Libri| El italiano, di Arturo Pérez-Reverte

EL ITALIANO’ il romanzo storico dello scrittore spagnolo Arturo Pérez-Reverte che racconta con estro gli attacchi a Gibilterra condotti dai ‘Siluri a Lenta Corsa’ discendenti diretti di quei MAS che da Brindisi avevano iniziato la loro serie di successi strepitosi

di Gianfranco Perri

L’anno scorso a settembre ero di nuovo a Madrid, mese perfetto per un soggiorno che definir piacevole sarebbe probabilmente riduttivo. Lo scorso anno poi, grazie – si fa per dire – alla pandemia, il settembre ‘madrilegno’ si è arricchito di un evento generalmente destinato a svolgersi in primavera: la fiera del libro, giunta per l’occasione alla sua ottantesima edizione. Un evento culturalmente – e non solo – importantissimo per la voluminosa e prestigiosa letteratura spagnola, anzi di lingua spagnola, comprendente quindi anche tutta quella, per molti versi interessante, sudamericana. L’anno scorso, nonostante la pandemia, allestita nel magnifico scenario offerto dal ‘Parque El retiro’ ha contato con 320 stands – tra editori, librai, distributori e istituzioni – e si è svolta durante diciassette giorni: dal 10 al 26 settembre, accogliendo l’incredibile numero di 380.000 visitatori, in media più di 22.000 al giorno.

Ebbene, inevitabile – finanche per un visitante distratto – notare, già ai primissimi approcci con gli stands, la presenza discreta ma insistente di un libro dal titolo, per essere in Spagna, un po’ insolito, dalla copertina in bianconero, anzi in bruno-bianconero, con in primo piano una figura d’uomo vestito da palombaro camminando con l’acqua alle ginocchia tenendo la maschera con la mano sinistra e in atteggiamento tra l’assorto e il preoccupato, ma comunque tranquillo e sicuro di sé. Il titolo del libro? «El italiano» di Arturo Pérez-Reverte.

Con quel titolo, naturalmente, non poteva che richiamare d’immediato tutta la mia attenzione, e così, già al secondo stand lo stavo sfogliando, e già al terzo stand lo stavo comprando:

«Ultimi giorni del 1942: Elena, libraia ventisettenne, mentre all’alba passeggia sulla spiaggia vicina alla sua casa in Algeciras – sulla costa spagnola di fronte allo sperone di Gibilterra – s’imbatte nella figura evanescente d’un uomo giovane riverso tra la sabbia e l’acqua, indossando una muta da sommozzatore e dall’inoccultabile espressione ancora svanita. Più o meno conscia di quel che quell’uomo possa essere e possa rappresentare, lo soccorre, ignorando che quella determinazione cambierà la sua vita e che l’amore sarà solo parte di un’avventura molto pericolosa…»

Ovviamente, ho da subito inteso di cosa si parlava; troppi e molto chiari gli indizi in quelle poche righe che, infatti, così proseguivano: «’El italiano’ relata una impressionante storia di amore, mare e guerra. Negli anni 1942 e 1943, durante la Seconda guerra mondiale, incursori subacquei italiani, con una serie di missioni affondarono o danneggiarono seriamente ben quattordici mezzi navali alleati presenti nella base navale di Gibilterra nella baia di Algeciras. In questo romanzo, ispirato a fatti realmente accaduti, sono immaginari solamente alcuni dei personaggi così come alcune delle situazioni.»

Il romanzo – di uno scrittore già di fama notevole in Spagna e già autore di altri numerosi romanzi storici di successo – con le sue quattrocento pagine, lette quasi tutto d’un fiato, mi è piaciuto molto e spero possa essere presto editato anche in lingua italiana affinché molti altri italiani possano, ne son certo, apprezzarlo. È anche il caso di segnalare che ‘El italiano’ è stato il libro più venduto tra le migliaia di libri presenti nella Fiera del libro di Madrid 2021.

