Natale diurno o notturno?

di Armando Polito

Qualcuno troverà criptici i due aggettivi che accompagnano la parola chiave del titolo, pensando soprattutto che, stando all’istat, il cittadino medio trascorre questo periodo di festa in uno spensierato ed eccitato girovagare per negozi alla ricerca di regali, anch’essi di costo medio. Dopo il tramonto del sole, poi, lo stesso cittadino, medio e non questa volta, potrà godersi lo spettacolo delle luminarie che, fra l’altro, aiuteranno quello onesto su tutti i versanti, compreso quello fiscale, ma un po’ imbecille per i miei gusti, a non pensare a come si sarebbe potuto e dovuto utilizzare i suoi soldi e quelli dei contribuenti onesti come lui per qualcosa di meno suggestivo (leggi ingannevole), ma utile e duraturo.

Così, di giorno e di notte, il Natale è tutto luce, sfolgorio di colori e di apparenze. Che senso hanno, allora, quei due aggettivi?

Per spiegarlo non userò bizantinismi più o meno filosofici, non scomoderò la scienza né, tanto meno, la religione. Mi avvarrò dell’unico strumento a nostra disposizione, forse da sempre e per sempre, cioè l’arte, e, nella fattispecie, non di una mezza calzetta dei nostri tempi innalzato a genio da un’abile gestione della sua immagine e dei suoi prodotti, che in più di un caso, se non si ostruissero i tubi, sarebbero degni di essere festeggiati non con fiumi di champagne ma con l’acqua dello scarico del water …

Uno spot pubblicitario dei miei anni verdi esaltava l’efficacia di un lassativo con lo slogan: Falqui, basta la parola. Bene, fra qualche anno, quando il trascorrere del tempo inesorabilmente farà giustizia dei valori facendo emergere solo quelli autentici, non frutto preminente di condizionamenti di sorta, quello stesso slogan potrà essere usato per i genietti come quello sopra descritto semplicemente sostituendo Falqui col cognome di turno.

A ben pensarci, però, la stessa operazione potrebbe essere fatta, con esiti diametralmente opposti, con i geni autentici e nel nostro caso potrei dire Rembrandt, basta la parola.

Di seguito propongo due sue tavole sul tema, la prima del 1654, la seconda del 1657, custodite nella Biblioteca Nazionale di Francia, dal cui sito le ho prelevate (in calce ad ognuna il relativo link per chi volesse godersele in alta definizione).

http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b10521928t.r=nativit%C3%A9

http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b10523288b.r=rembrandt%20L%27adoration%20des%20bergers

Forse non solo la cronologia induce ad ipotizzare nell’artista una sorta di ripensamento/approfondimento del tema, col passaggio dalla luce al buio e col ribaltamento del loro significato metaforico. La luce, così, da simbolo della vita, della nitidezza e della certezza, diventa esattamente l’opposto, cioé metafora di una confortante, comoda illusione, di uno stupido (perché c’è pure quello intelligente) ottimismo che è l’anticamera di una morte, metafora nella metafora, più o meno lenta dell’animo, vergognoso sigillo  di un’esistenza, tutto sommato, inutile e fallimentare per noi e per qualsiasi altro essere vivente (animali e vegetali inclusi).

E, al contrario, il buio, non assoluto, ma appena appena rotto dalla flebile luce della lanterna, meglio si adatta ad esprimere la nostra consapevolezza di umani sensati (superficialmente bollati in un recente passato come comunisti e pessimisti, oggi come gufi e rosiconi …), animati dall’affascinante mistero dei nostri limiti ma anche dalla voglia sublime di superarli senza trucchetti di sorta ed incanti per i poveri creduloni.

E il Bambino? Non sono un credente; tuttavia l’ho scritto con l’iniziale maiuscola per una forma di rispetto tutto laico per colui che, cresciuto,sarebbe diventato uno dei più grandi rivoluzionari, per ora il più grande e, secondo me, ignobilmente strumentalizzato, di tutti i tempi. E il Bambino? Da dettaglio nella prima tavola visibilissimo per la sua centralità, quasi gemello (qualcuno qui  frettolosamente mi accuserà di essere blasfemo … ) dei rigogliosi neonati della pubblicità dei nostri tempi, a particolare quasi defilato, faticosamente distinguibile in quel grumo di luce che lo avvolge con la madre.

Se accendessimo qualche luminaria in meno forse favoriremmo nel bene l’attività elettrica dei nostri neuroni e il nostro cuore resterebbe sempre una pompa, ma di autentica umanità. E Buon Natale! sia, quello notturno …

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