L’Abate de Saint-Non e il suo viaggio nel Sud

UN ABATE MOLTO INTRAPRENDENTE E LA GENESI

DI UN’OPERA FAMOSA, AI PRIMORDI DELLA

PROMOZIONE TERRITORIALE E TURISTICA

di Paolo Vincenti

 

Fra le opere di viaggiatori francesi, un posto importante merita il Voyage pittoresque ou Description des royaumes de Naples et de Sicile dell’Abate Jean-Claude Richard de Saint-Non, una delle più citate nelle bibliografie, dalla travagliata gestazione. Si tratta di un caposaldo della letteratura odeporica di tutti i tempi. Per contestualizzare l’argomento, diciamo che l’esperienza del Saint Non rientra in quel fenomeno di costume che viene definito Grand Tour. Con questa espressione si indica il viaggio di istruzione e di formazione, ma anche di divertimento e di svago, che le élites europee intraprendevano attraverso l’Europa fra Settecento e Ottocento. Protagonisti del Grand Tour, quegli intellettuali che erano imbevuti di cultura classica e dunque desideravano venire in Italia, alla fonte di quella enorme ricchezza culturale che dal nostro Paese si era irradiata in tutta Europa.

Per i rappresentanti dell’aristocrazia francese, inglese, tedesca, il viaggio in Italia si presentava come un’esperienza irrinunciabile, un must, come si direbbe oggi, per i rampolli delle più altolocate famiglie, indispensabile per completare la propria formazione. Essi vedevano nell’Italia la culla dell’arte e per esteso della civiltà mediterranea. E si mettevano in viaggio non solo i giovani, ma anche diplomatici, filosofi, collezionisti, romanzieri, poeti, artisti.[1] Quando vengono avviati gli scavi archeologici a Pompei ed Ercolano, sotto il Re Carlo di Borbone nel 1748, il Grand Tour riceve un ulteriore incremento.

Ciò dà origine ad una sterminata produzione, fatta di epistolari, diari, reportages di viaggio, romanzi, poesie. Su questa produzione è tornata la pubblicistica meridionale e salentina, almeno a partire dagli anni Settanta del Novecento, con traduzioni, riproduzioni, nuove pubblicazioni, edizioni anche pregiate, abbellite da imponenti apparti iconografici, un profluvio di iniziative editoriali insomma, che ha portato a parlare di un vero e proprio fenomeno di moda, su cui si interrogava già nel 1987 Teodoro Sacamardi, il quale proponeva una distinzione in quattro gruppi della letteratura di viaggio, e precisamente: “manuali e guide, resoconti di scoperte e viaggi di studio, racconti di viaggio, romanzi e novelle di argomento odeporico.”[2]

L’abate era un uomo di straordinaria cultura e un personaggio eclettico: erudito, pittore, secondo alcune fonti anche musicista, scrittore ed editore, con una grande passione per l’arte e per la storia[3].  In particolare egli disegnava con la tecnica dell’acquaforte. Veniva da una famiglia aristocratica parigina ed entrò anche nel parlamento francese. Scelse la carriera religiosa, divenendo appunto abate.

Viaggiò in Inghilterra, sempre inseguito dalla sua curiosità intellettuale. Sapeva trarre copie da pitture famose e farne molte riproduzioni. Grande mecenate, Saint Non fu amico di pittori, architetti, poeti, filosofi, oltre che di uomini politici. Da illuminista, spirito del suo tempo, egli aderì alla Rivoluzione Francese di cui però non vide la fine. Quando si trovò a lavorare al Voyage pitoresque, chiamò tutti quei pittori che già stimava e dei quali possedeva a casa diverse opere: Fragonard, al quale era legato da amicizia fraterna, e che realizzò anche il suo ritratto che oggi si trova al Louvre di Parigi, e poi Robert, Chatelet, Callot, Boucher e Delafosse, grande esperto dell’arte dell’acquatinta (alcuni ne attribuiscono a lui l’invenzione), arte che Saint Non amava molto e nella quale giunse ad eccellere.

Con Benjiamin Delaborde progettò una grande opera divisa in due parti, una dedicata alla Svizzera e una all’Italia, da pubblicare in un unico libro. Ma i progetti iniziali cambiarono, a causa di un parziale fallimento della prima uscita dell’opera. L’Abate di Saint Non fu in Italia fra il 1759 e il 1761. Fra i suoi collaboratori, Jean Louis Desprez, pittore e architetto, in Italia dal 1777 al 1784, prima di essere chiamato in Svezia alla corte del Re Gustavo III, dove rimase per il resto della vita. A lui si devono i bellissimi acquerelli che illustrano il Voyage del Saint Non[4].

