Pino Salamina e la Grotta dei Cervi a Porto Badisco: un ricordo

di Armando Polito

Nessuno come Foscolo ha celebrato quella religione tutta laica della sopravvivenza oltre la morte di coloro che sono stati protagonisti di alte gesta. Di fronte a queste espressioni la nostra povera mente corre subito alle imprese militari, senza che si lasci sfiorare dalla necessità di considerare quante vite umane è costata la gloria di uno solo. Per fortuna ci sono ben altre e più degne battaglie, quelle culturali; e di una di queste Pino, che ci ha lasciato ieri, è stato il grande, mai domo, condottiero. Il destino ha voluto che fosse lui ad immortalare i pittogrammi della Grotta dei Cervi a Porto Badisco e che ne facesse dono nel suo Pagine di pietra a Badisco, un foto-racconto, come lo definisce lo stesso autore, in cui su un sostrato d’indubbia abilità tecnica s’innesta l’ingenuità del fanciullo felicemente congiunta con la sensibilità e la capacità analitica e introspettiva del poeta. Non ho avuto il piacere e l’onore di conoscere Pino di persona, ma ho avuto il privilegio di esaminare alcune delle sue foto della grotta e di leggere le sue riflessioni prima che esse confluissero nel suo libro uscito nel 2009 in distribuzione gratuita, sottolìneo gratuita …

L’intermediario di questo incontro a distanza fu suo figlio Stefano, marito di Elisabetta Polo, che qualche anno prima era stata mia allieva e che, molto probabilmente, aveva fatto il mio nome, indegno, per un giudizio,  Rimasi, nel leggere quel canovaccio, piacevolmente sorpreso dal taglio originalissimo, per fortuna, secondo me, conservato integralmente nella stesura finale dell’opera, una cui copia, donatami a pochi giorni dalla sua uscita, con dedica, conservo gelosamente e con orgoglio.

Non si chiudono per sempre gli occhi di chi ha visto qualcosa di stupefacente e ha reso partecipi gli altri della sua fruizione, sia pure mediata dal mezzo tecnico, nel nostro caso la fotografia. E poi la sua tenace difesa dai rischi di limitrofa cementificazione del delicatissimo sito, tanto delicato che non è possibile visitarlo in quanto, si dice, sarebbero alterate le condizioni climatiche che hanno consentito alle pitture di giungere fino a noi. Sarà pure così, ma da cittadino che, data l’età, ne ha viste di tutti i colori, mi riservo il diritto di ipotizzare, malignamente e maliziosamente quanto si vuole, che ciò costituisca un comodo alibi per non accollarsi  un onere finanziario considerato secondario e superfluo, come secondario e superfluo in Italia è tutto ciò che riguarda la cultura, quando il solo settore del turismo culturale propriamente detto dovrebbe essere, col patrimonio in nostro possesso, il volano della nostra economia.

Sarebbe stato più onesto dichiarare che la fruizione pubblica, pur con le precauzioni del caso, sarebbe stata troppo onerosa nella fase di progettazione e di realizzazione dei sistemi protettivi, mentre le spese di gestione sarebbero state compensate dagli incassi e solo dopo parecchi anni avrebbero a loro volta cominciato a compensare la spesa iniziale. Il nome di tutto ciò? Investimento pubblico oculato: nesso in Italia sconosciuto o, quando non lo è, annegante negli oscuri meandri della burocrazia o del malaffare.

Invece ci si è sciacquato la bocca di belle parole con un progetto iniziato nel 2003. che aveva come obiettivo finale la ricostruzione virtuale in 3D della grotta e, quindi, la possibilità per chiunque, grazie alla tecnologia, di conoscerla senza alcun rischio per il suo prezioso contenuto.

Sono trascorsi ben 14 anni nel corso dei quali chissà quanti nuovi stadi (non ospedali o carceri…) saranno stati costruiti, ma il meraviglioso progetto, con legittimo orgoglio sbandierato ai quattro venti al momento del concepimento, sembra abortito per esaurimento dei fondi.

Chissà per quanti anni ancora Pagine di pietra resterà come il più completo repertorio iconografico della grotta. Pino probabilmente avrebbe gradito esserne uno dei primi visitatori virtuali, dopo esserne stato uno dei primi reali e sarebbe stato ben felice di sentirsi “superato”. Ma, forse, è meglio così …

Il “bacio preistorico” della Grotta dei cervi e il “forse” mancato, ovvero la responsabilità dei competenti

di Armando Polito

Immagine tratta da http://www.prolocoportobadisco.it/foto-gallery/category/5-grotte.html
Immagine tratta da http://www.prolocoportobadisco.it/foto-gallery/category/5-grotte.html

I provocatori, i soverchiatori, tutti coloro che, in qualunque modo fanno torto altrui, sono rei, non solo del male che commettono, ma anche del pervertimento ancora a cui portano gli animi degli offesi. Renzo era un giovane pacifico e alieno dal sangue, un giovane schietto e nemico di ogni insidia; ma in quei momenti, il suo cuore non batteva che per l’omicidio, la sua mente non era occupata che a fantasticare un tradimento. (Alessandro Manzoni, I promessi sposi, capitolo II).

La situazione cui allude il Manzoni può sembrare ben diversa da quella alla quale intendo riferirmi e che illustrerò fra poco e, se certamente non si sono da una parte provocatori o soverchiatori e dall’altra potenziali omicidi o traditori, tuttavia il soggetto attivo può benissimo rientrare nella categoria di coloro che in qualunque modo fanno torto altrui (o, meglio, alla corretta conoscenza) e quello passivo  in quella degli offesi, sia pure, nella fattispecie, inconsapevoli, ingenui, creduloni e forse anche un po’ ignoranti.

