L’enigma del simulacro di san Pasquale Baylon in san Francesco d’Assisi

di Antonio FAITA

 

Con la venuta in Gallipoli (1597) della Serafica Riforma, il tempio francescano, come anche il monastero, ebbero ulteriori trasformazioni architettoniche e si avviarono la realizzazione di nuove opere.

Durante i scoli XVII e XVIII i frati riformati, nella chiesa di san Francesco, allestirono una vera panoramica di opere d’arte, che commissionarono a maestri delle varie arti sia locali, sia a maestranze napoletane che a maestri della Serafica Riforma[1]. Delle dieci cappelle con i rispettivi altari, presenti nella chiesa, l’ultima cappella scendendo dall’altare maggiore in Cornu-Evangeli, è dedicata a san Pasquale Baylon con il suo splendido retablo dorato e intagliato da Fra Francesco Maria da Gallipoli, con al centro la statua di san Pasquale della quale, alla luce di nuovi documenti, cercherò di fare chiarezza.

All’atto della visita pastorale eseguita il 18 dicembre 1904 dal vescovo mons. Gaetano Muller, questa cappella veniva così descritta: «…essa è chiusa da una balaustra di pietra tufigna, costituita attualmente, ha un altare con due gradini di legno indorato e con la mensa e custodia di pietra. Detto altare ha un frontone di legno indorato con bei lavori, nel mezzo del quale vi è la nicchia con la statua del Santo, a cui esso altare è dedicato»[2].

Nel 1946, per consolidare la facciata della chiesa, la nicchia fu murata e la statua trasferita in una delle nicchie del cappellone del Santo Sepolcro[3].

Oggi, dopo un lungo e laborioso restauro della chiesa, concluso nel 2005 e sua riapertura al culto, la si può ammirare nella sua collocazione originaria.

Già dal 1999 la statua fu sottoposta ad un intervento di restauro a cura del restauratore Valerio Giorgino, il quale durante la fase di pulitura della base, rilevò tracce della firma dello scultore, un tal “Costant(…) (…)ola F(…)”.

La prima parte della firma è facilmente intuibile che si tratti del nome [Costantino], mentre più problematica sarebbe la seconda parte, decifrabile come “ola” oppure “da”, infine la lettera “F” leggibile come [Fecit]. A questo punto rimaneva l’interrogativo nell’interpretare l’eventuale cognome o la provenienza.

Nel 2005 il prof. Gian Giotto Borrelli pubblicò il suo libro “Sculture in legno di età barocca in Basilicata” e, in appendice documentaria, riportò un pagamento datato 21 luglio 1730, da parte di un tal Nicolò de Leo a «…mastro Costantino Iacola scoldore…»[4], per una statua di san Leonardo, ignorandone la sua ubicazione. A questo punto la domanda viene spontanea: si tratta del nostro Costantino?

Direi proprio di si! Infatti la seconda parte della firma, riportata sulla base, sta per Iacola, il cognome dello scultore.

Mettendomi in contatto con l’amico Borrelli gli esposi il problema, il quale, dopo qualche giorno mi scrisse di aver trovato, girando tra le sue carte, un documento riguardante un altro pagamento allo scultore Iacola per una statua di san Pasquale Baylon, inviandomene una copia[5].

Leggendo attentamente il documento si nota che la polizza era stata girata e rigirata a vari nominativi, ma solo gli ultimi nomi sono da prendere in considerazione. Infatti come succedeva ai moderni assegni, fino a qualche anno fa, quasi sempre non c’era alcun nesso tra chi lo emetteva e chi riscuoteva. Qui di seguito riporto integralmente il documento inedito:

Cassa dei POVERI, anno 1731, matr. 1124, vol III, 1° semestre. Giornale di cassa / copia polizza n. 2494 del 10 gennaio 1731,

«Al canonico Don Giovanni Battista Odierna ducati 12 e grana 2.10 e per esso alla Venerabile Casa e Chiesa della Ss Concezione dei padri Ministri degli Infermi[6] al Chiatamone[7]; dovute per il semestre maturato al 7 settembre 1730 per causa dei ducati 25 che ogni anno gli corrisponde per il capitale di ducati 900 in virtù di strumento stipulato per mano del notaio Nicola Rocco di Napoli nel mese di marzo del 1723 tra detti Reverendi Padri e il Rev. Padre Ottaviano Odierna suo fratello e Procuratore, che poi in detto mese di marzo fu quello da esso ratificato in quanto la sua serie e continenza e tenore, e con tale pagamento resta per intero soddisfatto, così il presente semestre come anche per tutto il passato, e per girata del P. Giuseppe Morciano Procuratore della suddetta Casa e Chiesa, come ne fa fede il notaio Nicola Rocco di Napoli a Pasquale d’Amato per altrettanti, e per esso a Giovanni Ventapane per altrettanti e per esso a Biagio Margiotta per altrettanti e per essa ad Antonio de Maselli per altrettanti e per esso ad Alessandro de Martino per altrettanti e per esso a Costantino Jacola mastro statuario dovuti per l’intero prezzo di una statua di S. Pasquale Baylon di palmi tre che deve consegnare al Padre Pietro di Gallipoli, e detta statua si è obbligato a consegnarla per il mese di dicembre 1730 così d’accordo fra di essi per detto con sua firma (…)».

