Ritornino in tutta la Terra d’Otranto le vacche sacre della razza autoctona podolica pugliese. Il Toro di razza “Pugliese”!
di Oreste Caroppo
Nel paesaggio d’un tempo del cuore del basso Salento, tra le sue Serre orientali e quelle occidentali, dominato dall’estesissima Foresta del Belvedere, allo stato brado si allevavano le mucche della razza autoctona “Podolica Pugliese”!
Il suo allevamento esteso e brado, che connotava il paesaggio del sud Salento fortemente con note pittoresche uniche collegate anche al bellissimo portamento di questa mucca dalle grandi corna ed ai suoi colori, è però venuto meno con il disboscamento selvaggio, dall’800 ad oggi, tanto che orami solo pochissime masserie nella zona dell’Arneo (Nardò) allevano questa specie nel sud Salento.
Tra ‘800 e ‘900 molto importanti sono stati gli allevamenti nel basso Salento della razza bovina detta “pugliese” appunto, (quella che oggi in terminologia zootecnica si chiama “podolica pugliese” sui testi), del senatore Vincenzo Tamborino di Maglie.
Nella sua masseria Franite in feudo di Maglie, ma non solo, ancora nella prima metà del ‘900, possenti tori di razza pugliese, dal mantello scurissimo, erano impiegati per la monta.
Ancora nei racconti di mia madre, all’epoca bambina, ritorna spesso il ricordo di quella furia della natura che a stento le catene di ferro riuscivano ad imbrigliare, una furia che nel ricordo di una fanciulla non poteva che impressionarne profondamente ed indelebilmente la fantasia, quando per una gita domenicale o per qualche faccenda al seguito dei suoi genitori ebbe modo di visitare quella operosa, all’epoca, masseria!
Alcuni tori del senatore si distinsero per importanti riconoscimenti da primato nelle gare zootecniche nazionali!
Eccezion fatta per l’ Arneo, ed anche lì per pochissime masserie, altrove oggi nel basso Salento la Podolica è stata sostituita da razze alloctone, o la stessa pratica dell’allevamento bovino è venuta miseramente meno fino a scomparire del tutto, cancellando una presenza importante del tipico paesaggio d’un tempo non lontanissimo!
Tale allevamento oggi deve tornare, a partire anche dal pascolo brado sotto gli ulivi coltivati a biologico (intelligente soluzione mista agro-pastorale, che sfruttando i cicli, i ritmi, e le interazioni tra specie della natura, può incrementare notevolmente la redditività della campagna), e parallelamente agli interventi volti al rimboschimento razionale e alla riforestazione del Belvedere, per la rinascita di quell’antico ecosistema silvicolo, forestale, e delle sue suggestione pittoresche, a partire oggi dall’istituzione in quei luoghi da parte della Regione Puglia del Parco naturale e rurale dei Paduli!
Questa vecchia foto immortala due mucche podoliche impiegate nel Salento per i lavori nei campi, data la loro forza.
La podolica pare quasi una vacca sacra cretese, le somiglianze con le rappresentazioni pittoriche e scultoree dei sacri tori cretesi sono massime infatti, anche nei colori, oltre che nella morfologia e nella forma delle corna!
Tale ricordo della razza bovina allevata e venerata nella Creta minoica, si carica di ulteriori suggestioni se si tiene conto di quanto raccontano vari autori antichi che collocano proprio nell’ isola di Creta le origini di una parte dei popoli Japigio-messapici, che si insediarono in epoca protostorica nel Salento, nella Puglia del sud! Sulle Murge, quindi anche nel nord del Grande Salento, sul Gargano, nella Lucania, ed in tutto il Sud Italia, soprattutto nelle zone boscose dell’Appennino, è ancora molto intenso l’allevamento brado di questa razza autoctona di bovino, molto resistente ed adattata al nostro Sud Italia! Allevata soprattutto per la carne e per la produzione casearia del pregiato e costosissimo “cacio cavallo
La mucca podolica pugliese è una razza bovina caratterizzata da un mantello di colore grigio, con tendenza al grigio scuro sul collo, sulla coscia, sull’orlatura dell’occhio e dell’orecchio nel maschio, talvolta il mantello è quasi nero, quasi omogeneo, mentre nella femmina è solitamente più chiaro, fino al bianco; i maschi presentano corna a mezza luna, mentre nella femmina hanno forma di lira; si caratterizza per un eccezionale potere di adattamento ad ambienti particolarmente difficili, nonché per la straordinaria capacità di utilizzare risorse alimentari che non potrebbero essere sfruttate diversamente!
Per la sua morfologia, genetica e per le sue caratteristiche arcaiche, è la più diretta discendente, tra le razze domestiche, del selvatico Uro, il Bos taurus primigenius, l’imponente toro selvatico dalle lunghe corna che nel paleolitico viveva nelle foreste del Salento, come attestato da numerosi reperti fossili ritrovati, e anche da un graffito preistorico inciso sulla volta di Grotta Romanelli a Castro (Lecce).