Se all’inizio della spedizione, il Desprez era piuttosto in ombra fra gli illustri collaboratori del Saint Non, anche perché non si trovava a proprio agio nel circolo culturale napoletano che ruotava intorno all’abate, seppe successivamente mettersi in luce, specie dopo gli acquerelli degli scavi di Ercolano e Pompei, nonché farsi apprezzare dal suo committente, man mano che dalla Puglia gli inviava i propri lavori. Di tutti i suoi magnifici disegni, particolarmente degni di nota sono quelli che riproducono monumenti oggi non più esistenti, come la Madonna di Santa Croce di Barletta, l’antico assetto della Cattedrale di Trani, quello della Piazza Sant’Oronzo di Lecce[5].

Di quest’ultima, per esempio, nel libro vengono riportate due versioni: una che riproduce una piazza molto ariosa nella quale troneggia la statua di Sant’Oronzo, con le statue e la balaustra alla base della colonna che oggi non esistono più, così come i portici, la statua di Filippo II e il Palazzo della Bagliva, non più esistenti[6]; nell’altra (entrambe si trovano presso il Museo Nazionale di Stoccolma) si vede una folla tumultuante, non è ben chiaro se a festa o per qualche agitazione popolare.[7] Certamente questa seconda Piazza Sant’Oronzo è stata realizzata molti anni dopo la prima.

Paolo Agostino Vetrugno suppone che la folla esulti intorno ad un corteo di carrozze per il passaggio del Re Ferdinando IV da Lecce nel 1797, quando il sovrano venne in Puglia per le nozze del figlio Francesco.[8] “Anche il Sovrano”, scrive Stefania Dabbico, “può considerarsi un viaggiatore straniero – al pari di Berkeley[9]  o Von Riedesel[10]– non avendo egli mai prima del 1797 visitato di persona questa parte del regno”[11].  Il Desprez cioè sarebbe tornato in Italia molti anni dopo per continuare a disegnare. Se è così, anche le altre due vedute della Piazza di Sant’Oronzo di cui riferisce Vetrugno nello stesso articolo, “datate orientativamente a dopo il 1778”[12] sarebbero da postdatare verso il 1797 o 1798, e diverrebbero un significativo documento del clima leccese (i disegni riproducono delle processioni che si svolgono nel Vescovado di Lecce) alla vigilia della Rivoluzione Napoletana del 1799. Purtroppo questi disegni non trovarono posto nell’opera di Saint Non, nemmeno i primi, certamente databili al 1778, e sono oggi sparsi in raccolte pubbliche e private in Inghilterra, Francia, Austria, naturalmente Svezia, e Italia. Molto belle, per esempio, le vedute di Maglie, “Mallie”, di “Solleto”, col Campanile voluto da Raimondello Orsini del Balzo, di Lecce, con la Chiesa del Carmine sullo sfondo, e del Seminario di Brindisi, anche se il disegno in realtà corrisponde al Palazzo Montenegro, sul porto, e non al Palazzo Arcivescovile, dove tuttora sono situati il Seminario e la Biblioteca, opera dell’architetto Mauro Manieri di Nardò.

