La Terra d’Otranto in un prezioso arazzo (1/3)

di Maria Grazia Presicce e Armando Polito

La superiorità dell’arte si gioca, probabilmente sulla miracolosa convergenza di due elementi contrapposti: da un lato la sinteticità del linguaggio, dall’altro la pluralità semantica che esso racchiude in sè e che, vuoi in modo immediato e superficiale, vuoi in modo più profondo, magari proprio col suo carattere allusivo, riesce a trasmettere. Così anche un manufatto apparentemente senza pretese, nel nostro caso un arazzo, può narrare nello spazio di un solo sguardo quello che in un libro di storia richiederebbe tanti sguardi quante sono le pagine dedicate all’argomento o al problema trattato.

L’arazzo che ci accingiamo a leggere è, se non il più antico documento iconografico della Terra d’Otranto, certamente il più completo, e il suo valore storico appare doppio in quanto testimonia anche una sorta di passaggio di consegne tra l’antica provincia, quella di Terra d’Otranto appunto, e la nuova, quella di Lecce, la cui non dichiarata preminenza è attestata, come vedremo, dal fatto che tutti i dettagli paesaggistici in esso raffigurati si riferiscono a Lecce. Questa sorta di tacita rivendicazione di un primato di prestigio rispetto alle provincie di Brindisi e Taranto sul piano amministrativo con l’acquisizione come suo stemma di quello che era stato della Provincia di Terra d’Otranto (il delfino e la mezzaluna1) è per fortuna compensato dalla citazione di nomi di personaggi non esclusivamente leccesi, a riprova che, al di là di stupidi orgogli campanilistici, la cultura non vive di miopi rivendicazioni in molti casi perfino disgiunte dalla conoscenza storica, quando non nutrite, addirittura, da interpretazioni di comodo, alterazione delle fonti, per non parlare delle innumerevoli superfetazioni succedutesi nel tempo, fino ad arrivare alle bufale pure in questo settore giornalmente propalate dalla stampa (non esclusi i cosiddetti saggi) e dalla rete.

Il prezioso manufatto è custodito nella sala di ricevimento dell’Istituto Marcelline di Lecce2, che ringraziamo qui pubblicamente per la generosa disponibilità dimostrata, senza la quale questa nostra modesta fatica non avrebbe potuto vedere nemmeno l’inizio, ringraziamento tanto più doveroso perché in evidente contrasto con i paletti vari che la burocrazia laica interpone quando si tratta di visionare materiale pubblico, non fosse altro che un semplice atto d’archivio. Non siamo riusciti a reperire documenti che ne attestino la datazione, che si colloca, comunque, tra il 1893 (data del trasferimento dalla vecchia sede) e, prudenzialmente, il 1921, data di spedizione della cartolina in cui è ritratto. Proprio le cartoline d’epoca, quando non diversamente specificato, hanno fornito un notevole supporto, mentre le foto recenti, ad attestare lo stato attuale, sono degli autori.

Nel suo insieme l’arazzo appare come la copertina anteriore di un libro dotato di rilegatura monastica3. Le parti centrali del settore superiore ed inferiore (il primo con lo stemma4), il secondo con la scritta, ne  costituiscono a tutti gli effetti il titolo.

La conformazione di ciascun ovale e di ciascuna cornice sembra echeggiare quella presente in Scipione Mazzella, Descrittione del Regno di Napoli, Cappello, Napoli, 1601, p. 81 (prima immagine). Com’è noto lo stemma della Terra d’Otranto fu adottato, a partire dal 1933 dalla Provincia di Lecce (seconda immagine).

Al di là dei richiami, reali o presunti, ad un libro appena evocati, sul piano squisitamente tecnico si tratta di un ricamo su un canovaccio a nido d’ape minuto in seta e cotone di colore giallo pallido su cui è stato sistemato il disegno preparatorio poi realizzato in oro a rilievo. Tutto si accorda in un’armonia di segni e colori che stupiscono per la minuta precisione e le sfumature  che fanno apparire l’opera quasi pittura.

Al centro dell’arazzo campeggia, e non poteva essere altrimenti, la personificazione della Terra d’Otranto.

Una giovane donna in chitone5 bianco e imatio6 rosso reca nella destra un ramoscello d’olivo e con la sinistra  regge, appoggiato verticalmente a terra, uno scudo sagomato7 su cui campeggia un delfino (è, come abbiamo detto, lo stemma di Terra d’Otranto).

Alla sua destra, adagiata per terra una cornucopia, notorio simbolo dell’abbondanza e ai suoi piedi, un po’ distanti, quelle che si direbbero spighe.

A nostro avviso non è da escludersi un influsso della rappresentazione della Puglia, contaminata con quella dell’Italia, quali si vedono in Cesare Ripa, Iconologia, Farii,  Roma, 1603, rispettivamente alle pp. 266 e 247.

 

Al di là delle evidenti allusioni in Ripa al fenomeno del tarantismo, che comporta anche inevitabili differenze nel panneggio, tratti in comune ci sembrano l’acconciatura (anche se nell’arazzo i capelli si direbbero trattenuti da una benda), a parte i dettagli indiscutibili della destra che impugna il ramoscello d’olivo e quello, probabile, delle spighe, pur nella loro differente collocazione.

