio verso i santuari di Sant’Antonio in Italia, man mano che scendevano verso Sud cambiavano alimentazione mangiando pane di grano, e ciò attenuava o eliminava i sintomi dell’intossicazione. Tale effetto veniva attribuito ad un miracolo ad opera di Sant’Antonio. Non a caso l’ordine dei Canonici Regolari di Sant’Antonio di Vienne venne istituito nel 1095  a seguito del voto fatto dal nobile Gastone, che aveva avuto un figlio guarito dall’ergotismo, per grazia ricevuta al santuario di Saint Antoine Abbaye, vicino a Vienne, dove all’inizio del millennio un nobile francese, Jocelin de Chateau Neuf, di ritorno da un pellegrinaggio in Terra Santa, aveva portato le spoglie di Antonio abate, avute in dono, pare, dall’imperatore di Costantinopoli. Gli Antoniani all’inizio usavano contro la malattia cospargere le parti malate di vino nel quale erano state immerse le sacre reliquie; successivamente (esaurimento delle reliquie?…), quando fu loro concesso il diritto di allevare maiali che circolavano liberamente nelle città e nei luoghi ove sorgevano i loro conventi, disposizione che risultava necessaria dal momento che i maiali girando in villaggi e città provocavano numerosi danni. L’allevamento vero e proprio, tuttavia, era svolto per conto dei monaci, gratuitamente e per devozione dei contadini i quali, ad opera compiuta ricevevano protezione per se stessi e per i lavori da effettuare durante il ciclo annuale di produzione. Il maiale in questo modo era “sacralizzato” e perdeva la sua connotazione demoniaca, dal momento che diventava il tramite più vicino perché le masse contadine ottenessero rassicurazione e promesse di fecondità e fertilità.  L’iconografia rappresenta il Santo con il bastone tipico degli eremiti, un maiale ai piedi, a simboleggiare il demonio, un campanello e la fiamma. Proprio a causa del simbolo del maiale, S. Antonio divenne in breve il protettore degli animali domestici, mentre la fiamma ricorda la sua capacità di guaritore dell’ergotismo.Terapia: applicazione di empiastri di malva sulle parti interessate. Sull’ antica origine “sacrale” del nome della malattia vale la pena spendere ancora qualche parola: È la malattia alla quale Plinio (I secolo d. C.) ha dedicato il numero maggiore di passi della sua Naturalis historia con la proposta di un numero notevole di differenti terapie, il che è un indizio, se non della sua frequenza e gravità anche ai suoi tempi, certamente della difficoltà di trattarla. Pure a livello di nomenclatura si alterna il singolare ignis sacer (fuoco sacro) (23 ricorrenze) o (con inversione delle componenti) sacer ignis (sacro fuoco) (1 ricorrenza) al plurale ignes sacri (fuochi sacri) (15 ricorrenze) o sacri ignes (sacri fuochi) (2 ricorrenze). Nel brano XXVI,74 (riportato più estesamente in basso) è contenuta in pratica l’etimologia della attuale denominazione scientifica (Herpes zoster): Ignis sacri plura sunt genera, inter quae medium hominem ambiens, qui zoster vocatur, et enecat, si cinxit (Molti sono i tipi di fuoco sacro, tra i quali quello, chiamato zoster, che circonda l’uomo a metà e lo ammazza pure, una volta che lo ha cinto). Il passo, secondo noi, è molto importante perché rappresenta la cerniera tra il concetto di cintura (zoster)  e quello di una  specie di serpente che abbiamo presunto nella prima parte del lavoro alla voce in questione. Va ricordato, infatti, che negli affreschi di Pompei la divinità più raffigurata è il serpente agatodemone (voce greca che alla lettera significa buon demone), protettore del focolare e simbolo di fertilità e che lo stesso Plinio usa la voce herpes nel brano che segue: XXX, 39 Herpes quoque animal a Graecis vocatur, quo praecipue sanantur quaecumque serpunt (Erpes è pure chiamato dai Greci un animale col quale soprattutto si sanano tutte le malattie che serpeggiano): l’animale in questione è  preceduto nel brano dal nome di altri animali (cosses=tarli e terreni=lombrichi) qualificati come vermium genera (specie di vermi), dalle coclearum terrena (lumache di terra) e seguito dal draco (specie di serpente, spesso tenuto come animale domestico). Tutti gli animali citati sono accomunati, in ordine crescente si dimensioni, dall’idea dello strisciare e il misterioso herpes appare come una cosa di mezzo tra un verme (cosses) ed un serpente (draco).  A proposito del serpente, poi, va detto che è abbastanza frequente nel mondo classico la doppia valenza sacrale  favorevole o nefasta dello stesso animale e questa ambiguità verrà ereditata dal mondo cristiano trovando amplissima testimonianza nei bestiari medioevali.

Da William James Erasmus Wilson, Portraits of diseases of the skin, Churcill, Londra, 1855

 

Per la seconda parte: https://www.fondazioneterradotranto.it/2018/11/09/dizionarietto-etimologico-salentino-sulle-malattie-e-stati-parafisiologici-della-pelle-con-alcune-indicazioni-terapeutiche-presso-il-popolo-di-nardo-2-3-gnuricamientu-nfucamientu-tii-facce/

Per la terza parte: https://www.fondazioneterradotranto.it/2018/11/15/dizionarietto-etimologico-salentino-sulle-malattie-e-stati-parafisiologici-della-pelle-con-alcune-indicazioni-terapeutiche-presso-il-popolo-di-nardo-3-3-occa-arduta-uecchiu-ti-pesce/

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1 Laddove sono citati il Rohlfs e il Garrisi, le relative etimologie sono state riportate, rispettivamente, dal Vocabolario dei dialetti salentini, Congedo, Galatina, 1976 e dal Dizionario leccese-italiano, Capone, Cavallino, 1990; in assenza di indicazione la proposta etimologica  e l’eventuale trafila è da intendersi autonoma.

