Certi grossi, grassi matrimoni…

CERTI GROSSI, GRASSI MATRIMONI, CELEBRATI SULL’ALTARE DELL’ESIBIZIONISMO

di Rocco Boccadamo

 

Scene dal vivo di un matrimonio appena celebratosi in una cittadina del nord Salento, ovviamente innominabile. Per ambientazione, un’aggraziata piazzetta del centro storico (isola pedonale), resa ancora più suggestiva dal fondale buio tenue delle prime ore della sera, ed una prospiciente, ed altrettanto graziosa, piccola chiesa del diciottesimo secolo.

Nubendi, due giovani professionisti appartenenti a buone famiglie e con a fianco redditizie attività commerciali; insomma, tutte le premesse per una cerimonia distinta, se non proprio d’elite.

Sennonché, ancora una volta, si ha la dimostrazione che la ricchezza, la bellezza ed il successo non necessariamente vanno a braccetto con la classe pura, quel volare alto che, prima di tutto, prende l’abbrivio dalla semplicità, dalla naturalezza, dal riserbo e dalla modestia.

Veniamo alle sequenze che, secondo il parere e la sensibilità di chi scrive, si caratterizzano per i toni sfasati e fuori luogo.

Mancano pochi minuti all’orario fissato, e però lo sposo non appare presente all’ingresso della chiesa ad attendere la dolce metà. Nessun problema, comunque, il suo arrivo è annunciato, di lì a breve, dal rombo di un’autovettura, da lui stesso guidata, rombo speciale e inconfondibile giacché trattasi non di un comune veicolo di media o grossa cilindrata, ma, sentite bene, niente poco di meno che di una “Ferrari” color argento metallizzato. Non c’è che dire, un’apparizione veramente “sobria”, quasi che avvenga a bordo di una cinquecento o di un calesse.

Il secondo fotogramma sfocato, diciamo così, si materializza all’interno del luogo sacro, in pieno rito nuziale. Ciascuno di noi ritiene che il culmine del sacramento coincida con lo scambio delle cosiddette “fedi”, ma in realtà, almeno nella circostanza, tale opinione ha un grosso limite, è parziale: difatti, dopo che le comuni fascette d’oro trovansi a cingere gli anulari della coppia, lo sposo trae dalla tasca un involucro e presenta alla ormai moglie un vistoso, preziosissimo anello con brillantone, roba, a occhio e croce, da decine di migliaia di euro.

Beninteso, fra gli oh! di meraviglia della generalità degli astanti, integrati da sommessi risolini e sospiri d’innocente invidia da parte delle invitate giovanissime. Neppure in questo atto, v’è alcuna ombra di ostentazione!

Si osserva, con indulgenza, che certe pacchianerie resistono tuttora, specialmente nei piccoli centri; di fronte a siffatta considerazione, sembra tuttavia bene ed utile replicare che è giunto il momento di estirpare completamente le radici di atteggiamenti e comportamenti del genere, in qualunque latitudine ed ambiente ci si trovi.

E io che ho criticato l’usanza, da poco introdotta, dei fuochi d’artificio in seno ai matrimoni.

Nardò. Proposte per il recupero del suo centro storico

Piazza Salandra a Nardò, palazzo comunale, già Pretura (ph M. Gaballo)

Mi sia concessa una piccolissima soddisfazione personale, chiedendo scusa se approfitto di questo spazio, per sottolineare il raggiungimento di un obiettivo che da anni mi sono prefissato.

Sul blog dell’amico Salvatore De Vitis, vice-sindaco della Città di Nardò, leggo:

“Centro storico Nardò: tornano gli uffici pubbliciPosted on 22 maggio 2010 by Salvatore De Vitis

Un altro piccolo (grande) passo verso la rivitalizzazione del centro storico. La Giunta Comunale, nei giorni scorsi ha approvato il progetto per il recupero dell’antico Palazzo di Città (ex Pretura ) stanziando trecentomila euro. Il nostro obiettivo è quello di riportare gli uffici di rappresentanza del Comune nel cuore della città, in Piazza Salandra. Abbiamo ascoltato le richieste dei commercianti e dei residenti ed abbiamo immaginato uno sviluppo del centro storico che lo riporti ad essere (come si dice in questi casi) il “cuore pulsante” della città. In realtà, abbiamo fatto molto di più: vista la scarsità delle risorse a disposizione, stiamo agendo in modo da concentrare gli interventi, ci siamo fermati a “progettare” un nuovo centro storico ed abbiamo disegnato le linee dello sviluppo futuro.