La collaborazione più importante di Saint Non, per quanto gravida di spiacevoli conseguenze, fu quella con Vivant Denon (1747-1825), autore di buona parte dei testi del libro, pittore di talento, egittologo e diplomatico in Russia, Svezia, Svizzera e a Napoli. Egli fu autore del fondamentale Voyage dans la Haute  e direttore del Louvre sotto Napoleone, che seguì nella campagna d’Egitto.[13] Il motivo per cui Denon si ritrovò fra gli autori del Voyage si deve al fatto che Saint Non, nel suo viaggio in Italia, si era fermato a Napoli e non conosceva le altre regioni meridionali. Affidò dunque a Dominique Vivant Denon l’incarico di compiere il viaggio alla volta di Sicilia, Calabria, Puglia. Questi riportò le sue annotazioni di viaggio, o come si diceva allora “impressioni”, che però l’abate non recepì in toto ma volle rimaneggiare e adattare a quello che era il suo precostituito disegno, soprattutto per conciliare il testo con le immagini realizzate da lui stesso e dai numerosi collaboratori. Fu così che Saint Non venne accusato di plagio da Denon, sebbene egli fosse il committente dell’opera e quindi in pieno diritto di utilizzare il materiale che aveva profumatamente pagato. Bisogna infatti aggiungere che lo sforzo finanziario sostenuto per la realizzazione dell’opera fu notevole, in ispecie dopo il primo insuccesso dell’iniziativa editoriale e le ingarbugliate vicende burocratiche che ne seguirono. Vediamo di ricostruirle. L’abbé de Saint Non teneva una corrispondenza per un giornale francese, il Journal de Politique et de Littèrature, anche se essa in buona parte rimase inedita. Questo diario del suo soggiorno in Italia, è stato pubblicato soltanto nel 1986[14]. Dopo alcuni anni dal suo ritorno in Francia, si creò l’occasione di pubblicare un libro interamente dedicato al viaggio in Italia. Tuttavia, essendosi Saint Non fermato a Napoli, si rivolse a Dominique Vivant Denon, come già visto. Durante il soggiorno in Italia, Saint Non realizza una serie di acqueforti. Egli, pur essendo un autodidatta, si era specializzato in questa tecnica ed aveva una produzione davvero copiosa. Tuttavia l’abate era accompagnato da pittori professionisti, come Robert, Angò, Fragonard, ai quali chiede di disegnare tutte le località che andavano visitando. Al ritorno in Francia poi, Saint Non realizzò delle acqueforti basandosi sugli originali dei pittori, specie quelli di Fragonard. Nel 1776, comincia a nascere in lui l’idea dell’ambizioso progetto del Voyage. Fu l’editore Benjamin de Laborde (1734-1794), compositore e storico della musica, uno degli uomini più influenti della corte di Luigi XV, a proporre all’abate di pubblicare una grande storia dell’Italia e della Svizzera, in un libro, riccamente illustrato, che doveva rappresentare una grande novità in questo genere di pubblicistica. Si poneva il problema del finanziamento dell’opera. E nel 1776 viene lanciata sul giornale Mercure de France l’offerta di sottoscrizione ai lettori. Inizialmente, l’opera doveva comporsi di sei volumi complessivi, uno dedicato alla Svizzera e cinque all’Italia, con 200 illustrazioni cadauno, da pubblicare in fascicoli mensili contenenti ciascuno 12 incisioni nell’arco di 18 mesi. Molti furono i sottoscrittori, in effetti, anche nella famiglia reale. I promotori dell’impresa a quel punto erano Laborde, l’Abbè e il di lui fratello, Louis Richard de La Bretèche, con la seguente divisione dei compiti: a Laborde la responsabilità della parte scritta e ai fratelli Richard quella della parte artistica.  A Louis de La Breteche poi spettava il finanziamento di metà dell’opera. Ognuno dei curatori dunque ingaggia la propria equipe e i rispettivi gruppi di lavoro si mettono all’opera, anche se, all’inizio del 1777, i primi fascicoli pubblicati sulla Svizzera non riscuotono il successo sperato; questo porta ad un drastico cambiamento di programma. Si decide cioè di continuare con la pubblicazione di un’opera dedicata soltanto all’Italia e con la sola cura di Saint Non.  Denon fornisce il materiale scritto sui posti non visitati dall’abate e tutte le illustrazioni del viaggio, che Saint Non collaziona e redige. Saint Non a sua volta, a Parigi, continua freneticamente il lavoro servendosi dei disegni realizzati da altri collaboratori prontamente assoldati, come Cassas, Vernet e Bertaux.  A questo punto, vi è un ulteriore cambiamento di programma, nel senso che il progetto editoriale si restringe alla sola Italia Meridionale. Viene dunque comunicato ai lettori e sottoscrittori che, nonostante il titolo dell’opera, l’Italia del Nord sarebbe rimasta esclusa dalla trattazione. Ciò ovviamente per ragioni finanziarie. Già all’uscita del primo fascicolo, le incomprensioni con Laborde erano tali che l’editore decise di ritirarsi dal progetto e l’abate dovette accollarsi l’intero onere dell’impresa. Vennero ricercati con grande fatica altri finanziatori. Intanto, Saint Non redigeva i testi che Denon inviava dall’Italia Meridionale.

Nonostante le ingarbugliate vicende, il risultato finale dell’opera fu notevole. Il Voyage viene pubblicato in 4 tomi e diviso in 5 grandi volumi in-folio, fra il 1781 e il 1786.

