Regolamentazione dei senza fissa dimora nel regno di Napoli secondo la testimonianza di Giovanni Bernardino Manieri di Nardò

di Armando Polito

Sull’illustre concittadino non si hanno molte notizie biografiche. Di seguito riproduco la carta 535 r di un corposo (1099 le carte recanti scrittura) manoscritto autografo1 di Giovanni Battista Lezzi (1754-1832) sulle vite dei letterati salentini custodito nella Biblioteca Arcivescovile Annibale De Leo a Brindisi. La trascrizione che segue, ricalcante la formattazione del testo originale2, è un espediente per aggiungere le dovute note. Nel 1788, dunque, il Lezzi dava notizia dell’unica opera di Giovanni Bernardino a lui nota, della quale riproduco di seguito il frontespizio tratto da http://gredos.usal.es/jspui/bitstream/10366/43321/1/BG~17354.pdf. 3 Stupisce che il Lezzi alla data del 1788 mostri di conoscere solo il Propugnaculum pubblicato nel 1702 a Napoli per i tipi di Carlo Porpora e Nicola Abri e ignori, invece, l’opera precedente del Manieri (Tractatus de numeratione personarum per focos seu familias …) pubblicata nel 1697 a Napoli per i tipi di Carlo Porpora e Giovanni Domenico Petrobono e, per giunta, ripubblicata nel 1733, sempre a Napoli per i tipi di Nicola e Vincenzo Rispolo. Irrilevante è, a tal proposito, il fatto che nella dicitura scrivea dal suo originale l’anno MDCCLXXXVIII quel dal suo originale possa far pensare ad una copia fatta nel 1788, quando aveva 34 anni, di una  compilata precedentemente: se così fosse significherebbe che anche in quella era presente la lacuna indicata. Pure di questa seconda opera (cronologicamente,per quanto detto, è la prima) riproduco di seguito il frontespizio tratto da https://books.google.it/books?id=YO7QzRmIFl4C&pg=PA5&lpg=PA5&dq=tractatus+de+numeratione+personarum&source=bl&ots=CNZSVKd_dX&sig=ZcNAG115e-ZNkuPK77UGK4enmJ4&hl=it&sa=X&ved=0CCsQ6AEwAWoVChMIkIPStJOWxgIVA1sUCh1ptwDZ#v=onepage&q=tractatus%20de%20numeratione%20personarum&f=false. L’omissione risulta incomprensibile soprattutto perché, se l’opera ricordata mostra la competenza giuridica, per così dire, settoriale del Manieri, quella non nominata ne mostra una, per così dire, sistematica e di ampio respiro, al di là di quel pomposo, oggi diremmo da presentazione televisiva, Opus a nemine hucusque tentatum (Opera da nessuna fino ad ora tentata), che si legge nel frontespizio. Dal titolo VIII [De vagabundis, et famulis (I vagabondi e i servi)] di questo volume (integralmente leggibile e scaricabile dal link prima indicato) riporto dalle pp. 98-101 i passi più significativi con la mia traduzione; chi vorrà potrà controllare come l’estrapolazione non abbia comportato la benché minima alterazione del significato. De pessimo hoc hominum genere tractant … ( Di questo pessimo genere di uomini trattano …); segue una lista di autori, ma ciò che più importa è il giudizio morale insito in quel pessimo. Vagabundus definitur a DD. ut sit ille, qui nullibi habet certum domicilium, & determinatam habitationem, & quotidie absque ullo ministerio per Provincias, & loca aberrat …  (Dai detti [autori] si definisce come vagabondo sia colui che non ha domicilio certo in alcun luogo e determinata abitazione e quotidianamente privo  qualsiasi impiego erra per province e luoghi …). Provenit autem hoc ex animi incostantia, deficientia rationis, et segnitiae, ex quibus redditur homo dissolutus, & errans … (Proviene poi ciò dall’incostanza dell’animo, dalla mancanza di ragione e da indolenza, dalle quali cose l’uomo è reso dissoluto e errante …). Unde dicitur quitis impatiens, non consistens, & circumambulans, nunc foris, nunc in plateis … discurrit per Provincias inutiliter …& est sicut ovis errans …et ideo vagabundi ex otio sunt libidinosi, seditiosi, dediti rapinis, homicidiis, aliisque criminibus, & dicuntur pestis Reipublicae … unde sunt exstirpandi … (Per cui [il vagabondo] è detto insofferente della quiete, mai fermo in un posto e girovago, ora fuori, ora nelle piazze …  vaga inutilmente per le province … ed è come una pecora errante … e perciò i vagabondi per l’ozio sono libidinosi, sediziosi, dediti alle rapine, agli omicidi e ad altri crimini e sono chiamati peste dello Stato … per cui sono da estirpare). Dopo aver passato in rassegna disposizioni legislative del passato tra le quali spicca la possibilità per il vagabondo di essere torturato senza indizi, il non avere diritto al rispetto della moglie (questo ci può stare …), il non poter testimoniare in cause civili e penali (oggi, invece, può farlo, ma è consentito anche ad un mafioso pluriomicida, meglio se si dichiara pentito, così avrà pure uno sconto di pena …) a p. 100: Et, si semel fuerit probatum, quem esse vagabundum, talis semper praesumitur … (E se una sola volta è stato provato che uno è vagabondo, tale è sempre presunto …). Questo, che può sembrare un marchio infamante indelebilmente impresso, in realtà a qualche vagabondo nullatenente o quasi  poteva pure far comodo, in caso di cambiamento in meglio delle sue condizioni economiche, per sottrarsi alle grinfie del fisco (nulla di nuovo, oggi,  sotto questo sole, nonostante i progressi  dell’informatica abbiano reso possibili in tempi brevissimi controlli impensabili al tempo del Manieri e fino alla fine del secolo appena trascorso). A p. 101, infatti, si legge: De vagabundis habetur in Instructionibus, quod si numerentur sicut & famuli, est diligenter inquirendum, etiam a Deputatis iuramento, si habeant uxores, parentes, aut consanguineos, si alias sint numerati, si possideant bona in catasto, si sint adscripti continuatis temporibus in libris collectarum; & sunt numerandi distincte, & eo modo, quo fuerint reperti … Vagabundi, si possideant bona, remanent pro foculari, si nil possideant, sunt deducendi, ut fuit determinatum a Regia Camera … ratio est, quia non habent domicilium permanentem, nec industriam, & non possunt ab eo exigi functiones fiscales per Universitates, et respectu possessionis bonorum, si quae habent in loco originis, vel domicilii, non sufficit habere bona modici redditus, sed requiritur ut sit ultra unciam (Sui vagabondi si dispone nelle Istruzioni, che se vengono registrati, la cosa vale pure per i servi, si deve diligentemente indagare, anche da incaricati con giuramento, se hanno mogli, parenti o consanguinei, se sono registrati in altro modo, se posseggono beni in catasto, se siano stati iscritti per un tempo continuato nei libri dei tributi; e devono essere registrati distintamente e nello stato in cui sono stati trovati … I vagabondi se possiedono beni sono registrati per fuoco [famiglia], se non possiedono nulla debbono essere tolti dal novero, come fu determinato dalla Regia Camera … il motivo è che non hanno domicilio permanente, né occupazione e per questo non possono essere richiesti adempimenti fiscali dai governi cittadini; e rispetto al possesso dei beni, se ne hanno nel luogo d’origine o di domicilio, non basta avere beni di modico reddito ma è richiesto che questo sia superiore ad un’oncia). Che questo testo del Manieri fosse un punto di riferimento lo dimostra il fatto che esso fu inserito da Lorenzo Cervellino nel suo Direzione ovvero guida delle Università di tutto il Regno di Napoli … (mai incontrato un titolo così lungo …) uscito a Napoli per i tipi di Rispoli nel 1734 e nel 1740 e per i tipi di Manfredi, sempre a Napoli, nel 1776. Nell’immagine che segue il frontespizio di quest’ultima edizione, tratto da https://books.google.it/books?id=apgiLNpundIC&printsec=frontcover&dq=giovanni+bernardino+manieri&hl=it&sa=X&ved=0CCQQ6AEwATgKahUKEwiGov-V6JbGAhUEPxQKHbbeABo#v=onepage&q&f=false; col rettangolo in rosso ho evidenziato la parte del titolo riguardante il neretino. Certo i tempi cambiano e con loro i problemi e gli stessi soggetti oggi protagonisti di sconvolgenti fenomeni in atto, su cui mi pare che i politici, quelli puliti (fino a prova contraria …). speculino strumentalmente quando sono all’opposizione e tergiversino quando sono al potere, mentre loschi figuri (non mi riferisco solo ai trafficanti di disperati di ogni genere) hanno prostituto l’assistenza in cinico affare e, poi, magari, hanno pure la faccia tosta di chiedere il patteggiamento … E se ai vagabondi del tempo del Manieri sono subentrati o, forse, si sono aggiunti barboni, rom e profughi, credo che la lettura del suo saggio non farebbe comunque male a qualcuno di quei burocrati ed esperti vari ai quali, alla resa dei conti, appartiene il vero potere in Italia. Temo, però, che si lascerebbero affascinare troppo da quel pessimo genere del primo brano, ammesso che fossero ancora in grado di tradurre, e correttamente, dal latino  …

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1 Integralmente leggibile e scaricabile in http://www.internetculturale.it/jmms/iccuviewer/iccu.jsp?id=oai%3Awww.internetculturale.sbn.it%2FTeca%3A20%3ANT0000%3ACNMD0000209711&mode=all&teca=MagTeca+-+ICCU.

2 Il lettore avrà notato la diversa grafia della colonna destra che, infatti, è un’aggiunta dell’amico Annibale De Leo (1739-1814) che della biblioteca, la prima pubblica in Terra d’Otranto, che porta il suo nome fu il fondatore nel 1798 e fu lui a  nominare primo bibliotecario l’amico Lezzi, il quale tenne l’incarico fino al 1820.

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