La zèppola di San Giuseppe

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di Massimo Vaglio

La zèppola, è in Puglia e soprattutto nel Salento, il dolce tradizionale della festa di San Giuseppe; invero non si tratta propriamente di un dolce salentino, o perlomeno, non esclusivamente. Questo dolce, è infatti, ormai obiettivamente ascrivibile alla tradizione italiana. Si ritiene, comunque, che sia d’ origine napoletana.

Bartolomeo Scappi, (celebre autore della monumentale: Opera dell’arte del cucinare, Venezia 1570 ) che è primo a menzionarlo, lo descrive come una frittella di farina di ceci, zucchero e uva passa, molto simile alle zeppole che  nello stesso secolo vengono attestate in uso a Napoli come dolce del carnevale. La voce zeppole, in seguito, ricorrerà in molti antichi testi partenopei e persino in un “Privilegio” del Viceré Conte di Ripacorsa. 

Varie fonti scritte e persino delle inequivocabili stampe popolari, segnalano come,  nella  festosa e pittoresca Napoli del Settecento, tale usanza fosse già di dominio pubblico, tanto, che nel giorno di San Giuseppe, i friggitori, per onorare il proprio Santo patrono, si cimentavano all’aperto, su improvvisati banchetti, ma con plateale maestria, alla preparazione delle zeppole. Altre fonti, inquadrano verso la fine del Settecento, attribuendola al famoso pasticcere napoletano Pintauro, l’idea di preparare questi dolci (ricordanti nell’aspetta vagamente i trucioli) nel giorno di San Giuseppe, quale simbolo del Santo falegname. Questi pare che avesse a sua volta attinto la ricetta dal  “Cuoco galante” dell’oritano Vincenzo Corrado (1738-1836), nella cui versione però si presentavano senza crema e con della confettura di amarena al centro,  avendoli appellati, tortanetti di pasta bugnè.

Probabilmente entrambe le ricostruzioni storiche sono attendibili e le zeppole erano già in auge a Napoli, ma nella versione più popolare; semplici ciambelle, fritte e dolcificate, ad uso, come si diceva al tempo,  del popolo minuto. 

Pintauro, quindi, si limitò semplicemente a  migliorarle elevandole così di rango e facendole rivenire un prodotto di pasticceria degno anche dei palati più raffinati.

L’odierna zeppola, salentina, ha peculiarità sue che mantiene inalterate da diverse generazioni, da alcuni anni però il suo consumo non è più limitato esclusivamente alla ricorrenza di San Giuseppe, ma comune in ogni periodo dell’anno, e piegandosi alle ragioni della dieta, si va sempre più affermando l’uso di cuocere le zeppole anche in forno, orrore!!! Mi verrebbe da gridare, permettetemi di esprimere il mio disappunto, e perdonatemi la parafrasi con un noto slogan di caffè : la zeppola, è zeppola! E, se non è fritta, che zeppola è?

Si ritorni pure a mangiarla solo una volta all’anno, ma che non si continui a profanare questo semplice, gustosissimo storico capolavoro dell’ingegno italico. 

 

La ricetta

Ingr. Farina 500 g , acqua ½ litro, uova 10, strutto 100 g ,  zucchero semolato q.b. , sale un pizzico, olio per frittura, strutto, crema pasticcera q.b. 

Mettete sul fuoco, in una casseruola, l’acqua, il sale, e lo strutto. Quando inizia a bollire, toglietela dalla fiamma  ora. Con un sacco a poche, con bocchetta a stella del diametro di circa tre centimetri, realizzate su dei fogli di carta oleata unti di strutto delle ciambelle toroidali di una decina di  centimetri di diametro. Per la frittura occorrono due padelle colme di olio o strutto a differenti temperature; passate le zeppole, prima nella padella con olio a temperatura tiepida, onde si gonfino e si rassodino, quindi passatele nella seconda padella, contenente olio a temperatura maggiore o preferibilmente strutto perché finiscano di cuocere e acquisiscano un’invitante colorazione bruno dorata.

Sgocciolatele, e quando si raffreddano cospargetele di zucchero semolato, e guarnitele, a mezzo della sacca, di crema pasticcera e spolverizzatele di cannella in polvere.

Lo strutto, consigliato nella ricetta, al contrario di quanto si possa pensare, è uno dei grassi più raccomandabili dal punto di vista nutrizionale, in quanto possedendo un punto di fumo notevolmente elevato, alle normali temperature di utilizzo non si altera,  quindi non si ha la formazione della pericolosissima acroleina, una sostanza notoriamente epatotossica, nefrotossica, gastrolesiva  e altamente cancerogena.

Zèppole e zòppole

Le zèppole tra mito e realtà

di Pino de Luca

Non ci si può sottrarre ad alcuni eventi, tanto sono antichi e tanto perpetuati che fanno parte integrante delle nostre cellule. Da tempo immemore le Idi di marzo rappresentano un momento di passaggio importante nella cultura italica. Il 17 di marzo ricorrevano i “Liberalia” oltre al compleanno della Patria Unita, erano i giorni nei quali “insanire licet.” E in onore di Bacco e Sileno si dava fondo al vino e si cuocevano frittelle di frumento che si condivano con il miele in onore dell’uno e dell’altro operando una sorta di “captatio benevolentiae”.

Da li sembra derivino i dolci tipici del 19 marzo, San Giuseppe Lavoratore. Dolci alteri e aristocratici che, come regine, vestono in questa data gli scaffali delle pasticcerie. Qualcuno ne attribuisce la paternità al convento di San Gregorio Armeno, altri a quello di Santa Patrizia. Altri ancora alle Lucchesi monache della Croce o a quelle dello Splendore.

La prima ricetta trasmessa ai posteri la dobbiamo ad un personaggio della cucina Napoletana: Ippolito Cavalcanti duca di Buonvicino. Così lui

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