Quando da una parte c’è l’eccessiva sicurezza del competente e dall’altra la credulità, l’ingenuità e il basso livello culturale dell’incompetente si crea una miscela esplosiva da cui la conoscenza rischia di uscire a pezzi.

Credo che la maggior parte degli italiani (non mi meraviglierei se da questa mancassero proprio i salentini …) sappia cos’è la Grotta dei cervi e come fior di studiosi si siano affannati senza risultati convincenti e definitivi sull’interpretazione di alcune pitture (manca solo l’ipotesi della loro  origine extraterrestre, ma forse sono io a non essere sufficientemente aggiornato …). Ho detto di alcune perché compaiono raffigurazioni che non porrebbero (questo e gli altri condizionali non sono casuali …) alcun problema di lettura e costringerebbero anche il più schifiltoso a riconoscere al preistorico artista capacità che talora potrebbero far invidia ad un designer dei nostri tempi. Ecco, per esempio, come con una sintesi grafica per me di strabiliante efficacia il nostro antenato cavernicolo ha immortalato il rapporto uomo-animale in quella che doveva essere la sua attività primaria: la caccia.

L’uomo sembra congelato nel momento in cui, con l’arco armato, tenta di avvicinarsi all’animale con un fare quasi disinvolto per non farlo fuggire anzitempo, cui fa da contraltare la postura del cervo che non sembra essersi reso perfettamente conto delle intenzioni dell’uomo, anche se mi sarebbe piaciuto dire che sembra bramire all’uomo: – Ma che cazzo vuoi da me? – e immaginare che in quel lontanissimo giorno si sia subito dopo dato alla fuga salvando la pelle e suscitando la collerica reazione del cacciatore che avrà detto nel salentino dell’epoca quello che oggi suonerebbe – Li corne tua! – …

Ho tratto il dettaglio, come quello che seguirà, da Pagine di pietra a Badisco, foto-racconto di Pino Salamina (con la collaborazione del figlio Stefano), Edizione a cura del Gruppo Speleologico leccese ‘NDRONICO, AGM (Arti Grafiche Marino), Lecce, 2009, pubblicazione fuori commercio della quale posseggo una copia, prezioso dono degli autori.

Se la scena appena proposta, che fa parte del gruppo 18, non sembra porre problemi di lettura ma differenze di interpretazione per così dire sentimentale, non credo che  lo stesso si possa dire di un altro dettaglio appartenente al gruppo 39  così descritto da Maria Laura Leone, La fosfenica Grotta dei cervi. Arte, Mitologia e Religione dei Pittori di Porto Badisco, Pensiero preistorico, s. l., 2009, p. 16: Una mensola naturale simile ad un altarino è quella aggettante sotto il gruppo 39, con le pitture inserite al centro di una nicchia calcarea dove un uomo e una donna si uniscono in un bacio preistorico.

Circa il bacio preistorico non ho nulla da eccepire sulla lettura del dettaglio (e, dettaglio nel dettaglio, mi chiedo se quel tratto  sporgente agli occhi dell’autrice sia sembrato un pene in erezione …) ma sul modo in cui tale lettura viene proposta. Se l’indicativo (si uniscono) è il modo della certezza, l’aggiunta di un forse, secondo me, avrebbe fatto bene a tutti, impedendo che in rete (facebook in primis) tale lettura passasse, senza, fra l’altro, ombra di citazione del testo da cui è stata tratta, come quella ufficiale e che poi, proliferasse come verità assoluta nelle condivisioni d’obbligo e suscitasse acritici gridolini di soddisfazione e, nei casi più preoccupanti, elucubrazioni di ogni tipo.

Ora il lettore comprenderà il titolo e la citazione iniziale, forse …

La grotta dei Cervi di Badisco: considerazioni ed ipotesi sul pittogramma dello “sciamano”

Baia di Badisco

 di Elvino Politi*

La presenza umana nel Salento sin dall’età del Paleolitico Medio è testimoniata da rinvenimenti che costituiscono ad oggi una delle sezioni più importanti per uno studio compiuto della preistoria nell’Italia Meridionale. Ci riferiamo in particolar modo ai depositi di Maglie, relativi il sito di Cattie, che hanno restituito tra i pochissimi resti osteologici riferibili all’uomo neandertaliano. Qui sono stati rinvenuti altresì industrie di piccolo formato di tipo charentiano con accenni alle tecniche di Quinson.

Al sito magliese si aggiungono i depositi, riconducibili al Würm II, di Castro (Le) localizzati in Grotta Romanelli (da cui la facies omonima) e Nardò (Le) localizzati in Grotta del Cavallo in località Uluzzo (da cui la facies musteriana “uluzziana”).

Quest’ultima, che si colloca tra il Würm III e l’interstadio di Arcy, è il più antico sito italiano riferibile al Paleolitico Superiore e si compone di tre stadi rispettivamente arcaico (strato E III) medio o avanzato (strato E II-I) e recente (strato D).

gruppo di Neanderthal

L’importanza che ricoprono tali siti è dovuta non solo allo sviluppo di attività proprie, tali da distinguerle come facies autonome all’interno dello schema culturale di riferimento riscontrabili anche oltre l’orizzonte territoriale prettamente locale, ma anche al fatto che la scoperta delle

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