Dialetto salentino. Il presente del verbo “avere”

di Giammarco Simone

Il dialetto salentino ammette una diversità linguistica molto interessante da studiare e da conoscere, la quale si riflette non solo sulle parole e il loro significato ma anche su alcuni aspetti linguistici meno presi in considerazione ma sui quali è utile spenderci alcune riflessioni. Stiamo parlando delle forme verbali. In questo breve intervento, nato dalla curiosità di una parlante salentino, si presenteranno, a mo’ di linea guida, quelle che sono le varie forme del presente indicativo del verbo ‘avere’ nelle diverse zone geografiche del Salento. Fondamentale per orientarsi all’interno del complesso panorama linguistico è il libro Grammatica Storica della lingua italiana e dei suoi dialetti (1969) di Gerhard Rolhfs, importantissimo linguista e filologo tedesco a cui si devono la maggior parte degli studi sui dialetti italiani. Detto ciò, iniziamo col vedere quali sono le forme verbali del presente indicativo del verbo ‘avere’:

  • 1°pers. sing: àggiu (it. io ho): questa forma proviene dal latino volgare *ajo che a sua volta ha generato la forma aggio presente nella lingua italiana utilizzata da Dante e Petrarca.
  • 2° pers. sing: ài/à (it. tu hai): sembra derivare dalla forma del latino volgare *as, proveniente a sua volta dal latino HABES. Generalmente, si tende ad utilizzare la forma ridotta à, anche se si possono trovare casi con la forma ài in tutto il Salento, soprattutto nel leccese e nel gallipolino (es. m’ài dittu; m’à dittu).
  • 3°pers. sing: à /àe / àve (it. egli/ella ha): la forma à sarebbe l’abbreviazione della forma volgare *at, proveniente da HABET latino. Inoltre, sia àe che àve sono forme piene derivante da HABET e sono presenti anche nella lingua utilizzata da Dante, Petrarca e Tasso. La forma à è quella più utilizzata, ciò dovuto, forse, alla somiglianza con forma italiana ha (es. cè à ffattu Giovanni?). Tuttavia, nel leccese e nei paesi come Leverano, Copertino, Galatone e Galatina si utilizza anche la forma àe (es. no àe dittu Giovanni ca…). Da non confondere però l’uso di (es. nu bè dittu Giovanni ca…). In questo caso, la forma è del verbo ‘essere’ che molto spesso nei dialetti, soprattutto quando si usa in funzione di ausiliare, si confonde con il verbo ‘avere’. Per quanto riguarda il gallipolino, ma in generale in tutto il Salento meridionale, si tende ad utilizzare la forma àve (es. cè ave fattu Giovanni?;  no ave dittu Giovanni ca…).
  • 1°pers. plur: aìmu/ìmu/àmu (it. noi abbiamo): la forma aìmu proviene dal latino HABEMUS. E’ una forma che generalmente si tende ad ascoltare nel Salento centrale e meridionale assieme alla sua forma ridotta àmu (es. cè aìmu ffattu o cè àmu ffattu?). Per quanto riguarda la forma ìmu è più diffusa nel neretino (es. ìmu ffattu?).
  • 2°pers. plur: aìti/ìti/àti (it. voi avete): la forma aìti proviene dal latino HABETIS è presente in alcune parlate del brindisino e convive con la equivalente forma ridotta àti nel leccese (es. cè aìti fattu?; cè àti fattu?). Tuttavia, la forma ìti sembra essere più ricorrente nel neretino e nel Salento merdionale (es. cè ìti fattu?).
  • 3°pers plurale: ànu/àne/ònu (it. essi/esse hanno): le forme provengono da un’antica base volgare *avunt > *aunt. Anche qui, ànu si presta ad un più diffuso uso nel leccese, (es. ànu dittu), la forma àne è tipica del Salento meridionale (es. àne dittu), mentre la forma ònu è diffusa in quel di Nardò (es. ònu dittu).

Avendo fornito una panoramica delle diverse forme del verbo ‘avere’, risalta all’occhio che la sua funzione è principalmente quella di ausiliare utilizzato per la formazione del passato prossimo (es it. ho fatto > aggiu fattu). Infatti, per esprimere il significato di ‘possesso’ in tutte le sue sfumature, il dialetto salentino non usa il verbo ‘avere’ bensì si tende ad utilizzare il verbo ‘tenere’ (es. ho un’automobile > tegnu na mmachina; ho la febbre > tegnu la free).

Inoltre, è interessante sapere che il passato prossimo non è un tempo verbale tipico del dialetto salentino, in quanto esso si compone solo del presente, dell’imperfetto e del passato remoto seppur con alcune forme molto remote di congiuntivo. La presenza del passato prossimo, quindi, si deve all’influenza della lingua italiana sul dialetto.