Il primo tomo è interamente dedicato a Napoli. Saint Non è prima di tutto colpito dall’arte e quindi riserva alla pittura, alla scultura e all’architettura la maggiore attenzione, anche per i suoi interessi personali di pittore e curatore d’arte; un posto importante è occupato dall’antropologia, ossia dall’osservazione degli usi e costumi del popolo napoletano. Importanza viene riservata anche al Vesuvio e quindi alla storia naturale. In questo, il Saint Non era influenzato senz’altro dal circolo culturale vicino alla corte borbonica che egli frequentava e che vedeva fra i principali promotori l’ambasciatore inglese William Hamilton, accreditato vulcanologo. Saint Non, da erudito e appassionato della civiltà classica, non può non riportare nelle sue descrizioni anche quanto dicono gli autori greci e latini e quindi la storia dei luoghi. Il tutto corredato dalle stupende vedute dei pittori, in primis Desprez. Il secondo tomo è dedicato alla Campania e agli scavi di Ercolano e Pompei, che in quel momento suscitavano l’interesse appassionato della comunità scientifica europea. Il terzo tomo è dedicato alla Magna Grecia. Si descrivono i monumenti di Puglia, Basilicata e Calabria, le colonne, le monete e le antiche vestigia della civiltà classica. Il quarto tomo è dedicato alla Sicilia. Dalla descrizione di Saint Non emerge buona parte della civiltà di Terra d’Otranto negli anni della dominazione borbonica. Più specificamente, nel terzo tomo, dedicato alla Magna Grecia, vi è la descrizione del viaggio da Napoli a Barletta (passando per Benevento, Lucera, Siponto, Manfredonia, Monte Sant’Angelo), da Canne a Polignano (passando per Canosa, Trani, Bisceglie, Bari, Mola e l’abbazia di San Vito), da Polignano a Gallipoli, attraverso la Terra d’Otranto (passando da Brindisi, Squinzano, Lecce, Soleto e Otranto), infine da Taranto sino ad Eraclea, passando per Metaponto, Bernalda e Policoro, e giù fino alla Sicilia. Nel nostro territorio, l’autore si sofferma sul Castello di Brindisi, sul Chiostro dei Domenicani di Lecce, e poi Maglie, Otranto, fino al Tallone d’Italia. Nel primo volume, vi sono 47 tavole numerate e 7 non numerate, nel secondo 83 tavole numerate, nel terzo 100 numerate, nel quarto 104 numerate, nel quinto 33 numerate. Le pagine sulla Puglia occupano il terzo tomo, da pag.11 a pag.77. Dopo la prima edizione principe, se ne contano tante altre. Nel 1972, esce la prima edizione italiana curata da Franco Silvestri, con testo a fronte dell’originale, con 29 disegni di Desprez e 42 tavole riguardanti la Puglia; nel 1977 esce la seconda edizione, già citata. Nel 1993, l’opera viene pubblicata anche da Fulvia Fiorino.[15]

Come detto, però, la collaborazione con Denon sfociò in una denuncia di plagio. Alla base di questo inconveniente fu la rottura fra l’Abbè e il primo editore dell’opera, Benjamin de Laborde. Denon, forse sobillato dall’editore (deluso e amareggiato per essere stato escluso dal progetto), accusò Saint Non di essersi appropriato dei suoi testi, senza citarlo come autore, sebbene queste fossero le precise condizioni contrattuali sottoscritte dallo stesso Denon.

Ma ora lasciamo un momento il Saint Non per occuparci di un altro viaggiatore del Settecento nelle nostre contrade. L’inglese Henry Swinburne (1743–1803) pubblicò la sua opera Travels in the Two Sicilies by Henry Swinburne in the Years 1777, 1778, and 1779, in due volumi nel 1783-85, con una successiva edizione nel 1790, sul suo viaggio fatto in Calabria, Sicilia e Puglia tra il 1777 e il 1779. Il primo volume include cenni storici sul Regno di Napoli, tabelle riguardanti le dinastie, le monete, le unità di misura, le strade, le rotte e una descrizione geografica dei territori. Nel secondo volume, si sofferma sul territorio pugliese e, quel che ci interessa più da vicino, su Terra d’Otranto.  Nel suo viaggio era assieme alla moglie Martha Baker. L’opera è un documento veritiero della realtà delle province meridionali del Settecento, perché tratta di testimonianze raccolte sul campo dall’autore, si potrebbe dire in presa diretta. Di particolare interesse, il suo disappunto di fronte al barocco leccese e a quello che ne è il monumento simbolo, la Chiesa di Santa Croce, che derubrica a pessimo esempio di commistione fra stili diversi. Lo Swinburne detesta la città di Lecce e la sua architettura, però racconta gli aneddoti, le leggende, le tradizioni e le curiosità che raccoglie parlando con la gente del luogo.[16]

Nella prima traduzione in francese dell’opera, nelle note, viene riportato proprio il diario di viaggio di Denon, prima ancora che questo fosse pubblicato da Saint Non, ossia dal legittimo proprietario. Le traduttrici francesi erano Mademoiselle de Kéralio e Madame de La Borde. Lo conferma lo stesso autore nella Prefazione alla seconda edizione: “Due signore hanno onorato il mio lavoro con traduzioni in francese: una è Mademoiselle de Kéralio, una stimata scrittrice di biografie; mentre l’altra è Madame de La Borde, l’amabile e compita moglie di un Fermier-General, ultimo cameriere personale di Luigi XV. La sua versione è elegante e stampata in uno stile molto bello da Didot. Suo marito, che ha pubblicato una storia della musica di grande valore, ha aggiunto due volumi di note per correggere le mie mancanze, dove credeva di averne trovate e per spiegare più dettagliatamente molti punti relativi alla storia, alla chimica e alla musica, che erano stati solo toccati. Ho adottato le sue correzioni dove le ho ritenute giuste e ho aggiunto le informazioni che ho ricevuto sulle Due Sicilie dopo la pubblicazione della prima edizione”.[17] Il marito della Laborde altri non è che il già citato editore Benjamin, il quale non si fece scrupoli di pubblicare il materiale inedito di Denon senza l’autorizzazione del legittimo proprietario. Il fatto che la responsabile dell’opera fosse Madame de Laborde, non cambia la sostanza delle cose. Ma c’è di più. In questo contesto si inserisce anche la figura del Canonico Annibale De Leo, Vescovo di Brindisi (1739-1814).[18]