Arturo Pérez-Reverte è nato a Cartagena, in Spagna, a fine 1951. È stato giornalista di guerra per più di vent’anni, coprendo da reporter numerosi conflitti armati in Africa, America ed Europa, per giornali, radio e televisione. A Cipro, in Libano, in Eritrea, nel Sahara, alle Falkland, in El Salvador, in Nicaragua, in Ciad, in Libia, in Sudan, in Mozambico, in Angola, nel Golfo, in Tunisia, in Romania, in Croazia e in Bosnia. Con oltre venti milioni di lettori in tutto il mondo, alcuni dei suoi romanzi sono anche stati trasformati in film. I suoi numerosi titoli permangono presenti sugli scaffali bestseller delle librerie, anche oltre i confini spagnoli. Ha ricevuto infatti importanti riconoscimenti letterari internazionali ed è stato tradotto in più di 40 lingue. Oggi si dedica esclusivamente alla letteratura e condivide la sua vita tra letteratura, mare e navigazione: le sue passioni.

Ma torniamo a “El italiano” e facciamolo con parole dell’autore, con alcune delle cose dette in occasione della presentazione di questo suo ultimo romanzo, il 21 settembre 2021, proprio a Gibilterra, sullo scenario del libro, quello di un dramma quasi incredibile e pur verissimo.

« Quando avevo undici anni, mio padre mi portò al cinema a vedere ‘I due nemici’ con David Niven e Alberto Sordi. E all’uscita mi disse: “Non credere che gli italiani fossero tutti come Alberto Sordi nel film; hanno fatto anche cose molto coraggiose” e mi raccontò della X Mas. Perciò ho da sempre voluto scrivere quella storia e così ho continuato per anni ad accumulare documentazione ed ho anche visto qualche “maiale” nei musei di Venezia e La Spezia. Il romanzo è andato maturando per anni nella mia testa, perché un romanziere è ciò che legge, ciò che ricorda e ciò che immagina. Tra le mie letture sull’argomento, il classico ‘Suicide Ships’ di Luis de la Sierra, e i più moderni ‘Le scorribande della Decima flottiglia Mas’ e ‘Platea’ di Esteban Pérez Bolívar. Ricordo anche il film ‘The Silent enemy’ di William Fairchild. E ricordo bene il vecchio coltello di un sommozzatore italiano che un amico giornalista di Gibilterra, Eddie Campello – sì, lo stesso nome che compare nel romanzo – una volta mi mostrò…»

Poi, segnalando verso ovest, verso il mare e Algeciras: « Ecco da dove vennero, nel secondo molo che da qui si può vedere in lontananza era ancorata l’Olterra, il cavallo di Troia, la nave mercantile italiana presumibilmente in riparazione che nascondeva la base dei “maiali” e da cui attraverso una botola partì il gruppo dell’Orsa Maggiore per andare all’attacco. Vennero con i loro siluri come fossero sedili, con l’acqua fino al petto, e quando raggiunsero il varco si immersero per superare le reti di difesa per poi attaccare e affondare alcune delle navi ormeggiate. Immaginate come deve essere stato attraversare quello spazio di mare sporco e pericoloso, di notte, con il freddo e con il nemico in guardia. Bisognava essere di pasta molto speciale – e fu il loro grande vantaggio – per poter fare quelle cose che gli inglesi non si potevano nemmeno immaginare. A Gibilterra affondarono ben quattordici navi alleate e alcuni di quei sommozzatori d’assalto italiani rimasero uccisi. Ebbene, tutto questo è ciò che io ho voluto tradurre in romanzo. Però, le azioni condotte e le circostanze narrate, gli episodi storici raccontati insomma, sono stati la realtà (*). Una realtà così spettacolare da lasciare ognuno stupefatto e, infatti, il mio romanzo è stato anche frutto del mio stupore…

Laggiù c’è anche la spiaggia dove all’inizio della storia, la protagonista – Elena Arbués – trova il sommozzatore – il sottufficiale italiano Teseo Lombardi – steso sulla sabbia: una donna sulla spiaggia, un uomo esausto in tuta di gomma restituito dal mare e una nave in fiamme in lontananza. Elena, donna di grande cultura classica, ha una libreria che si chiama Circe; Teseo, non è il tipico eroe che ha sangue sulle unghie e nella sua memoria, ma, invece, è primitivo, puro, non malevolo, persino ingenuo, non parla e non legge. Ed è, infatti, proprio la protagonista, col suo sguardo allenato alla lettura, in Omero, in Tucidide, in Senofonte, in Virgilio, che fa di lui un eroe. Ed alla fine, lei sarà più audace, eroica, avventurosa di lui…