Infine, un’altra curiosità riguardante il verbo ‘avere’ sono le forme “ndàggiundài/ndàndà/ndàe/ndàvendaìmu/ndàmu/ndìmu ndàiti/ndìti/ndàtindònu/ndànu”, con la relativa mutazione del nesso consonantico nd in nn in alcune parti del Salento che dà nnàggiunnài/nnànnà/nnàe/nnàvennàimu/nnàmu/nnìmunnàiti/nnìti/nnàtinnònu/nnànu.  Queste forme si compongono dall’avverbio di luogo e di tempo con funzione anche di pronome ndi, proveniente dal latino INDE che a sua volta ha dato ne in italiano, e dal verbo ‘avere’. Come anche sottolinea Rolhfs (1969), il ne si è diffuso in tutta la penisola italiana, perciò per l’influenza dell’italiano sulle parlate regionali, popolari e sui dialetti, si tende a dire ‘no ndàggiu free; ndài cirase?’ che sarebbe l’equivalente in italiano di ‘non ne ho febbre; hai ciliegie?. In questo caso, è importante sottolineare che il verbo ‘avere’, oltre ad accettare il nesso ne, abbia acquistato anche il significato italiano di ‘possedere’.

Conclusioni

Questo piccolo approfondimento consente di inquadrare e capire quali sono le diverse sfumature delle forme verbali del presente dell’indicativo del verbo ‘avere’ nei territori salentini. Inoltre, tali riflessioni linguistiche sono utili per dare spiegazioni alle molteplici domande e dubbi riguardanti le origini del nostro modo di parlare (come ad esempio le forme ndàggiu, ndài, ecc…) permettendo così di analizzare anche gli aspetti più piccoli del dialetto salentino.

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18 Commenti a Dialetto salentino. Il presente del verbo “avere”

  1. Nei miei ricordi da Novolese,
    “nu nne tegnu free”
    “li cristiani ane tittu”
    “aiustu ce imu fattu”
    “ce ta giutittu tuminica rretu”
    “ce ma tittu ieri”
    un saluto dai Salentini fuori casa per lavoro a Torino
    Ersilio Teifreto classe 47

  2. Scritto interessante come sempre è un piacere scoprire qualcosa in più sul nostro dialetto.

    • Grazie mille, sono veramente felice di sapere che quanto scritto possa suscitare interesse e curiosità. Un saluto.

  3. Testo interessante per il contenuto e per la forma semplice e chiara che consente anche a chiunque di apprendere la storia della nostra lingua e delle tradizioni. Restiamo in attesa di nuovi articoli.

  4. È interessante anche l’uso del verbo “avere” in luogo di “essere”; come ad es.
    nell’espressione “non ave” per “non è possibile”, sentita nel sud Salento.

    • Esattamente. E’ una confusione abbastanza diffusa in tutto il Meridione. Di questo uso ne parlerò in un nuovo articolo proprio sui diversi significati del verbo ‘avere’. Grazie per il suo contributo. Un saluto.

      • Ciao io sono cutrofianese e utilizziamo tanto “ave” per indicare “esserci”.
        Una delle frasi che mi sono inventato per mettere alla prova altri salentini sulle differenze interne dei nostri dialetti recita proprio
        “avia na strafica ca sta scia taritta taritta intra lu buciu te lu parete”.
        Stavo cercando un modo per definire questo uso particolare del verbo avere e ho trovato questo sito. C’è un nome per questo effetto linguistico? Dove posso trovare qualcosa in merito?
        Ti ringrazio

        • Caro Davide,

          l’uso del verbo ‘avere’ per indicare ‘esserci’ è tipico, non solo del salentino, ma anche di altre lingue romanze come lo spagnolo o il catalano. Il suo uso è antico, infatti, consultando il Tesoro della Lingua Italiana delle Origini (TLIO) sotto la voce ‘avere’ compare l’uso impersonale con valore di ‘esserci’ già nei primi anni del XII secolo. Non per questo, però, bisogna pensare che tale uso provenga dal latino. Nel latino classico per esprimere il significato esistentivo si ricorreva ad ‘esse’, mentre solo più tardi, con il fiorire delle lingue romanze, il suo significato è stato assorbito dal verbo ‘avere’. Di seguito, le fornisco un esempio pratico:

          In spagnolo: hay dos personas que juegan a la pelota; in catalano: hi ha dos persones que juguen a pilota; in salentino: ave toi cristiani ca sciocanu a palla.

          Per questa ragione non parlerei di effetto linguistico proprio del salentino, bensì di somiglianze comuni alle lingue romanze. Ad ogni modo, per qualunque curiosità consiglio di consultare e fare affidamento alla Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti di Gerard Rohlfs.

          Spero di averla aiutato. Un saluto.

  5. Presso le zone di Tricase, alla terza persona singolare, vi è “à/àne” (Da non confondere con l’imperativo del verbo andare 2 persona singolare)

    • Decisamente interessante la presenza di àne. Molte grazie per il suo commento. Un saluto.

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