2 Du Cange, Glossarium mediae et infimae Latinitatis, Favre, Niort, 1883, pag. 531: “FOCA 2 pro Focus. Vide in Camba 3” (Foca 2 per Focus. Vedi in Camba 3). A Camba 3 (op. cit. , pag.39):”Brassiatorum officina, seu locus ubi cerevisia coquitur et conficitur, qui vulgo Brasseriam vel Braxatoriam nuncupamus” [(Laboratorio di birrai o luogo dove si cuoce e prepara la birra, che popolarmente chiamiamo Birreria o Birratoria (chiedo scusa per Birratoria,  espediente per superare l’intraducibilità di Braxatoriam dopo essermi giocato con Brasseriam Birreria Brasseriam)]. Non ci sarebbe da meravigliarsi se l’attuale significato della  voce neretina fosse stato mediato proprio dalla fabbricazione della birra ottenuta, come si sa, per fermentazione del malto e di altri cerali aromatizzati col luppolo, ingredienti che molto probabilmente erano ben noti nel nostro territorio.

 

Gli antichi toponimi dell’isola di Sant’Andrea a Brindisi

Riportiamo gli abstract dei saggi pubblicati sul nuovo numero de Il delfino e la Mezzaluna

 

Nazareno Valente, Gli antichi toponimi dell’isola di Sant’Andrea

n Il delfino e la Mezzaluna, Periodico della Fondazione Terra d’Otranto, anno V, nn° 6-7, 2018, pp. 445-452

 

 

ITALIANO

Da quando una diga l’ha collegata alla terraferma, l’isola di Sant’Andrea non compare quasi più nelle carte geografiche. Eppure nell’antichità godeva di giusta notorietà, in quanto costituiva l’elemento essenziale che consentiva all’approdo di Brindisi d’essere considerato uno dei porti più rinomati e sicuri al mondo. Nell’immaginario comune una struttura portuale, per essere tale, doveva infatti fruire di un antemurale che la proteggesse dai venti, e si valutava che non ci fosse salvaguardia migliore di un’isola posta di fronte all’imboccatura dello scalo. Partendo da tale dato di fatto, viene riesaminato un passo di Pomponio Mela, la cui interpretazione data dagli storici moderni pare poco convincente perché basata sulla ingannevole considerazione che il presente sia specchio per lo più fedele del passato, quando per l’isola di Sant’Andrea così non è, essendo il contesto ai tempi del geografo della Betica molto diverso dall’attuale. Si perviene così alla sorprendente conclusione che tra i toponimi antichi riportati dalle fonti il più verosimile è proprio quello sinora rifiutato.

 

ENGLISH

Since when a dyke has connected it to the dry land, St.Andrew’s island hardly ever appears on the maps. In the past, it had the right reputation because it was the essential element that allowed the Brindisi landing to be considered one of the most famous and safe landing in the world. In the common imagination, a harbor to be so had to benefit from a breakwater that sheltered it from winds, and nothing was better than an island situated opposite the entrance of the dock. Starting from this fact, it is re-examined one of Pomponio Mela’s passages whose interpretation given by modern historians seems not very convincing because it is based on the illusory consideration that the present is for the most part a faithful mirror of the past, when it is not true for St. Andrew’s island because in Betica geographer’s times the context was very different from the present context. So, we reach the astonishing conclusion that among the old toponyms reported by the sources the most plausible is that refused up to more.

 

Keyword

Nazareno Valente, Brindisi, Isola di Sant’Andrea, Pomponio Mela

I frantoi e i luoghi dell’olio a Spongano

Riportiamo gli abstract dei saggi pubblicati sul nuovo numero de Il delfino e la Mezzaluna

trappitu ipogeo “maniju”, Spongano, via S. Leonardo

 

G. Corvaglia, B. Pedone, R.C. Rizzo, G. Tarantino, I frantoi e i luoghi dell’olio a Spongano

in Il delfino e la Mezzaluna, Periodico della Fondazione Terra d’Otranto, anno V, nn° 6-7, 2018, pp. 369-377

 

ITALIANO

Questo studio, frutto di un’approfondita ricerca su fonti scritte e testimonianze orali, analizza la centralità dell’olio e dei suoi derivati nella storia di una piccola comunità del basso Salento, quella di Spongano. Partendo dalle prime testimonianze cinquecentesche, passando attraverso i catasti di fine Seicento e del Settecento e approdando infine al Novecento con le memorie degli ultimi frantoiani ancora in vita, gli autori esaminano le influenze, non solo economiche, ma anche culturali e sociali, avute sulla comunità sponganese dai frantoi e più in generale dalle molteplici attività legate all’olio e agli altri prodotti della molitura.

