Trottole e antichi giochi di fanciulli salentini

Gioco di abilità e intelligenza

 LU CURUDDHRU

Anche i figli degli antichi romani mandavano il “turbo”

di Piero Vinsper

“Costruire delle casine, attaccare i topi ad un carrettino, giocare a pari e caffo, cavalcare una lunga canna” sono per Orazio i primi giochi infantili: giochi di ragazzi romani e giochi dei nostri.

A pari e caffo (par impar) si giocava così: uno teneva chiusi nel pugno alcuni sassolini (noci, ecc.) ed invitava il compagno a dire se erano in numero pari o dispari. Apriva poi la mano, e si vedeva se l’interrogato ci aveva dato giusto.

Si usava anche giocare capita et navia, cioè, come diciamo noi, “a testa e croce”, e nel dialetto galatinese “a capu e litthri”, gettando in alto una moneta e cercando di indovinare, prima che cadesse, se sarebbe rimasta in alto la parte con la testa o la parte con la nave.

E si giocava alla morra (digitis micare), si mandava la trottola (turbo) con lo spago o con la frusta, o il cerchio (orbis, trochus), servendosi di un bastoncino diritto o ricurvo (clavis).

Molto giocavano con le noci, tanto che Persio dice “lasciate le noci” volendo significare “passato il periodo dell’infanzia”.

Da allora ai nostri giorni il gioco non è cambiato affatto: si mettevano su delle capannelle con tre noci sotto e una sopra, e se uno riusciva a farle crollare, colpendole con il “bocco” (boccus = corpo rotondo, la nostra “paddhra”), le noci erano sue.

Va detto che, nel periodo posteriore all’invasione della cultura greca, tutti i giochi infantili greci divennero abituali in Roma: come, per esempio, l’altalena sospesa alle funi (αίώρα) o su di un’asse in bilico (πέταυρον),l’aquilone (άετóς) e il fare ad acchiappino (άποδιδρασκíνδα, il nostro zzaccarreste) e a mosca cieca.

Mosca cieca in greco si dice mosca di rame (χαλκή μυΐα); un ragazzo con gli occhi bendati brancolava cercando di afferrare uno dei suoi compagni e diceva:”Darò la caccia alla mosca di rame”; e i compagni, ronzandogli intorno con un bastoncino:”La caccerai e non l’acchiapperai”; e giù botte.

Ora prendiamo in esame il gioco del turbo latino, della trottola, cioè, nella nostra κοινή διάλεκτος, de lu curuddhru.

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Curuddhru deriva dalla forma tardo-latina currulus, che si rifà al verbo curro e sta a significare una cosa che corre, che scappa, che ti sfugge di mano.

Tre sono i tipi di curuddhri: curuddhru propriamente detto, mathrecòcula e pinnetta.

Lu curuddhru ha forma conica, la base del quale è sormontata da un cerchietto rotondo, la chìrica, il vertice termina con una punta d’acciaio.

Per far fitare (da φοιτάω: vado qua e là, su e giù, avanti e indietro, corro, giro, ecc.) lu curuddhru è necessario avvolgere, a partire dal vertice, intorno alla sua superficie, una cordicella; l’abilità del giocatore consiste, appunto, nel far aderire perfettamente questa corda in modo che, lanciandolo, e facendo presa sull’estremità della corda che si tiene in mano, si possa imprimere una forza tale da fargli acquistare un’accelerazione che duri un certo periodo di tempo.

La mathrecòcula è ‘nu curuddhru schiricatu, un po’ più panciuto, mentre la pinnetta, dalla forma più snella e slanciata, ha al vertice una punta d’acciaio ben più spessa.

Due sono i tipi di gioco cu llu curuddhru: sotta manu e a morte e si devono svolgere su terra battuta. Sia nell’uno che nell’altro gioco il numero dei partecipanti è illimitato; la differenza consiste nel modo di far fitare lu curuddhru.

Sotta manu: dopo aver avvolto intorno a llu curuddhru la corda, tenendo fra le dita il capo dell’altra estremità della corda e facendo attenzione che lu curuddhru che si ha in mano abbia il vertice rivolto verso l’alto, lo si lancia in senso orizzontale sulla superficie da gioco. Vince il giocatore che fa fitare lu curuddhru in un tempo maggiore rispetto agli altri.

A morte: sempre la solita operazione. Però in questo caso lu curuddhru viene lanciato a picco, in senso verticale, sul terreno da gioco.

La cosa si complica se subentra la mathrecòcula; e qui è messa a dura prova l’intelligenza del ragazzo, perché, in breve tempo, deve calcolare traiettoria, distanza, tempo e raggio d’azione per poter colpire il bersaglio.

Si traccia allora per terra un cerchio, ed il gioco diventa più difficile se il cerchio è più piccolo di diametro. Dapprima si fa fitare nel cerchio la mathrecòcula, poi ogni giocatore deve colpirla tirando a morte la pinnetta o lu curuddhru. Se l’una o l’altro riesce a colpire in pieno la mathrecòcula accade spesso che quest’ultima si spacchi in due.

Ed il momento più opportuno per cercare di centrare la mathrecòcula è quando questa rotea su se stessa con una velocità tale da sembrare che stia ferma. Naturalmente risulta vincitore chi colpisce la mathrecòcula.

(in “Il filo di Aracne”, n°1 – 2006)

(Lu curuddhru = la trottola)

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Un commento a Trottole e antichi giochi di fanciulli salentini

  1. Anche questi giochi sono nei ricordi dell’infanzia ed in questo gli autori di questi articoli sono bravissimi a riportarci indietro il tempo rievocando le emozioni di allora, anche se questi giochi erano appannaggio soprattutto dei ragazzi, ma anche noi ragazze eravamo intorno a tifare per questo o quello.La vostra bravura è quella di coniugare la dolcezza dei ricordo con le conoscenze storico-culturali di base , per cui alla fine possiamo essere gioiosi di saperne sempre di più ed esserne appagati, visto che la cultra è il nostro quotidiano nutrimento.

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