Infatti, Laborde, quando era ancora coinvolto nel progetto editoriale del Voyage, invia una lettera al Canonico De Leo il 2 agosto 1779. La lettera, che si trova presso la Biblioteca arcivescovile di Brindisi, viene pubblicata per la prima volta da Franco Silvestri (a lui segnalata dall’allora bibliotecario della “De Leo”, Rosario Jurlaro), nella sua edizione del Voyage Pittoresque.[19] In questa lettera, Laborde chiede al canonico De Leo di inserire un suo saggio su Brindisi all’interno dell’opera di Saint Non. Dalla lettera si rileva il fatto che Delaborde nel 1779 non solo era ancora coinvolto nella realizzazione dell’opera, ma anzi la riteneva interamente sua, o almeno, a sé stesso la accreditava nella missiva al presule brindisino, al quale chiedeva anche un’opera sulla “Vita di Pacuvio”, di cui il Denon gli aveva parlato.[20]Questo dimostra che l’impianto originale del Voyage doveva essere diverso e avvicinarsi di più ad un’opera collettiva, una raccolta di saggi di studiosi locali sul territorio dell’Italia Meridionale. Forse anche a questo cambio di impostazione si devono le divergenze fra il vero autore Saint Non e l’editore “millantatore” Delaborde. Non c’è la risposta di De Leo, così come all’interno dell’opera dell’abate francese non compare il saggio dello storico brindisino. Ciò ha portato gli studiosi a credere che in realtà De Leo avesse opposto un diniego alla richiesta di Laborde.[21]

L’opera su Brindisi venne pubblicata autonomamente nel 1843.[22] Vito Guerriero, il curatore dell’opera, che trova il manoscritto ancora inedito presso la Biblioteca e lo pubblica, spiega nell’Introduzione: “Si sapeva comunemente e con certezza, che il signor De la Borde, gentiluomo di Camera di Luigi XVI, ed autore del Viaggio pittoresco d’Italia, capitato in Brindisi, ebbe premura di trattare col prelato De Leo, come letterato di gran rinomanza. Tra le altre cose di cui si parlò nelle dotte lor conferenze, cadde discorso sopra una memoria inedita del detto De Leo, portante il titolo testè enunziato. L’importanza del soggetto mosse il signor De la Borde a chiederne la lettura, della quale gentilmente accordatagli fu invaghito in maniera che, come in attestazione di stima, pregò il De Leo ad essergli compiacente di dargli quello autografo, sulla parola di onore di farlo stampare in Parigi nel suo ritornarvi… la Memoria però, o per la morte di costui o per gli sconvolgimenti da lui trovati in Francia nel suo ritorno, non fu mai stampata né mai se ne potè sapere il destino”.[23] Non è però vero che De Leo non spedì mai l’opera al Delaborde. In realtà, il francese dovette di questa venire in possesso. Infatti, Petra Lamers ci fa sapere dove andò a finire.[24]. Il Laborde inserì alcuni estratti dell’opera di De Leo proprio nelle note sulla traduzione francese di Travels in the Two Sicilies di Swinburne, curata dalla moglie, per l’esattezza nel volume 2 da pag.249 a pag.262, dove si parla di Brindisi.[25] Ma nella descrizione e storia del porto di Brindisi, l’editore non fa riferimento al canonico De Leo. Ciò dimostra la abituale scorrettezza del Laborde, a tutto vantaggio dell’Abbè, la cui opera supera il confronto con quella di Swinburne, anche perché diverso è l’intento. Scrive Franco Silvestri :“l’Inglese fa del suo libro una guida per i turisti eruditi, lo correda di scarse, scadenti e scialbe incisioni e di molte tariffe, orari di poste, elenchi di pesci, molluschi, prodotti del suolo, entrate doganali e dazi; il Saint Non vuole un libro che nessun viaggiatore potrà mai portarsi appresso, con i suoi grandi cinque volumi in folio del peso complessivo di circa mezzo quintale, e che vuol essere una summa di arte, di storia, di ricerche archeologiche, ed immagini preziosamente incise e stampate: lo spirito colto, raffinato, avido di bellezza del viaggio in Italia dei Francesi, è in evidente contrapposizione allo spirito pratico del Grand Tour inglese.”[26]

Pochi anni prima del Nostro, un altro abate del Settecento aveva raggiunto l’Italia: l’Abbè Jèrome  Richard,  che scrisse un’opera in sei volumi, Description historique et critique de l’Italie.[27]

 

