In ricordo di Gino Pisanò, filologo, critico letterario, storico della cultura

FORSAN ET HAEC OLIM MEMINISSE IUVABIT.[1]

RICORDO DI GINO PISANO’

 

di Paolo Vincenti

La figura dell’intellettuale Gino Pisanò, filologo, critico letterario, storico della cultura, nato a Casarano il 26 giugno 1947 e morto a San Giovanni Rotondo il 18 marzo 2013, è stata ricordata in un libro edito dalla Società di Storia Patria sezione di Lecce, intitolato “Qui dove aprichi furono i miei giorni”. La luminosa humanitas di Gino Pisanò.[2]

Il volume, a cura di Fabio D’Astore e Mario Spedicato, raccoglie una serie di testimonianze da parte di amici e studiosi, oltre al profilo bio-bibliografico. Ordinario di Latino e Greco nei licei, è stato docente di Storia delle Biblioteche, presso la Facoltà di Beni Culturali dell’Università degli Studi di Lecce. Gino Pisanò aveva una cultura enciclopedica, perché insaziabile era la sua curiosità, varia la gamma degli aspetti su cui si appuntava il suo interesse erudito.

Si poteva dire esponente di quella humanitas, come intesa nel Quattrocento e nel Cinquecento, che considerava cioè le humanae litterae, il terreno di confronto, il mezzo privilegiato di comunicazione spirituale, ovverosia di una comunicazione alta, ad ampio raggio, non chiusa, elitaria, settoriale, parcellizzata, come purtroppo sta tornando ad essere oggi il sapere. Suoi riconosciuti maestri furono Oreste Macrì, Mario Marti, Donato Valli.

Pisanò era anche poeta. Clematides, la sua esordiale raccolta poetica, è anche una delle sue prime opere[3]. Sebbene questa rappresenti un unicum nella sua carriera, emergono dalla raccolta, l’amore per i classici greci e latini, la devozione filiale per la terra madre, l’interesse filologico ed erudito, il gusto della scrittura colta, lo scavo piscologico, insomma tutti i temi che hanno accompagnato la sua lunga carriera.

Fittissima, la sua attività di conferenziere. Presidente, dal 2000 al 2008, dell’Istituto di Culture Mediterranee della Provincia di Lecce, era anche membro del comitato tecnico di studio del Parco Letterario “Quinto Ennio” della Provincia di Lecce. Nell’incarico all’Istituto di Culture Mediterranee profuse moltissime energie. Da umanista, non poteva restare insensibile al grande fascino esercitato dal Mare Mediterraneo. In un’intervista, rilasciata allo scrivente per un periodico locale, nei primi anni Duemila, disse: “Il Mediterraneo, prima ancora di essere un luogo fisico, ossia una rete viaria liquida e un immenso contenitore di bio-diversità, è per me un ‘luogo mentale’: è lo spazio sociologico nel quale è nata la democrazia greca antica, nel senso che furono i viaggi dei greci, i loro incontri, le loro scoperte di nuovi popoli e costumi, i confronti fra mentalità diverse a far nascere nel dna di quel popolo l’idea della relatività della conoscenza, sottesa alla crisi di ogni certezza e di ogni assolutismo. Questo era in fondo il magistero di Socrate, questo era il senso della struttura dialettica del teatro tragico ateniese del V secolo a.C. Lontano dal Mediterraneo, sulle montagne e nei deserti, nacquero i grandi imperi e i loro poteri assoluti, donde il contrasto fra la civiltà politica panellenica e la barbarie persiana. Il Mediterraneo dunque è il simbolo della cultura occidentale: Odisseo si forma e matura sul mare diventando, da astuto, saggio. La miriade di porti del Mediterraneo può diventare simbolo di quella cultura dell’accoglienza, della tolleranza e della solidarietà che dovrebbe stare alla base del nostro essere europei, eredi di Socrate, di Cristo, di Voltaire. Il Mediterraneo è un tourbillon di razze, lingue, odori e colori diversi. Il Mediterraneo lambisce anche i paesi del Medio Oriente. È sempre il Mediterraneo che ha visto il dispiegarsi della grande civiltà arabo-islamica; oggi l’islam rischia di diventare un luogo comune come civiltà antitetica a quella occidentale o addirittura come antagonista perenne”.[4]

Parole profetiche, se si pensa che oggi non soltanto stiamo vivendo un ritornante scontro di civiltà, fra Occidente e Oriente, ma anche, in seguito agli esodi massicci di profughi dalle coste africane e mediorientali, un asperrimo dibattito interno sulle politiche migratorie fra forze della reazione, latamente xenofobe, che lavorano a piani di indifferenziato respingimento, e forze progressiste aperte di converso ad una accoglienza indiscriminata.