 

ENGLISH

This study, fruit of a close examination on written sources and oral testimonies, analyses the centrality of the olive oil and its by-products in the history of Spongano, a small community in the south of Salento. Beginning from the first sixteenth-century testimonies going through the end of the seventeenth century and the eighteenth century and coming finally to thetwentieth century with the last living oil pressers’ memories, the authors examine not only the economic, but also the cultural and social influences made on the Spongano community by the oil-presses and by the numerous activities connected with the oil and the other oil-press’s products.

 

Keyword

Giuseppe Corvaglia, Bruno Pedone, Rocco C. Rizzo, Giorgio Tarantino, Spongano, frantoi, olio

Il santuario di Santa Marina a Ruggiano

Riportiamo gli abstract dei saggi pubblicati sul nuovo numero de Il delfino e la Mezzaluna

 

Luciano Antonazzo, Per la storia del santuario di Santa Marina a Ruggiano

in Il delfino e la Mezzaluna, Periodico della Fondazione Terra d’Otranto, anno V, nn° 6-7, 2018, pp. 345-367

 

 

ITALIANO

Sorto presumibilmente in età medievale nella piccola frazione di Salve denominata Ruggiano, il santuario di Santa Marina divenne in età moderna meta di consistenti pellegrinaggi, soprattutto grazie alle virtù miracolose per la cura del cosiddetto «male d’arcu» attribuite alla santa. In questo saggio, lo studio dei diversi interventi di restauro, ampliamento e ristrutturazione susseguitisi nei secoli, diventa l’occasione per un dettagliato excursus su un’interessante vicenda processuale che vide coinvolti, tra il 1738 ed il 1747, l’allora vescovo della diocesi di Ugento, mons. Arcangelo Maria Ciccarelli e l’arciprete Teodoro Fenizzi, da più parti accusato di lucrare sulle ricche elemosine destinate dai fedeli al santuario.

 

ENGLISH

Risen presumably in the medieval age in the little hamlet of Salve, named Ruggiano, the sanctuary of Santa Marina, became in the modern age, the goal of considerable pilgrimages, chiefly thanks to the miraculous virtues ascribed to the saint, for the cure of the so-called «male d’arcu». In this essay, the study of the many restoration repairs, extension and reorganization that ensued in the centuries, becomes the occasion for a detailed excursus about an important trial event that saw involved between 1738 and 1747, at that time the diocesan bishop of Ugento, mons. Arcangelo Maria Ciccarelli and the archpriest Teodoro Fersini, accused from all sides of gain on the rich alms assigned to the sanctuary by the believers.

 

Keyword

Luciano Antonazzo, Salve, Ruggiano, Santa Marina, male d’arcu

La grande tela dell’Annunciazione della collegiata di Grottaglie

Riportiamo gli abstract dei saggi pubblicati sul nuovo numero de Il delfino e la Mezzaluna

 

Rosario Quaranta, La grande tela dell’Annunciazione della collegiata di Grottaglie. Un restauro e una riscoperta

in Il delfino e la Mezzaluna, Periodico della Fondazione Terra d’Otranto, anno V, nn° 6-7, 2018, pp. 313-341.

 

 

ITALIANO

Nell’abside della chiesa madre di Grottaglie è tornata a campeggiare, dopo lungo restauro, una grande tela semicircolare (670 x 430 cm), realizzata nel 1674 e raffigurante l’Annunciazione della Vergine, titolare del tempio. Il saggio prende in considerazione le motivazioni e le vicende che portarono alla sua realizzazione, grazie alla precisa documentazione storica reperita nel locale archivio capitolare. La tela venne realizzata a seguito della scomunica fulminata nel 1674 dall’arcivescovo di Taranto sugli occupanti del territorio della cosiddetta Foresta Tarantina di proprietà della Mensa arcivescovile. Il dipinto, che occupa interamente la calotta absidale e non porta alcuna firma, rappresenta il segno concreto di pentimento di quanti si erano resi colpevoli del misfatto, per ottenere l’assoluzione dalla severa censura ecclesiastica. L’autore ipotizza che a realizzare l’opera sia stato un abile pittore pugliese o salentino non estraneo alle suggestioni della scuola napoletana. A conforto di questa ipotesi si adduce il fatto che tutto si svolse in pochi mesi e che nel paese non mancano altre testimonianze pittoriche d’impronta napoletana favorite, ad esempio, dalla presenza della nobile famiglia napoletana dei Cicinelli.

 

ENGLISH

A large semi-circular canvas (670×430) painted in 1674, is back to her place in the apse of the Mother Church of Grottaglie after a long restoration. It depicts the Annunciation of the Virgin, patron of the temple. The essay takes into account the reasons and the events that led to its creation, thanks to precise historical documentations found in the local Capitular archives. The panting was created in consequence of the excommunication in 1674 by the Archbishop of Taranto on occupants of the territory of the so-called Tarantina Forest, part of the Archbishop’s revenue. The painting that occupies the apsidal calotte and doesn’t carry any signature, represents the concrete sign of repentance of those who were guilty of the misdeed in order to obtain absolution by the severe ecclesiastical censure. The author hypothesizes that the creator of the work could be an accomplished painter from Apulia or Salento no stranger to the suggestions of the Neapolitan school. To support this hypothesis is notable the fact that all took place within a few months. Moreover, in the country are present other pictorial testimonies Neapolitan style that were favoured by the noble family of Cicinelli.