Ma se torniamo ora al Desprez, come abbiamo visto, non tutti i disegni realizzati trovarono collocazione nell’opera di Saint Non, anche se sono bellissimi e costituiscono la vera attrazione per chi sfoglia il libro.[28] I disegni di Desprez trovarono varie destinazioni, anche come fonti iconografiche dalla reale fabbrica di ceramiche di Capodimonte, Napoli, che riprodusse nei suoi pregiati monili diverse immagini del Voyage pittoresque, fra cui quella di Squinzano. Così pure l’immagine di Maglie, per l’esattezza della sua Chiesa e della Colonna di Santa Maria delle Grazie, venne ripresa nei famosi vasi inglesi della tipologia flow blue di Ironstone, prodotti dalla fabbrica di Staffordshire, in epoca vittoriana. L’immagine di Maglie, e forse anche di altri scorci del Salento, è stata quindi veicolata nel mondo attraverso le raffinate porcellane inglesi. La scoperta si deve allo storico Cosimo Giannuzzi.[29]

Più in generale, possiamo constatare come l’opera del nostro intraprendente abate abbia avuto svariate e impensabili ramificazioni, ed il nostro Salento abbia trovato attraverso di essa uno straordinario veicolo di diffusione in Europa, quando ancora la promozione territoriale turistica era qualcosa di sconosciuto alle nostre latitudini.

 

Note

[1] Si vedano fra gli altri, Cesare De Seta, L’Italia nello specchio del Grand Tour, in “Storia d’Italia”, 5, Torino, Einaudi, 1982, pp.127-263 e Giovanna Scianatico, Scrittura di Viaggio. Le terre dell’Adriatico, Bari, Palomar, 2007.

[2] Teodoro Scamardi, La Puglia nella letteratura di viaggio tedesca. Riedesel- Stolberg-Gregorovius, Lecce, Milella, 1987, p. 11.

[3] Sull’Abate di Saint Non e sul Voyage, i testi consultati sono: Franco Silvestri, Viaggio pittoresco nella Puglia del Settecento: dal Voyage pittoresque, ou Description des Royaumes de Naples et de Sicile, Milano-Roma, Carlo Bestetti Edizioni d’arte, 1977; Petra  Lamers, Il viaggio nel Sud del’Abbè de Saint-Non, Presentazione di Pierre Rosemberg, Napoli, Electa, 1992;Jean Claude Richard De Saint-Non, Viaggio Pittoresco, a cura di Raffaele Gaetano, Soveria Mannelli, Rubbettino 2009; Jean Claude Richard De Saint-Non in Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, ad vocem.

[4]Su Jean Louis Desprez, fra gli altri: Jean Louis Desprez, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, ad vocem; Franco Silvestri, Viaggio pittoresco nella Puglia del Settecento: dal Voyage pittoresque, ou Description des Royaumes de Naples et de Sicile, Milano-Roma, Carlo Bestetti Edizioni d’arte, 1977, pp.37-60; Jean Louis Desprez, in Fulvia Fiorino, Viaggiatori francesi in Puglia dal Quattrocento al Settecento, Vol.VII, Fasano, Schena, 1993, pp.241-334.

[5] Franco Silvestri, op.cit., p.44.

[6] Ivi, p.47.

[7] Ivi, p.48-49.

[8] Paolo Agostino Vetrugno, Testimonianze pittoriche attorno alla rivoluzione del ’99, in “L’Idomeneo. La Rivoluzione del 1799 e il Salento. Atti del Convegno di Studi Lecce – Lucugnano, 14 – 15 maggio 1999”, n.2, 1999, Soc. Storia Patria Puglia Sezione di Lecce, Lecce, Edizioni Panico, 2000, p.136.

[9] George Berkeley filosofo inglese (1685-1753), fu uno dei primi viaggiatori stranieri ad arrivare in Puglia nel 1717.

[10] Johann Hermann von Riedesel, barone di Eisenbach (1740-1785), uno dei più importanti viaggiatori tedeschi, nelle nostre contrade nel 1767.

[11] Stefania Dabbico, Il Salento di fine Settecento negli scritti dei viaggiatori stranieri, in “L’Idomeneo. La Rivoluzione del 1799 e il Salento. Atti del Convegno di Studi Lecce – Lucugnano, 14 – 15 maggio 1999”, n.2, 1999, Soc. Storia Patria Puglia sezione di Lecce, Lecce, Edizioni Panico, 2000, p.48.

[12] Paolo Agostino Vetrugno, op.cit., p.136 e pubblicati, sia pure con un errore nella fonte, in Marcello Fagiolo e Vincenzo Cazzato, Le città nella storia d’Italia, Lecce-Bari, 1984, p.224, nota 12, fig.138 (ma 139), e in Cosimo Damiano Fonseca, L’“Atletica penitenziale”: alle origini della religiosità e della ritualità barocca in Puglia, in AA. VV.,La Puglia tra Barocco  e Rococò, Milano, Electa,1982, p.326, fig.421.