Ricevette numerosi premi durante la carriera. Nel 1997, il professor Osvaldo Giannì gli dedicò un profilo sulle pagine della rivista della Società di Storia Patria sezione di Maglie, con una bibliografia dei suoi scritti, seppure parziale[5].

Da Mario Marti, forse più di tutti, aveva mutuato il fondamento metodologico, di derivazione crociana, con cui si approcciava ai problemi testuali, all’esegesi critica, allo scavo erudito, all’approfondimento delle tematiche che volta per volta affrontava, in continuità con gli studi già inaugurati dallo stesso Marti, da Vallone, Mangione, Valli, Dell’Aquila, Rizzo, Giannone. E quanto ai criteri ispiratori della sua ricerca, egli stesso invocava « a loro beneficio (ma anche a testimonianza della mia attenzione per il “certo” e il “vero”) quanto Giovan Battista Lezzi scriveva a Marco Lastri nel presentargli la sua Biblioteca salentina: “Procuro di dare un’idea la più esatta dell’autore, do un giudizio, qualunque siasi, delle opere da lui scritte e perciò cerco di vederle in fonte”» .[6]

A Giovan Battista Lezzi volle intitolare la rinnovata Biblioteca Comunale di Casarano quando, nel 2005, dopo due anni di lavoro, venne riaperta al pubblico. Ben 4010 volumi, inventariati, catalogati e classificati da Pisanò. In occasione dell’inaugurazione, intervistato sul valore che una biblioteca può continuare ad avere nell’era di Internet, egli, da esperto di biblioteconomia e storia delle biblioteche, non poteva che rispondere così: “È il luogo dell’aggregazione, è lo strumento contro la dispersione scolastica, è un servizio sociale, è un istituto della democrazia. Pertanto, la biblioteca deve essere arricchita da una ludoteca per bambini, una emeroteca, una discoteca, ecc., per diventare come la Public Library del mondo anglosassone. Va sfatata la concezione della biblioteca pubblica come luogo claustrale. Internet non basta: comunica un sapere universale ma non scientificamente documentato e perciò assolve solo a un compito divulgativo. La ricerca è altra cosa: richiede approfondimento, indagini documentali (le fonti, per esempio), confronti testuali e intertestuali. Ma soprattutto lo studio in biblioteca eroga, insieme con i suoi silenzi, stimoli per una ricerca sempre in progress, dietro la quale si annida il fantasma della nostra limitatezza. E questo è il primo vero segnale che si è sulla strada giusta per conoscere prima sé stessi e poi il mondo”.[7] In occasione della sua scomparsa, scrive Gigi Montonato, in un commosso ricordo dell’amico e collega: “La sua è stata una delle pochissime voci di questi ultimi trent’anni a recuperare la dimensione greca della nostra cultura, in un incontro ideale col Galateo; a stabilire un rapporto con le nostre radici elleniche, che la crisi sugli studi classici ha lasciato inaridire. Dall’amore per la Grecia all’amore per la cultura tedesca, che più di ogni altra, con la filosofia e con la poesia, ha dato alla civiltà europea importanti segni di identità, il passo è breve. Gino era affascinato dai grandi filosofi e poeti tedeschi quanto lo era di Omero e dei lirici e tragici greci, di Euripide, di Sofocle, di Eschilo, ma anche di Aristofane. L’affetto e l’ammirazione per Francesco Politi, il germanista di Taurisano, trovava linfa costante nelle belle traduzioni dal tedesco di Rilke, di Holderlin, di Nietzsche, che Gino riprendeva nei suoi scritti e di cui si faceva interprete a sua volta”.

E conclude: “La sua scomparsa impoverisce il panorama culturale salentino e lascia in chi lo ha conosciuto un senso di vuoto e di tristezza. Consola che per quello che ha fatto Gino, come il suo Orazio avrebbe detto, non morirà del tutto!”.[8] Su alcuni intellettuali in particolare concentrò i suoi sforzi: Girolamo Cicala nel Seicento, Ignazio Falconieri, Giovan Battista Lezzi, Francesco Antonio Astore, nel Settecento, Giacomo Arditi nell’Ottocento, Macrì, Bodini, Caproni, Pagano, Comi, Pierri, Corvaglia nel Novecento. L’esegesi dei passi poetici, le curatele e le note di lettura, la traduzione delle più impenetrabili epigrafi latine, la riflessione filosofica, procedevano di pari passo con la sua opera di divulgazione. Intrinseca finalità, quella di trarre fuori di orfanezza piccoli e grandi avvenimenti, date e personaggi illustri, per iuvare mortales, come diceva il suo amato Livio, cioè sottrarre l’oggetto dei suoi studi all’oblio. “Forsan et haec olim meminisse iuvabit”, proprio come l’insegnamento di Virgilio, che aveva messo in epigrafe al suo volume su Falconieri.[9] Con abbondanza di dottrina, si soffermava sui vari aspetti, nella disamina storico critica di un autore greco o latino, oppure del Rinascimento o del Romanticismo, di un componimento poetico, di un racconto o di un romanzo, sempre inquadrando l’oggetto d’analisi nel contesto sociale in cui si colloca, con approccio multidisciplinare.

