Taurisano e gli stemmi dei Montano

di Luciano Antonazzo

Nel 2016 in un articolo su Presenza Taurisanese[1] attribuii lo stemma scolpito sulla finestra del palazzo di via Isonzo in Taurisano, ai Montano (o Montani) di Terni, in base alla sua somiglianza con quello di detta famiglia riportato in disegno dallo Spreti nella sua Enciclopedia Storico-Nobiliare e blasonato “d’azzurro alla pianta di rosa al naturale fiorita di tre pezzi di rosso, nodrita sulla vetta di un monte all’italiana di tre cime, di argento, movente dalla punta”.

Stemma su finestra del palazzo di via Isonzo a Taurisano (ph. R. Rocca)

 

Stemma dei Montano di Terni in Enciclopedia Storico Nobiliare Italiana di V. Spreti (vol. 8)

 

Mi fu ribattuto che, stante la data 1578 riportata su detta finestra, lo stemma non poteva appartenere ai Montano, che sono attestati a Taurisano solo dalla seconda o terza decade del 1600[2] e ciò nonostante che, come si è già avuto modo di rilevare, da un atto del notaio di L. De Magistris di Casarano del 12 settembre 1594, risultino come taurisanesi i chierici Annibale e Francesco Antonio Montano.

Che non si trattasse di un refuso del notaio lo confermano due distinti atti del 1599 di un altro notaio, Antonio Romano di Montesardo, nei quali come testimone è menzionato il “cl. Anibal Montanus  terrae Taurisanii[3].

È senz’altro vero che essi sono attestati in Taurisano solo nell’ultimo decennio del ‘500, ma è molto probabile che se ci fossero pervenuti documenti anteriori qualche loro traccia si sarebbe comunque trovata, se non altro tra le carte attinenti al clero di Taurisano. Mi è stato ribattuto anche che “lo stemma dei Montano di Terni non risulta creato” e che rimane “complessa la questione” sulla loro origine nobiliare, “tutta da dimostrare”[4].

Torno sull’argomento per cercare di approfondire il discorso e dimostrare che quanto meno alcuni dei Montano presenti nel Salento, erano originari del ternano.

I Montano (o Montani) sono attestati sin dal Medioevo in diverse regioni d’Italia e le varie famiglie si fregiarono tutte di uno stemma proprio, come i Montano di Genova, Milano, Bologna, Pesaro, Terni, Spoleto, ecc.

Per rimanere ai Montano di Terni (e dell’Umbria in genere), alcune vicende delle loro fortune sono ampiamente esposte in un saggio di Filippo Orsini e Nadia Bagnarini[5], mentre dei loro stemmi si tratta in “Araldica di Terni” di Luigi Lanzi[6].  In questo manoscritto del 1902 (ca), l’autore ripropone, disegnandole con propria mano, le diverse armi civiche, vescovili e gentilizie di Terni, desunte da raccolte custodite presso il Municipio di Terni (Raccolta I e II), l’Archivio di Stato di Roma e presso privati, nonché da affreschi e monumenti presenti in diverse chiese [7].

A corredo degli stemmi egli riporta dei cenni genealogici tratti da un quadernetto compilato nel 1640 dal cap. Francesco Simonetta, al quale viene ascritta anche la Raccolta Municipale I.

Nel documento del Lanzi ritroviamo che lo stemma (partito o meno), raffigurante tre monti con fiori, viene alzato da diverse famiglie, mentre quello raffigurante tre monti (o un monte a tre cime) con tre steli con altrettante rose rosse partenti dalla cima centrale lo troviamo attribuito sia ai Montano che ai Nicoletti, altra antica famiglia che, diramatasi in diverse regioni d’Italia, è attestata in Terni dal XIII secolo. E proprio per la loro assoluta somiglianza, in diverse occasioni l’autore mostra delle titubanze per l’attribuzione dell’arma all’una o all’altra delle due famiglie, preferendo nel dubbio attribuirla ai Nicoletti (che quest’arma però adottarono solo verso il 1600[8]), come evidenziato dai due stemmi che si riportano.

