Le leggende e i racconti salentini delle festività natalizie

Il Salento delle leggende.

Misteri, prodigi e fantasie nell’antica Terra d’Otranto

 

di Antonio Mele ‘Melanton’

 

Quando muoiono le leggende finiscono i sogni.

Quando finiscono i sogni, finisce ogni grandezza.

Per quanto la civiltà moderna abbia modificato, e molto spesso stravolto, e finanche saccheggiato o disperso alcuni antichi valori della nostra tradizione, almeno uno – di solido fondamento laico, oltre che religioso – resiste inossidabilmente a qualsivoglia ingerenza e violazione: la festa di Natale.

Accanto alle celebrazioni che in tutto il mondo contrassegnano di vera gioia la ricorrenza di questo magico periodo dell’anno, il Natale riesce ad aggregare affetti, a sciogliere rancori, a renderci più disponibili verso il prossimo, e a tornare infine bambini, recuperando per un momento quella loro stessa innocenza, e quel senso di attesa, sorpresa, e gioiosa trepidazione, che nessuno di noi dovrebbe mai del tutto dimenticare.

La vera felicità – della quale di rado avvertiamo pienamente il senso – è spesso nascosta nelle cose semplici, nelle piccole emozioni di momenti quotidiani: nella bellezza di uno sguardo, di un profumo, di una canzone, di un sorriso. Senza per questo trascurare di obbedire ai doveri che la vita c’impone.

C’è un famoso racconto di Paulo Coelho, che parla di un mercante che mandò il figlio ad apprendere il segreto della felicità dal più saggio di tutti gli uomini. Il saggio – che viveva in una lussuosa dimora con saloni arricchiti da specchi ed arazzi, e giardini meravigliosi, e biblioteche ricolme di dipinti ed antiche pergamene, e tavole sontuosamente imbandite – mandò il ragazzo a farsi un lungo giro nel palazzo, tenendo però in mano un cucchiaino con dentro due gocce d’olio, che non doveva far cadere. Il giovane tornò dopo un paio d’ore, e il saggio gli chiese se aveva ammirato le bellezze incontrate nel suo cammino. «No», rispose quello, giustificandosi che aveva prestato massima attenzione alle due gocce d’olio, perché non cadessero dal cucchiaino. Allora il saggio lo invitò a rifare il giro del palazzo, e al suo ritorno gli fece la stessa domanda. «Sì», rispose il ragazzo, «questa volta ho ammirato proprio tutto». Ma il saggio gli fece notare che aveva rovesciato e perduto le due gocce d’olio. E gli spiegò allora che il segreto della felicità consiste nel guardare e godere di tutte le meraviglie del mondo, senza tuttavia dimenticare le due gocce d’olio nel cucchiaino…

Le leggende e i racconti delle festività natalizie e di fine-inizio anno s’incrociano spesso tra loro, e si somigliano un po’, al di là di latitudini diverse e lontane.

Come, ad esempio, una leggenda russa che parla di una Vecchia Signora, chiamata Babushka (che altri non è se non la nostra Befana), la quale, durante la Notte Santa, per via della neve e del gelo che avevano reso inagibili le strade, non riuscì a recarsi in visita alla Grotta dov’era nato Gesù Bambino. Dovette perciò rimandare l’incontro, e il giorno dopo, a cavallo di una scopa (per evitare di restare bloccata), giunse nel sacro luogo carica di doni, ma non trovò più nessuno.

Fu così che, da allora, subito dopo la ricorrenza del Santo Natale, la Vecchia Signora viaggia a cavallo di una scopa, con un sacco pieno di regali, che distribuisce a tutti i bimbi buoni, sperando che fra loro ci sia anche Gesù Bambino.

Tra leggenda e tradizione è la consuetudine tutta salentina che vuole che nel cenone di San Silvestro, aspettando il nuovo anno, si debbano consumare, come buon augurio, tredici pietanze diverse, fra cui non possono assolutamente mancare le pìttule cu lu cottu.

Sempre all’ultimo dell’anno, a Gallipoli si spara lu Pupu: in tutti i quartieri della città jonica si fa a gara a costruire con la cartapesta un ‘personaggio’ pittoresco che rappresenta l’Anno Vecchio, il quale a mezzanotte in punto viene bruciato, con grande frastuono di canti, balli, fuochi artificiali, e fiumi si spumante, tra la gente scesa per le strade. Chi non ha mai veduto questo spettacolo assolutamente straordinario di festa collettiva, non perda l’occasione di parteciparvi il prossimo 31 dicembre. Con i nostri Auguri!

