Brindisi. Santa Maria del Casale e l’affresco di Goffredo I di Charny, il Cavaliere della Sindone

di Marcello Gaballo

Il Salento è una terra ricca di tesori nascosti che attendono ancora di essere svelati e valorizzati. È quindi con grande piacere che riferiamo di una importante scoperta, fatta di recente dal nostro collaboratore Marcello Semeraro, studioso di araldica e sigillografia medievali, nella chiesa di Santa Maria del Casale in Brindisi.

In un corposo articolo che sarà pubblicato sul prossimo numero, di imminente uscita, della qualificata Rivista di storia della Chiesa in Italia, lo studioso oritano analizza e attribuisce una parata di stemmi cavallereschi affrescata sulla parete meridionale del santuario brindisino, rimasta fino ad ora anonima (fig. 1).

Santa Maria del Casale, Charny
fig. 1

 

L’ipotesi avanzata da Marcello Semeraro, supportata da una serie di riscontri storici e araldici, è quella di un affresco votivo commissionato dal cavaliere francese Goffredo I di Charny – considerato il primo possessore dell’attuale Sindone di Torino – e dai suoi compagni d’armi in occasione della tappa brindisina del viaggio di andata o di ritorno dalla crociata di Smirne (figg. seguenti).

 Santa Maria del Casale e l’affresco di Goffredo I di Charny

 Santa Maria del Casale e l’affresco di Goffredo I di Charny

L’esame incrociato dei dati ricavati dalle testimonianze araldiche (stemmari e sigilli medievali) e dalle fonti storiche relative alla crociata smirniota consente, inoltre, all’autore non solo di ricostruire il contesto politico e devozionale della committenza, ma anche di circoscriverne cronologicamente l’esecuzione agli anni 1344-1346, a ulteriore dimostrazione dell’importanza dell’araldica quale scienza documentaria della storia.

Nella sua accurata indagine, alla quale ovviamente si rimanda per maggiori dettagli, lo studioso si dimostra abile nel tenersi alla larga da ogni scivolone nel quale sarebbe stato facile incorrere quando si tratta di Geoffroy de Charny, la cui storia personale è molto spesso mal raccontata in pubblicazioni dedicate principalmente alla Sindone di Torino, che qui rimane opportunamente sullo sfondo, sebbene non manchi chi, fra i sostenitori di una provenienza orientale della reliquia, ipotizza che il cavaliere francese l’abbia trovata proprio a Smirne, attraverso percorsi su cui esiste poca concordia e nessun elemento di certezza.

 Santa Maria del Casale e l’affresco di Goffredo I di Charny

Il contributo di Semeraro – che si avvale, fra l’altro, della collaborazione di Andrea Nicolotti (fra i massimi studiosi della Sindone) e di alcuni fra i maggiori araldisti europei – mette insomma in luce un singolare aspetto della natura storica del Sud Italia in quanto snodo fondamentale della circolazione europea di uomini e idee, e cerniera tra Mediterraneo occidentale e orientale.

Sullo sfondo campeggiano la città di Brindisi, il suo porto e il santuario mariano costiero di Santa Maria del Casale, uno straordinario monumento tutt’altro che provinciale, la cui fortuna si giocò soprattutto nel più ampio contesto della politica euro-mediterranea del Trecento e delle ambizioni, mai realizzate fino in fondo, di conquista dell’Oriente da parte dei sovrani della dinastia angioino-napoletana e dei principi del ramo tarantino.

 Santa Maria del Casale e l’affresco di Goffredo I di Charny

L’auspicio, pertanto, è che questa importante scoperta possa offrire alla ricerca storica sul «cavaliere della Sindone» e sulla chiesa di Santa Maria del Casale un solido terreno per futuri e auspicabili approfondimenti.

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7 Commenti a Brindisi. Santa Maria del Casale e l’affresco di Goffredo I di Charny, il Cavaliere della Sindone

  1. Tema estremamente interessante.Attendiamo e leggeremo con la massima attenzione l’articolo completo e la relativa documentazione fotografico/documentali. Ancora una volta lo studio approfondito dell’araldica e la sua applicazione alle ricerche storiche e’ di fondamentale aiuto per le datazioni e per capire presenze e movimenti di personaggi e famiglie di rilievo storico artistico.

    • Le rispondo solo ora Sig. dell’Aquila perché sono reduce dal 2° Convegno internazionale di araldica – che si è svolto il 5 ottobre a Buggiano (Pistoia) – dove ho presentato la mia ricerca. Se vuole, le invio la bozza del mio articolo via mail.

