Torrepaduli, Petrus e l’Ariosto

di Armando Polito

Poco prima che andassi in pensione uno dei miei migliori allievi, Luigi Scarlino, approfittando della mia passione per le scritture antiche, volle farmi uno scherzo invitandomi a tradurre, davanti al resto della classe, un testo in latino, manoscritto,  che sosteneva di aver trovato per caso, non ricordo più dove. Se la carta mi sembrò a prima vista autenticamente antica, altrettanto a prima vista non mi apparvero tali la grafia e il colore troppo vivo dell’inchiostro. Fu, però, la lettura del testo a smontare definitivamente lo scherzo (molto simpatico, lo ammetto e ancora oggi rimane come uno dei più grati ricordi della mia vita professionale): troppi erano gli errori grammaticali ed alcuni di loro troppo pesanti perché il testo potesse risalire al XVIII secolo, come mi si voleva far credere. Meno male per lui che nel mio sistema di valutazione le prove di traduzione dall’italiano in latino non avevano nessun peso, considerandole io, per motivi, anche scientifici, che qui sarebbe troppo lungo spiegare, un semplice allenamento. Luigi ammise di aver barato e si beccò pure un pesantissimo rimprovero quando confessò di aver strappato quel pezzo di carta da un libro antico. Nemmeno su quella mi ero sbagliato, ma la soddisfazione di averle imbroccate tutte fu soffocata dalla rabbia suscitata dall’atto vandalico, convogliata in una conversazione di educazione civica; e la denunzia?, si chiederà qualcuno. Ma quale denunzia! Sarebbe stata la scelta educativa più fallimentare. Ad ogni buon conto:  credo che il reato (se di reato vero e proprio si tratta, dal momento che il libro in questione poteva pure essere stato posseduto da qualche suo antenato e trasmesso alla famiglia per eredità) sia ormai abbondantemente prescritto e mi viene da sorridere pensando a certi collezionisti illustri che ogni tanto vengono alla ribalta della cronaca come ispiratori e destinatari di certi trafugamenti, per giunta a titolo gratuito …

A quei tempi, parlo del 2001, il pc non era così diffuso domesticamente da consentire a Luigi di realizzare virtualmente il suo scherzetto. Oggi, si sa, basterebbero pure a me, che non sono certo un mago della grafica, pochi movimenti del mouse per rendere più sexy, per esempio, la mia testa; cambiare, invece, quello che c’è dentro (in primis la cocciutaggine e il culto del dubbio; lo so, sono due concetti antitetici, ma solo quando si manifestano contemporaneamente …) non credo che sarebbe in grado di farlo il pc più potente del mondo.

E se ieri fu Aloisius, oggi potrebbe essere Petrus (anche lui tra gli allievi migliori) a mettermi, magari involontariamente (esiste uno più fesso di colui che volontariamente, come il sottoscritto, si caccia nei guai o si espone al rischio di fare una magra figura?) e a scoppio ritardato in difficoltà e, nonostante il nome, rovinarmi la digestione …

Oggi (mentre scrivo è il 18 aprile del 2015; può darsi che questo post non vedrà mai la luce, può darsi che la redazione decida di pubblicarlo subito o fra qualche settimana e la precisione cronologica è funzionale alla convalida  storica (!) di una di queste due ultime possibilità) ho trovato al link https://www.facebook.com/petrus.barrecchia l’accoppiata che ho riprodotto in testa.

Ho scritto accoppiata perché le due foto distinte, pur appartenendo inequivocabilmente alla stessa fabbrica, sono state strumentalmente affiancate per dare continuità di lettura a PARVA SED APTA MIHI (Piccola ma adatta a me).

La locuzione latina (molto frequente su alcune case datate) è la parte iniziale del distico elegiaco che si legge sul marcapiano della casa di Ludovico Ariosto a Ferrara al civico 67 della via a lui intitolata e che, perciò, risale al  XVI secolo.

PARVA SED APTA MIHI, SED NULLI OBNOXIA, SED NON SORDIDA, PARTA MEO SED TAMEN AERE DOMUS

(Piccola ma adatta a me, ma non soggetta a nessuno, ma non spregevole, ma casa tuttavia nata a mie spese)

Di seguito, forse a rievocare qualche ricordo, la scansione metrica:

Pārvă sĕd | āptă mĭ|hī || sēd | nūlli ōb|nōxĭă | sēd nōn

sōrdĭdă | pārtă mĕ|ō ||sēd tămĕn | aērĕ dŏ|mūs

Può suscitare meraviglia che l’Ariosto definisse parva domus (piccola casa) quello che già allora poteva tranquillamente esser chiamato palazzo. Sarà per ignoranza del latino che a distanza di quasi mezzo millennio qualcuno ha dichiarato di essere diventato a sua insaputa proprietario di una casa (non casetta), non a Ferrara, ma a Roma? …

L’Ariosto, però, conosceva il latino e l’arcano è subito spiegato. Ecco, infatti, cosa riporta Giovanni Andrea Barotti che dell’Ariosto scrisse la biografia1 citando e commentando (di seguito, rispettivamente, testo principale e note) manoscritti in suo possesso di Virginio,  il figlio del poeta:

