Manduria e Cheronea, un gemellaggio imperfetto …

di Armando Polito

immagine tratta da http://it.wikipedia.org/wiki/File:Manduria-Mura_messapiche_08.JPG
immagine tratta da http://it.wikipedia.org/wiki/File:Manduria-Mura_messapiche_08.JPG

 

Ecco la definizione che di gemellaggio dà il Vocabolario De Mauro: legame simbolico stabilito tra due città di nazioni diverse, atto a stabilire o sviluppare più strette relazioni economiche, politiche e culturali; la cerimonia che lo sancisce.

Condivido pienamente, anche se con amarezza, il primo posto assegnato, tra tutte le relazioni, a quelle economiche. Nell’era della concretezza e del profitto sarebbe da idioti negare una realtà che più di fatto non può essere. Un’amarezza ancor più grande mi assale, però, quando sono costretto ancora una volta a notare che, per un malinteso senso del prestigio e della nobiltà culturale, si mistifica la storia ricorrendo a presunte coincidenze temporali che non stanno né in cielo né in terra. E poco conta la paternità della mistificazione perché chiunque utilizzi qualsiasi informazione ha l’obbligo, prima di spacciarla come sua, di controllare la validità della fonte o, se non è in grado, di non fare ulteriori danni contribuendo, per quanto in buona fede, alla propalazione di una stupidaggine. È il caso, questa volta, di quanto affermato in http://www.parcoarcheologico-manduria.it/cennistorici/cennistorici.php,  dove leggo: E Diodoro Siculo (Biblioteca Storica, libro XVI, cap.62) narra che si avverò una circostanza singolarissima, perché nello stesso giorno e nella stessa ora in cui si combatté a Cheronea (3 agosto 338 a.C), un’altra battaglia avvenne in Italia, fra i Tarantini e i Lucani, battaglia nella quale morì Archidamo, re di Sparta, che si era recato a portare aiuto ai Tarantini.

Chiedo scusa al lettore se ora mi attarderò a riportare in ordine cronologico tutte le fonti a me note su Archidamo. Per rendere più snello il lavoro procederò direttamente con la mia traduzione ma in nota brano per brano riporterò il testo originale e l’edizione da cui l’ho tratto, in modo da mettere a suo agio chiunque volesse operare un controllo e dire la sua.

Teopompo (IV secolo a. C.): Nel 52° libro [Teopompo] dice che lo spartano Archidamo dopo essersi allontanato dal modo di vivere patrio assunse abitudini straniere ed effeminate; per questo non era capace di vivere in patria ma si dava da fare sempre a soddisfare all’estero la sua dissolutezza. Ed avendo i Tarantini mandato ambasciatori per un’alleanza si affrettò ad andare da loro come soccorritore e stando lì e ucciso in guerra non fu degnato neppure di sepoltura anche se i Tarantini avevano promesso ai nemici grandi ricchezza per la restituzione del suo corpo.1

Diodoro Siculo (I secolo a. C.): Intorno a questi tempi, mentre i Tarantini combattevano contro i Lucani e avevano inviato agli Spartani che erano loro antenati ambasciatori per chiedere aiuto, gli Spartiati, che in virtù della comune origine erano ben disposti ad allearsi con loro, subito raccolsero una grande forza terrestre e navale e nominarono comandante di questa il re Archidamo; mente erano sul punto di salpare per l’Italia, gli abitanti di Licto ritennero opportuno che prima fossero aiutati da loro; gli Spartani convinti e dopo aver navigato verso Creta vinsero i mercenarie salvarono la patria agli abitanti di Licto. Dopo di ciò Archidamo avendo navigato verso l’Italia ed avendo lottato a fianco dei Tarantini morì eroicamente in un combattimento, uomo lodato per l’abilità di comandante e per altri aspetti della sua vita, criticato solo per la sua alleanza con i Focesi soprattutto per essere stato causa della caduta di Delfi. Archidamo regnò sugli Spartani 23 anni, il figlio Agide dopo aver assunto il potere ne regnò 15. Inoltre i mercenari di Archidamo furono uccisi dai Lucani poiché avevano preso parte al saccheggio dell’oracolo.2

Da notare, prima di passare al secondo brano, il ribaltamento completo dell’impietoso giudizio morale espresso quattro secoli prima da Teopompo.

