di Armando Polito
(tutte le foto, dell’autore, risalgono alla fine degli anni ’90)
Magari a poche ore dalla pubblicazione di questo post sarò subissato di critiche, ma come potevo io, piccolo uomo, resistere alla tentazione di un titolo che, magari, non sarà brutalmente sparato ma che, conformemente alla migliore prassi di scrittura giornalistica oggi più che mai in vigore, stimola la sacrosanta curiosità (che è, poi, la voglia di conoscere) del lettore, non certo col toponimo, noto probabilmente a livello planetario, ma col nesso successivo che della curiosità sfrutta il suo aspetto morboso, correlato per eccellenza, poveri noi!, con la sfera sessuale?
Ho rinunciato volutamente, per non esagerare, ad aggiungere, sempre nel titolo, la parola record, per non fare un riferimento, per quanto redditizio sul piano dei contatti, allo sport che, insieme col sesso, costituisce l’altro campo umano in cui molte sono le parole e pochi i fatti , in cui, il paragone religioso non sembri blasfemo, tanti sono i credenti, pochi i praticanti …
Ed è proprio dal record che voglio cominciare. Come tutti sanno, la Palude del Capitano è il risultato del crollo di una cavità carsica, fenomeno etichettato nel dialetto locale con il termine spunnulata. In agro di Nardò è certamente la più estesa. Ma, da dove deriva spunnulata?
Sorprende non poco che questa voce sia assente nel vocabolario del Rohlfs, anche perché presumibilmente non sembra essere formazione recente. Me lo fa pensare la sua presenza nel Vocabolario delle parole del dialetto napoletano, che più si scostano dal dialetto toscano, Porcelli, Napoli, 1789, dal quale riporto in formato immagine i due lemmi che ci interessano.
Mentre il napoletano sfonnolara appare come forma deverbale inizialmente aggettivale, poi sostantivata (da uno *sfònnolo, diminutivo di sfonno) , il nostro spunnulata appare come participio passato di sfonnolare con semplice, normalissima sostituzione di –f– con –p– (sfondare a Nardò è spundare, il che spiega, se ce ne fosse bisogno, il passaggio -o->-u-). Spunnulata, dunque, equivale a sfondata, con riferimento, però non al fondo ma alla volta della cavità carsica, che coincide con quello che prima del crollo era il livello di calpestio.
A questo punto crolla, forse, qualcos’altro, cioè l’aspettativa del lettore più malizioso che si attendeva chissà quale rivelazione sulla vita sessuale del leggendario Capitano e, addirittura, era ansioso di conoscere il nome autentico di questa donna, e non solo il nome …
A me, invece, piace immaginare solo quest’uomo di mare che, secondo racconti locali, dato l’addio alla navigazione a causa dell’età, si rifugia in un luogo paradisiaco in cui con un pizzico di fantasia basta una semplice increspatura della superficie della palude per evocargli chissà quali tempeste.
La foto con cui mi piace chiudere, però, mi ricorda un’età relativamente verde, la mia, quando la Palude per motivi personali era la mia meta preferita; e la ricorda anche per quel dettaglio, evidenziato in bianco, che oggi non esito né mi vergogno di definire osceno (nel senso etimologico del termine: indegno di stare sulla scena): la staffa in cui veniva infilata una tavola sufficientemente lunga per fungere da trampolino per tuffarsi in quelle acque di cristallo, ma anche di ghiaccio per via della loro temperatura che, se non ci restavi secco, ti infondevano, loro sì, una carica di prorompente vitalità, come recitava uno spot pubblicitario di un bagnoschiuma in voga in quegli anni …