 

Keyword

Rosario Quaranta, Grottaglie, Annunciazione della Vergine, Cicinelli

Un dipinto dei fratelli Sarnelli nella chiesa madre di Corigliano d’Otranto

Riportiamo gli abstract dei saggi pubblicati sul nuovo numero de Il delfino e la Mezzaluna

Ugo Di Furia, Una rara presenza pugliese dei fratelli Sarnelli:la Madonna col Bambino tra san Pietro martire e san Giacinto nella chiesa madre di Corigliano d’Otranto

in Il delfino e la Mezzaluna, Periodico della Fondazione Terra d’Otranto, anno V, nn° 6-7, 2018, pp. 285-303.

 

ITALIANO

La Madonna col Bambino fra i santi Pietro martire e Giacinto nella chiesa madre di Corigliano d’Otranto rappresenta, al momento, l’unica opera presente in Puglia attribuibile con certezza ai fratelli Sarnelli, famiglia di pittori napoletani del XVIII secolo. Il quadro, firmato e datato Sarnelli 1730 è anche la più antica testimonianza dell’attività della loro bottega fondata da Gennaro, il maggiore dei tre germani, allievo di Paolo De Matteis, come riferisce Bernardo De Dominici nelle sue Vite, morto precocemente nel 1731 e di cui si conoscono pochissime opere certe. Lunga invece l’attività dei più giovani Antonio e Giovanni che continuarono successivamente, fino agli anni Ottanta, a collaborare spesso fra loro, lavorando sia su tela che su affresco, per chiese e palazzi nobiliari. Particolarmente prolifico fu Antonio di cui possediamo un gran numero di quadri firmati e datati fino agli anni Novanta, sparsi oltre che a Napoli e in Campania, anche in quasi tutte le provincie del Regno.

 

ENGLISH

Currently, the Virgin and the child between Saint martyr Peter and Saint Hyacinth in the Cathedral of Corigliano d’Otranto, represents the only artwork in Apulia attributed with certainty to Sarnelli brothers, family of Neapolitan painters in the 18th century. The painting, signed Sarnelli and dated 1730, is the oldest evidence of the activity of their workshop founded by Gennaro that was the eldest of the three Germans and Paolo De Matteis’ s pupil, as relates Bernardo De Dominici in his works Vite . De Dominici died prematurely in 1731 and his works are few. Antonio and Giovanni’s activity was very long, instead. In fact, they continued to work together until the 1980’s, working both on canvas and on fresco for churches and palaces of noble families. Particularly prolific was Antonio of which we have a large number of paintings signed by himself and dated until the 1990’s. They are scattered in Naples, throughout Campania and in almost all the provinces of the kingdom.

 

Keyword

Ugo Di Furia, Corigliano d’Otranto, Sarnelli, Paolo De Matteis

Liborio Riccio nel museo diocesano di Gallipoli

Riportiamo gli abstract dei saggi pubblicati sul nuovo numero de Il delfino e la Mezzaluna

 

Anna Bolognese, L’ovale della Madonna Immacolata di Liborio Riccio: cronaca di un restauro

in Il delfino e la Mezzaluna, Periodico della Fondazione Terra d’Otranto, anno V, nn° 6-7, 2018, pp. 269-273.

 

 

ITALIANO

L’autrice fornisce una sintesi dei lavori di restauro eseguiti su un antico ovale rappresentante la Madonna Immacolata. La tela, conservata presso il museo diocesano di Gallipoli, è opera del pittore gesuita Liborio Riccio, nato a Muro Leccese, formatosi tra Gallipoli e Roma ed operante in Terra d’Otranto nella seconda metà del Settecento.

 

ENGLISH

The author provides a synthesis of the restoration work carried out on an old oval showing the Virgin. The painting, kept in the Gallipoli’ s diocesan museum, is a work of Liborio Riccio, a Jesuit painter, born in Muro Leccese, grown up between Gallipoli and Rome and working in Otranto’s land in the second half of the eighteenth – century.

 

Keyword

Anna Bolognese, Liborio Riccio, Museo Diocesano Gallipoli, Madonna Immacolata

Gian Domenico Catalano nella collegiata di Grottaglie

Riportiamo gli abstract dei saggi pubblicati sul nuovo numero de Il delfino e la Mezzaluna

 

Marino Caringella, Una proposta per Catalano nella collegiata di Grottaglie e una notula sul D’Orlando

in Il delfino e la Mezzaluna, Periodico della Fondazione Terra d’Otranto, anno V, nn° 6-7, 2018, pp. 275-283.

 

ITALIANO

a Pentecoste collocata nella collegiata di Grottaglie,rielaborazione della pala del Vasari in Santa Croce a Firenze, è qui ricondotta all’ambito culturale della tarda maniera e attribuita al pittore salentino Gian Domenico Catalano (Gallipoli 1560 ca. – Gallipoli? 1627 ca.). A tal proposito l’autore instaura confronti con altre opere note del maestro gallipolino, restituendo al suo catalogo anche la cosiddetta Madonna della Misericordia di Galatone, già data a Donato Antonio D’Orlando (Nardò 1560 ca. – Racale 1636). Circa il pittore neretino, è palese la dipendenza tra la sua Deposizione di Cristo di Castellaneta e le opere di Giovan Bernardo Lama e dello Stradano. Elementi che rendono la personalità artistica del D’Orlando ben più sfaccettata di quanto la letteratura critica abbia sinora compiutamente delineato.