 

 

Gli stemmi delle famiglie Montano e Nicoletti, che dal Lanzi sono dati per certi e che sono riportati assieme a pagina 69 del suo opuscolo[9] (v. sotto), sono entrambi stati tratti dalla Raccolta Cittadini che, compilata nel 1851, a dire dello stesso Lanzi, non era molto affidabile in quanto le armi non sempre erano disegnate con  sufficiente chiarezza e i motti che le accompagnavano erano spesso incompleti o errati.

Le figure dei due stemmi   sono del tutto simili. L’unica differenza riscontrabile è costituita dallo   smalto dello scudo: d’azzurro il primo, d’oro il secondo.

 

Lo stemma dei Montano è riprodotto partito con quello dei Leoni, come specificato dalla didascalia Montanus-Leo[10] che accompagnava l’originale e nella cui blasonatura i tre monti risultano “di verde”, mentre lo Spreti li dice “d’argento”.

Ma, come per quello identico adottato dai Nicoletti[11],  quello su riportato dei Montano doveva appartenere ad un ramo secondario della famiglia dato che nella stessa raccolta del Lanzi si trova un altro loro stemma recante al posto dei tre steli con rose rosse, tre stelle in capo, sempre su fondo azzurro (st. n. 266). Peculiarità di questo stemma è che nel documento originale, dal quale è tratto, è corredato dell’iscrizione “Montanus – Tantum”, quasi a significare che lo stemma era proprio dei Montano, senza commistione con quello di altre famiglie.

 

Questo stemma ha certamente attinenza con quello che, alquanto stilizzato e schematizzato (st. n. 308), il Lanzi attribuisce dubitativamente ai Nicoletti, ma che è da attribuirsi anch’esso ai Montano. In quest’ultimo, troncato, al posto dei tre monti sembrano potersi individuare tre foglie di un quadrifoglio, mentre al posto delle tre stelle presenta le corolle di tre fiori rossi. Questi due ultimi stemmi sono presenti nella chiesa madre di Tricase intitolata alla Natività della Vergine.

Quello con tre monti e tre stelle in capo, si rinviene sulla tela dell’altare della Madonna del Carmine nella chiesa madre di Tricase[13] intitolata alla Natività della Vergine, ed in modo identico è replicato sulla tela di Santa Domenica posta sul fastigio e sulle due tele ovali raffiguranti Santa Apollonia e Santa Lucia. Quello più stilizzato, si trova scolpito sui fusti delle due colonne anteriori che sorreggono l’altare[12].

Tricase – chiesa della Natività della Vergine

 

Altare della Madonna del Carmine – Stemmi della famiglia Montano

 

Questo altare fu eretto nella seconda metà del ‘700 dai Montano e precisamente da Raffaele e dalla figlia Maria Domenica, in sostituzione di quello sotto lo stesso titolo che, come compatroni con i Papini, possedevano nell’antica parrocchiale.

Dalla disamina e dal confronto degli stemmi su esposti si può ragionevolmente sostenere che i Montano di Tricase[14] erano originari di Terni (o comunque dell’Umbria) e che un ramo della stessa famiglia si fregiava di uno stemma con gli stessi tre monti ma con tre rose rosse, il tutto sempre su campo azzurro.

Agli esponenti di quest’ultima, ribadisco, doveva appartenere lo stemma scolpito come un fregio sulla finestra del palazzo di via Isonzo a Taurisano, che si è ipotizzato potesse essere stata la dimora della famiglia del filosofo Giulio Cesare Vanini.

Certamente il manufatto esula dai canoni classici della rappresentazione di un’arma (a cominciare dalla sua sagoma), ma che si tratta di uno stemma lo confermano i dodici fori presenti ai lati degli steli delle rose esterne (6 per parte). Si tratta di bisanti[15] la cui rappresentazione simboleggia la ricchezza e la generosità della famiglia titolare dello stemma.

Questi elementi, che non compaiono nell’arma riprodotta dal Lanzi, con molta probabilità furono aggiunti dai titolari per sottolineare il grado di agiatezza a cui erano pervenuti nel Salento.

