di Massimo Negro
Ruggiano. Gli amici abitanti di questo piccolo centro mi perdoneranno ma, prima di arrivarci il giorno della festa dedicata a Santa Marina, il 17 luglio, non ne conoscevo l’esistenza. Mai sentito nominare. Leggendo e approfondendo gli aspetti religiosi e le peculiarità delle tradizioni e delle credenze che ruotano intorno a questo centro e al Santuario dedicato alla Santa, devo dire che non la conoscenza è a me colpevolmente imputabile.
Ruggiano rappresenta un importante punto di riferimento nella storia delle nostre tradizioni e, in particolare, in questo percorso di descrizione e sommaria rappresentazione della devozione a Santa Marina.
La santa che secondo la tradizione è la santa bella per eccellenza. La santa che con la sua bellezza, come abbiamo avuto modo di leggere nella nota su Muro Leccese dedicata alla Chiesa di Santa Marina, fece invaghire il governatore del luogo e che per il suo rifiuto a cedere alle sue lusinghe fu martirizzata.
La santa che sfuggendo alle grinfie del diavolo che si era manifestato nelle vesti di un drago squarciandogli la pancia, non solo è ricordata come la protettrice delle partorienti ma è soprattutto celebrata come la santa del bel colorito.
Nel passato, come abbiamo avuto modo di leggere in più occasioni, la religione si è spesso sostituita alla medicina, quando la medicina del tempo non riusciva a trovare una soluzione e soprattutto quanod si riteneva che “non era cosa per medici”. E questo accadeva anche per i casi di ittero. Allora si ricorreva a Santa Marina, la santa bella, la santa del sano colorito.
A Ruggiano è presente un Santuario dedicato al culto di Santa Marina. Qui accorrevano a piedi, in pellegrinaggio, i malati di itterizia (anticamente chiamato “male d’arco” in quanto si riteneva responsabile della malattia l’arcobaleno).
La tradizione voleva che i pellegrini prima di arrivare a Ruggiano, dovevano fermarsi ad orinare nei pressi di qualcosa che avesse la forma di un arco, recitando i seguenti versi:
“Arcu pint’arcu, tie sì bbèddu fattu.
Ci nò ttè saluta, de culùre cu ttramùta.
Ieu sempre te salutài e la culùre no ppèrsi mai”.
Giunti nel piazzale del Santuario poi, si acquistavano le “zigaredde”, i tradizionali nastrini colorati che, una volta strofinati alla statua della Santa, acquisivano il potere di prevenire la temuta malattia.
Ruggiano è un piccolo centro agricolo a circa un chilometro da Salve. Percorrendo la statale che porta da Gallipoli a Santa Maria di Leuca, attraversato il centro di Salve dopo una ripida discesa molto suggestiva per il panorama che si può ammirare, scendendo dalle ultime propagini delle serre salentine, si giunge a questo piccolo centro. Qui a partire da una preesistente chiesa di origine medioevale, nel ‘600 le maestranze locali ne hanno ampliato il sito costruendo il Santuario così come appare adesso. Nel ‘700 venne realizzato il bell’altare che si può ammirare all’interno e rifatta la facciata.
Parcheggiata la macchina all’ingresso del centro, ho seguito il flusso della gente che a piedi si indirizzava verso il Santuario. Oggi come allora all’esterno del Santuario si trovano le “zigaredde”.
Quando sono arrivato, di prima mattina, la chiesa era stracolma per la celebrazione della messa e il flusso di gente e di devoti per il tempo che vi sono stato, è stato sempre consistente e costante a testimoniare come ancora oggi certe tradizioni e devozioni sopravvivono e sono partecipate.
Non ho visto nessuno, come vuole la tradizione, strofinare sulla statua della santa i nastrini colorati, ma tantissimi si avvicinavano con in mano un fazzoletto. Prima lo strofinavano sui piedi della santa e poi se lo passavano sulla faccia, conservandolo poi in tasca o nella borsa.
Vi devo confessare che questa visita è stata bella ma al tempo stesso emozionante per la semplicità del luogo e dei gesti delle persone.
Diversi sono i viaggi religiosi nel nostro Salento e dievrse le specificità dei culti. Sono tutti emozionanti! Da Ruggiano per Santa Marina a Torrepaduli per San Rocco, da Galatina per san Pietro e Paolo a Gallipoli per Santa Cristina, a Tiggiano per Santu Pati….. lu patrunu te li scujati! etc…No, non è irriverenza avere familiarità con il divino e tante spiegazioni si nascondono dietro l’ormai incomprensibile folckorismo. Prima era cosa seria!!
Grazie per la tua preziosa testimonianza!