 

ENGLISH

Pentecost in the collegiate church in Grottaglie, that is a reinterpretation of Vasari’s altarpiece in Santa Croce in Florence, is here influenced by the cultural realms of late Mannerism and attribuited to Gian Domenico Catalano (Gallipoli about 1560 – Gallipoli? about 1627), a painter from Salento. To this end, the author, comparing other works by the master from Gallipoli, ascribes him also the so-called Madonna of Mercy in Galatone, preaviously attributed to Donato Antonio D’Orlando (Nardò about 1560 – Racale 1636). As regards the painter from Nardò, the author identifies a clear influence of the works by Giovan Bernardo Lama and Stradano on his Deposition of Christ in Castellaneta. Such considerations render D’Orlando’s artistic identity more complex than so far drafted by critics.

 

Keyword

Marino Caringella, Pentecoste, Collegiata Grottaglie, Domenico Catalano, Antonio Donato D’Orlando

L’Immacolata Concezione giordanesca conservata nella chiesa dell’Immacolata a Latiano

Riportiamo gli abstract dei saggi pubblicati sul nuovo numero de Il delfino e la Mezzaluna

 immacolata latiano

Domenico Ble, L’Immacolata Concezione giordanesca conservata nella chiesa dell’Immacolata a Latiano

in Il delfino e la Mezzaluna, Periodico della Fondazione Terra d’Otranto, anno V, nn° 6-7, 2018, pp. 263-267.

 

ITALIANO

Il fenomeno della pittura giordanesca ha avuto una grande importanza e diffusione in Terra d’Otranto tra il XVII e l’inizio del XVIII secolo. La circolazione delle opere del maestro Luca Giordano o degli elaborati dei suoi allievi ha così influenzato la maniera di diversi pittori locali. La pittura giordanesca ha interessato anche Latiano con la tela dell’Immacolata Concezione conservata all’interno dell’omonima chiesa: per anni scarsamente valorizzata e non adeguatamente posta in risalto per il suo valore artistico, in questo articolo viene collocata all’interno di un panorama pittorico ben più ampio. In riferimento al suo artefice si può dunque passare dal generico «autore ignoto» ad un più opportuno «pittore giordanesco».

 

ENGLISH

The phenomenon of the Giordanesca painting has had a great importance and diffusion in Terra d’Otranto between the seventeenth century and the beginning of the eighteenth century. The circulation of Luca Giordano’s works or of his pupils’ papers has influenced the manner of many local painters. The Giordanesca painting has affected also Latiano with the canvas of the Immacolata Concezione (the Virgin) kept in the interior of church with the same name: under-appreciated for years and not enough highlighted for its artistic value, in this essay it is placed on the inside of a much wider pictorial panorama. Referring to its author we can pass from the generic «unknown author» to a more veritable «giordanesco painter».

 

Keyword

Domenico Ble, Luca Giordano, Latiano, Immacolata Concezione

Norme redazionali per chi vuol collaborare con la nostra Rivista

In allegato le norme redazionali per chi vorrà collaborare con Il delfino e la mezzaluna.

Norme Redazionali_v3

Per informazioni sulla Rivista potete scrivere direttamente al direttore Alessio Palumbo:

ildelfinoelamezzaluna@gmail.com

 

Luigi Ruggeri alla fine di un mondo

Riportiamo gli abstract dei saggi pubblicati sul nuovo numero de Il delfino e la Mezzaluna

 

Cosimo Rizzo, Luigi Ruggeri alla fine di un mondo

in Il delfino e la Mezzaluna, Periodico della Fondazione Terra d’Otranto, anno V, nn° 6-7, 2018, pp. 257-260.

Copertina 

 

ITALIANO

La figura del filosofo, sociologo e traduttore Luigi Ruggeri, nella sua veste forse meno nota, quella di poeta, viene qui messa in luce ed indagata attraverso uno dei suoi poemi: Canto e lamento al secolo che muore. L’opera è al contempo un canto d’amore ed una nenia funebre nei confronti di un periodo così complesso e così ricco di contraddizioni. Un secolo martoriato da guerre e da stermini che hanno annichilito l’idea stessa di umanità, ma ricco anche di nuovi valori, di eccezionali pagine artistiche e quindi di speranza. Un secolo da compiangere e da amare.

 

ENGLISH

The figure of the philosopher, sociologist and translator Luigi Ruggeri, in his less knower look of poet, is here pointed out and investigated through one of his poem: Canto e lamento al secolo che muore. The poem is both a love song and a funeral dirge about a period so complex and rich in discrepancies. A century tortured by wars and massacres that have annihilated the idea itself of humanity but also rich in new values, in extraordinary artistic pages and so in hope. A century to be pitied and loved.

 

Keyword

Cosimo Rizzo, Luigi Ruggeri, poesia, Canto e lamento al secolo che muore

Su The castle of Otranto, primo romanzo gotico

Riportiamo gli abstract dei saggi pubblicati sul nuovo numero de Il delfino e la Mezzaluna

 

Annalisa Presicce, Su The castle of Otranto, primo romanzo gotico

in Il delfino e la Mezzaluna, Periodico della Fondazione Terra d’Otranto, anno V, nn° 6-7, 2018, pp. 221-256.

 castello di Otranto

 