[13] Su Dominique Vivant Denon, fra gli altri:  Vivant Denon, in  Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, ad vocem; Franco Silvestri, Viaggio pittoresco nella Puglia del Settecento cit., pp.31-33; Dominique Vivant Denon,  Lettere inedite a Isabella Teotochi Albrizzi, introduzione e note di Mario Dal Corso, Padova, Centro Stampa Palazzo Maldura, 1979 (poi Padova, Alfasessanta, 1990); Idem, Viaggio a Palermo, traduzione di Laura Mascoli, introduzione di Carlo Ruta, Palermo, Edi.bi.si., 2000; Idem, Viaggio nel regno di Napoli, 1777-1778, traduzione e commento di Teresa Leone, Napoli, Paparo edizioni, 2001; Idem, Calabria felix, traduzione di Antonio Coltellaro, Catanzaro, Rubbettino 2002; Idem, Bonaparte in Egitto. Due cronache tra illuminismo e Islam, scelta e commento di Mammoud Hussein, traduzione di Vito Bianco, Roma, Manifestolibri, 2007.

[14] Jean Honoré Fragonard – Jean Claude Richard De Saint Non, Panopticon italiano. Un diario di viaggio ritrovato.1759-1761, a cura di Pierre Rosemberg, con la collaborazione di Barbara Brejon De Lavergnee, Roma, Edizioni dell’Elefante, 1986.

[15] Fulvia Fiorino, Viaggiatori francesi in Puglia dal Quattrocento al Settecento, Volume VII, Fasano, Schena, 1993, pp.113-219.

[16] Sull’opera di Swinburne, si vedano: Angela Cecere, Viaggiatori inglesi in Puglia nel Settecento, Fasano, Schena, 1989, pp. 37 e segg.; Eadem, La Puglia nei diari di viaggio di H. Swinburne, Crauford Tait Ramage, Norman Douglas, in “Annali della Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell’Università di Bari”, Terza serie, 1989 -90/X, Fasano, 1993; una delle più recenti pubblicazioni è: Henry Swinburne, Viaggio Nel Regno Delle Due Sicilie negli Anni 1777, 1778 e 1779 (Sezioni XVII-XXXV) Viaggio da Napoli a Taranto, Traduzione e Introduzione a cura di Lorena Carbonara, Edizioni Digitali Del Cisva, 2010 (on line).

[17] Henry Swinburne, Viaggio Nel Regno Delle Due Sicilie negli Anni 1777, 1778 e 1779 (Sezioni XVII-XXXV) Viaggio da Napoli a Taranto, Traduzione e Introduzione a cura di Lorena Carbonara, Edizioni Digitali Del Cisva, 2010, p.12 (on line).

[18] Su De Leo, fra gli altri, Rosario Jurlaro, Annibale De Leo nella storia della storiografia italiana, in “Ricerche e Studi”, a cura di Gabriele Marzano, n.1, 1964, Fasano, 1964, pp.29-30; G. Liberati, Annibale De Leo e la cultura del ‘700 in Brindisi, in “Brundisi Res”, n.II, 1970, pp. 17-18; Giacomo Perrino, Annibale De Leo teologo, storico, pastore, in “Brundisii res”, n.VII, 1975, p.289; Salvatore Palese, Seminari di Terra d’Otranto tra rivoluzione e restaurazione, in Aa.Vv., Terra d’Otranto in età moderna. Fonti e ricerche di storia religiosa e sociale, a cura di Bruno Pellegrino, Galatina, Congedo, 1984, pp.121 e sgg..

[19] Franco Silvestri, op.cit., p.61.  Il Voyage Pittoresque curato da Silvestri, edito la prima volta nel 1972, riproduce solo il tomo terzo che contiene il “Viaggio pittoresco della Magna Grecia”, suddiviso in 4 capitoli, con traduzione italiana e testo francese a fronte in stampa anastatica. Si veda anche Petra Lamers, op.cit., p.33.

[20] Il riferimento è a Delle memorie di M. Pacuvio antichissimo poeta tragico dissertazione di Annibale de Leo, Napoli, nella Stamperia Raimondiana, 1763, unica opera pubblicata in vita dal Vescovo di Brindisi.

[21] Franco Silvestri, op.cit., p. 62.

[22] Annibale De Leo, Dell’antichissima Città di Brindisi e Suo Celebre Porto. Memoria inedita di Annibale De Leo. Seguita da un articolo storico de’vescovi di quella chiesa compilato da Vito Guerriero Primicerio della Cattedrale della stessa Chiesa, per ordine dell’attuale Arcivescovo D.Diego Planeta come dalla pagina seguente, Napoli, dalla Stamperia della società Filomatea, 1846. Poi ripubblicato in ristampa anastatica in Idem, Dell’antichissima Città di Brindisi e Suo Celebre Porto, a cura di Rosario Jurlaro, Bologna, Forni, 1984.

