Alezio, l’antica “Villa Picciotti” rivive oggi, come da molti decenni della sua storia, la magìa delle “Tre Notti di San Rocco” e la riproposizione delle antiche “fiere della Lizza” e quella d’autunno (o “di San Rocco”).
La manifestazione di quest’anno prevede l’ evento culturale-religioso che coinvolgerà gli abitanti della cittadina e di tutto il circondario con la tradizionale “fiera di San Rocco”. Essa è attestata ad Alezio sin dal XVIII secolo e un tempo nota come “fiera autunnale”. Oggi, come accennato, le due antiche fiere ( una della Vergine della Pietà e l’altra, quella di S. Maria della Purità) vengono accomunate nella seconda domenica di ottobre. La fiera di San Rocco ricade così in ottobre, soltanto perché in agosto prevale la fiera della Lizza, presso il famoso Santuario. E ciò sebbene san Rocco sia compatrono della città di Alezio e sia anche secondo protettore della stessa Diocesi di Nardò-Gallipoli.
Allietati dalle prime ore del mattino dalle note della Banda “Città di Castellana Grotte”, i suoi abitanti attendono di ascoltare con nuovo entusiasmo la grande “Salva” di botti di domenica 18 ottobre prossimo. In serata, alle 19,30, una grandiosa “fiaccolata” illuminerà la terrazza adiacente il Santuario.
Nel programma religioso-culturale, approntato per tutti i parrocchiani dal sapiente don Antonio Minerva si succederanno nell’ordine, dal 15 al 17 ottobre 2020, tre suggestive serate culturali sul tema della carità, chiamate “Le Notti di San Rocco”.
Venerdì 15, alle ore 19,00, per il tema “San Rocco, il santo della fraternità”, don Lucio Greco illustrerà l’Enciclica “Fratelli Tutti” di Papa Francesco. Ad Ermanno Inguscio, storico e critico letterario, è stato affidato il compito, nella serata di venerdì 16, di esporre all’uditorio le caratteristiche della devozione al Santo di Montpellier nel Salento. Riflessioni sullo stretto il rapporto tra eventi epidemici (peste, tifo, colera), nati spesso nei porti commerciali della Puglia, e il ricorso al Santo; sarà fatto cenno al complesso stato degli studi agiografici (M. Fliche), al concetto di protettorato, ai “cammini dei pellegrini”, alla diffusione del culto nei Paesi d’Europa e d’Oltreoceano, all’attualità della pandemia in corso del covid-19, alla simbologia classica del culto rocchino e alle attività svolte nei Convegni Internazionali di Montpellier, di Lisbona, di Venezia, di Madrid. Sabato 17, sul tema “San Rocco, il Santo della Carità”, il relatore don Giuseppe Venneri, direttore della Charitas diocesana di Nardò-Gallipoli, nel parlare dei segni della carità nella chiesa diocesana, presenta anche l’APP. TUCUM, strumento con cui supportare azioni operose sul territorio.
Nella mattinata di domenica 18, la solenne Messa in piazza registrerà la presenza del presule diocesano, il vescovo mons. Fernando Filograna. Una comunità in festa, dunque, con il rispetto di tutti gli accorgimenti e le regole anti corona virus, approntati dalle Autorità comunali e dal parroco don Antonio, in un tempo pandemico che quest’anno ha colpito nel mondo 38 milioni di persone (e quasi un milione di morti) in ogni continente e sotto ogni cielo. Oggi ognuno pensa ai progressi della medicina e il comune “sentiment” si orienta allo spuntare di un vaccino liberatorio.
La speranza scatenata dalla ricerca scientifica che ipotizza oltre cento vaccini di prevenzione entro il 2021, non sarà certo in contrasto con la fede nella potenza dell’aiuto sovrannaturale di un Santo, come San Rocco, che per secoli, nel bacino del Mediterraneo, ha più volte salvato intere comunità dalle periodiche pandemie che si presentano sul globo. Un augurio che scienza e taumaturgia, in tempo di covid-19, siano in grado di ristabilire salute pubblica e la ripresa della normalità di relazioni e della stessa economia.