ITALIANO

Nel 1765 Horace Walpole pubblica The castle of Otranto inaugurando un nuovo approccio alla scrittura e aprendo la strada alla letteratura gotica. Nel presente lavoro si intende fornire una presentazione degli antecedenti storico-culturali alla stesura dell’opera, una breve analisi stilistica che ne sottolinei l’apparato categoriale, una ricostruzione dei riferimenti utili a comprendere la vera o presunta relazione tra la fortezza otrantina reale e quella romanzata, le ragioni della fortuna di un libro che ha reso nota la costruzione aragonese in tutto il mondo, pur nei limiti del fantastico. Le fonti prese in esame sono diverse, letterarie, biografiche, epistolari, architettoniche, artistiche e propriamente storiche; partendo da queste ci si propone di sciogliere dal testo tutto ciò che è riconducibile, dove possibile, a trasposizione diretta di fatti e figure di spicco che hanno interessato il principato di Otranto in passato, passando anche per il filtro documentato delle trattazioni degli storiografi moderni di cui disponeva l’autore. La conclusione approda ad una intrigante verosimiglianza il cui fascino, vivo ancora oggi, ha permesso al castello di resistere al tempo quale emblema incontrastato tra i luoghi dell’orrore restituitici dalla letteratura.

 

ENGLISH

In 1765 Horace Walpole published The castle of Otranto inaugurating a new approach to writing and paving the way for the gothic literature. In the following study we intend to give a presentation of the historic-cultural antecedents to the drawing up of the work, a brief stylistic analysis aimed to point up the categorical apparatus, a reconstruction of the useful references to understand the true or alleged relationship between the real and the fictional fortress in Otranto, the reasons about the fortune of a book which has been making the aragonian castle become famous all over the world, even within the limits of a fantastic styling. The examined sources are different, literary, biographical, epistolary, architectural, artistic and historical properly; starting from here we propose to solve through the text all that is attributable, where possible, to a direct transposition of facts and prominent figures that had been affecting the principality of Otranto in the past, also passing through the documented filter of the modern historical works available to the author. The conclusion leads to a intriguing likelihood whose charm, still alive today, has been enabling the castle to resist the time as a undisputed symbol among the places of horror handed down from literature.

 

Keyword

Annalisa Presicce, Walpole, Otranto, The castle of Otranto

Ugo Orlando da Taurisano alias Mastro Scarpa. Poesie

Riportiamo gli abstract dei saggi pubblicati sul nuovo numero de Il delfino e la Mezzaluna

 Ugo Orlando

Antonio Di Seclì, Ugo Orlando. Poesie

in Il delfino e la Mezzaluna, Periodico della Fondazione Terra d’Otranto, anno V, nn° 6-7, 2018, pp. 215-219.

 

ITALIANO

Il taurisanese Ugo Orlando è stato, per molti anni, colpevolmente escluso dal novero dei principali poeti dialettali salentini. Facendo riferimento all’antologia Ugo Orlando. Poesie, curata nel 2016 dallo stesso Di Seclì con Antonio Resta per le Edizioni del Grifo, l’autore ripercorre in questo saggio la vita e le opere di Mastro Scarpa (pseudonimo del poeta) focalizzando, accanto alle principali esperienze biografiche, le diverse fasi temporali dell’attività poetica ed i nuclei semantici della sua produzione: il paese natale, l’esistenza umana, la Chiesa e la sua morale, se stesso. Un percorso lungo sessanta anni, fortemente condizionato dalle esperienze di vita (il lavoro, la famiglia in primis), dal contesto geografico (Taurisano) e dalle letture (dagli autori ottocenteschi ai vangeli).

 

ENGLISH

The Taurisanese Ugo Orlando has been, for a lot of years, guiltily excluded from the group of principal Salentini dialectal poets. To mention the anthology Ugo Orlando. Poesie, edited in 2016 by Di Seclì himself with Antonio Resta for Edizioni del Grifo, the author in this essay goes along the Mastro Scarpa’s (poet’s pen-name) work and life again focusing, beside the principal biographic experiences, the different temporal phases of the poetic activity and the semantic kernel of his production: the native town, the human being, the Church and its morality, he himself. A sixty-year period, greatly conditioned by life experiences (work, family in primis), by the geographical context (Taurisano), by the readings (from nineteenth-century authors to Gospels).

 

Keyword

Antonio Di Seclì, Ugo Orlando, Mastro Scarpa, Poesia, Taurisano

S. Isidoro: non solo spiaggia, ma anche Sarparea e spundurate

Riportiamo gli abstract dei saggi pubblicati sul nuovo numero de Il delfino e la Mezzaluna

ulivi di Puglia

 

Alessio Palumbo, S. Isidoro: non solo spiaggia, ma anche Sarparea e spundurate. Storia e biodiversità da conoscere, proteggere, raccontare. Intervista ad Emanuela Rossi e Salvatore Inguscio

in Il delfino e la Mezzaluna, Periodico della Fondazione Terra d’Otranto, anno V, nn° 6-7, 2018, pp. 203-212.

 

 

ITALIANO

Un viaggio ideale lungo la costa tra Nardò, Sant’Isidoro e Porto Cesareo, tra spundurate, grotte, boschi di ulivi monumentali, specie autoctone e tanto altro ancora. A far da guida Emanuela Rossi e Salvatore Inguscio, da anni impegnati con Avanguardie in progetti di trekking, escursioni ambientali e visite guidate volti a far conoscere il lato più vero ed autentico del Salento, con costante attenzione ai pericoli che da anni minacciano questo suggestivo lembo di terra tra i due mari.

