L’enigmatico enigmista di Copertino (2/2)

di Armando Polito

Dimostrerò ora come in Giusepp il talento poetico fosse in grado di andare oltre le metafore, ingrediente caratteriizante tutta la produzione barocca, coniugando abilmente la finalità encomiastica (caratteristica anch’essa tutt’altro che secondaria della cultura di quell’epoca) col divertissement. Nella fattispecie il gioco enigmistico è l’anagramma numerico.

Chi legge avrà senz’altro incontrato almeno una volta la forma più corrente, quella alfabetica,  che, com’è noto, consiste nell’utilizzare i fonemi di una parola di partenza per dare vita, disponendoli in diverso ordine, ad un’altra parola di senso compiuto. uno degli esempi più banali sarebbe il caso di Roma/amor, ma, volendosi complicare la vita, non ci si deve lasciar sfuggire pure ramo, mora, orma, Omar e (tronco come amor) arom, senza far torto, a questo punto, a marò; e poi, per chi è masochista, perché non pensare di inserire le quattro parole in un componimento in rima, senza trascurare, magari, la polisemanticità di mora (donna bruna/frutto del rovo/ritardo)? Oggi, se vuoi fare qualcosa del genere, c’è il pc che ti fornisce tutti gli anagrammi della parola (o delle parole, in tal caso si parla di frase anagrammata) che gli hai digitato.

Spetta poi a te tra tutte le parole proposte quelle che più si adattano al contesto che vuoi creare. Troppo complicato? Se per qualcuno  è così, fra poco ci sarà l’ IA (acronimo di Intelligenza Artificiale o di Idiozia Acquisita?) alla quale non sfuggirà certamente la possibilità di tener conto degli acronimi, sovente impronunciabili, che si saranno aggiunti alla miriade di quelli esistewnti, noti e pure registrati. E così, per tornare al nostro esempio, potranno essere utilizzati MRAO (Mirabile Raccolta Rifiuti Ospedalieri), RMAO (Retribuzione Misurata A Orario), lasciando alla fantasia del lettore il compito di anticipare lo scioglimento di MRAO, MROA, MAOR, OMRA e ORAM. Mentre i solenni soloni della UE, dopo aver meticolosamente valutando i rischi connessi con l’IA hanno disposto gli adeguati provvedimenti (a tutti “raccomandazioni” senza sanzioni, all’Italia imposizioni e processi per infrazione), l’IA sarebbe già ora in grado pure di mettere in rima gli impronunciabili acronimi di cui sopra, destinati, come gli altri, a competere  con i grugniti, con ogni possibile rispetto per i porci, che saranno l’unico linguaggio comprensibile per un’umanità sempre più, irreversibilmente , decerebrata.

C’è da giurare  che nessuno sarà in grado di anagrammare una parola di quattro fonemi (magari l’impotenza si limitasse a questo!), figurarsi se dovesse cimentarsi, magari in una sfida con se stesso, in un anagramma numerico , del quale il copertinese ci fornisce tre esempi (i primi due sono in Castaliae stillulae). Esso consistente nel costruire due frasi con parole dalle lettere diverse assegnando ad ognuna di esse un valore numerico (nel nostro caso ogni lettera assume quello corrispondente al suo posto nell’alfabeto), in modo tale che la somma dei valori delle prima frase coincida con quello della seconda.

Come se non bastasse, entrambi gli anagrammi del Fapane sono seguiti da una dedica in distici elegiaci che funge da commento esplicativo dell’anagramma. Mi auguro che la mia traduzione  e le relative note riesca a far comprendere anche al lettore digiuno di latino la difficoltà di dar vita ad un gioco enigmistico più complicato del solito con esiti così felici.

Il primo è dedicato a Cesare Miraballo, principe di Castellaneta e marchese di Bracigliano. A seguire la trascrizione del testo:

Prima di passare alla traduzione faccio notare (tramite le due sottolineature aggiunte,che nessuno, nemmeno il Fapane, è perfetto. Pure lui è stato costretto da ragioni metriche a far seguire al Caesar (forma corretta) iniziale il successivo Cesar (formalmente scorretto, anche se ricalcante la pronuncia ecclesiastica). In fatti la conservazione del dittongo ae, lungo per natura, sarebbe stato inconciliabile con la struttura del verso.

Don Cesare Miraballo principe di Catellaneta

O fulmine che si abbatte sulle arni dei Gallia

Se desideri conoscere l’Augusto dei tempi antichi, già redivivo c’è ai nostri giorni. Colonna di virtù, a nessuno secondo per sensibilità, amore della religione, onore della nobiltà. chi è tuttavia costui? Il nome mostra prodigi in guerra, è colui al quale la fama è minore del nome, questo è maggiore. Cesare splendente in entrambi i campi, nella spada e nella penna, sia che risuonarono le trombe, sia le lire. Ma numerando le lettere avrai un presagio più grande, Bagliori ai nomi, nomi ai bagliori. Sia che cosa? O fulmine che si abbatte sulle armi dei Gallia. Ciò è di Giove, da qui Cesare, tu sarai più grande di Cesare.

a Allude alla strage di Francesi che al comando del duca di Guisa nel 1654 aveva tentato di conquistare Torre Annunziata difesa pure da Cesare Miroballo.