Nel mio romanzo c’è il Mediterraneo come patria culturale, il luogo da cui provengono gli eroi che son rimasti ben saldi nella nostra testa. La mia storia è un omaggio al Mediterraneo classico, alla cultura della memoria del nostro mare, e una rivendicazione di tutti quegli eroi. Un atto di giustizia per ridare dignità a quegli audaci sommozzatori della X Mas e, per inciso, ai combattenti italiani della seconda guerra mondiale, spesso vituperati e ingiustamente sottovalutati, specialmente dagli anglosassoni, E poi c’è Gibilterra, un confine, e le cose importanti succedono ai confini, dove si trova sempre una grande ricchezza di personaggi e di situazioni, un palinsesto di tante storie ed imprese umane.»

Così, invece, il giornalista Jacinto Antón del quotidiano El Pais intitolò quella presentazione: «Arturo Pérez-Reverte s’immerge con una storia d’amore nella grande avventura dei sommozzatori italiani della seconda guerra mondiale: ‘El italiano’ un romanzo sugli audaci attacchi dei siluri guidati dagli uomini della Decima Flottiglia Mas alla base britannica di Gibilterra. Le gesta belliche dei mitici incursori della X Mas del principe nero Junio Valerio Borghese, un’élite di nuotatori d’assalto, antecedenti italiani dei ‘navy seals americani’ che, cavalcando i loro instabili e pericolosi “maiali” – come chiamavano i loro mezzi di trasporto, le loro armi, i “Siluri a Lenta Corsa” – s’infiltrarono più volte nei porti britannici del Mediterraneo ed affondarono le navi da guerra alleate. Missioni quasi suicide che suscitarono lodi da parte dello stesso Churchill e l’invidia dei tedeschi. Gli attacchi ad Alessandria, a Creta, a Malta e a Gibilterra, rivendicarono per sempre, nonostante i luoghi comuni, gli italiani come guerrieri di prima classe.»

Lo scrittore spagnolo Arturo Pérez-Reverte, che non disdegna certo la sana polemica, ha anche voluto cogliere l’occasione della presentazione di questo suo recente romanzo per deplorare “la terribile tendenza molto spagnola a non riconoscere il valore dei nemici politici”. Sottolineando in proposito, che “si può riconoscere che Franco è stato un coraggioso comandante della Legione, senza con ciò dover  negare che fosse un sinistro dittatore”.

In Italia, invece, da parte di alcuni si fa anche di peggio: si ha la tendenza a non riconoscere il valore, e finanche a nascondere l’eroismo, di uomini “aprioristicamente e subdolamente” supposti essere nemici “ideologici” sol perché agirono in uniforme militare, durante un periodo storico in cui lo Stato di turno meritò poi di essere esecrato. E gli esempli sono tanti. Non ancora proprio una ‘italian cancel culture’, quanto una specie di ‘damnatio memoriae’.

Arturo Pérez-Reverte: sullo sfondo la baia di Algeciras

 

La motonave “Olterra”

 

L’incursore “Gamma”

 

Due incursori su un SLC

 

 

