di Pino de Luca
Non bisogna mai abbandonarsi alle proprie certezze o non bisogna mai abbandonare le proprie certezze?
Tra questi due estremi millantate possibilità si aprono nella facile dimostrazione che ad aderire con alterigia al secondo estremo si rischia di rinunciare a occasioni di revisione delle proprie conoscenze e, ovviamente, di crescita. E tuttavia anche una eccessiva genuflessione al dubbio può comportare una perdita di tempo causata a cercare inutili conferme a cose che sono intrinsecamente insulse.
Certo può esser l’adiaforìa a dominare alcune notizie, ma se un amico ti chiama e ti manda sollecito non puoi astenerti, astensione e amicizia sono tra loro incompatibili.
E dunque i fatti: Una azienda vinicola siciliana, data la posizione dovrei dire sicula come s’ha da dire della parte occidentale dell’isola mentre il termine sicano dovrebbe essere riservato alla sua parte orientale, L’azienda Calatrasi dei fratelli Micciché è locata nella valle dello Jato, la fertile zona intorno ai comuni di San Giuseppe Jato e San Cipirello.
Tra quest’area e la Puglia esiste un antico legame, le antiche città di questa valle (Giato ed Entella) avevano predominanza musulmana e si opposero agli Svevi nel XIII-esimo secolo. Federico II, che era buono ecaro manon aveva grande pazienza con gli oppositori, le distrusse completamente deportando tutti gli abitanti a Lucera, appunto in Puglia. E, ad abundantiam, popolò di lombardi guidati da Ottone di Camerana un importante comune vicino: Corleone.
Gli anni passarono e le terre finirono n mano a nobili spesso incapaci e dissoluti che stipulavano contratti di enfiteusi con i fattori o i contadini che portavano avanti la terra. Fu così che la famiglia Micciché si ritrovò una certa quantità di terreni e i fratelli Giuseppe e Maurizio Micciché ci troveranno la forza e la passione di tirare su una ormai famosa cantina. Era il 1980.
Successivamente l’azienda approda nel Salento, alla Tenuta di Casalbaio nel feudo di Mesagne e nel Comune di San Pietro Vernotico come luogo di produzione vinicola.
Naturalmente producono vini tipici dell’area geografica con vitigni storici come primitivo e negro amaro. Non è qui il luogo nel quale si discuterà del valore dei vini ma la sollecitazione mi è giunta relativamente al naming dei medesimi.
Uno dei quali si chiama Zambro per scelta non so di chi. Vorrei suggerire, con molta umiltà, che a Brindisi e area connessa non è precisamente un complimento quella parola. Diciamo che quel termine ha un sinonimo, e siamo buoni, nel “burino” romanesco, nel “truzzo” dello slang dei giovani.
La spiegazione prodotta in etichetta relativa ad un Brigante, assai probabilmente ha a che fare con Antonio Angelo Del Sambro, detto ‘u Zambr’, famoso brigante, pugliese si ma del Gargano, nato a San Marco in Lamis il 24 marzo 1827 e passato per le armi in pubblica esecuzione il 29 giugno 1862 in località Noce del Passo. ‘U Zambr’ ha partecipato ad azioni di brigantaggio a Ischitella, Vieste, Poggio Imperiale, Torremaggiore, Rignano Garganico e San Marco in Lamis ma con il Salento non ha mai avuto a che fare e, date le sue umili origini e la sua storia, del Salento non conobbe nemmeno l’esistenza geografica.
Del Salento o Sallento che dir si voglia, financo Calabrie siamo stati in alcune mappe storiche ma, a mia memoria, mai ci siamo chiamati Salenzio come riportato da una seconda etichetta della medesima casa. Non è per pignoleria ma non vorrei che, leggendo le etichette di due vini, qualcuno credesse per davvero a quello che c’è scritto.
Trovarsi di colpo discendenti di Zambro e Salenziani sarebbe davvero difficile da digerire, per fortuna le panzane son scritte solo per darsi qualche cm di nobiltà ma hanno gambe mignon.
Tanto per precisare.