A pesca in rotta verso punta Palascìa con a bordo una vecchia carta nautica, ma la rete è di ultima generazione …

di Armando Polito

Questo post è in un certo senso la continuazione di quello che il volenteroso lettore che ne abbia interesse o semplicemente curiosità potrà ripassarsi o leggere per la prima volta in https://www.fondazioneterradotranto.it/2013/09/27/antonio-maria-il-pescatore-etimologo-di-punta-palascia/. Mi rendo perfettamente conto del rischio che corro, cioè di essere considerato alla stregua del giornalista da strapazzo che per catturare l’attenzione del lettore ne stimola i più bassi istinti rendendo pruriginosa anche la storia più innocente o come i tanti mitomani che in facebook linkano o confezionano personalmente invenzioni diffamatorie nei confronti di questo o quel politico (a dire il vero in questo caso non ci vuole molta fantasia, anche perché la realtà la supera abbondantemente, ma chiedo che almeno realtà sia ciò che viene pubblicizzato). Lascio al lettore giudicare alla fine della sua fatica e do inizio alla mia con l’avviso che la ragione del titolo sarà chiara solo alla fine (e questo corroborerà il sospetto che io sia delinquente più immatricolato dei signori prima menzionati che già a metà storia tradiscono involontariamente l’inganno).

Avete presente un portolano? Per chi dovesse sentire per la prima volta la parola dico che il portolano era in passato chi nei porti sovrintendeva al traffico delle merci e all’esazione dei dazi, ma con lo stesso nome si indicava una sorta di manuale di navigazione contenente l’elenco dei porti di una regione con la descrizione dettagliata di coste, fondali, venti, correnti e di ogni altro dettaglio la cui conoscenza fosse indispensabile per la navigazione. La parola risale al latino medioevale portulanus in cui, oltre al significato già ricordato, indicava anche il famulus infimi gradus inter ministros coquinae (Du Cange, Glossarium mediae et infimae latinitatis, Favre, Niort, 1883, tomo VI, pag. 427)=servitore di infimo grado tra gli inservienti della cucina. Siccome non vedo alcun rapporto semantico tra le due definizioni ipotizzo che questo secondo portulanus derivi da un *pòrtulus, a sua volta da portare (dunque deverbale) e il primo da un *pòrtulus, diminutivo di portus (dunque denominale) modellato sul precedente. Non a caso gli unici sostantivi italiani in cui è ravvisabile il segmento -olano sono portolano e ortolano (quest’ultimo da hòrtulus, diminutivo di hortus=giardino). Se così è stato si direbbe che l’uso inconscio di parole con etimi diversi abbia realizzato una sorta di rivoluzione democratica accomunando nella loro formazione lo sguattero di cucina con il funzionario portuale.

Il portolano, anzi un portolano, di cui ci occuperemo oggi è il primo, nel significato di manuale di navigazione. Risale al XVII secolo e l’ho trovato sul sito della Bibiblioteca Nazionale di Francia all’indirizzo http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b55002492h.r=portolano.langEN, da cui è integralmente scaricabile in formato pdf.

Riporto qui il frontespizio ed un estratto (fogli 57r-60r) in cui vi è la descrizione delle nostre coste. A fronte la trascrizione, con in parentesi quadre le parti di testo andate perdute che ho ricostruito, laddove ne sono stato capace ( mantenendo le forme originali usate in altri passi, come  mezo per mezzo, miglie per miglia, etc.), con qualche nota esplicativa. Nella trascrizione ho sciolto direttamente le, peraltro non numerose, abbreviazioni, mantenendo, però, la punteggiatura originale che oggi richiederebbe qualche adattamento, nonché le iniziali maiuscole molto frequenti nella letteratura di quel periodo anche per i nomi comuni. Ho ritenuto opportuno, infine, intercalare ai singoli fogli delle mappe esplicative (il frazionamento può sembrare eccessivo ma era indispensabile per fornirne una agevole lettura a schermo), le cui immagini di base ho tratto ed adattato da Google Maps.

 

Comincia ora il nostro viaggio, partendo da Taranto.

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Torre del serpente; immagine tratta da http://salentocasevacanze.oneminutesite.it/files/28-torre_del_serpente.jpg
Torre del serpente; immagine tratta da http://salentocasevacanze.oneminutesite.it/files/28-torre_del_serpente.jpg

 

 

 

 

 

 

Nella nota 17 avevo promesso al lettore che sarei tornato su Da Matino a S. Panaijà 4a di Greco Verso Tramontana miglie Capo d’Otranto è un Capo Basso, sop(ra) del quale vi è una Chiesa detta S. Panaijà in Greco, che vuol dire santa Maria così hoggi volgarmente Chiamata da Tutti il tempio d[i] S. Maria de Finibus Terrae.

Questa testimonianza, di cui non ho potuto fruire pochi mesi fa per la stesura del post segnalato all’inizio, conferma le mie ipotesi etimologiche relative a Palascìa [da πελαγία (leggi pelaghìa) o da πελασγία (leggi pelasghìa)] e nello stesso tempo confuta quella del Rohlfs (che, d’altra parte, l’aveva espressa dubitativamente) secondo cui Palascìa potrebbe essere “deformazione di Παναγία [leggi Panaghìa]=la Madonna”. Ora sappiamo, grazie al nostro portolano, che Παναγία [da πᾶν (leggi pan)=completamente+ἀγία (leggi aghìa)=santa] è il dialettale Panaijà riferito al tempio di S. Maria di Leuca e che Palascìa è un toponimo completamente diverso, anche perché Capo Basso sarebbe un dettaglio morfologico non compatibile.

Termina qui il nostro viaggio ideale con questa piccola pesca resa possibile dalla rete, pur metaforica, più versatile ed efficace di cui possiamo disporre. E mi auguro che il rotta del titolo non si riduca ad evocare solo un aggettivo riferito alla lettrice rimasta delusa ed annoiata nonostante il suo eroico sforzo di arrivare fin qui …

N. B. Su quanto detto su Petrella in nota 37 vedi la segnalazione del sig.Emilio Distratis nel suo commento leggibile, con la mia risposta, in https://www.fondazioneterradotranto.it/2017/08/12/la-terra-dotranto-un-portolano-del-xiv-secolo/

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3 Commenti a A pesca in rotta verso punta Palascìa con a bordo una vecchia carta nautica, ma la rete è di ultima generazione …

  1. Sarebbe interessante capire quant’ è lungo il loro “miglio”, tenendo presente che il moderno miglio marino corrisponde a 1852/4 metri, che quello terrestre corrisponde a circa 1650 (non ricordo bene), e che gli antichi spesso parlavano di “leghe”, ciascuna delle quali corrispondeva a quattro miglia.
    Ma quanto era lungo questo benedetto “miglio” ?

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