Lecce. Curiosità sull’antica toponomastica

 

ph Giovanna Falco

di Giovanna Falco

Nel 1869 il giudice Luigi Giuseppe De Simone, noto erudito di Terra d’Otranto, propose al Sindaco e ai consiglieri comunali di Lecce di rinnovare la toponomastica della città[1]. All’epoca vie, corti e piazze erano indicate per sommi capi, con nomignoli derivati da chiese, conventi, famiglie proprietarie di palazzi, ecc. L’opportunità gli fu data nel 1871 in occasione del Censimento Generale del Regno, quando gli fu affidato il compito di compilare le nuove tabelle denominative della toponomastica di Lecce.

De Simone decise di commemorare la storia locale, mise mano agli appunti raccolti negli anni e compilò il nuovo elenco formato da: nomi di personaggi storici (da Idomeneo a Tancredi, da Federico d’Aragona a Giuseppe Libertini, ecc.), antiche famiglie nobiliari (dai Guarini ai Carnesecchi), letterati (da Antonio Galateo a Isabella Castriota), caratteristiche del territorio (dall’Idume alle Giravolte). Furono poche le vie che conservarono il ricordo di antiche attività produttive (via dei Figuli, vico Sferracavalli, ecc.), così come quelle dedicate a edifici di culto (corte San Pietro Garzya, piazzetta San Giovanni dei Fiorentini, ecc.). Per accreditare le sue scelte De Simone redasse Lecce e i suoi monumenti, pubblicato una prima volta nel 1874 e poi riedito con le Postille di Nicola Vacca, dove sono elencate tutte le denominazioni stradali con note storiche inerenti alle singole voci[2].

All’epoca la nuova intitolazione delle vie non piacque ai nostalgici, si ritenne che fosse stata spazzata via la tradizione popolare in nome di un asettico nozionismo[3]. Per quanto meritevole, il lavoro di De Simone (sottoposto nel corso del tempo ad alcune varianti) ha cancellato varie testimonianze della storia leccese: l’ubicazione di cappelle demolite, di edifici pubblici e opifici, i cui siti oggi sono difficilmente individuabili.

Questa lacuna è stata colmata in parte dalla Guida pratica della Città di Lecce di Italo Madaro[4], uno stradario pubblicato nel 1904, dove, affianco alle nuove intitolazioni corredate da note storiche, sono riportate le denominazioni antecedenti al 1871.

Sfogliando l’opuscolo è evidente come, prima dell’elaborazione delle nuove tabelle denominative, i tracciati viari erano indicati sommariamente: alcuni erano menzionati con nomi diversi (es. l’attuale via Antonio Galateo era conosciuta come via dietro l’Ospedale, o Molini di Rusce, o Sant’Antonio di dentro); spesso una via e uno slargo ricadenti nella stessa area urbana avevano la medesima denominazione (es. largo dietro il Monastero delle Scalze – attuale piazzetta dell’Arte della Stampa -, vico dietro il Monastero delle Scalze – attuale via Francescantonio Piccinni – e largo delle Scalze – attuale piazzetta Mariotto Corso). Non mancano le curiosità come il vico dei cani nella via delle Case nuove (l’attuale vico dei Panevino).

ph Giovanna Falco

Sono importanti gli antichi appellativi derivati dai luoghi di culto (es. vico San Pantaleo – attuale via Pietro Belli -, vico San Procopio – attuale via Isabella Castriota, ecc.), che permettono, così come si accennava prima, di rintracciare il sito di queste cappelle demolite da tempo.

Riguardo alle attività produttive pubbliche e private, si viene a sapere che esisteva il Magazzino dei Sali (da cui prendeva il nome l’attuale via degli Antoglietta) e quello della Neve (la limitrofa piazzetta dei Longobardi), via Acaya era detta dei barbieri, il forno dei Bernardini assegnava il nome all’attuale vico dei Guidano. Si possono individuare anche le ubicazioni delle costruzioni di pubblica utilità: la Chiavica di San Martino assegnava nome a un vico (attuale vico dei Fieschi) e quella del Rosario a uno slargo (attuale piazzetta Giovanni d’Aymo).

Alcune denominazioni sono state tradotte dal dialetto all’italiano, come il vico delle reòte trasformato in vico delle Giravolte. Ci s’imbatte anche nella corte lunga, l’attuale vico dei Figuli: intitolazione molto interessante perché, oltre a indicare in quella zona della città quest’attività produttiva (era limitrofa alla via dei Piattàri, l’attuale via Quinto Ennio), informa della trasformazione urbanistica di questo elemento viario. Il vico Cesario dell’acquavite (attuale vico degli Alberici), può essere considerato un antenato dell’odierna strada di Pippi Nocco: via del Palazzo dei Conti di Lecce nota, appunto, per questa rivendita di alcolici.

Si nota, inoltre, come la maggior parte di vichi, corti e strade erano identificati con il nome delle famiglie che vi risiedevano, alcuni sono stati mantenuti da Luigi Giuseppe De Simone (es. le corti dei Guarini e dei Lubelli, vico dei Petti, ecc.), allo stesso modo, come si è già accennato, lo studioso ha conservato quello di alcuni luoghi di culto (vico dei Cretì – vico Chetrì -, piazzetta Chiesa greca – largo Chiesa greca (con il nome di questa chiesa era conosciuto anche il limitrofo vico degli Albanesi), vico storto Carità vecchia – vico Carità vecchia -, ecc).

Un’ultima considerazione, ma non meno importante: nella Guida pratica di Italo Madaro sono citati anche gli assi viari scomparsi a causa d’interventi urbanistici, come ad esempio il vico Luigi Ceppola, l’antico vico dietro il Sedile cancellato in età fascista per riportare alla luce l’Anfiteatro e costruire il palazzo dell’INA e, ancora, la corte Contessa Albiria (già Corte Romano, nel vico Grate di S.a Chiara), situata nell’area dov’è stato scoperto il Teatro romano.

Un attento studio della Guida pratica di Italo Madaro, dunque, permette di ricostruire l’antico assetto urbanistico di Lecce e del vissuto cittadino.


[1] Cfr. L.G. DE SIMONE, All.mo Sindaco e consiglieri municipali della città di Lecce, in «Cittadino Leccese», VIII (1869), n. 24.

[2] Cfr. L. G. DE SIMONE, Lecce e i suoi monumenti. La città, Lecce 1874, nuova edizione postillata a cura di N. Vacca, Lecce 1964.

[3] L’anno successivo alla pubblicazione dell’opera di De Simone, fu dato alle stampe un opuscoletto a firma dell’avvocato Angelo Miccoli che ne contestava i contenuti (Cfr. A. MICCOLI, Cenni storici sugli antichi popoli salentini, loro città e monumenti, ossia Lecce rivendicata nella sua antichità e civiltà, Lecce 1875).

[4] Cfr. I. MADARO, Guida pratica della Città di Lecce, Lecce 1904.

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5 Commenti a Lecce. Curiosità sull’antica toponomastica

    • potrebbe aver preso il nome dalla famiglia De Noha. Forse Giovanna Falco potrà essere più precisa

  1. Quando ancora non era stato cambiato l’assetto di piazza Sant’Oronzo, mio padre mi diceva che vi erano dei luoghi intorni alla piazza che venivano identificati per le attività che vi si svolgevano. Es. “le quattro spezzerei”, e ancora “a basciu alli scarpari”. Mi piacerebbe conoscere l’esatta collocazione attuale di questi luoghi.

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