  2. LA STORIA DELL’EUROPA, L’ARALDICA, E IL SUD D’ITALIA. In omaggio di Marcello Semeraro e Marcello Gaballo, due “sottolineature”:

    A) “L’esame incrociato dei dati ricavati dalle testimonianze araldiche (stemmari e sigilli medievali) e dalle fonti storiche relative alla crociata smirniota consente, inoltre, all’autore non solo di ricostruire il contesto politico e devozionale della committenza, ma anche di circoscriverne cronologicamente l’esecuzione agli anni 1344-1346, a ulteriore dimostrazione dell’importanza dell’araldica quale scienza documentaria della storia”.

    B) “Il contributo di Semeraro – che si avvale, fra l’altro, della collaborazione di Andrea Nicolotti (fra i massimi studiosi della Sindone) e di alcuni fra i maggiori araldisti europei – mette insomma in luce un singolare aspetto della natura storica del Sud Italia in quanto snodo fondamentale della circolazione europea di uomini e idee, e cerniera tra Mediterraneo occidentale e orientale”.

    Buon lavoro!

    Federico La Sala

  3. DOC.: L’ARALDICA. PASSATO E PRESENTE… *

    “[…] L’araldica nacque da una serie di necessità pratiche funzionalmente connesse all’identità personale, familiare o anche politico-istituzionale (signorie feudali, città eccetera) nel corso del XII secolo, nonostante se ne siano riscontrati precedenti – peraltro di problematica interpretazione – già nell’età antica. Tra Sei e Novecento se ne ipotizzarono varie origini – dalle rune germaniche al mondo islamico fino alle pratiche ermetico- alchemiche con tutto il loro apparato simbologico esoterico – che le più recenti ricerche hanno dimostrato inattendibili nonostante vengano ancora largamente diffuse da una deprecabile letteratura divulgativa. Al successo talora maniacalmente sostenuto e diffuso in ambienti pseudonobiliari e misteriosofici affetti da manìe genealogiche, che aveva contribuito alla sua fama come una “scienza da colonnelli in pensione” e a una sua sistematiche svalutazione da parte dei ricercatori scientifici seri, ha per fortuna tenuto dietro negli ultimi decenni il ritorno a una considerazione storica, filologica ed anche estetica metodologicamente sorvegliata.

    Ci siamo resi in altri termini conto di trovarsi dinanzi a un sistema di segni dotato di una sua rigorosa sistematicità e che può essere decodificato e interpretato contribuendo a fornire notizie storica di preziosovalore. E non siamo, sia chiaro, dinanzi a una pura e semplice scienza ausiliaria della storia, della filologia o dell’iconologia. Siamo di fronte a una scienza dotata di piena e legittima autonomia. E siamo dinanzi a un’arte, suscettibile di produrre effetti di straordinaria eleganza, di vera e propria bellezza. A persuadere di ciò sia i non troppi che ne abbiano una qualche anche modesta competenza, sia i moltissimi che non ne sanno assolutamente nulla e sono par giunta vittime magari di molteplici pregiudizi al riguardo (“sterili fantasie”, “figure arbitrarie”, “manìe reazionarie”, “inutili orpelli” et similia), sarà indispensabile una vera e propria avventura erudita e intellettuale, peraltro divertentissima: il libro di Michel Pastoureau, L’arte araldica nel Medioevo (Einaudi, pagine 236, euro 38,00) […]”.

    *Cfr.: Franco Cardini, “Quando il Medioevo inventò le griffe”, “Avvenire”, 15.10.2019 (https://www.avvenire.it/agora/pagine/quando-il-medioevo-invent-le-griffe).

    Federico La Sala

    • Già…Lo stesso Cardini qualche giorno fa mi ha fatto i complimenti per il mio articolo su Santa Maria del Casale.

  4. Bravo dott. Semeraro,
    questa scoperta rafforza l’ipotesi che Goffredo I di Charny, di ritorno anticipato dalla crociata di Smirne, abbia recuperato la Sindone e, dalla contentezza, abbia lasciato la sua testimonianza devozionale alla città di Brindisi, il porto di approdo dopo la rocambolesca fuga dalla zona di guerra per salvare importanti reliquie. Successivamente terrà per sè solamente un reliquiario della santa croce e il misterioso lenzuolo che oggi conserviamo a Torino che a quel tempo era considerato solo una rappresentazione del vero sudario di Gesù nel sepolcro.

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