Dal romanzo alla realtà

Anche se, come del resto è normale e giusto che sia, l’autore ha introdotto alcuni elementi e personaggi immaginari nel suo racconto – “con la certezza che, paradossalmente, la finzione permette penetrare ancor più nell’accaduto che il semplice relato dei fatti” – la realtà storica delle vicende di questo romanzo non è certo rimasta mistificata, anzi, tutt’altro. Le missioni degli intrepidi sommozzatori italiani della X Mas condotte contro la base britannica di Gibilterra furono parecchie, nove per l’esattezza, alcune di esse con esito positivo altre negativo, alcune con caduti e prigionieri altre senza soffrire perdite. Ebbene, furono le ultime tre – la B.G.5 la B.G.6 e la B.G.7 – quelle che, partite dalle viscere della motonave Olterra, se pur intrecciate in una specie di compendio, fanno da sottofondo alle pagine di ‘El italiano’. La B.G.5 fu eseguita nella notte tra il 7 e l’8 dicembre del 1942 da sei incursori su tre Siluri a Lenta Corsa – SLC – al comando del Tenente di Vascello Licio Visintini, capo di quella Squadriglia dell’Orsa Maggiore da lui stesso ideata e meticolosamente addestrata al riparo della motonave Olterra da cui partirono i tre “maiali” alla volta della rocca: fu quella la prima,  e l’unica con esito negativo e tragico, delle tre operazioni intraprese dall’Olterra. Seguirono le altre due missioni, condotte rispettivamente l’8 maggio e il 4 agosto 1943, entrambe con tre SLC e con esito positivo: rientro indenne dei rispettivi sei incursori e tre obiettivi colpiti ogni volta per un totale di 42.782 tonnellate di navi nemiche affondate.

Discendenti in primo grado dalla Torpedine Semovente Rossetti, nota come “mignatta” a sua volta variante dei famosi MAS, gli SLC – Siluri a Lenta Corsa – più popolarmente chiamati “maiali”, durante la seconda guerra mondiale portarono a segno numerose azioni contro la flotta alleata, penetrando nelle più importanti basi navali nemiche, strategicamente ubicate nel Mediterraneo. Seguendo quindi le orme di quei MAS che già nella prima guerra mondiale si erano superati in valore e gloria, attaccando e abbattendo la potente flotta austro-ungarica schierata nell’Adriatico, fino ad affondarne anche la nave ammiraglia, la corazzata Szent István il 10 giugno 1918 nell’impresa di Premuda al comando di Luigi Rizzo.

MAS che avevano già portato a segno numerose azioni vincenti: le prime, il 7 e il 26 giugno 1916 con i MAS 5 e 7, che partendo dalla loro base di Brindisi, al comando di Vincenzo Berardinelli e Gennaro Pagano di Melito, penetrarono la rada di Durazzo, affondando il piroscafi austriaci Lokrum e Sarajevo. Poi, nell’Alto Adriatico, nel dicembre del 1917 i MAS 9 e 13, al comando di Luigi Rizzo e Andrea Ferrarini, affondarono nella rada di Trieste la corazzata austro-ungarica Wien e danneggiarono la Budapest. Nella notte tra il 10 e l’11 febbraio 1918, i tre MAS 94, 95 e 96, con Luigi Rizzo Costanzo Ciano e Gabriele D’Annunzio, penetrarono nella baia di Buccari, a sud di Trieste, per eseguire quella che doveva essere ricordata come la ‘Beffa di Buccari’. Il 13 maggio 1918, di nuovo dalla base di Brindisi, i MAS 99 e 100 comandati da Pagano e Mario Azzi, affondarono il piroscafo austriaco Bregenz. La “mignatta” di Raffaele Rossetti, infine, penetrata al suo comando nel porto di Pola, il 1º novembre 1918 avrebbe affondato la corazzata austriaca Viribus Unitis.

Il Siluro a Lenta Corsa fu ideato dal maggiore Teseo Tesei assieme  al maggiore Elios Toschi: un mezzo subacqueo – prototipo 1936 – che trasportava una carica esplosiva da oltre 200 Kg, in grado di muoversi sottacqua portando a cavallo due operatori subacquei che lo guidavano. Il primo reparto nella Marina militare italiana denominato “Comando dei mezzi d’assalto” venne costituito a La Spezia nel 1938 e il 1º luglio 1939, al comando del capitano di fregata Paolo Aloisi, fu costituita la I Flottiglia MAS il cui nominativo nel 1941 fu cambiato in X Flottiglia MAS. Il sommergibile Ametista, al comando del tenente di vascello Junio Valerio Borghese, venne destinato come trasportatore dei “maiali” inquadrati nella I Flottiglia MAS.