 

Si è sostenuto anche che detto stemma non corrisponde alla presunta arma dei Montano poiché alla base dello stesso non vi sarebbero raffigurati tre monti (o un monte a tre cime), ma una quarta rosa[16], scambiando per questa la parte inferiore del manufatto che, come è evidente, risulta fratturato all’altezza delle due cime laterali. Ad indurre in errore è stato verosimilmente il fregio alla base del monte centrale. Potrebbe effettivamente richiamare le rose sovrastanti, ma in realtà si tratta della parte finale superstite delle due spirali che fungevano da cornice esterna.

La conferma si ha dal confronto di  detto stemma con quello della   famiglia Montana di San Gemini (Tr) che riproduco in disegno da quello esistente in detta cittadina, scolpito su pietra con sottostante l’iscrizione MONTANA[17].

Purtroppo, non si è in grado di appurare quale grado di parentela  eventualmente intercorresse tra i Montano di Tricase e i Montano di Taurisano e né, allo stato dei fatti, si può stabilire se sia gli uni e gli altri avessero avuto qualche legame con i Montano documentati a Montesardo fin dalla fine del XV secolo[18], o con  i Montano di Salve, dei quali ci è pervenuto il complesso residenziale sovrastato da una torre di difesa circolare[19].

Si ritiene, a proposito di questi ultimi, che in un primo tempo eressero la torre recante la data 1562, apponendo al di sotto di una caditoia uno stemma in altorilievo; stranamente però sullo scudo non compare alcun simbolo: forse non vi fu raffigurato alcunché per cause che non conosciamo o forse le figure appostevi furono rimosse.

Si ritiene ancora che alla stessa torre venne addossata la loro abitazione nel 1617, data che si trova scolpita sulla trabeazione di una finestra al primo piano; ma forse il loro primo nucleo abitativo venne realizzato un secolo prima. Lo fa ipotizzare una possibile lettura dell’iscrizione presente al di sopra del portone di   accesso all’antica abitazione che recita:

OMNEȜ CREDE DIEȜ TIBI DILUXISSE

SUPREMUM              S • M • I D • I 7 •[20]

Per tentare di interpretare l’ultima parte dell’iscrizione azzardo l’ipotesi che (sottintendendo “A”), la “S” e la “M” stessero per “SALUTIS MUNDI”[21] e che “I” e “D” stessero rispettivamente per i numeri romani “1” e “500”, sicché l’insieme potrebbe leggersi “(nell’anno) della salvezza del mondo 1517”. La stessa interpretazione sarebbe da darsi alle lettere “S” ed “M” che si trovano incise nello scudetto sull’orlo della torre in corrispondenza del millesimo “1562”[22].

da Salentoacolori.it

 

 

Note

[1] L. ANTONAZZO, L’antica finestra con stemma ed iscrizione in via Isonzo a Taurisano, Presenza Taurisanese, anno XXXIV, n. 4, Aprile 2016.

[2] F. DE PAOLA, Noterella sulla vexata quaestiodella casa di Vanini, in “Presenza taurisanese”, anno XXIV, n. 6/7, giugno-luglio 2016, p.6; F. P. RAIMONDI (a cura), Taurisano e il monumento a Giulio Cesare Vanini, Taurisano – Edizioni Odigitria MMLXVII, p. 174.

[3] ARCHIVIO DI STATO di LECCE (ASLe), Sez. Not., not. A. Romano, 63/1, protocolli del 21 aprile 1599, cc. 27v – 28v.

[4]F. P. RAIMONDI (a cura), Taurisano e il monumento a Giulio Cesare Vanini, … cit. p. 174.

[5] F. ORSINO – N. BAGNARINI, I Montani, Storia Genealogico-Documentaria di una Nobile famiglia Umbra XVI e XX Secolo, in https://www.academia.edu

[6] Reperibile in: http://www.bctdigitale.comune.terni.it  Per gli stemmi di detta raccolta qui riprodotti, si ringrazia la Biblioteca Comunale di Terni per l’autorizzazione alla loro pubblicazione.