 

23. Anche la storia del Presepio ha l’aria un po’ della leggenda, pur potendo contare sulla testimonianza storica degli evangelisti Luca e Matteo, che per primi descrissero la Natività, e su quella di San Francesco, che nel 1223, come vuole la tradizione, allestì il primo Presepio fra le aspre alture di Greccio, oggi in provincia di Rieti.

Nel Salento non mancano, durante le festività di fine anno, i Presepi viventi (a Gallipoli come a Casarano, Tricase, Calimera, Presicce, Collepasso, Sanarica, Galatone, Torrepaduli, Noha, per citarne soltanto qualcuno), e perfino un suggestivo “Presepe rupestre” – detto anche “dei pupi bianchi”), visitabile peraltro tutto l’anno, allestito sulle serre di Alliste, con numerose statue a grandezza naturale realizzate dallo scultore Luigi Sicuro.

Come Napoli, anche Lecce vanta un’antica scuola ‘presepistica’: i creatori cartapestai salentini – fra i quali merita una citazione d’onore il più longevo e attivo maestro in quest’arte, Antonio Malecore – ci hanno lasciato opere indimenticabili, che fin dal Cinque e Seicento fanno bella mostra di sé in alcune nostre Chiese e Cattedrali, come quello in pietra dipinta – opera del 1530 di Stefano da Putignano – che si può ammirare nella Chiesa del Carmine a Grottaglie.

24. Di buon augurio è anche la leggenda di Rossofiore o della Stella di Natale, molto suggestiva, anche se poco conosciuta, ambientata nelle contrade tra Sogliano e Cutrofiano. In casa nostra ce la raccontava la zia Carmeluccia, che per lunghi anni è vissuta proprio in quelle campagne, nel fondo denominato Colamaria, dove anche noi, da Galatina, negli anni Cinquanta, andavamo a villeggiare dall’inizio di settembre al periodo della vendemmia, trattenendoci qualche volta anche fino a “Santu Martinu”…

Pare che, nella notte dei secoli, quel territorio appartenesse al principe guerriero Raguccio, il quale aveva un figlio di nome Larenzio, naturalmente giovane, bello, forte e intelligente come lo sono tutti i principi delle leggende. Un giorno d’inverno, poco prima di Natale, andando a caccia nei boschi, Larenzio incappò in una stupenda cerva dal candido manto, che riuscì ad abbattere con un ben assestato dardo. Neanche aveva mosso il primo passo per avvicinarsi alla preda, che egli sentì levarsi da dietro un cespuglio grida e disperati lamenti, e subito dopo vide apparire una bellissima fanciulla, con un fiore rosso a forma di stella tra i capelli, che gli si gettò ai piedi, supplicandolo: «Aiutatemi, mio Signore! Voi avete ucciso la Cerva Bianca del Mago Nanni, della quale proprio io ero la guardiana, ed ora il Mago Nanni mi punirà terribilmente, traendomi come sua schiava…».

Ed ecco, infatti, che dalle alture innevate appare il Mago Nanni: alto, vestito di nero, con barba ispida e lunghe zanne, che stringe in mano una bacchetta magica da cui escono fiamme spaventose: «Tu, Rossofiore – urla alla giovane donna, e facendo tremare perfino gli alberi del bosco – hai mancato al tuo dovere di guardiana della sacra Cerva, e verrai ora con me nel mondo delle tenebre!». E difatti, ad un colpo della bacchetta, Rossofiore si trasforma in una nuvola di fumo, e subito dopo anche il Mago scompare nell’aria.

Innamorato più che mai della fanciulla, il principe Larenzio sembrò allora uscire pazzo, e si mise a cercare dovunque per trovare traccia del terribile Mago e di Rossofiore, avventurandosi perfino verso le scogliere di Otranto e Castro, e perlustrando tutto il Capo di Leuca, e ogni grotta, ogni selva, ma senza successo. Passarono così i giorni e le notti, fino al primo giorno di primavera, quand’egli, giungendo stremato in un altro fittissimo bosco, si riposò finalmente sotto una grande quercia.

Nel sonno, mentre i profumi della primavera addolcivano l’aria, gli apparve un fiore scarlatto, a forma di stella, che sembrava brillare sulla cima di un albero tutto attorcigliato e ricolmo di spine. Ma il principe Larenzio non stava sognando: quella specie di rovo gigantesco era proprio davanti a lui, e quel fiore purpureo gli riportava in mente la sua bella innamorata. Così, senza indugio, e con la forza della disperazione, cominciò a dare potenti colpi di spada alla base di quell’albero contorto e mostruoso, finché esso si piegò in due, abbattendosi al suolo in una nuvola di polvere e trasformandosi per incanto in una bella e dolce fanciulla, che era per l’appunto l’amata Rossofiore.