XVII. Ebbe la Casa del Padre (74); e poi si ridusse ad abitare in una Casetta (75), ove sovra l’entrata erano scritti questi versi: Parva, sed apta mihi etc (76): Nella Loggetta: Sis lautus licet (77). Desiderava di accomodarla con fabbriche, e tutto quello che poteva ritrarre dalle sue rendite, spendeva. Ma perché nel principio, che cominciò a fabbricare, l’intenzion sua non era di stanziarvi; ma avendo poi preso amore a quel giardino , si deliberò di farvi la Casa (78). E perché male corrispondevan le cose fatte all’animo suo, solea dolersi spesso, che non gli fosse così facile il mutar le fabbriche come li suoi versi, e rispondeva agli uomini, che gli dicevano, che si meravigliavano, ch’esso non facesse una bella Casa, essendo persona, che così ben dipingeva i palazzi: a’ quali rispondeva, che faceva quelli belli senza denari.

(74) Nella Divisione tra esso, e i suoi Fratelli toccò a Lodovico la Casa, dove abitava il loro Padre; quella precisamente, che è sulla strada già detta di Bocca Canale, ed oggi comunemente di Santa Maria di Bocche; e vi si vede ancor di presente sopra la porta lo stemma in marmo degli Ariosti.

(75) Casetta era in fatti quando l’Ariosto ne fece acquisto da Ercole Pistoia li 30 giugno 1526 e li 2 Gennaio 1528. Fatta poi compra di diverse pezze di terra all’ intorno, e che stendevano di rincontro alla Chiesa vecchia di S. Benedetto, vi fabbricò sopra la Casa.

(76) Nello scritto di Virginio non si legge il restante del Distico, che si trova appresso il Pigna, e il Garofalo in questi termini: sed nulli obnoxia, sed non sordida, parta meo sed tamen aere Domus. E il suddetto Garofalo se ne serve per opporsi al Giovio, e al Fornari, e a quant’altri aveano detto, e scritto, che la liberalità del Duca gliela fabbricasse. Questo distico, che fino a’ tempi del Garofalo si leggeva nel fregio dell’entrata della stessa Casa (cioè la Casa, che l’Ariosto fabbricò, e non la Casetta, che comperò) è un gran pezzo che non v’è più. Oggidì non vi resta che la seguente iscrizione scolpita in mattoni, già posta da Virginio sopra la cornice, ed ora incastrata nella facciata tra le due finestre di mezzo nel secondo Piano: Sic Domus haec Areosta propitios habeat Deos olim ut Pindarica2.  

(77) Questi nove versi3 si trovano nel secondo libro delle Poesie dell’Ariosto, sotto il titolo: De paupertate.

(78)  Ridotto ch’ebbe o in tutto, o in parte a giardino il terreno, che acquistò da diversi all’intorno della Casetta, che fu del Pistoia, fabbricò l’Ariosto sulla strada di Mirasole la Casa, di cui si è parlato , e che di presente sussiste.  

Nel 1771, dunque, stando a quanto afferma il Barotti, sul palazzo era visibile solo l’iscrizione più breve.

a

Quella più lunga che oggi si legge sul  marcapiano sarebbe stata apposta, allora, dopo il 1771?

Anche le iscrizioni di Torrepaduli  pongono degli interrogativi riguardo al contesto e, dato per scontato (sto azzardando troppo?) che non si tratta di un fotomontaggio, mi accontenterei di avere conferma che siamo in presenza di un ingresso scandito da due colonne notevolmente diverse dalle solite, le cui caratteristiche strutturali paragonabili a due garitte giustificano, indipendentemente da quello che c’è oltre (a proposito, che c’è?), l’iscrizione, anche se i piccoli ambienti sono due; ma, d’altra parte, parvae domus sarebbe stata citazione infedele …

__________

1 Vita di Lodovico Ariosto  e dichiarazioni all’Orlando furioso con li testi del poema in questa novissima edizione, corrette ed accresciute dall’autore, Ferrara, Stamperia Camerale, 1771, pp. 56-57  (integralmente scaricabile da https://books.google.it/books?id=RvA4YZA9Uj8C&pg=PA17&lpg=PA17&dq=Vita+di+Lodovico+Ariosto+e+dichiarazioni+all%27Orlando+furioso+con+li+testi+del+poema+in+questa+novissima+edizione,+corrette+ed+accresciute+dall%27autore&source=bl&ots=uQHVTHrWUK&sig=q-Lk02gCaV_jRI1i3t50k_YhLxs&hl=it&sa=X&ei=hFkyVYnAJsLU7AbcyYCICQ&ved=0CCkQ6AEwAQ#v=onepage&q=Vita%20di%20Lodovico%20Ariosto%20e%20dichiarazioni%20all’Orlando%20furioso%20con%20li%20testi%20del%20poema%20in%20questa%20novissima%20edizione%2C%20corrette%20ed%20accresciute%20dall’autore&f=false)

2 Così questa casa degli Ariosto abbia propizi gli dei come un tempo quella di Pindaro.

3 Da intendersi: Sis lautus licet è la parte iniziale del primo verso del componimento che consta di nove versi.

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