Diego Ferdinando di Mesagne (1611-1662), ovvero raramente il figlio d’arte supera il padre, per lo più nemmeno lo eguaglia (1/2).

di Marcello Gaballo e Armando Polito

La vita dei cosiddetti “figli d’arte” ha probabilmente aspetti più negativi che positivi e il fenomeno che possiamo chiamare “professione ereditaria”, non è certo recente.

I personaggi di oggi costituiscono una coppia, una delle tante, del passato i cui componenti, padre e figlio, sono caratterizzati dall’aver esercitato la stessa professione: quella di medico. Nel nostro caso il figlio è Diego, il padre Epifanio (1569-1638).

Cominciamo, per motivi, come si conviene, anzitutto cronologici da Epifanio. E lo facciam nel modo più immediato, oggi alla moda, cioè con il suo ritratto, riservandoci dopo un approfondimento meno frivolo di quanto, in generale, lo sia la sola immagine.

La tavola è a corredo della biografia di Epifanio Ferdinando in Domenico De Angelis, Le vite de’ letterati salentini, Raillard, Napoli, t. II, 1713.

Ingrandiamo due dettagli:

Nel primo: Epiphanio Ferdinando Messapien(si) Medico et Philosopho/Dominicus De Angelis Lycien(sis) D(onum) D(edit) D(edicavit)

A Epifanio Ferdinando di Mesagne1 medico e filosofo/Domenico De Angelis di Lecce come dono diede dedicò.

Nel secondo: F. De Grado sculp(sit).

Francesco De Grado incise.

Il De Grado fu un apprezzatissimo incisore (sculpsit=incise) attivo a Napoli tra il 1694 ed il 1730.

Questa seconda  tavola è a corredo della biografia di Epifanio Ferdinando a firma di Pasquale Panvini in Biografie degli uomini illustri del Regno di Napoli, a cura di Domenico Martuscelli, tomo VI, Gervasi, Napoli, 1819. Da notare che la data di morte (1635) che non coincide con quella (1638) registrata nella biografia scritta dal De Angelis. Nel dettaglio ingrandito: 

 

C(arolus) Biondi inc(idit)=Carlo Biondi incise

Anche Carlo Biondi fu un incisore abbastanza famoso, attivo a Napoli nel XIX secolo. La derivazione del suo ritratto da quello del De Grado è troppo evidente  per parlarne. Non possiamo, però, non fare osservare che, se per i tratti somatici il Biondi era giocoforza costretto a seguire il De Grado, sul piano dell’originalità avrebbe potuto farsi sentire meglio, magari giocando sui dettagli. Lo ha fatto sì, ma rendendo uniforme lo sfondo con l’eliminazione del tendaggio che nel primo ritratto conferiva profondità e per il resto conservando l’ovale ma riducendolo col taglio (di mano e libretto) all’altezza della penultima coppia di bottoni. Come vedremo alla fine con Ferdinando e Diego, anche qui l’ultimo arrivato non rimedia una bella figura.

Per chi ha interesse a conoscere tutti i dettagli registrati della vita di Epifanio rinviamo alle due opere appena citate, il che consentirà di cogliere la grande differenza di spessore professionale tra padre e figlio.

Siamo un popolo che scrive tanto, senza saperlo fare e legge poco o nulla, non sapendo fare, nemmeno quello, complice il degrado sempre più spinto della scuola.

Fino a qualche decennio fa non era così e non lo era ancor più qualche secolo fa, sicché nel passare al vaglio quegli autori si può assumere come parametro di giudizio il numero delle loro pubblicazioni, prima ancora della qualità.

Nel nostro caso, poi, giudicare in base a questi parametri è ancora più semplice, dal momento che Diego, come brutalmente anticipiamo, non pubblicò nulla, per Epifanio, invece, lascimo parlare i titoli (con i relativi frontespizi quando reperiti in rete).

Theoremata medica et philosophica, Tommaso Baglioni, Venezia, 1611

+

Ci piace segnalare che dei quattro componimenti encomiastici in latino che precedono il testo vero e proprio uno è del nostro concittadino Scipione Puzzovivo. Il lettore non neritino ci perdonerà se lo riportiamo e lo traduciamo:

(Esastico di Scipione Puzzovivo, dottore di entrambi i diritti, all’autore

Nessuno meglio di te, Ferdinando, cura coloro che agita la maligna violenza della spada o una febbre maligna e non si potrebbe trovare facilmente chi insegni più correttamente queste arti, delle quali questo libro spiega mille punti. Da te dunque venga chiunque voglia o essere considerato dotto o diventare sano con serietà scientifica)

De vita proroganda, seu iuventute conservanda et senectute retardanda, Gargano e Nuccio, Napoli, 1612.