Avvenne che ci fosse qualcosa di particolare nel corso di questi tempi. Durante il tempo in cui ci fu la battaglia di Cheronea un altro scontro ci fu in Italia nello stesso giorno e stagione, mentre i Tarantini combattevano contro i Lucani  ed era alleato dei Tarantini Archidamo re di Sparta, quando avvenne pure che lo stesso Archidamo fosse ucciso. Questi dunque fu re degli Spartani per 23 anni e il figlio Augide, dopo aver assunto il regno, per nove.3

Pompeo Trogo (I secolo a. C-I secolo d. C.): Nel dodicesimo libro sono contenute le guerre battriane e indiane di Alessandro Magno fino alla sua morte con l’aggiunta delle gesta condotte in Grecia del suo prefetto Antipatro e da Archidamo, re degli Spartani e da Alessandro il Molosso in Italia, dove furono annientati entrambi insieme con il loro esercito.4

Strabone (I secolo a. C.-I secolo d. C.): Furono straordinariamente potenti un tempo i Tarantini democraticamente governati; e infatti avevano la più grande forza navale tra quelle del tempo e scchieravano trentamila fanti, tremila cavalieri e mille capitani di cavalleria. Accolsero la filosofia pitagorica, soprattutto Archita che resse la città per molto tempo. Poi prevalse la mollezza a causa del benessere sicché ogni anno da loro si celebravalo le feste pubbliche più numerose degli (altri giorni); per questo vennero pure governati peggio. Un segno della spregevole condotta politica fu il servirsi di comandanti stranieri; e infatti contro i Messapi e i Lucani inviarono Alessandro il Molosso e ancora prima Archidamo figlio di Agesilao e successivamente Cleonino e Agatocle, poi Pirro quando si allearono contro i Romani.5

Plutarco (I-II secolo d. C.): Era figlio di Agesilao Archidamo, che morì per mano dei Messapi nei pressi di Manduria d’Italia.6

Al contrario Metagitnione, che i Beoti chiamano Pànemo, non fu benigno per i Greci. Infatti nel settimo giorno di questo mese sconfitti in battaglia a Cranone furono annientati completamente da Antipatro e prima combattendo  a Cheronea contro Filippo non ebbero miglior fortuna. In questo stesso giorno a Metagitnione nel corso dello stesso anno quelli che con Archidamo erano passati in Italia furono annientati dai barbari che vi abitavano.7                                                                                                                                                         

Metagitnione  era il secondo mese del calendario attico. Più avanti riprenderò, sviluppandola, questa scarna informazione.

Pausania (II secolo d. C.): [Archidamo] in seguito passò pure in Italia per portare insieme con i Tarantini la guerra contro i barbari loro confinanti; e morì lì per mano dei barbari e che il morto restasse privo di sepoltura fu la conseguenza del risentimento nutrito da Apollo.8

Riporto ora, in formato immagine per fare più presto, la traduzione del secondo brano di Diodoro Siculo presente in Biblioteca storica di Diodoro Siculo volgarizzata dal Cav. Compagnoni, Sonzogno, Milano, tomo V, pag. 261.

Per comodità del lettore riproduco ora, affiancati, il testo originale, la mia traduzione, quella del cav. Compagnoni e il testo che si legge al link segnalato all’inizio.

Ho sottolineato ed evidenziato con colori diversi le parole-chiave, che ora passerò ad analizzare singolarmente, per dimostrare, oltretutto, quanto sia importante la loro analisi isolata prima ancora di passare a quella contestuale:

ἴδιον è un aggettivo, qui attributo di τι, di grado positivo e non superlativo, per cui la traduzione singolarissima appare infedele.

καιρὸν può significare misura giusta, opportunità, occasione, tempo fissato, circostanza, periodo di tempo. Da notare come quello da me reso con periodo di tempo è stato saltato nelle altre traduzioni.

