25 Aprile. Il contributo dei Salentini alla liberazione dell’Italia dal Nazifascismo

 

di Maurizio Nocera*

Ricorre quest’anno il 64° anniversario della promulgazione della Carta Costituzionale, entrata in vigore l’1 gennaio 1948. Si tratta di una data storica per il popolo italiano, che ancora una volta si vede costretto a dover lottare per difenderla da chi la vorrebbe stravolger  e deturpare. Per avere un’idea del periodo incredibile che stiamo vivendo, si pensi, ad esempio, all’ultima assurda proposta di un disegno di legge da parte di cinque dissennati parlamentari del partito di Berlusconi, che avrebbero voluto depennare la XII norma finale della Costituzione, che vieta la ricostituzione del disciolto partito fascista.

C’è chi crede che basti rivedere e cambiare qualche titolo ad un libro di storia oppure raccontare una favola in più nel tanto chiassoso, fastidioso, retorico e continuo apparire in pubblico, per stravolgere il significato di eventi storici così grandi e così alti nella coscienza civile degli italiani. Coloro che intendono stravolgere i significati profondi della nostra storia e i principi sacrosanti della Carta fondamentale dello Stato si sbagliano, perché la lotta di Liberazione e la Resistenza partigiana, condotte  con spirito di abnegazione da centinaia di migliaia di uomini e donne in ogni parte d’Italia, a volte fino all’olocausto della propria vita, sono tuttora valide, perché validi sono ancora i presupposti su cui nacquero.

Quest’anno si celebra il 25 Aprile a Lecce, in Piazza dei Partigiani, davanti alla Scheggia marmorea, sulla quale c’è incisa nel bronzo l’epigrafe: «Con Amore perenne / da questa pietra / duri come essa irriducibili / ancora Resistenti / all’odio all’arbitrio alla dissoluzione / diciamo con umili nomi / con fede calda e infinita / l’invito ad opporsi ancora / e sempre / al pensiero superbo alla violenza / amando vivendo testimoniando / invitta ed eterna /La Libertà». Sopra alla stessa targa bronzea c’è poi la scritta incisa sulla pietra, che recita così: «Nel 40° della Costituzione Repubblicana / Amministrazione Provinciale / Comune e Anpi di Lecce / dedicano / ai Martiri salentini / che offrirono energie / ideali e vita / alla lotta contro il nazifascismo / perla Democrazia./ 27 marzo 1988».

Anche quella del 1988 è una data storica per la città di Lecce, e per il Salento, una data che è lì a testimoniare l’olocausto di tanti suoi figlie e figlie immolatisi sui campi di battaglia, sulle montagne e nelle pianure d’Italia e d’Europa per porre fine ad un regime – quello fascista e quello repubblichino – che con l’inganno e la violenza, per ben venti lunghissimi anni, portò il nostro popolo al disastro più nero.

Chi conosce la provincia di Lecce, cioè gli oltre cento e passa Comuni e Frazioni, sa che in nessuno di questi cari luoghi citati c’è una lapide, un marmo, un cippo, una storia, un libro dedicato ad un fascista o ad un repubblichino morto nella difesa e per l’onore della Patria, morto nella difesa almeno dei suoi stessi ideali, morto per la libertà e la democrazia del suo popolo. Qui è lì c’è erroneamente qualche strada intitolata a qualche gerarca o qualche ambito similare, ma non c’è quella che sopra indicavamo come storia, e se mai essa ci dovesse essere altro non è che una storia negativa. Quindi non c’è, neanche andando a cercare una storia di questo signor costui fascista o repubblichino. Tanto che se andassimo a leggere le carte del nostro più recente passato presso gli archivi comunali ci accorgeremo con evidenza che quel signor costui non c’è, non esiste, perché non esiste nella logica fascista l’eroismo patriottico, il bene comune della Nazione, il bene della collettività. Per il signor costui fascista o repubblichino esiste solamente la retorica del suo “io”, il suo essere unico al mondo, il suo essere tutto al di sopra di tutto. Altro che «ama il prossimo tuo come te stesso». Per il signor costui fascista vige solo la legge del più forte, esattamente come ai tempi dell’inizio della storia.

Certo, oggi ci troviamo in una situazione in cui con facilità revisionista quel signor qualcuno può cambiare le carte in tavola, e dire cioè che non esiste il primo martire dell’intera Resistenza italiana, la Medaglia d’Argento alla memoria, il militare salentino Patrizi Lodovico, di Cursi, il quale, all’indomani dell’8 settembre 1943, cioè il 9 di quello stesso mese, «durante un servizio di vigilanza lungo un’importante linea ferroviaria, accortosi che alcuni militari [nazisti] avevano aggredito ed ucciso un soldato italiano in servizio di sentinella, perché si era rifiutato di consegnare le armi, apriva audacemente il fuoco contro di essi uccidendone due e ferendone gravemente un terzo. Avvistato successivamente da pattuglia [nazista] sopraggiunta per effettuare il rastrellamento della zona, attendeva impavido l’avvicinarsi dell’avversario contro il quale sparava numerosi colpi del suo moschetto finché, colpito mortalmente da una scheggia di bomba a mano, cadeva eroicamente per la causa della libertà, Pontedecimo (Genova), 9 settembre 1943».