Analizzando la polizza si evince che, in data 10 gennaio 1731, viene effettuato il pagamento di ducati 12 e tari 2.10 a un tal Alessandro de Martino, ultimo di una serie di girate e infine quest’ultimo paga per intero prezzo il “mastro statuario Costantino Iacola” per la statua di san Pasquale Baylon da consegnare, completata, a padre Pietro da Gallipoli nel mese di dicembre 1730 come da accordi presi.

A questo punto bisognava individuare il conto di Alessandro de Martino, come probabile procuratore e intermediario tra il committente, in questo caso i frati francescani, e l’artista Costantino Iacola.

Avviando una nuova ricerca, con l’aiuto del dott. Ugo Di Furia, abbiamo consultato le pandette dei sette banchi pubblici, per l’anno 1730 del secondo semestre. Il nome di Alessandro de Martino compariva solo nei banchi di S. Giacomo, Salvatore, Pietà e Poveri. Dai numeri di affogliamento delle pandette si è cercato sui rispettivi libri maggiori, purtroppo con esito negativo, in quanto non vi erano movimenti contabili. L’alternativa era di retrodatare la ricerca di qualche anno ma ciò comportava ulteriori richieste e permanenza prolungata a Napoli. Ricerca che cercherò di svolgere in un secondo momento.

Tornando al nostro documento, veniamo a conoscenza di altri due passaggi importanti. Il primo riguarda il nome del frate francescano, padre Pietro da Gallipoli, al quale si doveva consegnare la statua e che in un secondo momento doveva organizzare tutte le pratiche per l’imbarco della stessa e per il trasferimento da Napoli a Gallipoli.

Il secondo passaggio sembrerebbe un vero e proprio enigma, riguardo l’altezza della statua. Essa risulta alta palmi 3 corrispondenti all’incirca cm 80, secondo le antiche unità di misura, un palmo napoletano equivaleva cm 26, sin dal 1480 al 1840. Stando a questa misurazione, doveva trattarsi di una statuina oppure di una statua a mezza figura (busto), ciò non corrispondente con l’attuale presente nella chiesa di san Francesco, che misura cm 135 senza la base. Considerando anche la base, misurerebbe cm 155. Presumibilmente si può ipotizzare che, nonostante gli accordi intercorsi, la statua fu eseguita a figura intera, facendo anche lievitare il prezzo[8] e che il de Martino abbia pagato la differenza a Costantino Iacola, in contanti.

Se così non fosse, che fine ha fatto la statua descritta nella polizza? La sua destinazione era per la chiesa di Gallipoli? oppure per qualche altra chiesa francescana dislocata nel Salento?

 

[1] Cfr. b.f.perrone, I conventi della Serafica Riforma di S. Nicolò in Puglia (1590-1835), vol. II, ed. Congedo, Galatina 1981, p.28;

[2] acvg, mons. g. muller, Visita Pastorale 1904, p.229; Cfr. e. pindinelli, Francescani a Gallipoli. Dal Restauro alla Memoria, Tip. Corsano, Alezio 2005, p.75;

[3] ibidem;

[4] g.g.borrelli, Scultura in legno di età barocca in Basilicata, Ed. Paparo, Napoli 2005, Appendice documentaria, asbn, San Giacomo, giornale di cassa matr. 772, p.279: “ 21 luglio 1730. A Nicola de Leo duc. Diece, e per esso a mastro Costantino Iacola scoldore, e se li pagano per caparro di una statoga di legname di San Leonardo, e d.ta statoga deve essere di altezza palmi sei meno un quarto con la sua pedagna, e la d.ta pedagna deve essere con li cartocci indorati, e cornice similmente, e di larghezza deve essere palmi 3, e 1 quarto tutta profilata d’oro intorno intorno, e si è convenuto con d.to mastro Costantino per duc. 25, quale s’obliga di consignare li restanti duc. 15 subito, che li consignarà d.ta statoga, che d.to mastro Costantino si è obligato di consegnarcela per la fine d’agosto prossimo venturo 1730 (…)”, p. 112;

[5] Ringrazi l’amico prof. Gian Giotto Borrelli, per la sua collaborazione e gentile concessione del documento, autorizzandomi a pubblicarlo;

[6] La chiesa di Santa Maria della Concezione (1622) o meglio conosciuta delle Crocelle, è stata per lungo tempo cappella privata dell’Infermeria Generale a Napoli dei Chierici Regolari Ministri degli Infermi, detti popolarmente Camilliani o Crociferi. L’ordine, fondato da san Camillo de Lellis, è dedito alle opere di misericordia corporali e spirituali degli infermi;

[7] Il Chiatamone è una strada di Napoli, situata nel Borgo Santa Lucia, tra il mare e la parete rocciosa del monte Echia;

[8] Nonostante gli accordi presi tra le due parti, poteva capitare una modifica dei lavori anche dopo aver completato l’opera con la conseguenza dell’aumento del prezzo pattuito precedentemente. Un esempio l’ho riportato nel mio libro: a. faita, Gli scultori Verzella tra Puglia e Campania. Committenza e devozione, Ed. Congedo, Galatina 2015, p.37.

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