Il registro alto della scrittura è certo uno dei connotati del suo stile. Egli aveva il culto della parola ed in tutti i suoi testi usava una prosa dotta, volutamente ricercata, intrisa di echi tardo-ottocenteschi e novecenteschi, ma forgiata, come egli avrebbe detto, sull’incudine letteraria dei classici. La parola nei suoi scritti si faceva elegante, il suo lessico, impreziosito da aulicismi, disseminato di termini desueti, forestierismi, o termini presi a prestito da altri linguaggi settoriali, era diventato un marchio di fabbrica, e la sua sintassi così elaborata, traboccante, a volte involuta, ma talmente originale da far familiarizzare il lettore più provveduto, che riconosceva un suo scritto senza vedere la firma.  A volte, ingaggiava quasi un corpo a corpo con la lingua, fino ad ottenerne effetti straordinari, ricercando per lo stesso tema immagini diverse, che d’altronde rampollavano con facilità dal suo universo di conoscenze, fino a torcere la lingua in una resa polisemica con utilizzo anche di calchi semantici e morfologici.

L’ultima opera di Pisanò è un volume che raccoglie alcuni saggi pubblicati negli ultimi anni: Studi di italianistica fra Salento e Italia: sec. XV-XX.[10]

La presentazione di questo libro, nel 2013, già fissata, fu annullata a causa della sua sopravvenuta scomparsa. A proposito degli ultimi giorni di vita, scrive Marco Leone: “Nonostante che la malattia avanzasse inesorabilmente, Pisanò si propose di presentare, con mio grande compiacimento, l’edizione del Cicala: stava lavorando a questo appuntamento, già calendarizzato, con l’abituale dedizione, però poi il peggioramento delle sue condizioni di salute gli impedì di portare a termine il suo proposito. Mi telefonò per comunicarmi il suo rammarico, che era anche il mio: lo fece con la signorilità e con la eleganza che lo contraddistinguevano di consueto. Fu l’ultima volta che ebbi la possibilità di parlargli, anche perché la presentazione dell’altro suo più recente volume, Studi di italianistica fra Salento e Italia secc. XV-XX, a cui pure avrei dovuto partecipare come relatore, fu purtroppo annullata, a pochi giorni dalla data fissata, a causa della sopraggiunta morte. Si può dire così che il mio rapporto con Gino Pisanò si sia concluso come era iniziato, nel nome di un ignoto poeta latino di età barocca e nel segno di una condivisione di interessi letterari che alla fine si è trasformata col tempo, per mia fortuna, anche in una corrispondenza umana e amicale”[11].

Per famigliari, amici ed estimatori, oltre all’affetto, restano le sue opere, testimonianza di alto impegno morale e civile, dacché, per concludere con Dante, “Amore, acceso di virtù, sempre altro accese, pur che la fiamma sua paresse fore”.

Si passano ora in rassegna le iniziative degne di nota e le principali manifestazioni commemorative tenute a partire dall’anno della sua scomparsa.

Già nel maggio del 2013 a Parabita, presso Palazzo Ferrari, si tenne una cerimonia di consegna del Premio “L’Apollo d’argento” a Gino Pisanò, voluto dal centro culturale “Il Laboratorio” di Aldo D’Antico. Il premio venne consegnato dal Presidente della Provincia Antonio Gabellone alla famiglia di Pisanò e furono chiamati ad intervenire alcuni studiosi che sono stati amici del professore, come Fabio D’Astore, docente di Letteratura italiana presso la Facoltà di Beni Culturali dell’Università di Lecce, Gigi Montonato, animatore della rivista “Presenza taurisanese”, e Luigi De Luca, dell’Istituto di Culture Mediterranee, che ne fu direttore durante la Presidenza di Pisanò. Alla Biblioteca Comunale di Parabita, intitolata ad Ennio Bonea, e gestita da “Il Laboratorio”, Pisanò aveva donato i suoi libri prima della scomparsa.