 

ENGLISH

An ideal journey along the coast among Nardò, Sant’Isidoro and Porto Cesareo, among spundurate, caves, monumental olives woods, autochthonous species and more other things. As guides Emanuela Rossi and Salvatore Inguscio, for years occupied with Avanguardie with projects of trekking, environmental hikes, guided tours aiming at letting people know the most true and authentic aspect of Salento, with a continuous attention to the dangers that for ages have threatened this picturesque strip of land between two seas.

 

Keyword

Emanuela Rossi, Salvatore Inguscio, Nardò, Sant’Isidoro, Porto Cesareo, Spundurate, Sarparea

Il geco salentino

Riportiamo gli abstract dei saggi pubblicati sul nuovo numero de Il delfino e la Mezzaluna

 geco

Fabio Protopapa, Il geco salentino

in Il delfino e la Mezzaluna, Periodico della Fondazione Terra d’Otranto, anno V, nn° 6-7, 2018, pp. 197-201.

 

ITALIANO

La figura del geco è radicata nella cultura del meridione,tanto da rappresentare oggigiorno un simbolo del Salento.Da tempi immemori, i rettili dominano la macchia mediterranea, nascondendosi tra le pietraie e nutrendosi di piccole prede. La salvaguardia delle tre specie che sopravvivono nel sud Italia è di fondamentale importanza per mantenere un equilibrio stabile e delicato che dura da milioni di anni. Molto spesso questi sfuggenti e timidi animali vengono travolti dalle auto nelle ore notturne. Altre volte vengono uccisi irragionevolmente dall’uomo per scarsa e confusa conoscenza tramandata nel corso dei secoli. Infine, l’utilizzo di insetticidi e diserbanti, insieme ad una antropizzazione galoppante, ha contribuito in maniera significativa alla distruzione dei loro habitat naturali. L’informazione e la giusta empatia possono essere da stimolo per osservare con occhi diversi il geco, contributo essenziale per la futura ingegneria biomedica.

 

ENGLISH

The image of gecko is so rooted in the southern culture that today it is a symbol of Salento. From oblivious times, the reptiles have been dominating the Mediterranean scrub, hiding among heaps of stones and feeding on little pries. The preservation of the three species that survive in the south of Italy is very important to maintain the stable and delicate equilibrium that goes on for millions of years. Very often these slippery and timid animals are run over by cars during the night. Sometimes they are killed unreasonably by men for a limited and vague knowledge handed down over the years. Finally, the use of insecticides and herbicides, with a galloping antropization, has helped in a significant way to destroy their natural habitat. The knowledge and the right empathy can be a stimulus to observe with different eyes the gecko, essential contribution for the future biomedical engineering.

Keyword

 

Fabio Protopapa, geco, tarantula, Askàlabotes, Stellione

Le specchie di Calone e Cerrate

numero de Il delfino e la Mezzaluna

 landriscina

Sabrina Landriscina, Le specchie di Calone e Cerrate: storia degli studi e nuove acquisizioni sul contesto topografico 

in Il delfino e la Mezzaluna, Periodico della Fondazione Terra d’Otranto, anno V, nn° 6-7, 2018, pp. 181-196.

 

ITALIANO

Un esame comparato delle fonti cartografiche, d’archivio e bibliografiche, completato ed arricchito con l’analisi delle foto aeree storiche della zona a nord di Lecce, ha consentito all’autrice di questo saggio di approfondire le conoscenze sino ad oggi possedute sulle specchie di Calone e Cerrate. Due monumenti dalla destinazione discussa oramai completamente scomparsi sotto l’azione congiunta del tempo e (principalmente) dell’uomo.

 

ENGLISH

A comparative examination of cartographic, archive and biographical sources, completed and enriched by aerial historical photos of Lecce northern land, has allowed the author of this essay to study in depth the knowledge had till today about the Calone’s and Cerrate’s «specchie». Two monuments of a controversial purpose by now completely disappeared under the time’s action and particularly the man’s action.

 

Keyword

Sabrina Landriscina, Specchia di Calone, Specchia di Cerrate, topografia Salento

Giovan Paolo Vernaleone da Galatina

Riportiamo gli abstract dei saggi pubblicati sul nuovo numero de Il delfino e la Mezzaluna

 

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Rosario Moscheo, Giovan Paolo Vernaleone da Galatina

in Il delfino e la Mezzaluna, Periodico della Fondazione Terra d’Otranto, anno V, nn° 6-7, 2018, pp. 141-178.

 

 

ITALIANO

Lo studio di Rosario Moscheo sulla figura di Giovan Paolo Vernaleone riprende e compendia un articolo comparso oltre venti anni fa sulla rivista «Helikon» (R. Moscheo, Matematica, filologia e codici in una lettera inedita della fine del XVI secolo, in «Helikon – Rivista di tradizione e cultura classica dell’Università di Messina », A. XXIII-XXIV, 1993-1994, pp. 159-241), mettendo in evidenza, grazie anche alla pubblicazione in appendice di alcune parti di una lettera indirizzata dallo stesso Vernaleone a Giovanni Vincenzo Pinelli, il ruolo di assoluto primo piano ricoperto dall’umanista galatinese nel contesto scientifico e culturale meridionale di fine cinquecento. Un ruolo che lo mise in contatto, da pari a pari, con grandi figure dell’epoca quali il matematico gesuita Clavio, il filoso Campanella e altri scienziati e uomini di cultura del tempo.