Accogliamo oggi, nella nostra Comunità di Ruffano e Torrepaduli, una nutrita delegazione di cittadini ateniesi, a ravvivare quel “fil rouge” che lega la nostra civiltà occidentale alla “classica grecità” di concittadini europei, in visita nel Salento, il quale si configura nella storia come un’autentica esclave griko-ellenofona, che presenta ancora oggi, al di là dei centri noti della Grecìa “grika”, significativi resti culturali in campo archeologico-artistico, in campo storico-linguistico e nel contesto antropologico delle tradizioni popolari. Nel linguaggio comune dei nostri dialetti persistono ancora parole di chiara derivazione ellenica. Non è infatti, la nostra, quella del Salento, secondo l’espressione del De Martino, la “terra del rimorso”: un autentico grosso chiodo (detto “cintrune”, in ambito popolare, “kentron” in greco, ad indicare un’idea fissa, che ti perseguita), piantato nella coscienza collettiva, sulla quale la musicoterapia della pizzica, genere musicale popolare in contatto proprio a Torrepaduli con il culto di San Rocco, cerca da secoli di addolcire il disagio interiore personale e spesso di una collettività intera? E non mancano altri termini, ancora in uso in ambito popolare, come matthra, cuddhura,limmu,stompu, vespra, pitta, pittule,,mantili e canduscia e, in quello botanico-culinario,come cirasa, milu,tolica, cicora, cutugnu, sita e carrofulu.
L’isola linguistica dell’Hellas otrantina” non si riduce nel Salento soltanto all’area delle nove comunità ellenofone della “Grecìa salentina”, su cui oggi è stato abilmente innestato il marchio commerciale de “La Notte della Taranta”. Essa fu innegabilmente molto più vasta e interessò tutti i centri abitati di quella magica “terra tra i due mari”, lo Jonio e l’Adriatico. La storia delle nostre tradizioni popolari, delle arti figurative e delle scienze umane salda in un unico snodo strategico, su molti territori del Bacino mediterraneo, e del Salento in particolare, le radici greco-romane della nostra civiltà e la stessa tradizione del culto a Santi dell’era cristiana, come quello a San Marco Evangelista, a San Paolo, a San Teodoro d’Amasea, a San Rocco di Montpellier. L’innesto sulla matrice religiosa pagana del culto cristiano ai Santi, trovano espressione la cultura e la fede popolari, espressioni autentiche di identità civile. Non è dunque fuori luogo accostare espressioni tipiche della fede religiosa (celebrazione del momento festivo, danze popolari, ricerca di relazione tra simili e ricerca dell’Assoluto) con lo studio delle civiltà mediterranee, che, come quella della Grecia antica, impose ai forti romani e alla loro tradizione giuridica, il primato del pensiero e della filosofia classica in ogni campo dello scibile umano.
Ecco perché oggi, davanti agli eredi della civiltà ellenica, che ci onorano della loro presenza, per un intero giorno, non possiamo che definirci fortunati fruitori di una relazione speciale. Come speciale dovette essere la coesistenza tra generazioni di nostri antenati in era magno-greca e bizantina, che fecero la civiltà dell’Italia Meridionale, toccando eccellenze in ogni campo. Antenati che seppero comunicare in un contesto bilingue, l’uno di derivazione dialettale, l’altro certamente “griko”, gustando le affinità e le differenze di idiomi divenuti una seconda lingua madre, a cui ci si accostava con ancestrale fiducia e capacità comunicativa. Si viveva, per secoli di contatti con il mondo bizantino-greco, in un contesto linguistico apprezzato e trasmesso di generazione in generazione a perpetuare le caratteristiche della propria civiltà, divenuta una ed amata. Quella lingua “grika”, anche a Ruffano e Torrepaduli, era un comune strumento linguistico almeno sino agli inizi del Settecento, quando poi venne edificata la Chiesa Matrice della “Natività” sul preesistente sito di rito greco. Ciò è confermato da mons. Giuseppe Ruotolo, che scrivendo nel 1969 sul culto greco a Ruffano, riportando il De Rossi (1711), attestava lo stile greco della chiesa parrocchiale, l’osservazione del rito greco e i rettori greci come ricordato da don Gabriele Capasso, sacerdote greco. Estremamente significativa è poi stata la presenza dei numerosi copisti nel Salento di manoscritti greci, come quello di Giorgio da Ruffano, conservato nella Queriniana di Brescia e studiata dallo stesso André Jacob. Proprio allo studioso belga, bizantinista di fama mondiale, avevo scritto, in un suo breve soggiorno romano, per avere notizie circa l’antica grancia su cui insisteva la chiesetta di San Teodoro di Amasea a Torrepaduli. Covavo infatti la segreta speranza che l’insigne storico mi potesse dare traccia, magari nell’Archivio Segreto Vaticano, per uno studio a tal proposito più approfondito e documentato. Non ebbi risposta scritta, ma egli di persona, in un Convegno di studi ad Andrano, qualche tempo dopo, mi suggerì di perseverare nella ricerca archivistica, poiché, in tale campo, parole testuali, “le sorprese sono sempre dietro l’angolo”. V’è da immaginare, dunque, quanto lavoro di ricerca ci resta da fare. E in tal senso, da tempo, mi spinge alla ricerca l’etnomusicologo Pierpaolo De Giorgi. Ma nella stessa direzione, quanto a impegno finanziario-editoriale, dovranno sostenerci la “Fondazione Notte di San Rocco” e il suo Presidente Pasquale Gaetani.