Nel marzo del 2014, dunque ad un anno dalla scomparsa, nell’Aula Magna del Liceo Classico di Casarano, dove Pisanò ha insegnato per molti anni, è stato presentato il volume  Studi di Italianistica fra Salento e Italia secc. XV- XX, che egli non ha fatto in tempo a vedere realizzatoL’importante serata, presieduta dal Prof. Mario Spedicato, dell’Università del Salento, ha visto gli interventi di saluto del Sindaco di Casarano Gianni Stefano, del Presidente della Provincia di Lecce Antonio Gabellone, della Vice Preside del Liceo Classico Casarano Tonina Solidoro, del Presidente dell’Istituto Culture Mediterranee Mauro Sbocchi; quindi le relazioni del Prof. Fabio D’Astore, Presidente della Società Dante Alighieri Comitato di Casarano,  del  Prof. Marco Leone  della Facoltà di Beni Culturali dell’Università del Salento, e del Prof.  Antonio Lucio Giannone della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università del Salento. Infine, brevi interventi della Dirigente di Liceo Docet, Casarano, Lucia Saracino, e del figlio del professor Pisanò, Attilio.  Questa manifestazione è stata fra le più intense ed emozionanti, anche per il luogo in cui si è svolta, vale a dire il Liceo Classico “Dante Alighieri”, massimo tempio della cultura casaranese.[12]

Nel 2015, la Compagnia Teatrale La Busacca, guidata da Francesco Piccolo, ha portato in scena un tributo al professore, con l’opera “Gino Pisanò: l’uomo che guardava il mare”, un omaggio incentrato sulla nota passione dello studioso per il mare.

Nel marzo del 2016, a tre anni dalla morte, a Casarano è stato a lui intitolato l’Auditorium Comunale, con una cerimonia alla presenza del Sindaco Gianni Stefàno, del Presidente della Provincia Antonio Gabellone, dei docenti dell’Università del Salento Lucio Antonio GiannoneFabio D’Astore e Marco Leone, e del nuovo Presidente dell’Istituto di Culture Mediterranee Gigi De Luca. In quell’occasione è stato anche inaugurato un concorso letterario di prosa dedicato alla sua memoria, rivolto ai ragazzi maturandi delle scuole superiori casaranesi e voluto da Liceo Docet Lucia Saracino e comitato cittadino della “Società Dante Alighieri”.

Nel giugno 2017 a Porto Cesareo, a cura dell’Associazione di Promozione Sociale “MediterraneaMente”, è stato consegnato alla sua memoria l’alto riconoscimento “Virtù e conoscenza”,  un premio “assegnato a chi con l’ingegno e la sua opera meritoria ha dato lustro alla terra salentina e mediterranea”, riproduzione, dal valore simbolico, di una statuetta rappresentante il dio Thot, divinità egizia della scienza e della sapienza, risalente al VI secolo a.C., rinvenuta nel 1933 nel mare di Porto Cesareo e ora esposta nel Museo Nazionale della Magna Grecia di Taranto. Il premio è stato consegnato al figlio, Attilio Pisanò, dalla professoressa Cristina Martinelli, responsabile del Presidio del Libro di Casarano.

Nel marzo del 2018, a cinque anni dalla morte, si è tenuta una giornata di studio dal titolo “Gino Pisanò: l’uomo e lo studioso”, presso l’ex Monastero degli Olivetani, a Lecce. L’incontro, promosso dal dipartimento dei Beni Culturali dell’Università del Salento e dalla sezione leccese della Società di Storia Patria, ha visto vari e qualificati interventi, coordinati dal prof Mario Spedicato, di studiosi come Cristina Martinelli, Giuseppe Spagnolo e Luigi De Luca, e poi Alessandro Laporta, che si è soffermato sulla figura di Pisanò ricercatore e didatta di Storia delle biblioteche,  Marco Leone, che ha trattato di Pisanò come studioso del Seicento, Fabio D’Astore e Antonio Lucio Giannone, che si sono soffermati sugli studi di Pisanò sul Settecento e sul Novecento, mentre Luigi Montonato e Felicità Cordella hanno parlato di Pisanò poeta.