Quanta ricchezza di testimonianza storico-naturale in questa antichissima specie bovina “pugliese”, autoctona, un bene culturale ed ambientale al contempo, nonché fonte di sanissima economia!
Allevamento brado e una potenzialmente florida economia silvo-agro-pastorale da ripristinare nella modernità, e che creeranno paesaggio, salubrità ed incrementeranno enormemente l’appeal del territorio per un crescente turismo culturale destagionalizzato, anche nel basso Salento, portatore di una ricchezza diffusa tra le famiglie del Salento!
Tanti paesi del basso Salento, come Taurisano (dal latino “taurus”, toro), Poggiardo che era circondato in epoche passate dalla Foresta Belvedere, e Nardò tra le macchie acquitrinose di Arneo, hanno nel loro stendardo comunale il possente toro, certamente di razza “pugliese”!
Un toro dal mantello nero nel caso di Taurisano e Poggiardo, proprio come tanti tori di razza “pugliese”; un toro rossiccio fromentino nel caso di Nardò, il colore che caratterizza invece proprio come nota distintiva i vitelli podolici fino all’età di tre mesi, un elemento cromatico del mantello indice di selvatichezza caratteristico di questa razza e connesso geneticamente ad esigenze di mimetismo tra l’erba secca dei più indifesi e deboli vitelli, ma che può talvolta probabilmente conservarsi nel mantello degli esemplari adulti.
E’ l’allevamento di questo toro nel Salento che uno Stato che ha ritrovato se stesso deve incentivare al grado massimo e favorire, non gli orrori industriali che devastano ogni cosa, come in ultimo gli orrori della mala della Green Economy Industriale di eolico e fotovoltaico, alieni ed alienizzanti rispetto a tutto ciò che vuol dire Salento, Puglia, Italia!
Didascalia: Mucche della bella e pregiatissima razza Podalica Pugliese, allevata nei secoli passati, con numerose mandrie nel cuore del Salento.
Numerose ossa fossili trovate nel feudo di Maglie testimoniano la presenza dell’Uro nelle aree del Bosco Belvedere già in epoca paleolitica. Un graffito rupestre paleolitico sulle pareti di Grotta Romanelli a Castro, raffigura proprio un Uro.
La razza bovina podolica ben si ambientava nelle macchie e nei boschi dell’Arneo perchè al comodo fieno preferiva cibarsi di rudi sterpaglie ed erbe spinose. La sua possente struttura muscolosa la rendeva adatta per essere sottoposta al duro lavoro di traino e di aratura dei campi rudi e rocciosi. Le sue carni, per sapore e consistenza, nulla avevano da invidiare a quelle della famosa razza chianina.
Il suo ineguagliabile latte, molto ricco e concentrato, veniva lavorato e trasformato in inimitabili formaggi tanto da far diventare famoso il mitico CACIO CAVALLO DELL’ARNEO. Negli anni 50 dello scorso secolo, con l’avvento della meccanizzazione agricola, i lavori nei campi vennero sostituiti con i piu’ comodi trattori e l’allevamento della razza PODOLICA venne ad esssere abbandonato sino a rischiare addirittura la sua estinzione (gli allevamenti podolici oggi esistono solo perchè incentivati e sostenuti dal ministero nazionale e dall’assessorato agricolo regionale). L’abbandono avvenne non solo per la sostituzione con macchinari meccanici ma anche perchè questa razza produceva latte (di altissima qualità ma di scarsa quantità) che non superava i 15-18 litri giornalieri, contro i 35-40 litri di altre razze tipo l’olandese o altre (naturalmente di qualità molto più scadente). Questo è il motivo principale perchè i famosi cacicavalli dell’Arneo oggi non hanno piu’ il sapore di una volta, perchè son prodotti con latte di qualità molto più scadente di quello prodotto dalle mucche podoliche, non solo ma, quelle mucche vivevano e pascolavano allo stato brado e si nutrivano di erbe fresche che variavano col variare delle stagioni dando al latte qualità, sapori e profumi ineguagliabili a differenza delle mucche delle razze ora in voga che quasi sempre vivono chiuse perennemente nelle stalle e si cibano solo di fienagioni stagionate e di sfarinati industriali.
Il vero problema e’ la totale mancanza della cultura alimentare in genere che non riesce a distinguere tra un prodotto di filiera industriale e prodotto di filiera naturale , onore a chi con estrema passione e grandi difficoltà riesce a far conoscere profumo e gusto genuino espressione del nostro salento e della Puglia in genere .
nn vorrei sbagliarmi ma alla masseria brusca ci sono……..
Sarà possibile recuperare questa razza bovina. Fino alla prima metà del xx secolo tutte le masserie della murgia dei trulli ce l’avevano secondo quanto testimonia la rivista “Umanesimo Della Pietra” in tante fotografie. Vi prego, é un patrimonio pugliese da recuperare e tutelare ed anche una fonte potenziale di svilupo turistico dietro tutta la sua storia e belleza anatomica. Svegliatevi Regione Puglia!!!!!