Purtroppo in rete non è reperibile alcun esemplare di questa edizione. Dato il tema trattato, il libro dovette andare a ruba, ma è strano che non abbia avuto subito una o più ristampa. La ristampa anastatica con traduzioni  a cura di Maria Luisa Portulano-Scoditti e Amedeo Elio Distante è uscita nel 2004 per i tipi di Sulla rotta del sole,  Mesagne. Gli stessi autori hanno il merito, con questa ed altre pubblicazioni che volta per volta verranno segnalate,  di aver riportato alla ribalta la figura del mesagnese, a parte la citazione fatta da Ernesto De Martino in La terra del rimorso (1961) di alcune testimonianze sul tarantismo presenti nell’opera del mesagnese che subito dopo nominerem.

Centum historiae, seu observationes, et casus medici, omnes fere medicinae partes …, Tommaso Baglioni,  Venezia, 1621

Segnaliamo: Amedeo Elio Distante, Maria Luisa Portulano-Scoditti Epifanio Ferdinando: le “Centum Historiae” e la medicina del suo tempo, s. n., Mesagne, 2000.

Aureus de peste libellus, varia, curiosa, et utili doctrina refertus, atque in hoc tempore unicuique apprime necessarius, Domenico Maccarano, Napoli, 1626.

Segnaliamo l’edizione a cura degli stessi autori menzionati per Centum historiae: La peste. Epifanio Ferdinando,  s. n., s. l., 2001.

Oltre alle quattro opere a stampa ricordate, il De Angelis nella sua opera citata all’inizio ci ha lasciato un lungo elenco di titoli di Epifanio rimasti manoscritti. Lo riproduciamo da p. 229 in modo che il lettore abbia contezza della molteplicità di interessi nutriti dal mesagnese (dalle voglie delle donne in gravidanza al vulcanismo, dal tarantismo alle api, dai gechi all’obesità, dalle comete al modo per generare figli maschi, etc. etc.

Purtroppo, a quanto ne sappiamo, di tanta produzione solo della Messapographia, seu Historia Messapiae è custodita nella Biblioteca Arcivescovile Annibale De Leo a Brindisi una copia (ms. D/13), dal titolo Antiqua Messapographia,  eseguita da Ortensio De Leo nel 1752 (come recita una nota a c. 2r). Di seguito il frontespizio.

A proposito di quest’opera ricordiamo che la stessa biblioteca custodisce un manoscritto (ms. M/4) del XIX secolo che ne contiene in due libri la traduzione fatta dal latino all’italiano da Antonio Mavaro, giurista mesagnese vissuto tra il XVIII e il XIX sec. (di seguito il frontespizio.

Nella carta 1r che più avanti riprodurremo il Mavaro ha avuto la felice idea di riportare due composizioni scritte, una in latino l’altra in italiano, in lode di Epifanio e della sua Messapographia dal canonico Francesco Roma, all’epoca vicario foraneo. In calce le trascriveremo, tradurremo la prima e commenteremo entrambe, non senza aver prima  sottolineato che questo tipo di omaggio è frequente nelle opere a stampa di quei tempi (vedi l’esastico di Scipione Puzzovivo prima riportato) e che la loro presenza, di cui nessuno avrebbe sospettato l’ esistenza senza la pubblicazione  pur manoscritta del Mavaro, alimenta l’ipotesi che tutto fosse pronto o quasi  per consegnare il libro alla stampa ma qualcosa lo impedì. Forse le pessime condizioni di salute nell’ultimo decennio di vita e la volontà venuta meno a causa della malattia di fare l’ultima revisione. Scrive il De Angelis a p. 227 della sua opera:

carta 1r

Ad Epiphanium Ferdinandum Medicum praestantissimum in Librum de antiqua Messapographia D. Franciscus Roma Canonicus Messapiensis. Epigramma.

Messapi! Regale decus ne longa vestustas/obrueret tenebris, dirueretque solo/Ferdinandus, adest, fama clarissimus atque/Euboica fulcit moenia ducta manu./Et solide munit sic cuncta, ut temporis ictus/non timeant imbrem, praecipitemque Notum./Perpetuo stabunt cunctis miranda per Orbem,/sed magis a casu, qui eripuit Patriam./Qui inde fugat morbos. Qui Cives eripit Orco,/et famae tradit nomina cuncta virum.   

Traduzione: Ad Epifanio Ferdinando medico validissimo per il libro sull’antica Messapografia Don Francesco Roma canonico mesagnese. Epigramma.

Messapi! Perché il lungo trascorre del tempo non avvolgesse nelle tenebre una nobiltà regale e non l’abbattesse al suolo è venuto Ferdinando chiarissimo per fama e sorregge con la mano tesa le mura euboiche2. E fortifica tutte le cose  così saldamente che esse non temono le offese del tempo, non la pioggia e l’impetuoso Noto3. Tutte resteranno per sempre degne di ammirazione per tutti sulla Terra, ma più (lontano) dalla sventura che ci ha rapito la Patria. (Ferdinando) che mette in fuga da qui le malattie. (Ferdinando) che sottrae i cittadini alla morte e consegna alla fama tutti i nomi degli uomini.