[23] Annibale De Leo, op.cit., p. IV, riportata anche in Franco Silvestri, op.cit., p. 62.  Il porto di Brindisi ritorna ancora nell’opera pittorica di un altro viaggiatore straniero, val bene Jacob Philipp Hackert (1737-1807), con I porti delle Due Sicilie (prima versione stampata a Napoli nel 1792). Hackert era pittore di corte del re Ferdinando IV e in questa veste fu in Italia con molti incarichi come quello di supervisionare il trasferimento della collezione Farnese da Roma a Napoli. Ma l’incarico più prestigioso che ricevette dal re Ferdinando IV fu la commissione del famoso ciclo di dipinti raffiguranti i porti del Regno di Napoli. Le numerose vedute dei porti si articolano in tre gruppi suddivisi tra le vedute campane, pugliesi, calabresi e siciliane. Per eseguire i disegni preparatori, si recò in Puglia e in Campania. La serie comprende 17 quadri e si trova ancora oggi custodita presso la Reggia di Caserta, massima realizzazione artistica voluta dal Re Carlo di Borbone; vi sono raffigurati esattamente i porti di Taranto, Brindisi, Manfredonia, Barletta, Trani, Bisceglie, Monopoli, Gallipoli, Otranto. Su Jacob Philipp Hackert, si veda: Philipp Hackert, Dodici porti del Regno di Napoli, a cura di M. Vocino, Napoli, Montanino, 1980; Atanasio Mozzillo, Gli approdi del Sud. I porti del regno visti da Philipp Hackert (1789-1793), Cavallino, Capone, 1989.

[24] Petra Lamers, op.cit., p.58.

[25] Ivi, p.36.

[26] Franco Silvestri, op.cit., p.19.

[27] Rosanna Cioffi, Due francesi in viaggio a Napoli. L’Abbé Jérôme Richard e il Marquis de Sade nella Cappella Sansevero, in La Campania e il Grand Tour. Immagini, luoghi e racconti di viaggio, a cura di R. Cioffi, S. Martelli, I. Cecere, G. Brevetti, Roma, L’Erma di Bretschneider, 2015, pp. 329-340, e Rosanna Cioffi, Storia e critica d’arte nel secolo dei Lumi. Cochin, Richard e Sade in viaggio a Napoli, in Intra et Extra Moenia. Sguardi sulla città fra antico e moderno, a cura di R. Cioffi, G. Pignatelli, Napoli, Giannini Editore, 2014, pp. 27-34. A Fulvia Fiorino e Giovanni Dotoli si deve la pubblicazione della meritoria collana edita da Schena sui viaggiatori stranieri nei secoli. Per l’esattezza: Dotoli-Fiorino, Viaggiatori Francesi in Puglia nell’Ottocento, Vol.I, 1985; Viaggiatori Francesi in Puglia nell’Ottocento, Vol.II, 1986; Viaggiatori Francesi in Puglia nell’Ottocento, Vol.III, 1987; Viaggiatori Francesi in Puglia nell’Ottocento, Vol.IV, 1989; Viaggiatori francesi in Puglia nel Primo Novecento, Vol. V, 1988; Fiorino, Viaggiatori francesi in Puglia dal Quattrocento al Settecento, Vol.VI,1993; Fiorino, Viaggiatori francesi in Puglia dal Quattrocento al Settecento, Vol.VII, 1993; Dotoli-Fiorino, Viaggiatori Francesi in Puglia nell’Ottocento, Vol.VIII, 1999.

[28] La Fiorino pubblica anche del Desprez tutti i suoi disegni noti realizzati sulla Puglia. Fulvia Fiorino, op. cit., pp. 241-334.

[29]Cosimo Giannuzzi, La veduta settecentesca di Maglie nella ceramica. Dal “Voyage pittoresque” del Saint Non alla ceramica Ironstone, Maglie, Erreci Edizioni, 2007.

 

Vedi anche:

Il centro storico di Maglie nei paesi nordici europei – Fondazione Terra D’Otranto

Brindisi: il Seminario* in un disegno di Desprez – Fondazione Terra D’Otranto

Lecce, piazza S. Oronzo in un disegno della fine del XVIII secolo – Fondazione Terra D’Otranto

La veduta settecentesca di Maglie nella ceramica – Fondazione Terra D’Otranto

 

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2 Commenti a L’Abate de Saint-Non e il suo viaggio nel Sud

  1. Descrizione interessantissima, e ricca di spunti. Un arricchimento per la descrizione di luoghi e persone, lungo il tempo.

  2. Narrazione molto interessante. Inoltre, per quanto mi riguarda personalmente, proprio in quel periodo risale l’insediamento dei miei “predecessori” nell’area pugliese.
    Grazie

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