Quella che segue è, a nostra conoscenza, la seconda personificazione  della Terra d’Otranto e di questa, a differenza di quella dell’arazzo (sul problema torneremo in seguito),  conosciamo  la data di realizzazione: 1882. Si tratta del verso di una medaglia (ideazione del galatinese Pietro Cavoti, modello del leccese Eugenio Maccagnani, incisione del fiorentino Giovanni Vagnetti)8. Le due immagini presentano in comune la posizione dello scudo (non la forma, essendo quello dell’arazzo sagomato, quello della moneta ellittico, simile a quello che i Romani chiamavano parma) retto con la sinistra e la cornucopia; la caratteristica parte terminale, che le dà il nome, nell’arazzo è nascosta dalla parte inferiore della figura femminile e nella medaglia manca il ramoscello d’olivo perché la destra della Terra d’Otranto è impegnata a stringere quella dell’Italia.

 

Le due immagini costituiscono quasi una specializzazione locale della figura classica dell’Abbondanza (quella dell’arazzo, più specificamente della Pace, come mostra l’immagine che segue risalente al XVII secolo un’incisione di Carol De Mallery su disegno di M. De Vos stampata da Joan Galle ad Anversa), nella cui rappresentazione la cornucopia è il dettaglio più significativo. E il distico elegiaco che costituisce la didascalia sintetizza i concetti complementari di pace ed abbondanza: Pax alma, ingenuas praesertim quae fovet artes,/orbi suppeditat denique divitias (L’alma pace, che favorisce soprattutto le nobili arti, alla fine procura al mondo ricchezza).      

Per completezza d’informazione va detto che questo processo di personificazione aveva avuto il suo primo timido avvio con l’assunzione delle fattezze di una testa di donna da parte di quella del delfino, come risulta dallo stemma presente a. p. 17 del saggio Antiquitates Neapolis di Benedetto di Falco  inserito nella prima parte del nono tomo del Thesaurus antiquitatum et historiarum Italiae uscito a Lione per i tipi di Pietro Vander Aa nel 1723, a cura di Giovanni Giorgio Grevio e Pietro Burmanno.

 

Per la seconda parte: https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/12/30/la-terra-dotranto-in-un-prezioso-arazzo-2-3/

Per la terza parte: https://www.fondazioneterradotranto.it/2020/01/04/la-terra-dotranto-in-un-prezioso-arazzo-3-3/

___________________

1 Sul tema vedi https://www.fondazioneterradotranto.it/2012/05/11/il-delfino-e-la-mezzaluna-prima-parte/

2 Per le notizie storiche sull’istituto vedi http://www.marcellinelecce.it/wp-content/uploads/2016/06/Istituto-Marcelline-Lecce.pdf.

3 Sul tema vedi https://www.fondazioneterradotranto.it/2012/05/11/il-delfino-e-la-mezzaluna-prima-parte/

4 Sullo stemma vedi Il delfino e la mezzaluna in https://www.fondazioneterradotranto.it/2012/05/11/il-delfino-e-la-mezzaluna-prima-parte/ (in calce alla prima parte i collegamenti alle restanti quattro) e Il delfino “stizzoso” dellantico stemma di Terra d’Otranto, in https://www.fondazioneterradotranto.it/2013/12/30/il-delfino-stizzoso-dellantico-stemma-di-terra-dotranto/

5 Dal greco χιτών (leggi chitòn), che significa tunica.

6 Dal greco ἱμάτιον (leggi imàtion) o εἱμάτιον (leggi eimation), diminutivo di ἱμα (leggi ima) o εἷμα (leggi èima), che significa veste.

7 Così in araldica viene chiamato lo scudo con lembi a frastagli mistilinei. Scudi simili, recanti nella parte centrale una testa di Gorgone, protomi animali o teste di divinità sono visibili in fregi dell’età imperiale.

8 Lo stesso ideatore dichiara nell’opuscolo, da lui curato e scritto per gran parte, Medaglia offerta dalla Provincia di Terra d’Otranto a s. e. Agostino Magliani, ministro delle finanze e senatore del Regno, Stabilimento tipografico Scipione Ammirato, Lecce, 1883 (nello stesso anno ripubblicato con accresciuto numero di pagine per i tipi di Spacciante, sempre a Lecce): Il Consiglio Provinciale di Terra d’Otranto volle, con unanime e spontanea cortesia, affidarmi l’incarico della Medaglia d’oro e dell’Indirizzo in pergamena, che, per sua speciale deliberazione del 1882, stabiliva doversi offerire al Ministro delle Finanze, AGOSTINO MAGLIANI, fautore di un contratto di mutuo colla Cassa dei depositi e prestiti, necessario ad agevolare, per il tempo e pel dispendio, la costruzione delle strade ferrate da Taranto a Brindisi, e da Zollino a Gallipoli, dalle quali s’impromette gran bene la Provincia e la nostra gran patria. Sulla medaglia vedi pure https://www.fondazioneterradotranto.it/2015/12/12/magliani-agostino-detto-tino-e-la-sua-medaglietta-la-ferrovia-tra-brindisi-e-taranto-lho-portata-io/

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