Inutile aggiungere che i due giovani si sposarono con grande festa di nobili e di popolo, ebbero molti figli, e vissero a lungo felici e contenti.

Con buona pace del tenebroso Mago Nanni e di tutti i Cattivi come lui, destinati – almeno nelle favole – a pagare il fio delle loro malefatte, scomparendo per sempre nel nulla.

 

Pubblicato su Il Filo di Aracne.

Il Natale com’era…

di Maria Teresa Rauzino

Gli  studi sulle tradizioni popolari natalizie pugliesi ci restituiscono immagini di grande fascino, dai presepi napoletani di Francesco Emanuele Pinto, principe di Ischitella, all’arrivo degli  zampognari nel santuario scavato nella roccia a Monte Sant’Angelo, alle pettole di Peschici…

IL NATALE COM’ERA….

 

Forse non tutti sanno che i presepi allestiti nei palazzi nobiliari di Napoli erano qualcosa di unico. La meraviglia delle scene costruite con ricchezza di particolari, la plasticità dei volti dei pastori, attiravano un pubblico numeroso e di ogni estrazione sociale, suscitando nei visitatori “diletto e meraviglia”. La  ricchezza inaudita di sete e stoffe, gioielli, ori ed argenti, che caratterizzava l’ornamento dei personaggi del presepe, doveva dimostrare lo status socio-economico del nobile casato che lo allestiva.

Le cronache della «Gazzetta di Napoli» citano, durante il periodo austriaco (1707-1734), la visita dei Vicerè ai presepi napoletani. È singolare apprendere che il più celebre presepe in città era quello di Emanuele Pinto, principe di Ischitella e Peschici. L’ultima Viceregina austriaca andò a vederlo, preceduta da un drappello di guardie tedesche ed accompagnata da alcune dame, nel giorno di Natale del 1733. Il principe e la principessa d’Ischitella la ricevettero ai piedi della scala. Era con loro l’architetto che aveva diretto l’allestimento del presepe, Desiderio de Bonis», oggi quasi sconosciuto, ma che fu il più quotato “specialista” del genere.

Il principe Francesco Emanuele Pinto era quindi un raffinato collezionista di presepi. Ne aveva di ogni materiale e disposti in ogni stanza della sua dimora napoletana. Gli allestimenti, fatti eseguire nel suo palazzo a Chiaia nella prima metà del Settecento, dovettero essere qualcosa “di inusitato” anche per un pubblico avvezzo a questo genere di “sacre figurazioni”, al punto che ancora alla fine del Settecento ne restava memoria.

Ma il fatto che il principe Pinto, fin dal 1765, sia stato costretto ad impegnare i gioielli dei Magi e gli ori delle popolane del suo presepe denota la natura precaria delle imponenti costruzioni presepiali che erano nate, più che per devozione natalizia e scopi religiosi o mistici, per la funzionale esigenza di consolidare, attraverso l’ostentazione, il prestigio personale raggiunto dalle grandi famiglie napoletane.

Emanuele Pinto morì indebitato nel 1767. I suoi creditori sequestrarono il feudo di Peschici e concorsero per l’acquisto del feudo di Ischitella.

Oltre alla passione per i presepi, il Principe nutrì quella per l’arte: fu un vero

Spigolature natalizie

di Paolo Vincenti

Simbolo di felicità, il vischio è considerato un portafortuna. Secondo una tradizione di origine anglosassone, baciandosi sotto il vischio ci si sposerà entro l’anno seguente.

Il vischio era considerato una pianta apportatrice di fecondità, dato che le sue bacche schiacciate davano un liquido molto simile al seme umano.

I Druidi, i sacerdoti degli antichi Celti, consideravano questa pianta sacra perché le attribuivano particolari virtù come quella di allontanare le epidemie. Questa  pianta veniva recisa dall’albero su cui nasceva con una solenne cerimonia che si svolgeva, secondo il racconto di Plinio il Vecchio, il sesto giorno della luna e veniva tagliata con un falcetto d’oro. Questo utensile univa in se le opposte energie solari (l’oro è infatti un metallo legato al sole) e lunari (la falce ha la forma di una mezzaluna), ed era quindi simbolo della riunione dei due principi, maschile e solare con quello femminile e lunare.

Il  vischio è considerato come una panacea di tutti i mali poiché esso cresce sui rami degli alberi e non ha quindi contatti con la terra. Virgilio, nell’Eneide, lo cita per le sue virtù magiche.