E ancora, per quel tale signor fascista o repubblichino non esiste l’eroica lotta antinazifascista del leccese Piccinno Aldo, classe 1925, che secondo la documentazione della commissione regionale toscana per il riconoscimento della qualifica di partigiano, Piccinno «si distinse in particolare il 14 giugno [1944] quando partecipa all’attacco alla casa del fascio di Gabbro, uccidendo un famigerato squadrista e ferendone un altro e il 20 dello stesso mese quando contribuisce al disarmo di alcuni fascisti a Nibbiaia […] E il 17 luglio Aldo [Piccinno] volle far parte della pattuglia partigiana che doveva accompagnare le avanguardie americane sulla via di Castellaccio-Montenero, per procedere alla liberazione di Livorno, “Con lui c’era anche l’amico polacco. Nel durissimo scontro a fuoco che vi fu con le retroguardie tedesche e repubblichine, in località Pinarelli, Aldo [Piccinno]  e Feliks [il polacco] furono colpiti a morte”».

Come non si può dimenticare il martirio della staffetta partigiana Maria Teresa Sparascio, di Tricase, che per difendere il proprio marito e i suoi quattro figli venne trucidata nell’autunno 1944 dalla raffica di mitraglia di una pattuglia nazista.

È possibile cancellare queste pagine di storia? Certo, tutto può accadere. Certo, possono essere occultate, richiuse in qualche armadio, questo sì, ma cancellarle no. Com’è possibile cancellare la fulgida figura di Epaminonda Valentino, il risorgimentalista gallipolino-napoletano che per l’unità d’Italia morì tra le braccia dell’altro risorgimentalista salentino Sigismondo Castromediano?

Il Medagliere dell’Anpi di Lecce ha cucite sul suo stendardo 2 Medaglie d’Oro, 19 Medaglie d’Argento, 17 Medaglie di Bronzo, 17 Croci al Merito di guerra, mentre l’Albo di Gloria della città di Lecce e della provincia piange 108 Caduti e 749 patrioti e partigiani combattenti. A questi si aggiungano le decine e decine di martiri caduti nei campi di sterminio nazisti. Questi dati risalgono a molto tempo fa, la documentazione oggi in nostro possesso ci dice che i Caduti salentini vanno oltre la soglia dei 200 e che i patrioti, i partigiani, le partigiane, gli anticollaborazionisti superano di gran lunga il migliaio.

Come si vede si tratta di un contributo di sangue e di eroismo dei salentini molto alto, consumato sull’altare della libertà e della democrazia dell’Italia, che nessuno mai potrà cancellare né dalla nostra coscienza né dalle pagine della storia di questa nostra terra.

L’epilogo conclusivo delle lotte contro la dittatura nazifascista fu la liberazione dell’Italia e, nello stesso tempo, la nascita della Repubblica e la promulgazione della Carta costituzionale, una tra le più belle Costituzioni del pianeta.

Oggi, i vecchi e i nuovi partigiani sono coscienti dei pericoli che attraversa la Repubblica e la stessa Costituzione; per questo è necessario ancora una volta affermare la difesa del 25 Aprile e la stessa Carta fondamentale dello Stato uscito dalla Resistenza. Queste due date vanno difese fino in fondo, fino all’estremo di tutte forze civili e democratiche, affinché non venga meno il ricordo del sangue versato e l’olocausto dei partigiani, dei patrioti e di tutti coloro che in modo o in un altro contribuirono all’abbattimento del nazifascismo, a volte immolandosi fino alla perdita della vita .

*segretario provinciale ANPI Lecce

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Un commento a 25 Aprile. Il contributo dei Salentini alla liberazione dell’Italia dal Nazifascismo

  1. Bene ricordare quanti lottarono contro i tedeschi e quanti ne furono vittime, ma l’Anpi non può pretendere di rappresentare tutti quelli che lottarono per la Liberazone d’Italia e strumentalizzarne a suo arbitrio la sorte. L’Anpi esclude e include a suo piacimento. Include per pura affinità ideologica chi andò a servire sotto bandiere straniere o chi combattè per instaurare in Italia una dittatura di gran lunga più sanguinaria e liberticida della precedente, ed al contempo esclude o ignora chi combattè e si sacrificò veramente per la libertà come quelli della Brigata Ebraica e tanti altri, molto più numerosi, tra cui i tanti italiani che combatterono a Montelungo, Monte Martone, Filottrano e in tanti altri posti assieme agli anglo-americani. A distanza di 70 anni ancora aumenta il numero dei supposti partigiani, le cui file si ingrossarono, enormemente, anche di ex fascisti, solo alla vigilia del 25 aprile, e si lavora alacremente per cavare il sangue dalle pietre, violentando ancora una volta la storia, dopo la negazione del triangolo rosso e delle foibe.

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