di Pier Paolo Tarsi
Pituddhu pituddhu si azza parete. In italiano sarebbe pietra su pietra si innalza un muro. Ma questa traduzione non è precisa, ed è in questa imperfezione che si apre un orizzonte di significati per la pratica nelle nostre vite. In questa imprecisione c’è un mondo che si potrebbe intravedere come dallo spioncino di una porta, un universo contadino che bisognerebbe comprendere e al quale non è facile dare voce senza tradirlo in immagini languide o retoriche, in cartoline falsa…te di un al di là storico ormai tramontato.
Lu pituddhu è meno di una pietra, è l’infima sfumata idea della materia rocciosa e tangibile. Per continuare a costruire un muro mettendo pietra su pietra ci vogliono tenacia e pazienza infinita, virtù sicuramente rare e fondamentali. Per innalzare un muro con pituddhi invece ci vuole altro, ci vuole la speranza.
Ed è da qui che potremmo iniziare a cogliere l’incolmabile abisso che si nasconde dietro un’apparentemente piccola sfumatura di sensi.
nella variante di Nardò “petra su petra azza parete”
Petra sobbra petra azza parete e li pituddhi oddhanu li buchi.
Grazie per l’integrazione. Immagino che l’amico Pier Paolo avrà da proporre altre considerazioni. A Nardò però li chiamiamo “pitruddhi”, da cui i “tuddhi” (sassolini). E qui immagino ci sia lavoro per l’amico Armando…
Nel vocabolario del Rholfs non è registrata nessuna variante senza la erre. Dato pure per certo che esista, sarebbe, comunque strano che Nardò avesse modellato il suo “tuddhi” (e non “truddhi”) su una variante “straniera” (Pier Paolo, dando a questa parola un significato estensivo, considerata l’attuale situazione italiana, ti sto facendo un complimento …). Rimango, perciò, dell’opinione già espressa a suo tempo in https://www.fondazioneterradotranto.it/2010/06/23/quando-il-rohlfs-inciampo-in-un-sassolino-del-salento/
c’è un termine per indicare le scalette inserite nei muretti per oltrepassare l’ostacolo del muretto stesso in maniera tale da entrare in zone chiuse?
Ciao cari, a Copertino esistono in realtà entrambe le varianti, “petra sobbra petra si azza parete” e quella che ho riportato sopra; mi pare di averla udita sempre senza erre, ma non così penserebbe Rohlfs leggo: un nuovo inciampo in un sassolino del grande studioso o un limite, plausibilissimo, del mio orecchio? Non saprei. Mi ispira la versione con pituddhu (o pitruddhu) per un rapporto temporale che apre con la meta e con un avvenire talmente dilatato da non risuonare più, quelle parole, come un invito alla costanza e alla pazienza (la stessa di “gutta cavat lapidem” forse, o della variante con “petra”), quanto un’allusione alla necessità della speranza, una forza in grado di nutrire e sostenere un’impresa e le fatiche che implica al di là di ogni ragionevole proporzione tra ciò che ho tra le mani e ciò verso cui miro. E se ho pituddhi tra le mani mi serve più della tenacia per tirare avanti… Un abbraccio a tutti, grazie per i commenti e il vostro tempo.
Buongiorno Sig. Armando, a Novoli usiamo dire li pitruddhri (Petra subbra petra ausa parite) Eccu comu se scioca alli 5 Tuddrhi ?
Si prende una pietra da terra e si lancia in aria con una mano. Contenporaneamente , con la stessa mano, si afferra un’altra pietra da terra seguita da quella lanciata in aria senza farla cadere. Stesso procedimento vale per le altre tre pietre prese sempre una per volta prima na petra/poi 2 petre /si passa a 3 petre in un solo colpo poi 4 petre insieme manu china, lassa e pia, panaru, furcina, coppa poi li punti ecc…
Gioco Astragali:
La pratica presso i romani e i greci, è presente nel sito archeologico di Ercolano dove sono ben visibili due fanciulle accovacciate nell’intento di lanciare gli astragali. Nel corso dei secoli il gioco subì delle varianti e una di queste divenne il nostro gioco Salentino dei pitruddhri. E’ facile constatare come quest’ultimo sia molto simile all’originario romano sia per il numero dei pezzi, cinque sassi al posto di cinque astragali, e sia lo scopo per il quale si compete.
Ersilio Teifreto