Quanto all’ambito artistico, campo sconfinato di testimonianze storico-documentali presenti sul nostro territorio, l’esempio più grande di testimonianza di arte bizantina nella diocesi di Ugento-S. Maria di Leuca, è proprio l’affresco della cripta di San Marco a Ruffano (sec. XII), nel quale il Diehl aveva stabilito una relazione tra pittura parietale e illustrazione libraria dei codici miniati: qui il modello in ambito monumentale risulta un fenomeno artistico di “trasferimento” diretto dalla decorazione libraria. L’impronta dell’Evangelista Marco, già attestata nel IV secolo dell’arte del periodo romano, è un modello riscontrabile in diversi codici miniati cristiani. L’affresco ruffanese di San Marco, insieme alla raffigurazione di San Pietro, venne realizzato al tempo in cui il Salento, con l’Abbazia di Casole, visse la “rinascenza-resistenza” culturale bizantina, tra l’ultimo venticinquennio del XIII secolo e l’inizio del XIV, periodo che “segna il momento più intenso della produzione di libri greci in Terra d’Otranto”. Il fenomeno dei manoscritti italo-greci, ad opera di copisti salentini, è la testimonianza di una intensa attività intellettuale, che vide il Salento come crocevia culturale tra l’Italia Meridionale e l’Oriente.
E concludiamo, spendendo almeno una parola per questo tempio, Chiesa-Santuario dedicato a San Rocco di Montpellier, retto oggi da don Mario Ciullo. Davanti all’ottocentesca facciata della chiesa del Pellegrino francese, ogni anno a Torrepaduli, nell’ampio sacro contenitore, area dello spazio tempo per il rito del “ballo di San Rocco” e della “notte della pizzica scherma salentina”, si perpetua il rito di una danza infinita, fatta nelle “ronde” di suonatori-guaritori e attori-ballerini alla ricerca di se stessi e di un contatto con la folla.
Assoluta protagonista, la folla di intenditori, sin dal 2008, il 18 agosto di ogni anno, nella celebrazione della “Notte di San Rocco, tamburello, pizzica e scherma in ronde”, ad opera del Concertone della omonima Fondazione. Ma un tempo, sin dal 1531, tra i due centri abitati, noti per il detto popolare “Manci a Turre e bivi a Rufano”, vi era soltanto una chiesetta “extra moenia”, ricovero di pellegrini , di ammalati, di animali, di bambini “esposti” alla carità di una famiglia disposta ad accogliere alla vita un nuovo essere umano. In quella chiesetta, per secoli, hanno trovato asilo e conforto religioso, come negli ostelli della Via Francigena verso Roma e Santiago de Compostela, pellegrini, preti di rito latino, papas di rito greco, viandanti, sulla “via della perdonanza”, forse in cerca di avventure e imbarcarsi per Gerusalemme. In quei luoghi di culto e di passaggio, sulla direttrice Sud, che da Roma portava, via Gargano, a Gerusalemme, anche le chiesette di San Rocco costituivano tappe obbligate per rinfrancarsi e fare il punto per la propria meta.