ὤρᾳ è dativo di ὤρα che ha il significato generico di stagione. Le stagioni all’origine erano tre (ἔαρ=primavera, θέρος=estate, χειμὠν=inverno; poi quattro con l’aggiunta dell’autunno e poi sette (con l’aggiunta di tre stagioni intermedie). Fra poco, probabilmente, saremo costretti al processo inverso e ridurremo ufficialmente le stagioni a due: estate e inverno. Ritorno intanto al passato ricordando che i Greci avevano divinizzato le tre stagioni in quelle figure mitiche, chiamate appunto Ore, figlie di Zeus e Temi e sorelle, non a caso, delle Moire.  Le  Ὧραι erano Εὐνομία=Legalità, Δίκη=Giustizia, Εἰρήνη=Pace e, se i Greci le avevano divinizzate, non mi si venga a dire che noi non teniamo in alcun conto i valori da esse rappresentati …

La nostra voce assumerà il significato di ora come oggi lo intendiamo (ma il ricordo di quello vecchio è rimasto in espressioni del tipo è ora di cambiare ma anche nel greco moderno ώρα) solo successivamente e negli autori greci è presente a partire dal I secolo d. C., con la voce accompagnata da un aggettivo numerale ordinale.

Ne consegue che sarebbe stato molto strano che Diodoro Siculo avesse anticipato di un secolo tale uso, per cui l’ora del cav. Compagnoni non è proponibile, anche se l’autore dell’ultimo testo mostra di averla accolta enfatizzandola col superlativo singolarissima. Giacché ci sono:  la data del 3 agosto, aggiunta in parentesi tonde insieme con l’anno, e che in rete viene disinvoltamente palleggiata (insieme con quella del 2 dello stesso mese),  ha la sua paternità in Manuale di scienze ed arti ossia repertorio metodico di storia universale, usi e costumi, mitologia, archeologia, numismatica, blasone, geografia, storia naturale, fisica, geometria, chimica, geometria, delle arti etc. etc. adatto alla comune intelligenza. Per cura di una società, volume unico, A spese di una società editrice, Firenze, 1846, p. 349. Chiedo scusa al lettore ma sono stato costretto a riportare gli estremi bibliografici che, secondo me, da soli la dicono lunga sull’attendibilità dei dati contenuti nel volume. La cosa più esilarante, però, è che tale data verrà ripresa da: F. C. Marmocchi in Corso di geografia storica antica, del medio-evo e moderna, Società Editrice Italiana, Torino, 1856, v. I, parte II, p. 738; daTommaso Sanesi (in Storia dell’antica Grecia, Le Monnier, Firenze, 1859, p. 450); da Cesare Cantù (Storia della letteratura greca, Le Monnier, Firenze, 1863, p. 310); superfluo dire che tutti gli autori appena nominati si guardano bene dal citare al riguardo qualsiasi fonte, come era già avvenuto nel precedente manuale tuttofare …

In realtà l’unica fonte è costituita dal secondo brano di Plutraco già citato: Al contrario Metagitnione, che i Beoti chiamano Pànemo, non fu benigno per i Greci. Infatti nel settimo giorno di questo mese sconfitti in battaglia a Cranone furono annientati completamente da Antipatro e prima combattendo  a Cheronea contro Filippo non ebbero miglior fortuna. In questo stesso giorno a Metagitnione nel corso dello stesso anno quelli che con Archidamo erano passati in Italia furono annientati dai barbari che vi abitavano.

Avendo già anticipato che Metatgitnione era il nome del secondo mese del calendario attico, debbo ora aggiungere che la struttura di quest’ultimo non è affatto chiara. perché secondo alcuni certi mesi erano legati alla  luna, certi altri al sole.   Le conclusioni non concordi tratte dagli eruditi rinascimentali sono riportate da Edoardo Corsini nella seconda dissertazione (pp. 53-111) di Fasti Attici, Giovannelli, Firenze, 1744 (per chi volesse rendersi conto personalmente di quanto sia difficoltosa la soluzione:  http://books.google.it/books?id=bJ5BAAAAcAAJ&printsec=frontcover&dq=corsini+fasti+attici&hl=it&sa=X&ei=prd5U5eQHs6k0AW44IDADg&ved=0CEIQ6AEwAQ#v=onepage&q=corsini%20fasti%20attici&f=false).