[7] Il Lanzi precisa che nel 1564, con la repressione cruenta della rivolta popolare da parte delle truppe di Pio IV, Terni fu sottomessa al papato e venne soppresso il Consiglio di Credenza costituito da 24 nobili e 24 popolani, o banderari. Andarono così perse tutte le tracce del passato comprese le bandiere del popolo e il novero dei nobili che avevano fino ad allora avuto il diritto a governare la città. Riferisce ancora che dette due classi avevano lentamente nel tempo ripreso il loro posto, ma che nel 1798 un Proclama al Popolo Ternano della Repubblica Romana imponeva ai cittadini di abolire ogni tipo di stemma e livrea di Ordini Cavallereschi di cui si era fregiata fino ad allora l’Aristocrazia. Lamenta quindi l’autore che l’ordine fu eseguito pedissequamente sicché vennero distrutti tutti gli stemmi e dato alle fiamme il Libro d’oro della città.

[8] Quella dei Nicoletti era un’altra antica e nobile famiglia diramatasi in diverse regioni d’Italia. A Terni è attestata dal XIII secolo e riguardo la sua origine risulta dalle note genealogiche del capitano Simonetta che capostipite ne era stato tale Leonardo di Mazzarone, vissuto nel XIV secolo.  Da Leonardo, dice il Simmonetta, “nacque Nicoletto auttore del cognome moderno padre di Leonardo juniore che cresciuto di condittione e di ricchezza generò, perché augmentar la dovesse Xforo (Cristoforo) che dalla milizia che haveva in gioventù professata, ridottossi in patria ad avantaggiar la sua famiglia, la costituì di ricchezze superiore ad ogni altra. Ma li suoi figli e nipoti, divenuti fatiosi et adescati da Camporeali, furno di sommo giovamento ai Ghibellini. Portorno in perpetuo nome gentilizio il paterno nome di Ser Xforo che fu in uso per 150 anni, riassumendo prima del 1600 i loro pronipoti quello di Nicoletto che pur oggi continuano”.

[9] Sono riportati anche tra le “Armi Gentilizie dei Benefattori” della Congregazione di Carità di Terni. (V.: L. LANZI, Congregazione di Carità – Araldica, 1890, in http://www.bctdigitale.comune.terni.it)

[10] Alla famiglia Montano – Leoni apparteneva il palazzo eretto nel 1584 dalla famiglia Fazioli ed oggi sede della Fondazione della Cassa di Risparmio di Terni e Narni. Alla stessa famiglia apparteneva dal 1600 il palazzo Mazzancolli, eretto poco dopo la metà del XV secolo da Ettore, Uditore della Camera Apostolica.

[11]Il Lanzi, a proposito dell’arma dei Nicoletti, riferì che accanto alla sua riproduzione nella Raccolta Cittadini leggeva: “Vi è piccola differenza tra li due stemmi di detta famiglia, proveniente dal medesimo stipite; il ms. accenna il campo dai monti in giù bianco, nei fiori d’oro e sopra azzurro”. Precisò quindi a sua volta che nella R.A.S (Raccolta Archivio di Stato) si trovava invece l’indicazione: “rose bianche, monti verdi, campo turchino- ed è accompagnato dal seguente distico: Turba minutato divi decorata Barensis – De patronali nomine lecta sinit ”. Anteriormente sembra che l’esametro dicesse così: Turba sub hoc signo minutato Barensis”. Uno stemma dei Nicoletti con rose bianche su campo turchino, in decusse su quello dei Camporeali, è riportato dal Lanzi che lo copiò da un dipinto sul soffitto della sala maggiore di un loro antico palazzo, mentre si rifà in parte alla seconda blasonatura quello stilizzato sopra descritto con le tre corolle di fiori che egli desunse dalla Raccolta Municipale I e dubitativamente attribuì ai Nicoletti. Riferisce il Lanzi che ad accompagnare questo scudo vi era un motto corroso di cui si leggevano soltanto le parole “…. ET PARVA ……(BA)RENSIS”. Dai succitati motti che accompagnavano gli stemmi, si ha la conferma che i Nicoletti di Terni discendevano dai de Cristofaro di Corato o Giovinazzo (Ba), dove sono attestati tra il XII ed il XV secolo. (V.: G. RECCIA, STORIA DELLA FAMIGLIA de CRISTOFARO alias de RECCIAprofili di ricerca genealogica e di storia locale – Istituto di Storia Atellana, 2010, 99 e ss.).

