Pietro Marti a 150 anni dalla nascita. Un convegno a Lecce e a Ruffano per ricordare la personalità e l’opera

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di Ermanno Inguscio

                                                        

Doppio anniversario nel 2013 per Pietro Marti (Ruffano, 1863 – Lecce, 1933), uno relativo alla nascita (150 anni), l’altro alla morte (80 anni). Marti, il cui nome completo era Pietro Luigi, dominò la scena culturale salentina a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento. Fu insegnante, giornalista, cultore d’arte e di storia, ispettore ai Monumenti di Terra d’Otranto e infine direttore della Biblioteca Provinciale “Bernardini” di Lecce. Ma fu soprattutto fondatore e direttore di giornali, da Taranto a Comacchio e alla stessa Lecce, dove visse la sua vita di lavoro e di affetti per quasi un intero cinquantennio. Da direttore della Biblioteca Provinciale produsse un importante “Catalogo”, in cui sono comprese anche le sue opere, una quarantina, che rappresentano la testimonianza  di un’appassionata difesa e valorizzazione delle patrie memorie del Salento e dei Salentini.

A giugno ci sarà un Convegno Nazionale di Studi, patrocinato dalla Provincia, dalla Biblioteca Provinciale di Lecce e dal Comune di Ruffano, organizzato dall’Università del Salento e dalla Società di Storia Patria per la Puglia. In quella sede i relatori metteranno in risalto i suoi tanti aspetti di studioso e di propagatore di cultura.

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Tra gli aspetti minori della personalità di Pietro Marti va considerata la frenetica, ed apprezzata, attività di conferenziere, che egli ebbe ad esprimere un po’ in tutto il suo peregrinare per la Penisola,  già da giovane insegnante nelle terre delle inclementi nebbie di Comacchio, e in varie città italiane, dalla capitale Roma e per l’intero Meridione.

Per il suo costante impegno culturale, che lo portava presso circoli d’impegno sociale (sezioni di Società di Mutuo Soccorso, circoli cittadini, Società “Dante Alighieri”, ecc.), e per la notorietà di giornalista e direttore di testate da lui fondate un po’ dappertutto, egli fu apprezzato quale conferenziere d’un certo successo.

Nel 1896, dopo la breve parentesi di permanenza in Alta Italia, fiaccato dalle nebbie di Comacchio, e dopo aver pubblicato nella sua nuova residenza a Taranto l’interessante opuscolo La modellatura in carta, lesse la conferenza Il sorriso nell’arte, in cui sorprese gli uditori per l’acutezza d’interpretazione e per la facilità di spostarsi dall’enciclopedismo alla piacevolezza dello svolgimento. Ma la sua attività letteraria non gli impedì un’intensa vita politica, giornalistica ed umana. Fondò così nella città ionica “Il Salotto” Biblioteca tascabile, foglio dettato dal bisogno di dare linfa al languore letterario locale. Furono suoi collaboratori Luigi Marti, Scarano, Gigli e molti altri, i quali favorirono una produzione editoriale volta ad ostacolare la congerie della cattiva produzione in poesia e in  prosa che veniva d’Oltralpe.

La sua produzione attinse alla fonte dell’abbondanza interiore. Nel 1903, dopo la pubblicazione di un altro libro Giuseppe Battista e i poeti Salentini del secolo XVII, in cui disegnò con acutezza critica il Seicento e l’Arcadia del Salento, tornò a Lecce, a commemorare, invitato dal Circolo Artistico, il grande Dante. La conferenza, interamente pubblicata dalla rivista “Rinascenza”, porse occasione a lusinghieri commenti come quello del “Corriere Meridionale”: “Poche volte si può provare un senso di maggiore godimento intellettuale, come scorrendo quelle pagine, entro cui si fonde la geniale severità dell’osservazione con la luminosa e affascinante immagine poetica”.  Ma già Matilde Serao aveva scritto di Marti: ”Tra questi studiosi serii, notevoli per profondità di pensiero, dalla parola ampia, vibrante ed eletta è da annoverarsi l’egregio autore di questa “Visione”.

A Lecce, nel 1910, nel pieno dell’infuriare della polemica scatenata (con l’Incagliati) dal volume su “Don Liborio Romano”, Marti tenne una conferenza, presso la “Sala Dante”, dal titolo Popolo e Principato nell’Epopea Nazionale, la cui eco comparve nella stampa dell’intero Salento.

Delle relazioni preparate (e spesso lette) abbiamo, invece, un ampio elenco a stampa, pubblicato nella raccolta Storia ed Arte (Conferenze  e discorsi), dalla tipografia La Modernissima nel centrale Palazzo leccese Andretta.

Se non mancò l’opportunità di misurarsi nella capitale, Roma, nell’aprile del 1924, con la relazione Nella terra di Melo su invito dell’Associazione Pugliese, addirittura massiccia fu la sua presenza nelle principali città meridionali e della Puglia in particolare. Nel maggio del 1917 tenne una prima volta a Bari la conferenza dal titolo La terra di Melo, su invito dell’Università popolare. In altra conferenza nella stessa città, trattò il tema Le sorgenti della coscienza civile in Terra di Bari.