Vi riporto le ultime tappe:

  • Accordo Comune di Nardò – Universita del Salento: info point dell’università nel centro storico di Nardò;
  • Iniziativa del Touring Club: visite guidate del territorio neritino;
  • Uffici pubblici in Piazza Salandra: trecento mila euro per il recupero dell’antico Palazzo di Città;
  • Completamento chiostro dei Carmelitani e di S. Antonio: finanziamenti di Area Vasta;
  • Il dialogo tra e con gli operatori: un comportamento virtuoso nuovo per il territorio.

La nostra idea di “Sistema Centro Storico” comincia a dare i primi frutti (http://salvatoredevitis.wordpress.com/2010/05/22/centro-storico-nardo-tornano-gli-uffici-pubblici/)”.

 

Da anni propongo quanto l’Amministrazione intende finalmente realizzare e non pochi attacchi mi furono lanciati da alcuni cittadini e tecnici, dandomi dell’incapace e visionario, scrivendo che addirittura sarei vissuto su un altro pianeta, senza alcun raccordo con la realtà, ignaro delle reali esigenze della popolazione. Documentai, con apposito articolo pubblicato lo scorso anno su Spicilegia Sallentina a proposito del Palazzo di Città, in piazza, che quell’edificio era stato realizzato agli inizi del ‘600 con il denaro pubblico e mi pareva giusto tornasse ai cittadini, liberandosi da quell’orribile denominazione di “Ex Pretura”.

Piccole soddisfazioni che il tempo, sempre galantuomo, regala a chi propone con lealtà ed amore per il proprio paese soluzioni innovative.

Ripropongo dunque quanto ebbi modo di scrivere già nel 1996 (Il Salento magazine), ripreso in più occasioni negli anni successivi.

La civica Amministrazione di tanto in tanto si ripropone il problema di come rivitalizzare il centro storico e questo non può che far piacere a quanti seguono con interesse le sorti di una plurisecolare città com’è Nardò.
Ai vagiti seguano però le grida, così che il risveglio non sia ulteriore motivo di inganno e delusione, ai quali, purtroppo, siamo abituati.

Condivisibile dunque quanto più volte manifestato da gruppi spontanei di cittadini o associazioni e fa piacere che qualche amministratore finalmente presti la dovuta attenzione ad una realtà che oramai non si può più negare. Il centro storico di Nardò esiste, piaccia o no, e quindi va salvato, recuperato, rivalutato, perché lo desidera il politico, ma soprattutto perché lo vuole la popolazione.

Lo auspicano anche i tanti turisti che ormai ci visitano con assiduità ed i numerosi commercianti che con grande sacrificio aprono quotidianamente le loro saracinesche sperando sempre che qualcosa di nuovo ci sia sotto il sole. Tutti dunque sono concordi e forse è arrivato il momento che le idee ed i suggerimenti da più parti proposti si concretizzino. Confidiamo, ancora una volta, nell’ entusiasmo di sparuti amministratori, che devono seriamente prendere a cuore il destino del centro storico.

Due grossi contenitori di recente sono stati offerti alla città, ed entrambi in posti nevralgici, sui quali più volte ho proposto di impiantare la rinascita del centro storico. Mi riferisco in particolare all’ asse Piazza della Repubblica, Via Vittorio Emanuele, Don Minzoni, Lata e Nicola Ingusci, oltre a via Duomo. Niente di più intelligente poteva esserci offerto sin dal XV secolo, quando la città registrò il suo definitivo ampliamento, con la struttura urbanistica tuttora sotto i nostri occhi.
E’ da lì, ribadisco, che debba rinascere la città commerciale, politica, turistica ed artistica. L’ arte, grazie al cielo, è già presente ed è straordinaria (si pensi allo snodarsi del complesso del Carmine, del Teatro, della piazza, di S. Domenico).