 

ENGLISH

Rosario Moscheo’s study on the image of Giovanni Paolo Vernaleone resumes and abridges an article appeared more than twenty years ago on the journal «Helikon» emphasizing , thanks to the publication in the appendix of some parts of a letter sent by Vernaleone himself to Giovanni Vincenzo Pinelli, the role of extreme close-up covered by the Galatina humanist in the southern scientific and cultural contest of the late sixteenth-century. A role that allowed him to get in touch, as equals, with big characters of that time as the Jesuit mathematician Clavio, the philosopher Campanella and other scientists and intellectuals of the time.

 

Keyword

Rosario Moscheo, Giovan Paolo Vernaleone, Giovanni Vincenzo Pinelli, Cristoforo Clavio, Tommaso Campanella

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Della fama di Marcantonio Zimara e della fortuna editoriale dei suoi Problemata.

Riportiamo gli abstract dei saggi pubblicati sul nuovo numero de Il delfino e la 5

Luca Carbone, Della fama di Marcantonio Zimara e della fortuna editoriale dei suoi Problemata. Annotazioni aggiunte alla bibliografia di e su Zimara

in Il delfino e la Mezzaluna, Periodico della Fondazione Terra d’Otranto, anno V, nn° 6-7, 2018, pp. 111-140.

 

ITALIANO

Lo studio originale di Luca Carbone, qui presentato per esteso per la prima volta, tenta di condurci, anche avvalendosi dei lavori di validi ricercatori, attraverso la selva, insieme chiara ed oscura, delle innumerabili, alla lettera, edizioni dei Problemata del celebre filosofo galatinese Marcantonio Zimara. Legati indissolubilmente ai Problemi dello pseudo-Alessandro di Afrodisia e, soprattutto, ad un trattato pseudo-aristotelico, dallo stesso titolo e dalla straordinaria fortuna editoriale, individuato dagli studiosi con la dicitura convenzionale, tratta da Aristotele, Omnes homines. Non solo i centoquattro problemi zimariani, composti prima del 1514,verranno tradotti in tutte le lingue colte europee, ad eccezione forse dello spagnolo, ma saranno riediti persino negli Stati Uniti sino ai primi decenni del ventesimo secolo, sia pure in formati via via più ridotti, mostrando una vitalità editoriale sorprendente durante tutti e quattro i secoli dell’epoca moderna.

 

ENGLISH

Luca Carbones original study presented here in full for the first time, strengthened by studies of excellent researchers,tries to lead us through the innumerable editions of Problemata written by the famous philosopher Marcantonio Zimara from Galatina. The one hundred and four Zimaras problems are inextricably linked to the Problemi by pseudo Alexander of Aphrodisias and especially to a same-titled pseudoaristotelian treatise of extraordinary editorial fortune, identified by scholars as conventional wording taken from Aristotle, Omnes homines. They were composed before 1514 and translated into all European languages with the exception of Spanish but republished in the United States until the first decades of the twentieth century, in increasingly reduced formats, showing a surprising editorial viability during the four centuries of the Modern era

 

Keyword

 

Luca Carbone, Marcantonio Zimara, Problemata, Omnes homines

La penisola salentina nelle fonti narrative antiche

Riportiamo gli abstract dei saggi pubblicati sul nuovo numero de Il delfino e la mezzaluna

Terra d'Otranto, Salento

Nazareno Valente, La penisola salentina nelle fonti narrative antiche

in Il delfino e la Mezzaluna, Periodico della Fondazione Terra d’Otranto, anno V, nn° 6-7, 2018, pp. 99-108.

 

 

ITALIANO

 

Le fonti antiche greche e latine vengono riesaminate per cogliere le evidenze letterarie riguardanti le denominazioni etniche e geografiche utilizzate per la penisola salentina. Emerge cosi che, almeno sino alla fine del periodo ellenistico, gli autori greci privilegino in maniera esclusiva l’uso di termini di propria matrice e colgano una sostanziale unita etnico-geografica della nostra terra.

Gli autori latini, che si accostano pero al nostro mondo con sostanziale ritardo, evidenziano invece, già a partire da Varrone, di preferire le denominazioni coniate dalla gente del luogo e, pur adoperando una denominazione geografica unica per la penisola, la rappresentano abitata da due diverse etnie.

Il risultato per certi versi inatteso e che proprio la denominazione geografica ora in uso risulta non trovare riscontro alcuno nell’antichità. Nell’ambito delle differenze etniche evidenziate dagli autori latini, si e poi cercato di definire i luoghi d’insediamento dei due diversi gruppi e, anche in questo caso, le conclusioni cui si e pervenuti potrebbero apparire sorprendenti, soprattutto considerate le credenze popolari prevalenti sull’argomento.

 

ENGLISH

The ancient Greek and Latin sources are re-examined to catch the literary facts about the ethnic and geographic names used for the Salentina peninsula. It emerges, at least till the Hellenistic period end, that Greek authors prefer in an exclusive way the use of words by their own origin and catch a substantial ethnic-geographic unity of our land. The Latin authors, who approach our world very late, on the contrary reveal, starting from Varrone, to prefer the names coined by local people and also using a geographic unique name for the peninsula, they represent it as populated by two different ethnic groups.

The result, in a certain sense unexpected is the geographic name now used hasn’t any confirmation in the past. In the field of the ethnic differences revealed by Latin authors, we have tried to define the two different group’s settlements and also in this case we have come at same conclusions that could be astonishing mostly considering the prevalent popular beliefs about this subject.

 

Keyword

 

Nazareno Valente, Penisola Salentina, Sallentini-Calabri, Messapia

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