Nel giugno dello stesso anno, a Casarano, in occasione del suo compleanno, il comitato cittadino della Società Dante Alighieri, ha voluto dedicargli un’altra serata ricordo, dal titolo “Gino Pisanò, luminoso umanista”. Nell’aula magna della Scuola “San Giovanni Elemosiniere” di via Cavour, molti sono stati gli intervenuti, a partire da Mario Spedicato, Tonina Solidoro, Vice Preside del Liceo Classico di Casarano e  Gigi De Luca, insieme alle attrici Alessandra De Luca e Carla Guido. La serata, condotta dal giornalista Antonio Memmi, ha visto anche gli interventi musicali di Rocco Luca e Luigi Marra e dei maestri Lucia Rizzello e Luigi Bisanti. Saluti finali di Attilio Pisanò.

A Pisanò è stato anche dedicato un omaggio poetico dall’artista Peppino Martina, “A Gino Pisanò, indice del tempo e delle circostanze”, pubblicato in “Fondazione Terra D’Otranto” on line[13].

Infine, il libro segnalato in apertura di articolo.

 

Note

[1] VIRGILIO, Eneide, I, v.203.

[2] Aa. Vv., “Qui dove aprichi furono i miei giorni”. La luminosa humanitas di Gino Pisanò, a cura di FABIO D’ASTORE e MARIO SPEDICATO, Società di Storia Patria sezione di Lecce, “I Quaderni de L’Idomeneo”, Lecce, Grifo, 2019.

[3] GINO PISANÒ, Clematides, Galatina, Congedo, 1984 . La raccolta reca la prefazione di Aldo de Bernart, storico ed erudito ruffanese. Su ALDO DE BERNART, si veda: I luoghi della cultura e cultura dei luoghi, a cura di FRANCESCO DE PAOLA e GIUSEPPE CARAMUSCIO, Società Storia Patria, sezione Lecce, “I Quaderni de L’idomeneo”, n.24, Lecce, Grifo, 2015. Con Aldo de Bernart, Pisanò pubblicò anche Giovan Battista Giugni e le sue epigrafi, in “Contributi” Rivista Trimestrale Soc.di Storia Patria per la Puglia sezione di Maglie, a. 2, n. 4, Galatina, Congedo, Dicembre 1983, pp. 109-116; e poi  Aradeo dalle origini all’Unità d’Italia, in Aa.Vv.  Paesi e figure del vecchio Salento, a cura di ALDO DE BERNART, vol. III, Galatina, Congedo, 1988, pp. 18-20.

[4] PAOLO VINCENTI, La cultura va per mare, in “Città Magazine”, Lecce, 19-25 novembre 2004, pp.21-24.

[5] OSVALDO GIANNÌ, Contributi per una bibliografia di studiosi salentini dell’ultima generazione – parte prima, in “Note di Storia e Cultura Salentina”, Società Storia Patria sezione di Maglie, n.9, 1997, Lecce, Argo ,1997, pp. 121-149

[6] Premessa, in GINO PISANÒ, Lettere e cultura in Puglia tra Sette e Novecento: studi e testi, Galatina, Congedo, 1994, pp.7-8.

[7] PAOLO VINCENTI, Una biblioteca nel nome di Lezzi. Finalmente, in “Il Tacco d’Italia”, Casarano, giugno 2004, pp.16-17.

[8] GIGI MONTONATO, L’umanista che conciliava la tradizione con la modernità, in “Presenza Taurisanese”, a. XXXI, n.255, Taurisano, aprile 2013, p.12.

[9] GINO PISANÒ, Ignazio Falconieri: letterato e giacobino nella rivoluzione napoletana del 1799, Manduria, Lacaita, 1996.

[10] GINO PISANÒ, Studi di italianistica fra Salento e Italia: sec. XV-XX, Società Storia Patria per la Puglia Sezione Lecce, Galatina, Panico, 2012.

[11] MARCO LEONE, Ricordando Pisanò, in “L’Idomeneo”, Soc. Storia Patria sez. Lecce,  n.21, 2016,Lecce,  Università del Salento, 2016, pp.210-211;  anche in “www.unigalatina.it › Necrologi e ricordi ›”, 21 marzo 2016.

[12] Tutti gli interventi della serata sono in: Gino Pisanò, Studi di Italianistica fra Salento e Italia (secc. XV-XX),Galatina, EdiPan, 2012.Interventi: F. D’Astore, A.L. Giannone, M. Leone, A. Gabellone, G. Stefano, M. Sbocchi, T. Solidoro, L. Saracino, A. Pisano’, in “L’Idomeneo”, Soc. Storia Patria sez. Lecce,  n.17, 2014, Università del Salento, 2014, pp.281-294.

[13] http: www.fondazioneterradotranto.it/ a-gino-pisano-indice-del-tempo-e-delle-circostanze, giugno 2018.

 

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