 

In piazza ci sono due importanti strutture sulle quali conviene soffermarsi: l’ex “pretura”, già palazzo municipale, e il “circolo cittadino”, già Sedile. Su queste investirei molto: come in tantissime occasioni ho scritto alla prima ridarei la sua funzione storico-politica, impiantandovi gli uffici del Sindaco e dei suoi assessori, oltre la sala consiliare, all’ uopo trasformata in sala conferenze o galleria. La seconda, il Sedile, la adibirei a sede della Polizia UrbanaAlle varie associazioni riserverei locali più periferici.
Nel poco distante complesso dei Carmelitani troverebbero collocazione alcuni uffici, oggi ospitati in strutture prese in affitto.
Nel castello impianterei, oltre all’ assessorato al Turismo, con un adeguato servizio di informazioni ed accoglienza turistica, gli altri uffici. Emerge chiaramente la vicinanza fra tutto, con evidente risparmio di mezzi e di tempo, essendo molto più rapido spostarsi per esempio dalla piazza al castello, anziché dal castello a via Due Giugno o, ancor peggio, per recarsi all’ assessorato al Commercio.

Fin troppo evidente lo sviluppo immediato che si avrebbe e naturalmente l’ operazione richiamerebbe attività commerciali, recupero di immobili da decenni chiusi o sfitti, restyling degli edifici privati e così via. Ovvio che l’ asse in questione sarebbe interdetto dalla circolazione con automezzi, fatta eccezione per i veicoli autorizzati.

Non è fantascienza! Tutti i centri storici d’ Italia lo hanno fatto e noi siamo tra i pochi che ancora ci poniamo il problema se recuperare o meno il nostro e, ancor peggio, se chiuderlo o meno al traffico veicolare.
Non è facile, occorreranno degli anni e delle spese, ma una volta tanto sarebbe bello se anche Nardò ragionasse con lungimiranza. Così come i cittadini ancora oggi ricordano chi ha autorizzato la discarica o ha asfaltato il centro storico, allo stesso modo ricorderanno quanti hanno voluto la sua rinascita.
 

Con altro pezzo riproporrò la storia del Palazzo di Città, che senz’altro tornerà utile a quanti vorranno conoscerne le vicende architettoniche e la cronologia, desunta dagli atti notarili dell’epoca.

Breve profilo degli artisti di Santa Croce in Lecce

Gabriele Riccardi (Lecce, 1524 – ?): architetto. Artista di formazione manierista, unisce il patrimonio culturale mediterraneo con i dettami delle idee gesuitiche. La sua architettura può rientrare nell’ambito dell’arte controriformata: a santa Croce inventa la soluzione della colonna inglobata.

Francesco Antonio Zimbalo (Lecce, 1567 – 1631 ca): architetto. A Lecce è la prima figura importante per la nuova decorazione barocca, interviene a santa Croce nei tre portali della facciata e per l’altare di san Francesco da Paola. È legato in larga misura alla cultura figurativa cinquecentesca avviando poi cadenze, motivi, stilemi e fantasie decorative che troveranno il loro più compiuto sviluppo nel barocco.

Giuseppe Zimbalo (Lecce, 1620? – 1710): architetto. Non è chiaro il rapporto di parentela con Francesco Antonio. È l’artista più importante del barocco a Lecce, è autore della facciata superiore di santa Croce che si pone come svolta per l’arte del XVII secolo in Puglia. Giuseppe Zimbalo unisce la tradizione culturale locale con le soluzioni di fantastica libertà, guardando all’arte iberica e agli esempi napoletani di Fanzago. Lavora nelle maggiori fabbriche del periodo e presto diventa l’architetto preferito dal vescovo Pappacoda. Suoi sono anche la facciata della chiesa del Rosario, la facciata del duomo e il suo campanile.

Cesare Penna (Lecce, 1607 – 1656): scultore. Lavora alla facciata superiore della basilica di santa Croce. Il suo modo di lavorare la pietra è quasi da ricamatore, egli riesce a creare figure e motivi ornamentali di grande sfarzo e potente effetto visivo.

 

queste brevi note sono estratte dal più ampio articolo su Santa Croce pubblicato su Spicilegia Sallentina n°6 

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