[12] Le due colonne posteriori recano lo stemma dei Pisanelli ai quali nel 1786 passò l’altare dopo il matrimonio di Maria Domenica     Montano con Vincenzo Pisanelli.

[13] Stemma tratto da Guida di Tricase, di M. PELUSO-V. PELUSO, Congedo Editore, Galatina 2008, p. 168.

[14] A Tricase i Montano sono attestati già nel 1455 (V.: E. MORCIANO, Famiglie, devozioni e carità a Tricase in età moderna, Congedo Editore, Galatina 2006, p. 51) e nel corso del XVII secolo risultano possessori di diversi terreni in diverse località.

[15] Il bisante era una moneta d’oro dell’Impero bizantino che verosimilmente comparve nelle armi con la presa di Costantinopoli da parte dei Crociati. Negli stemmi i bisanti vengono rappresentati con figure tonde e piatte senza impronta, mentre se sono colorati prendono il nome di torte. I bisanti erano di forma concava-convessa (ed erano detti scifati) e perciò negli stemmi scolpiti, quando non sono in bassorilievo, vengono raffigurati con dei fori circolari. Il loro significato simbolico varia a seconda degli autori, ma per la maggior parte di essi i bisanti denotano ricchezza, generosità e liberalità.

[16] F. P. RAIMONDI (a cura), Taurisano e il monumento a Giulio Cesare Vanini, … cit., p. 174.

[17] Tratto da: F. ORSINO – N. BAGNARINI, I Montani, Storia Genealogico-Documentaria …, cit., p. 128. Nel testo è precisato che questo stemma, che si trova anche nella chiesa di S. Nicolò in Sangemini, è identico a quello che si trova nell’angolo inferiore sinistro della tela del 1632 raffigurante l’Annunciazione esistente presso l’Oratorio della Santissima Annunziata di Portaria, frazione di Acquasparta (Tn). Identico stemma si trova inoltre sulla porta della cappella privata (dedicata alla Madonna del Carmine) del castello di Arrone, da dove i Montano si diramarono a Piediluco e Terni. Ed ancora detto stemma, che viene blasonato dallo Spreti: “d’azzurro alla fascia d’oro accompagnata in capo da una stella a sei raggi d’argento, e da un monte a tre cime dello stesso, movente dalla punta”, è identico anche a quello dei Montano di Spoleto che, assieme a tutti i Montano dell’Umbria, potrebbero essere stati originari dell’antica Carsulae. (V. F. ORSINO – N. BAGNARINI, I Montano …, cit.).

[18] Tra i Montano che si distinsero in Montesardo nella seconda metà del XVI secolo sono da annoverare l’ U.I.D Pompeo Montano e Vespasiano Montano.

[19] Tra i Montano che si distinsero in Salve a cavallo tra il XVI e il XVII secolo è da menzionare il notaio Francesco Montano

[20] L’intera struttura è stata restaurata ma al di sopra della “E” di “DIE” non è stato evidenziato quel segno a forma di “3” (richiamante una “M” come per “OMNEȜ ”) che il lapicida aveva apposto, riportando esattamente il motto di Orazio Flacco Quinto che tradotto recita: “Pensa che ogni giorno che sorge per te sia l’ultimo”.

[21] Salus mundi (Salvatore del mondo) era definito il Cristo e l’espressione “salutis mundi” equivaleva a “A N. C.” (A nativitate Christi = dalla nascita di Cristo),“A.D” (Anno Domini= nell’anno del Signore) e a “A.R.S.” (Anno Reiparatae Salutis = nell’anno della riconquistata salvezza).

[22]Le immagini relative all’abitazione dei Montano in Salve, sono disponibili sul sito https://www.salentoacolory.it

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