Attacco alla base di Gibilterra

 

Nella base britannica di Gibilterra, all’inizio di dicembre 1942, erano entrate un buon numero di unità della rinnovata squadra navale inglese. Gli Inglesi perciò, erano all’erta e, forti delle conoscenze acquisite sulle metodiche di attacco degli italiani, avevano potenziato le difese nel tentativo di impedire il minareto delle navi. Le reti a protezione del porto e delle navi erano state rafforzate impiegando delle ostruzioni che avevano un lungo imbando che si distendeva sul fondo, esse variavano nel numero, ma non erano mai inferiori a tre e la loro apertura non avveniva mai contemporaneamente. Inoltre, cariche esplosive subacquee venivano lanciate ad intervalli di circa dieci minuti. Riflettori posizionati in punti strategici illuminavano a giorno lo specchio d’acqua interessato. E il tenente di vascello Licio Visintini, comandante della “Squadriglia dell’Orsa Maggiore”, sapeva tutto questo grazie ad un osservatorio sistemato dietro ad un oblò dell’Olterra, da cui, con cronometrica assiduità, spiava tutto ciò che avveniva nella baia e nel porto di fronte, per così imparare le abitudini dei nemici.

I tre equipaggi uscirono con ritardo e separati tra loro per cause banali e per piccole avarie. La coppia Visintini-Magro uscì alle 23.15, procedendo verso le ostruzioni battute dal fascio dei proiettori e sotto gli schianti delle bombe di profondità, lanciate a brevissimi intervalli. Giunse alle ostruzioni e le superò. Un rapporto britannico, diretto all’ufficio storico, riferisce: una coppia entrò nel porto, ma poi perì in seguito ad attacchi di bombe di profondità. Non poteva che essere la coppia Visintini-Magro. La seconda coppia, Manisco-Varini, uscì alle 24.15 e, sempre secondo il rapporto britannico, fu avvistata da una sentinella, illuminata e attaccata dai colpi di un cannone e di bombe di profondità. I due incursori furono recuperati da una nave mercantile e quindi fatti prigionieri. Interrogati i prigionieri, gli inglesi ritennero che fossero giunti con il sommergibile Ambra. La terza coppia, Cella-Leone, anch’essi attardati per alcune avarie, uscirono dall’Olterra alle 01.40, quando l’allarme era già scattato. Solo Cella riuscì a rientrare alla base, mentre andò perso il suo secondo, probabilmente ucciso da una carica, dopo essere stato sbalzato fuori dal seggiolino del suo SLC.

Le operazioni B.G.6 e B.G.7 furono comandate entrambe dal Tenente Ernesto Notari e gli altri cinque incursori partecipanti furono: Vittorio Cella – l’unico che era rientrato dalla B.G.5 – Camillo Tadini, Eusebio Montalenti, Salvatore Mattera e Ario Lazzari – sostituito nella B.G.7 da Andrea Gianoli.

In conclusione, alcune cifre, aride come inevitabilmente lo sono tutte le cifre, ma che in questo caso rendono chiaramente l’idea di quello che, per l’Italia e in particolare per la marina italiana nella seconda guerra mondiale, rappresentarono gli incursori della X Squadriglia Mas e di quale fu il loro professionalismo, il loro coraggio e la loro eroicità:

« I poco più di 200 uomini che servivano nei mezzi d’assalto subacquei e di superficie, affondarono il 38% del naviglio militare nemico distrutto dalla nostra marina militare nella seconda guerra mondiale, ed il 15% di quello mercantile. E ciò avvenne – in numerosi scenari tra cui, Gibilterra, Suda, Malta e Alessandria d’Egitto – con atti di grande valore che furono riconosciuti anche dagli avversari, in particolare dal Primo ministro Winston Churchill nella Camera dei Comuni di quella coraggiosa nazione, che ci fu avversaria, di Gran Bretagna…» [Dal discorso del presidente della Repubblica Francesco Cossiga a La Spezia, 9 giugno 1991]

Più precisamente, furono colpiti mezzi navali nemici per più di 200.000 tonnellate tra cui due navi da battaglia, due incrociatori e un cacciatorpediniere. Furono effettuate 38 operazioni d’assalto e furono impiegati 238 uomini: 20 caduti, 53 prigionieri e 165 rientrati incolumi. Furono assegnate in totale, alcune volte allo stesso militare partecipante a operazioni diverse, 200 medaglie: 50 di bronzo, 117 d’Argento e ben 33 Medaglie d’Oro al Valor Militare.

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