Qui basterà dire che risale a quegli studi l’opinione più diffusa, la quale vuole che in raffronto al nostro calendario, Metagitnione vada pressappoco dalla metà di luglio alla metà di agosto. Nell’Enciclopedia Treccani on line leggo che questo mese va dalla seconda metà d’agosto alla prima metà di settembre. A questo punto, sfruttando le indicazioni di Plutarco, il settimo giorno di Metagitnione dovrebbe corrisponderebbe nel primo caso,  più o meno, al 22 luglio, nel secondo, più o meno, al 22 agosto. Non capisco, perciò, come sia venuta fuori la data del 3 o 2 agosto.

Inoltre, per quanto s’è detto dell’evoluzione storica del significato di ὤρα, la presenza nel secondo brano di Diodoro Siculo di αὐτῇ (=stessa) non può essere considerata sostitutiva di un aggettivo numerale ordinale e, quindi, sottintendere il riferimento da parte di Diodoro Siculo ad una fonte a lui precedente o contemporanea (oltretutto nella parte iniziale del capitolo, che costituisce la fonte più estesa che abbiamo sulla battaglia di Cheronea, Diodoro non fornisce alcun dato cronologico) in cui l’ordinale compariva.

E poi: già il fatto che due avvenimenti importanti avvenissero nel corso dello stesso giorno della stessa stagione dello stesso anno non costituiva di per sé qualcosa di particolare?

Il rischio è che prima o poi la notizia dell’ora (magari con un’indicazione meno vaga di stessa e con l’aggiunta pure dei secondi …)   si intrufoli, quando già quella del giorno e del mese sembra quanto meno discutibile, in qualche appendice di qualche moderno manuale di storia dal titolo: mentre a Cheronea succedevano queste cose a Manduria …, ridicolizzando, così la visione sincronica della storia che di per sé  è ineccepibile.

Intanto beccatevi questo gemellaggio: sono nato, a Manduria,  il 17 marzo 1945, anche se anagraficamente risulto nato il 18; e il 18/3/1945 risulta nato Bobby Solo. Comunicazione di servizio per i più giovani: Bobby Solo non è il soprannome di un cane abbandonato ma il nome d’arte di uno dei cantanti di maggior successo dei mitici anni ’60 …

__________

1 Si tratta di un frammento tramandatoci da Ateneo di Naucrati (II secolo d. C.) ne I deipnosofisti (XII, 51): Ἐν δὲ τῇ νβ᾽ φησὶν ὡς Ἀρχίδαμος ὁ Λάκων ἀποστὰς τῆς πατρίου διαίτης συνηθίσθη ξενικῶς καὶ μαλακῶς· διόπερ οὐκ ἠδύνατο τὸν οἴκοι βίον ὑπομένειν, ἀλλ᾽ ἐσπούδαζεν αἰεὶ δι᾽ἀκρασίαν ἔξω διατρίβειν. Καὶ Ταραντίνων πρεσβευσαμένων περὶ συμμαχίας ἔσπευσε συνεξελθεῖν αὐτοῖς βοηθός κἀκεῖ γενόμενος καὶ ἐν τῷ πολέμῳ ἀποθανὼν οὐδὲ ταφῆς κατηξιώθη, καίτοι Ταραντίνων πολλὰ χρήματα ὑποσχομένων τοῖς πολεμίοις ὑπὲρ τοῦ ἀνελέσθαι αὐτοῦ τὸ σῶμα. (da Athenaeus, The Deipnosophists,  Cambridge, MA. Harvard University Press. London. William Heinemann Ltd. 1927, p. 423)