Qui, almeno sin dall’anno Mille, al tempo delle grandi Crociate, si incanalavano flussi di mercanti-avventurieri, pellegrini-guerrieri, imbattendosi in contrade dove l’idioma “griko” richiamando il fascino di città ricche come Bisanzio, ne aumentava il desiderio di conquista. Oggi quel patrimonio linguistico resiste ancora, pur con i pericoli della globalizzazione, nei paesi della Hellàs otrantina. Ma nei paesi circostanti, come Ruffano, la storia greca forse giace ancora tra le pieghe polverose dei documenti d’archivio, che invece, andrebbero squarciati dalla luce della ricerca. E chi vi parla ricorda ancora, da bambino che frequentava a Corigliano d’Otranto l’ultimo anno di scuola elementare, l’affascinante e oscuro dialogo tra paesani, davanti al quale si dilatava la mia curiosità infantile. Quella curiosità-meraviglia di uno scolaretto, che aveva dovuto, per motivi familiari, abbandonare una classe di compagni, frequentata tra i banchi anche dall’indimenticabile Amedeo De Rosa. Lo avevo ritrovato da adolescente a rincorrere il pallone sul “campu te Santu Roccu” e da adulto, sul palco delle performances dei “Tamburellisti di Torrepaduli”.
L’incipit di quel vecchio campo comunale, da sempre area fieristica per la fiera di San Rocco, è scandito da una stele-ricordo, ad opera dell’Amministrazione comunale, in ricordo del tamburellista De Rosa, che aveva contribuito a rendere onore alla nostra terra, con la musica della pizzica-scherma di Torrepaduli, sino in Cina e in Canada.
Quanto a San Rocco, sotto la cui ala devozionale prendevano forma la creatività artistico-musicale di Amedeo De Rosa e la mia passione di futuro storico, affinata in decenni di insegnamento nei licei statali della Penisola, mi capita, da qualche tempo, di prendere parte a simposi internazionali e meetings scientifici su tematiche rocchine. In quei prestigiosi contesti, in giro per l’Europa, come a Montpellier nell’estate del 2012 e più di recente a Lisbona, nell’ottobre del 2013, ho relazionato, nella capitale lusitana, sulle tracce di cultura correlate al culto di San Rocco nei Paesi del Bacino mediterraneo e sul riverbero di quelle in ambito antropologico e sociale. Ho comunicato così l’entusiasmo delle popolazioni del Meridione d’Italia per il Santo Pellegrino, patrono della peste; ho rimarcato la specificità della tradizione religiosa e culturale del Santo guaritore di Torrepaduli; ho esposto le caratteristiche della magia della “notte di San Rocco” e della sua tipica danza scherma, a fronte del vanto della “danza dei bastoni”degli spagnoli delle Asturie di Llanes e dei festeggiamenti al Santo a Cidad Velha nelle Isole di CapoVerde.
Soprattutto ho avuto modo di prospettare ad un pubblico di studiosi provenienti da tutta Europa e persino dal Brasile, le potenzialità di un turismo religioso e culturale, volto alla fruizione giovanile, secondo le “direttive” del Consiglio d’Europa, a cui meritoriamente si ispirano molte iniziative, come quella dello scambio Italia-Grecia di oggi, della “Fondazione Notte di San Rocco. Tamburello, pizzica scherma in ronde”, sotto la regia del presidente Gaetani. Agli amici Greci, al cui capo di Governo è oggi affidata la guida del primo semestre europeo del 2014, noi sentiamo di dover confermare quei sentimenti di amicizia espressi questo pomeriggio dal sindaco, Carlo Russo, nella nostra Sala Consiliare del comune di Ruffano. A loro, a tutti noi, resta l’impegno, non di poco conto, di tenere alto il valore di una Europa, “casa comune” di tanti popoli, che, con modalità diverse, hanno fatto la storia della nostra civiltà e di riscoprire e rinsaldare i vincoli di pace e solidarietà per affrontare le problematiche impellenti di un pianeta esposto alle sfide della globalizzazione.
* testo della relazione pronunciata in occasione dello Scambio Culturale Italia-Grecia. Ruffano, 07 gennaio 2014. nella Chiesa-Santuario di San Rocco in Torrepaduli.