Il Vangelo apocrifo Armeno assegna loro i nomi di Gaspare, Melchiorre e Baldassarre Una antica consuetudine era anche quella di preparare le focare cioè accendere dei fuochi ai crocicchi delle strade del paese ai quali si dava fuoco la vigilia di Natale.

La famosa “stella di Natale”, che da secoli si lega agli allestimenti tipici del Natale, nasce dal regalo di un bimbo. Narra la leggenda che il 25 dicembre di un anno imprecisato,  un bimbo povero entrò in una chiesa per offrire un dono a Gesù nel giorno della sua nascita. Si trattava di un esile mazzo di frasche ed il bimbo, triste e vergognoso per il suo magro regalo, cominciò a piangere. Ma le sue lacrime, che bagnavano quei

Da San Nicola a Santa Claus

DA BARI ALLA LAPPONIA: STORIA E LEGGENDA DI BABBO NATALE
 
di Paolo Vincenti

Uno dei personaggi più popolari dell’immaginario collettivo è sicuramente Babbo Natale, l’allegro e paffuto vecchietto dalla barba bianca che, durante il periodo natalizio, imperversa su giornali, internet, tv, centri commerciali  e in tutti i luoghi di aggregazione sociale, dai quali  ci sorride immancabilmente il suo faccione rubicondo. Come ormai tutti sapranno, il personaggio storico da cui il Nostro prende le mosse è San Nicola. Il Santo, nato da una ricca famiglia a Patara, in Turchia, nel IV secolo, è molto venerato anche nel Salento. Calato nella vasca per ricevere il battesimo, il piccolo Nicola si reggeva in piedi da solo, congiungeva le manine al petto e pregava. Inoltre, ogni settimana, il mercoledì e il venerdi, giorni di digiuno per i fedeli dei primi secoli, non voleva mai succhiare il latte e si opponeva con gesti e grida alle insistenze della madre Giovanna, che voleva indurlo a poppare. E questi sono solo alcuni dei suoi miracoli.Uomo onestissimo e integerrimo, divenuto vescovo di Myra, partecipò al Concilio di Nicea del 325 per combattere l’eresia di Ario. Così, già in vita, si diffuse la fama della sua magnanimità e della sua santità e, quando morì, le sue spoglie furono deposte a Myra. Molti ambivano di possedere le sue ossa. Nel 1087, un gruppo di mercanti baresi, con alcune navi cariche di frumento, partirono per Antiochia. Da lì, avendo il disegno di impossessarsi delle ossa di Nicola, si diressero a Myra, che si trovava sotto la dominazione dei Turchi. Riuscirono così, anticipando altri mercanti, come i veneziani, che pure avevano di mira il prezioso bottino, a conoscere il luogo dove era depositato il santo sepolcro e, non senza ostacoli e violenze, riuscirono a rompere la pietra del pavimento e scoprire la tomba. Un soave odore di incenso indicò

La Fondazione Terra d'Otranto, senza fini di lucro, si è costituita il 4 aprile 2011, ottenendo il riconoscimento ufficiale da parte della Regione Puglia - con relativa iscrizione al Registro delle Persone Giuridiche, al n° 330 - in data 15 marzo 2012 ai sensi dell'art. 4 del DPR 10 febbraio 2000, n° 361.

C.F. 91024610759
Conto corrente postale 1003008339
IBAN: IT30G0760116000001003008339

Webdesigner: Andrea Greco

www.fondazioneterradotranto.it è un sito web con aggiornamenti periodici, non a scopo di lucro, non rientrante nella categoria di Prodotto Editoriale secondo la Legge n.62 del 7 marzo 2001. Tutti i contenuti appartengono ai relativi proprietari. Qualora voleste richiedere la rimozione di un contenuto a voi appartenente siete pregati di contattarci: fondazionetdo@gmail.com.

Dati personali raccolti per le seguenti finalità ed utilizzando i seguenti servizi:
Gestione contatti e invio di messaggi
MailChimp
Dati Personali: cognome, email e nome
Interazione con social network e piattaforme esterne
Pulsante Mi Piace e widget sociali di Facebook
Dati Personali: Cookie e Dati di utilizzo
Servizi di piattaforma e hosting
WordPress.com
Dati Personali: varie tipologie di Dati secondo quanto specificato dalla privacy policy del servizio
Statistica
Wordpress Stat
Dati Personali: Cookie e Dati di utilizzo
Informazioni di contatto
Titolare del Trattamento dei Dati
Marcello Gaballo
Indirizzo email del Titolare: marcellogaballo@gmail.com

error: Contenuto protetto!