Su alcune reliquie conservate nella cappella di Tutti i Santi, nella cattedrale di Nardò

armadio con le reliquie dei Santi nella cattedrale di Nardò

di Marcello Gaballo

La festività di Tutti i Santi è occasione utile per ricordare una eccezionale donazione dell’abate Domenico Roccamora, allora rettore del Seminario della Compagnia del Gesù di Roma, alla Cattedrale di Nardò effettuata nei primi decenni del ‘600.

Il prelato, con lettera accompagnatoria del 10 febbraio 1612, difatti, aveva fatto dono all’ università neritina dei corpi, con le loro teste, di S. Vittore martire e di S. Teodora vergine, ed altre reliquie di santi contenute in due grandi reliquiari che oggi sono esposti alla venerazione dei fedeli nella chiesa madre neritina. Tra le varie disposizioni del presule si legge nell’atto notarile che le reliquie sarebbero state conservate in apposita cappella in Cattedrale, di patronato dell’ università, ancora esistente e serrata da due grandi ante, aperte solo in questa giornata ed in particolari festività. Si tratta de “lu stipu ti li Santi”, nella cappella della navata sinistra, abbellita e definitivamente sistemata sotto l’episcopato di Mons Ricciardi, sul finire del secolo XIX. Lo stemma del vescovo difatti è finemente scolpito sulle due grandi ante.

reliquiari nella cattedrale di Nardò

Oltre la donazione è bene anche notare la particolare e poco nota richiesta del prelato. Nell’atto del marzo 1612, per notar Palemonio da Castellaneta rogante in Nardò, si legge infatti che le reliquie donate alla Cattedrale neritina dal concittadino Roccamora [1] si porteranno in processione dall’ Ecclesia Mater alla chiesa dell’ Incoronata, quanto nelle processioni che pro tempore si faranno per portare dette sante reliquie o alcune di esse intorno alla città[2] e sue chiese, e non s’ habbiano da estrarre fora dalla chiesa per nisciuna causa.

Sempre nel documento si legge inoltre che la festività di dette reliquie s’ habia da fare il giorno della S.ma Incoronata, e dette reliquie s’ habbiano di portare ogni anno in detto giorno in processione generale à detta chiesa dell’ Incoronata, la matina ò la sera, quando piacerà ad esso Mons. Rev.mo (Vescovo) et suoi successori, e tornata la processione nella città si tengano dette sante reliquie tutto il giorno nell’ altare maggiore. Più avanti viene specificato dall’ abate Roccamora che quanti visiteranno la Cattedrale o l’ Incoronata nel giorno dell’ esposizione delle reliquie, riceveranno l’ indulgenza plenaria.

reliquiari nella cattedrale di Nardò

Qualche mese dopo, e precisamente il 5 agosto dello stesso 1612, quindi la vigilia o lo stesso giorno della festività dell’ Incoronata, su invito dell’ universitas si ritrovano nel sacrarium della Cattedrale il sindaco dei nobili Annibale Roccamora[6], quello del popolo Scipione Falconieri, il cantore abate Giosia Colucci ed il canonico Benedetto Trono, quali procuratori del Capitolo.

I sindaci, espresso il formale invito a che il clero neritino porti li corpi Santi in processione nella ecclesia della Incoronata, ricevono le proteste dei prelati, a nome di tutto il Capitolo, visto che essi si sono offerti di portare li corpi Santi nella predetta ecclesia della Madonna dell’ Incoronata per questa volta, senza che vi sia alcun obbligo nè costrizione da parte dell’ università. Se decidono di portarli, lo fanno per loro devotione et non per altro et che unitamente se ne scriva alla Congregatione di Riti in Roma come per l’ advenire s’ hanno da observare, requisendoci che di questo ne dovessimo fare publico Atto.

E’ chiaro quindi che la processione fosse divenuta ancor più celebre perchè si traslavano le reliquie dei Santi da una chiesa all’ altra, per la coincidenza della festività delle reliquie con quella dell’ Incoronata e per l’ indulgenza che il popolo poteva ottenere andandole a venerare.


[1]  cfr. G. Cosi, Il notaio e la Pandetta, microstoria salentina attraverso gli atti notarili (secc. XVI-XVII), Congedo Ed. 1992, pp. 89-90.

[2] le processioni attorno alla città si facevano per implorare qualche grazia.

[6] nipote del predetto gesuita Domenico Roccamora.

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