A Lisbona un Convegno Internazionale di studiosi di sette Paesi
di Ermanno Inguscio
Un Convegno Internazionale a Lisbona, la città natale di Sant’Antonio, per gli Italiani il Santo da Padova, su “Le feste di San Rocco nel mondo: tracce di cultura”, dal 4 al 7 di ottobre 2013, non è sembrata da subito un’iniziativa azzardata per gli organizzatori lusitani, l’Irmandade da Misericordia e di San Rocco, l’Università Nuova e il Centro Italiano di Cultura della città. Vi hanno, infatti, partecipato delegazioni e “conferencistas” provenienti dal Belgio, dalla Francia (Montpellier), dalla Spagna (Llanes), dalle Isole di Capo Verde (Città Velha), dal Brasile, dal Canada (Toronto e Montréal), dal Portogallo e naturalmente dall’Italia (Venezia, Cremona, Torrepaduli, Sarmato, Voghera).
L’obiettivo, finalità primaria del meeting, era dato dalla possibilità d’indicare strategie comuni per nuovi itinerari di turismo culturale. E in Portogallo, terra storica di naviganti e scopritori dell’evo moderno, non era difficile confrontarsi su uno schema di riflessione orientato al viaggio come nucleo di conoscenza e aggregazione tra genti diverse. L’incontro internazionale si è articolato per tutto il sabato, 5 di ottobre u.s., nell’Auditorium del Museo Nazionale della Farmacia, dove i diversi relatori, ciascuno nella propria lingua, hanno esposto il proprio punto di vista con il considerevole supporto della traduzione simultanea in cinque lingue (portoghese, francese, italiano, spagnolo e inglese), irradiata dalla cabina di regia. I contributi della prima parte dell’Incontro, nella mattinata, dovevano rimarcare “la valorizzazione e la diffusione del patrimonio culturale materiale e immateriale delle Associazioni di San Rocco”.
Dopo la presentazione del tema della giornata da parte di Edoardo Cordeiro Concalves ed Helena Concalves Pinto, membri della Commissione Scientifica, da Montpellier la presidente Anne-Marie Conte-Privat ha riferito su “Azioni, esperienze e testimonianze dell’Associazione Internazionale di San Rocco di Montpellier” e Claudio Braghieri sulle “Attività svolte e le nuove prospettive di ricerca” dell’Associazione Italiana da lui presieduta. Paolo Ascagni, direttore del Centro Studi Rocchiano (Cremona-Italia) ha aggiornato i numerosi convenuti sui risultati di decenni di studi storici e biografici su San Rocco, anche a nome dello studioso Pierre Bolle, direttore del Centro Culturale di Charleroi (Belgio) e i suoi importanti studi fatti in questo ultimo decennio.
Il portoghese Joao Neto, direttore del Museo della Farmacia, ha tracciato, da un punto squisitamente laico, una netta distinzione tra l’ambito devozionale della Fede e l’area scientifica della cura delle malattie, prendendo spunti dalle conoscenze delle antiche culture tribali e da quelle coeve delle società occidentali dell’epoca moderna, tutte in lotta per il miglioramento sanitario della condizione umana. L’architetto veneziano Franco Posocco, “Guardian Grando della Scuola Grande di San Rocco”, ha illustrato con maestria la pregnanza di quello scrigno artistico, nella città lagunare, definita autentica “Sistina di Venezia”.
Per la seconda parte della giornata di studi, “Le feste di San Rocco, patrimonio culturale e religioso mondiale per un dialogo interculturale”, il Commissario Culturale, Capitano di Vascello della Marina Militare portoghese, José Rocha e Abreu, ha rivelato novità archivistiche sulla Cappella di San Rocco nell’Arsenale Reale della Riviera della Navigazione. Il museologo della Camera Municipale di Lisbona, Joao Alpuim Botelho e Antonio José Morgado, tesoriere dell’Irmandade (Regia Confraternita), hanno riferito sulla Cappella di San Rocco di Viana del Castello.
Per la parte più specificamente orientata alle nuove possibilità di turismo culturale, da Llanes, cittadina nelle Asturie spagnole, non lontana da Santiago de Compostela, ha relazionato Anìbal Puròn Sànchez, Presidente del Bando (Confraternita) di San Rocco della sua città, offrendo in chiusura un ottimo video su “San Rocco di Llanes; Festa di interesse turistico nazionale”. Dalla Città Vecchia delle Isole di Capoverde, l’ing. Elìsio Correira Lopes, Presidente dell’Associazione Generale dei Pescatori e dei Pittori di Cidade Velha, ha anch’egli riferito, con slides e uno spettacolare filmato, sulla festa di San Rocco in quelle lontane isole dell’Oceano Atlantico.