2 Bibliotheca historica, XVI, 62-63: Περὶ γὰρ τοὺς αὐτοὺς χρόνους Ταραντίνων διαπολεμούντων πρὸς Λευκανοὺς, καὶ πρὸς Λακεδαιμονίους, ὄντας προγὁνους ἑαυτῶν, πεμψάντων πρέσβεις περὶ βοηθείας, οἱ μὲν Σπαρτιάται διὰ τὴν συγγένειαν προθύμως ἔχοντες συμμαχῆσαι, ταχέως δύναμιν ἤθροιζον πεζικἡν τε καὶ ναυτικὴν, καὶ ταύτης στρατηγὸν ἀπἑδειξαν Ἀρχίδαμον τὸν βασιλέα· μελλόντων δ’ἀπαίρειν εἰς τὴν Ἰταλίαν, ἠξίωσαν οἱ Λύκτοι πρῶτον αὐτοῖς βοηθῆσαι· οἱ δὲ Λακεδαιμονίοι πεισθέντες, καὶ πλεύσαντες εἰς τὴν Κρήτην, τοὺς μισθοφόρους ἐνἰκησαν, τοῖς δὲ Λυκτίοις ἀνέσωσαν τὴν πατρίδα. Μετὰ δὲ ταῦτα ὁ μὲν Ἀρχίδαμος πλεύσας εἰς τὴν Ἰταλίαν, καὶ συμμαχήσας τοῖς Ταραντίνοις, ἔν τινι μάχῃ διαγωνισάμενος λαμπρῶς ἐτελεύτησεν, ἀνὴρ κατὰ μὲν τὴν στρατηγίαν καὶ τὸν ἄλλον βἱον ἐπαινούμενος, κατὰ δὲ τὴν πρὸς Φωκεῖς συμμαχίαν μόνην βλασφημούμενος, ὡς μάλιστα αἴτιος γεγονὼς τῆς τῶν Δελφῶν καταλήψεως. Ἀρχίδαμος μὲν οὖν ἐβαυσίλησε τῶν Λακεδαιμονίων ἔτη τρία πρὸς τοῖς εἳκοσι· τὴν δ’ἀρχὴν διαδεξάμενος Ἂγις ὁ υἱὸς ἐβαυσἱλησεν ἔτη πεντεκαίδεκα. Ἔπειτα οἱ μὲν Ἀρχιδάμου μισθόφοροι, μετεσχήκοτες τῆς  τοῦ μαντείου συλήσεως, ὑπὸ τῶν Λευκανῶν κατηκοντίσθησαν. (da Bibliothecae historicae quae supersunt, a cura di O. Holtze, Metzger & Wittig, Lipsia, 1872, tomo III, p. 228)

3 Op. cit., XVI, 88: Ἴδιον δέ τι συνέβη γενέσθαι κατὰ τοὺς ὑποκειμένους χρόνους. Καθ’ὅν γὰρ καιρὸν ἠ περὶ τὴν Χαιρώνειαν ἐγένετο μάχη, ἑτέρα παράταξις συνέστη κατὰ τὴν Ἰταλίαν τῇ αὐτῇ ἡμέρᾳ καὶ ὤρᾳ, διαπολεμούντων μὲν Ταραντίνων πρὸς Λευκανούς, συναγονιζομένου δὲ τοῖς Ταραντίνοις Ἀρχιδάμου τοῦ Λακεδαιμονίων βασιλέως, ὅτε συνέβη καὶ αὐτὸν ἀναιρεθῆναι τὸν Ἀρχίδαμον. Οὗτος μὲν οὖν ἦρξε τῶν Λακεδαιμονίων ἔτη τρία καὶ εἳκοσι, τὴν δὲ βασιλείαν διαδεξάμενος ὁ υἰὸς Ἂγις ἦρξεν ἕτη ἐννέα. (da Bibliothecae historicae …, op. cit., p. 262) 

4 Historiae Phiippicae, Prologi, XII (dell’opera ci restano il compendio e i sommari dei vari libri (prologi) fatti da Marco Giuniano Giustino nel II-III secolo d. C.): Duodecimo volumine continentur Alexandri Magni bella Bactriana et Indica usque ad interitum eius, dictaeque in excessu res a praefecto eius Antipatro in Graecia gestae, et ab Archidamo, rege Lacedaemoniorum, Molossoque Alexandro in Italia, quorum ibi est uterque cum exercitu deletus. (dall’edizione a cura di I. Ieep, Teubner, Lipsia, 1859, p. 224)