Passo al secondo anagramma, dedicato a Geronimo De Choris, che fu vescovo di Nardò dal 1656 al 1669.

Anche qui, prima di tradurre traduziome, faccio notare come il Fapane, sempre per motivi metrici, è stato costretto a sopprimere la preposizione de che precede Choris. Infatti essa, sillaba lunga, sarebbe stata inconciliabile con la struttura del verso. Inoltre, per quanto riguarda la parte numerica, il 135 suppone un errore di stampa (o frutto di una piccola distrazione dell’autore) nella corrispondente sezione grafica (D. Hieronimus), nella quale D. (abbreviazione epigrafica di Dominus) va emendato in Dn (altra abbreviazione epigrafica di Dominus, al pari di DNS e di DNUS . Così il totale della sezione è 135 e non 123, quale risulterebbe senza l’emendamento.

All’Illustrissimo Signore Don Geronimo De Choris senese già vescovo di Nardò anagramma numerico

Don Geronimo De Choris

Egli (è) il vescovo di Nardò

Bisognava trovare un pastore che pascesse benevolmente con la dolcezza dell’amore il gregge di Nardò, Alessandroa valuta: alla fine assegna a te l’onore, poiché tu sei autorevole con la devozione, devoto con l’autorevolezza. Ma quale motivo d’indugio c’era? Il volere divino mostrava il nome e se conti bene i presagi tuttavia sono noti. Geronimo De Choris Egli è vescovo di Nardò. Non basta solo che il responso l’abbia dichirato piuttosto chiaramente, ma sotto il nome si nasconde una volontà divina più grande e Geronimo è vicino alla porpora della quale è assai degno di essere decorato. Allora è questo il destino di Nardò; e se una forza raddoppiata potentemente si dedica all’opera, che rimane da succedere?

a Papa Alessandro VII.

Il terzo anagramma numerico è in Giuseppe Battista, Delle giornate accademiche, Combi & La Noù, Venezia, 16733, p. 305.

Prima di pasare alla traduzione, faccio notare che i due totali qui non coincidono. Si tratta di un errore di stampa in quanto Iosephus ha comecorrispondente numerico 102 e non 202.

Don Giuseppe Domenichi

Anagramma numerico

 

Don Giuseppe Battista da Grottagliea

Per gli dei Orfeob del nostro tempo

 

a  Vedi https://www.fondazioneterradotranto.it/2015/01/12/leruzione-del-vesuvio-del-1631-nella-poesia-di-un-salentino-e-di-un-napoletano-con-una-sorpresa-finale/

b Persnaggio della mitologia greca, in grado di ammaliare col suono della sua lira gli animali e tutta la natura-

Lavorando un po’ di fantasia e mettendomi nei panni del Fapane, mi sono chiesto quale anagramma numerico avrebbe creato in onore di Copertino. Per evidentidenti ragioni cronologiche non avrebbe poturto  sfruttare il riferimento prima al santo dei voli e poi alla città californiana    (vedi      ) . Improvvisamente, però, mi son sentito afferrare la mano e guidare le dita sulla tastiera del pc a digitare quanto segue:

Chi avrebbe mai potuto immaginare

che tutto si sarebbe combinato

perché alla storia fosse consegnato

il nome tuo che già era rinomato?

Lo era già per il tuo Giuseppe santo,

di studenti e aviator provvido manto,

ma bisognava a completar l’incanto

che internazional diventasse il vanto.

Il millesettecentoseantasei eraa,

quando fra’ Pedro, giunto alla frontiera

di California, a mane o forse a sera,

senza piantare ombra di bandiera,

a un fiume che scorreva pian pianino

senza esitare, fattosi vicino,

della culla del santo salentino

gli diè lo stesso nome: Cupertino.

passaron gli anni e una città vi sorse.

Preveder nemmen san Peppino forse

potuto avrebbe quel che ieri occorse

con Silico valley e le sue risorse.a

a Vedi https://www.fondazioneterradotranto.it/2024/04/02/s-giuseppe-da-copertino-1603-16639-in-due-ulteriori-testimonianze-della-sua-internazionalita/

Al lettore che dovesse accusarmi di aver aggiunto ai due espedienti dei quali ho detto all’inizio della prima pare, un terzo, quello della dissacrazione, voglio solo dire, com ampia possibilità di replica, per quanto mi riguarda sempre graditissima, che l’ironia e il sarcasmo, anche dissacranti, nascondono più amore e rispetto di quelli esibiti da tante ipocrite santificazioni.

 

PER LA PRIMA PARTE

https://www.fondazioneterradotranto.it/2024/04/06/lenigmatico-enigmista-di-copertino-1-2/

 

 

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