Per l’Italia, a chiusura della Giornata Internazionale di confronto, con il supporto di un centinaio di slides proiettate nell’Auditorium, chi scrive ha parlato ai numerosi presenti della “Tradizione e danza popolare nel ballo di San Rocco nell’Italia Meridionale”, fenomeno etno-musicale, nel caso delle tre modalità di pizzica-pizzica, che coniuga aspetti coreutico-terapeutici con particolari simbologie gestuali e cromatiche, sulla base degli ultimi studi scientifici dell’ultimo mezzo secolo.
Con la sottolineatura della pizzica-scherma, danza rituale praticata ogni ferragosto, sin dal 1531, presso il Santuario di San Rocco in Torrepaduli, nel contributo si è fatto riferimento al concetto di itinerario culturale tra i giovani, che superando devozione e sentimento popolare, dovranno approdare all’obiettivo privilegiato di organizzare attività per lo sviluppo della cittadinanza europea, arricchita dalle sue diversità. Un meeting internazionale saldamente organizzato, in definitiva, quello di Lisbona, in un mite inizio d’ottobre, nel quale ogni delegazione di studiosi stranieri, europea o extra europea, ha apportato interessanti contributi d’analisi su nuove opportunità di turismo culturale.
Questo, infatti, può spesso alimentarsi anche nelle tradizioni e nella devozione popolare, di genti, come quella portoghese, che da secoli, per vocazione, a dirla con le parole dell’Ambasciatore d’Italia in Portogallo, dott. Renato Varriale, nell’incontro con tutte le delegazioni avvenuto lunedì 7 ottobre u.s., è con la mente all’Europa di Bruxelles e con il cuore sempre ai venti delle rotte oceaniche dei suoi Storici navigatori. E l’estuario del Tago, sulle cui sponde si diffondono a Lisbona le struggenti note del “fado”, trova, ogni giorno, nell’Oceano Atlantico, il suo rinnovato abbraccio fatale.
La pizzica scherma è la principale attrazione della festa di San Rocco di Torrepaduli, frazione di Ruffano. Nella magica notte agostana della danza delle spade, infatti, la piccola frazione diventa il centro del mondo per migliaia e migliaia di visitatori e turisti che, fra il 15 ed il 16 agosto, si riversano nelle affollate contrade di questo paesino del medio Salento.
Per l’occasione, Torrepaduli diventa via vai di commercianti, che alla secolare fiera di San Rocco espongono i loro prodotti, di fedeli, che si recano nel Santuario torrese per pregare davanti alla statua del Santo di Montpellier, ed incrocio di culture e scambio vitale e prezioso di pareri, idee, esperienze che si confrontano, in questi tre giorni, nel segno del protettore degli appestati, Rocco, il santo spadaccino. Nella notte dei tamburelli e dei coltelli, girano nelle danze i destini degli uomini e delle donne che ballano al centro della piazza, sotto lo sguardo vigile del Santo, il quale, ogni anno, benedice questa festa, che rende Torrepaduli un punto di riferimento nell’ambito del folklore e delle tradizioni popolari salentine, sia per gli amanti del nostro territorio che per gli studiosi. I ricercatori, infatti, hanno sempre qualcosa da scoprire su questo culto e su questa danza antica e misteriosa che ancora non ha svelato del tutto il suo fascino segreto ma continua ad ammaliare con un sibilo lungo che difficilmente le nuove tecnologie offerte dalla modernità massificante e la omologazione culturale di questi ultimi anni riusciranno a spegnere.
Fra gli studiosi più attenti, vi è Ermanno Inguscio, il quale all’ombra del Santuario torrese è nato e cresciuto e al fenomeno della danza delle spade ha dedicato diversi libri, come quest’ultimo: La pizzica scherma di Torrepaduli. San Rocco: la festa, il mito, il santuario, edito da Lupo (2007). Questo libro, patrocinato dal Comune di Ruffano, con una Prefazione di Gino
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