5 Geographia, VI, 3, 4: Ἴσχυσαν δέ ποτε οἱ Ταραντῖνοι καθ᾽ ὑπερβολὴν πολιτευόμενοι δημοκρατικῶς· καὶ γὰρ ναυτικὸν ἐκέκτηντο μέγιστον τῶν ταύτῃ καὶ πεζοὺς ἔστελλον τρισμυρίους, ἱππέας δὲ τρισχιλίους, ἱππάρχους δὲ χιλίους. Ἀπεδέξαντο δὲ καὶ τὴν Πυθαγόρειον φιλοσοφίαν, διαφερόντως δ᾽ Ἀρχύτας, ὃς καὶ προέστη τῆς πόλεως πολὺν χρόνον. Ἐξίσχυσε δ᾽ ἡ ὕστερον τρυφὴ διὰ τὴν εὐδαιμονίαν, ὥστε τὰς πανδήμους ἑορτὰς πλείους ἄγεσθαι κατ᾽ ἔτος παρ᾽ αὐτοῖς ἢ τὰς ἡμέρας· ἐκ δὲ τούτου καὶ χεῖρον ἐπολιτεύοντο. Ἓν δὲ τῶν φαύλων πολιτευμάτων τεκμήριόν ἐστι τὸ ξενικοῖς στρατηγοῖς χρῆσθαι· καὶ γὰρ τὸν Μολοττὸν Ἀλέξανδρον μετεπέμψαντο ἐπὶ Μεσσαπίους καὶ Λευκανούς, καὶ ἔτι πρότερον Ἀρχίδαμον τὸν Ἀγησιλάου καὶ ὕστερον Κλεώνυμον καὶ Ἀγαθοκλέα, εἶτα Πύρρον, ἡνίκα συνέστησαν πρὸς Ῥωμαίους. (dall’edizione a cura di A. Meineke, , Teubner, Leipzig, 1877, v. I, p. 385).

6 Vite parallele. Vita di Agide e Cleomene, III, 2: Ἦν  γὰρ Ἀγεσιλάου μὲν Ἀρχίδαμος ὁ περὶ Μανδόνιον τῆς Ἰταλίας ὑπὸ Μεσσαπίων ἀποθανὡν. (dall’edizione a cura di T. Doehener, Didot, Parigi, 1862, v. II, pag. 949)

7 Vite parallele. Vita di Camillo, XIX, 5: Ἀνάπαλιν δ᾽ ὁ Μεταγειτνιών, ὃν Βοιωτοὶ Πάνεμον καλοῦσιν, τοῖς Ἕλλησιν οὐκ εὐμενὴς γέγονε. Τούτου γὰρ τοῦ μηνὸς ἑβδόμῃ καὶ τήν ἐν Κρανῶνι μάχην ἡττηθέντες ὑπ᾽ Ἀντιπάτρου τελέως ἀπώλοντο, καὶ πρότερον ἐν Χαιρωνείᾳ μαχόμενοι πρὸς Φίλιππον ἠτύχησαν. Τῆς δ᾽ αὐτῆς ἡμέρας ταύτης ἐν τῷ Μεταγειτνιῶνι κατὰ τὸν αὐτὸν ἐνιαυτὸν οἱ μετ᾽ Ἀρχιδάμου διαβάντες εἰς Ἰταλίαν ὑπὸ τῶν ἐκεῖ βαρβάρων διεφθάρησαν. (dall’edizione a cura di C. Sintenis, Teubner, Lipsia, 1852, p. 271).   

8 Graeciae descriptio, III, 10, 5: Διέβη δὲ καὶ ἐς Ἰταλίαν ὕστερον Ταραντίνοις βαρβάρων πόλεμον συνδιοίσων σφίσιν ὁμόρων· καὶ ἀπέθανέ τε αὐτόθι ὑπὸ τῶν βαρβάρων καὶ αὐτοῦ τὸν νεκρὸν ἁμαρτεῖν τάφου τὸ μήνιμα ἐγένετο ἐμποδὼν τὸ ἐκ τοῦ Ἀπόλλωνος. (dall’edizione a cura di G. Siebelis, Reimer, Lipsia, 1823, v. II, p. 50)

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