L’epigramma è costituito da cinque distici elegiaci di buona fattura. Da notare i congiuntivi imperfetti obrueret e dirueret in dipendenza dal presente abest. Secondo la consecutio temporum classica ci saremmo aspettato obruat e diruat. Tuttavia c’è da ipotizzare che quel presente sia stato usato, non sappiamo quanto consapevolmente, quasi a mo’ del perfetto greco, per cui, per esempio un οἶδα  alla lettera significherebbe vidi ma si traduce con so. Qui il processo, però, è inverso, cioè adest alla lettera significherebbe è presente ma è come se derivasse da un è arrivato. Questo valore logico di perfetto attribuito a ciò che grammaticalmente è presente giustifica gli imperfetti congiuntivi, non solo, ma dà quasi l’idea che Epifanio sia in grado non solo di frenare gli effetti nefasti del tempo ma, addirittura, di sanare in qualche modo quelli già atto.

                                                           Sonetto dello stesso Autore

Visse Messapia già da mano altera/eretta e cinta da superbe mura:/ma qual cosa mortal che poco dura/sull’alba del natal vidde4 la sera./Cadde, ma ne’ tuoi scritti oggi qual’era5/anzi più bella assai si raffigura;/cadde ma la tua penna oggi la fura6/a morte, e la richiama a vita vera./Tanto può dotta penna. In marmi egreggi7/tuo nome inciso il Mondo già ne attende./Già ti cede Messapo i suoi gran preggi8./Eresse egli Città che alle vicende/del tempo cader vide i propri freggi9/ma eterna il tuo saper oggi la rende.

Che rabbia fa leggere nell’elenco dei titoli dei manoscritti lasciatoci dal De Angelis quel Dilucida, et compendiosa tractatio de Terraemotu, et incendio Montis Vesuvii, et de remediis  ad futuros Terraemotus pensando che sicuramente l’eruzione del Vesuvio è quella disastrosa del 1631 e che il nostro sarebbe stato una fonte salentina  certamente attendibile da aggiungere altre salentine in passato oggetto di studio.

Per oggi basta con Epifanio. Alla prossima, con Diego.

(CONTINUA)

________________

1 Alla lettera Messapiensis significa messapo, della Messapia, ma in dediche ed iscrizioni assume il significato ristretto di mesagnese. Sui problemi etimologici posti da Mesagne vedi https://www.fondazioneterradotranto.it/2014/05/16/la-menza-e-giove-menzana-altre-perle-dalla-rete/.

http://www.vesuvioweb.com/it/wp-content/uploads/Aniello-Langella-e-Armando-Polito-Leruzione-del-Vesuvio-del-1631-letta-attraverso-le-epigrafi-di-Torre-del-Greco-e-di-Portici-vesuvioweb-2011.pdf.

2 Strabone (I secolo a. C.-I secolo d. C.), Geographia, IX, 2, 13: Ἐν δὲ τῇ Ἀνθηδονίᾳ Μεσσάπιον ὄρος ἐστὶν ἀπὸ Μεσσάπου, ὃς εἰς τὴν Ἰαπυγίαν ἐλθὼν Μεσσαπίαν τὴν χώραν ἐκάλεσεν (Nel territorio di Antedonia [regione della Beozia] c’è il monte Messapio [così chiamato] da Messapo, colui che dopo essere andato in Iapigia chiamò la regione Messapia).

3 Vento del sud.

4 Forma normalmente in uso nel XVII secolo.

5 Su questa grafia errata che si trascina e prolifera fino ai nostri giorni vedi https://www.fondazioneterradotranto.it/2015/07/05/quale-il-problema-e-che-sei-una-capra-direbbe-vittorio-sgarbi/. Non ho mai incontrato qual’era per qual era nella letteratura del XVII secolo, ragione per la quale penso che molto probabilmente l’errore di scrittura qui è da imputare più al Mavaro che al nostro Epifanio.

6 ruba, sottrae.

7 Forma normalmente in uso nel XVII secolo, giustificata dal fatto che egregio deriva dal latino egrègiu(m), composto da e-=fuori+grex/gregis=gregge. La geminazione della g in egreggio è dovuta proprio al gregge e non grege italiano.

8 Forma normalmente in uso nel XVII secolo.

9 Forma normalmente in uso nel XVII secolo.

10 https://www.fondazioneterradotranto.it/2015/01/12/leruzione-del-vesuvio-del-1631-nella-poesia-di-un-salentino-e-di-un-napoletano-con-una-sorpresa-finale/

 

Francesco Porrata Spinola di Galatone e l’eruzione del Vesuvio del 1631

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