A San Severo, nel marzo del 1921, dove si era spostato in qualità di Direttore delle Scuole Tecniche “Zanotti”, su invito dell’Università popolare parlò de Il dovere civile e Giuseppe Mazzini. E nella stessa città, che lo aveva visto alcuni anni anche docente nelle Scuole superiori, nell’aprile dello stesso anno, in occasione del VI Centenario della morte di Dante Alighieri, fu invitato a conferire con la relazione dal titolo La missione del vate. Nel 1922 parlò de La guerra otrantina e A. Galateo. Nel 1923, anno in cui notissimo era Marti per la fondazione del foglio “Fede”, tenne una conferenza a Lecce, Nella Terra di Tancredi, a beneficio del Padiglione cittadino “E. Mussolini”; nel settembre di quello stesso anno, a Taranto, città dove aveva soggiornato, condiviso l’amicizia dei Viola, fondato e diretto alcuni giornali di prestigio, inaugurò un Corso di conferenze cittadine presso il Circolo “Giacosa” con la citata relazione Nella terra di Tancredi.

In quello stesso anno, nel dicembre del 1923, con Sorrisi dell’Arte e del pensiero, nella città ionica di Gallipoli inaugurò un Corso di conferenze all’Associazione “Amatori d’Arte”. Con la stessa relazione tenuta nella città-perla dello Jonio, nel giugno del 1924, si spese con grande successo in una serata a favore del Liceo scientifico del capoluogo salentino. Con Sibilla di Lecce, nel febbraio del 1925, riscosse grande successo presso la casa Apostolico, alla Brigata degli Amici dei Monumenti. Il 15  aprile di quell’anno, sempre a Lecce, tenne il discorso inaugurale, in Piazza Duomo, per la posa della Fontana Monumentale. Nell’estate di quell’anno, il 15 luglio 1925, a Gallipoli, in occasione della III Mostra d’Arte Moderna, tenne il discorso inaugurale dell’importante evento.

Nella stessa raccolta citata, Storia ed Arte, egli pubblicò tre saggi, autentici reportages di viaggio, dal titolo Escursioni, il primo Alla Limini (1908), il secondo  A Carpignano (1909), il terzo A Maruggio (1922), in cui esprime interessanti osservazioni su tematiche di carattere naturalistico e paesaggistico. Ma le conferenze del Nostro non furono soltanto queste citate, perché espressamente pubblicate a stampa in un volume. Di altre, e diverse, abbiamo un’eco in alcune delle più note testate giornalistiche di Taranto, Lecce e Bari degli anni Venti.

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Al giornalista, saggista, cultore d’arte e di storia patria non mancò la connotazione di polemista efficace e battagliero, caratteristica riconosciuta da tutti a Marti sin dal suo primo apparire sul panorama salentino della cultura storico-letteraria.

A tale aspetto della sua forte personalità fece riferimento Pasquale Sorrenti nel suo Repertorio bibliografico (ed. 1976), quando citò, nel lungo elenco delle sue opere, due scritti di Marti, Verso il nuovo secolo (Pagine di polemica) del 1905 e I naufraghi (per don Liborio Romano). Pagine di polemica del 1915, entrambe stampate a Lecce presso la Tipografia Sociale.

Marti fu sempre un grande lottatore in ogni ambito della sua esistenza. Da insegnante, conquistando giorno per giorno i titoli sufficienti al riconoscimento ufficiale, passando da maestro rurale al ruolo di professore pareggiato ed ordinario nelle Scuole Tecniche, negli Istituti magistrali, nei Licei scientifici e Classici, anche per cattedre speciali come quella della storia dell’Arte. Da conferenziere originale e geniale trattò i temi più vari a Lecce, Brindisi Taranto, Bari e Roma. Da storico e letterato, dal pensiero profondo, dalla cultura enciclopedica, dalla forma agile e chiara, che gli fece produrre oltre quaranta tra libri, monografie e saggi.

Da giornalista egli fu irresistibile ricercatore della verità, fiero nell’arengo politico e letterario, dando vita ad un vero popolo di periodici e di riviste, che spesso determinarono indirizzi nuovi nei vari ambienti. Notevoli tra tutti La Democrazia, Il Popolo e Storia ed Arte a Lecce, Il Lavoro a Ferrara, L’Avvenire, L’Indipendente, La Palestra e il Salotto (biblioteca tascabile) a Taranto.

E proprio in campo giornalistico Marti si trovò a scontrarsi con Nicola Bernardini, altro giornalista di razza, all’epoca in cui, ceduta la proprietà di Democrazia al senatore Tamborrino, dal 21 ottobre 1919 al giugno del 1920, scrivendo da direttore contro il suo rivale. Ne nacquero polemiche personali asperrime, violentissime, che Pietro Marti sostenne contro Bernardini, dal quale venne ricambiato con egual moneta dalle colonne della sua “Provincia di Lecce”. Polemiche ripetutesi ad intervalli per un trentennio e che spesso finirono in processi da cui Marti uscì sempre assolto.

 

(Pubblicato su Presenza Taurisanese, a. XXXI, marzo 2013, p. 11)

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