Presepi a Casarano

di Fabio Cavallo

Natale, tempo di attesa e di preparazione… attesa per la nascita del Bambin Gesù e preparazione spirituale per la solennità del Natale.

E’ anche tempo di preparazione materiale durante il quale ogni famiglia, ogni comunità si affretta a realizzare addobbi, alberi luminosi, ricette tipiche e, soprattutto, allestire il presepe, simbolo per eccellenza di questa festa religiosa. Nelle nostre comunità, parrocchiali e confraternali, l’organizzazione del presepe rappresenta una sorta di “rituale” aggregativo che, per l’occasione, mette insieme un folto gruppo di persone – tra le più disparate – intente a dar vita alla rappresentazione della Natività, senza alcuna pretesa, consapevoli di tramandare una bella e solida tradizione cristiana. Ed ecco che ci si imbatte in colui che sa modellare la carta roccia, in quello abile a sistemare le lampadine, al falegname, chiamato di proposito ad assemblare tronchi ed assi, all’anziano agricoltore, incaricato di rifornire il presepe dei necessari muschi e licheni per ottenere il più realistico effetto scenico.

La comunità di Casarano non si sottrae da questo clima di trepida preparazione. In tutte le chiese cittadine è allestito un presepe.

Ne prendiamo solo due in esame, quello della Chiesa dell’Annunziata (la Parrocchia Matrice) e quello della chiesa confraternale dell’Immacolata. C’è da premettere che la realizzazione dei presepi nelle chiese casaranesi risale a tempi relativamente recenti, ossia dopo gli anni del Concilio Vaticano II.

In epoca preconciliare era consuetudine esporre solo la statua del Bambinello, poggiandola in una culla, al posto della croce d’altare.

interno Chiesa dell’Annunziata di Casarano

 

Nella chiesa dell’Annunziata da diversi decenni è attivo un apposito gruppo Presepe, che cura tutti gli aspetti organizzativi e logistici per la realizzazione della Natività. Degne di rilievo sono le statue di Maria, San Giuseppe, dell’Angelo, del bue e dell’asinello, realizzate dal noto cartapestaio leccese Antonio Malecore (1922-2021) nei primi anni ‘80 del secolo scorso.

La statuina in gesso del Bambino Gesù, invece, è piuttosto antica, risalente all’Ottocento. Le statue in cartapesta furono realizzate sotto il parrocato di mons. Decio Merico che ebbe la lungimiranza di dotare la parrocchia di queste pregevoli opere.

Allestimento presepe con le statue di Malecore

 

La chiesa dell’Immacolata vanta una più solida tradizione nell’allestimento del presepe. Fu il compianto don Aldo Stefàno, (1967 – 1972), rettore della chiesa e padre spirituale della confraternita, ad introdurre l’usanza di mettere in scena la Natività. Nei primi anni Settanta, le realizzazioni erano estrose, quasi anticonformiste, di chiaro stampo moderno. E’ ancora vivo nella memoria dei confratelli più anziani, il globo terracqueo rotante sul quale sovrastava il Bambinello con le braccia stese mentre dai piedi sgorgava uno zampillo d’acqua che inondava il pianeta, chiara simbologia di purificazione dell’Umanità scaturita dalla Nascita di Gesù.

facciata della chiesa dell’Immacolata a Casarano

 

Tali rappresentazioni attirarono l’attenzione dell’ENAIP di Lecce che in quei tempi organizzava annualmente un concorso provinciale per presepi artigianali. Per ben due volte il presepe dell’Immacolata ottenne il primo premio con assegnazione di una medaglia d’oro. La prematura scomparsa del sacerdote, fortunatamente, non arrestò questa tradizione e si continuò ad approntare il presepe riportandolo nell’alveo di un allestimento più classico e usuale, in cui l’elemento principale era la grotta con la Natività.

Allestimento del presepe nella chiesa dell’Immacolata a Casarano

 

Ancor oggi, alcuni membri della confraternita e del coro liturgico della chiesa si organizzano per predisporre il classico presepe. L’unico manufatto degno di nota è il Gesù Bambino, simile a quello dell’Annunziata, del sec. XIX. Le altre statue sono piuttosto recenti. Ma ciò non toglie la sacralità della rappresentazione che, ogni anno, tocca il cuore, facendo rivivere in piccoli e grandi, il momento della nascita del Signore.

Il presepe nella chiesa dell’Immacolata a Casarano

 

Tra Fede e Tradizione le confraternite della Diocesi di Nardò- Gallipoli: un lavoro corale

 

di Antonio Epifani

 

“L’originalità del volume è che i curatori si muovono con la delicatezza dell’ape sul fiore, con passione e profondità perchè vivono dentro le confraternite e possono perciò descriverne luoghi e tradizioni con competenza

(dalla presentazione del Vescovo Mons. Fernando Filograna).

 

Interessantissima risulta la recente pubblicazione del testo dal titolo Tra fede e tradizione le Confraternite della Diocesi di Nardò – Gallipoli (Claudio Grenzi editore-Foggia), curato con maestria e in maniera attenta, approfondita e impeccabile da Marcello Gaballo e da Fabio Cavallo. L’opera presenta una varietà tematica stimolante che ha come punto focale la vita, la testimonianza scritta e verbale, le attività delle varie confraternite che da secoli hanno operato e operano sul territorio dell’intera diocesi, forgiando in maniera attenta la vita spirituale e sociale non soltanto dei confrati ma dell’intero territorio su cui manifestano il loro impegno.

L’opera, dopo la presentazione del Vescovo, del Vicario generale e dell’Assistente diocesano per le confraternite, è introdotta dal diacono Luigi Nocita, direttore dell’Ufficio Confraternite dicoesane. Segue un’interessante e approfondita ricerca sul fenomeno confraternale, redatta da Marco Carratta, che ripercorre già a partire dall’Alto Medioevo la storia di queste associazioni che nascono per iniziativa dei religiosi o di singoli individui, con lo scopo di svolgere attività caritatevoli, di amministrare il culto, ma soprattutto per combattere la Riforma Protestante e promuovere gli ideali che nasceranno da una chiesa post – tridentina. Nel secondo saggio, sempre di Carratta, emerge invece la componente politica che in maniera attiva partecipava alla vita della confraternita. Il re quando necessario oltre a dare approvazione ai capitoli che regolavano la vita della confraternita concedeva anche l’assenso alla sua fondazione. E a tal proposito ci propone l’esempio della Confraternita della Ss. Annunziata di Nardò, che nel settembre del 1777 ottenne dal re il regio assenso sulle regole e sulla fondazione.

Significativo risulta il patrimonio architettonico e i beni mobili di grande valore conservati nelle varie chiese confraternali, in massima parte inedito, che è possibile gustare e ammirare attraverso il ricchissimo corredo fotografico che il volume ci propone.

 

Il lavoro di stesura, che ha visto coinvolti tantissimi autori delle singole schede, molti dei quali priori o confratelli, interessa ogni paese della diocesi di Nardò-Gallipoli ed è arricchito anche da alcune significative pagine che tracciano la storia e le vicende delle confraternite ormai estinte, con adeguata e ricca bibliografia. Caso emblematico l’assenza dei sodalizi nella città di Copertino e nel piccolo centro di Seclì. A tal proposito risulta significativa e molto gradita dalla piccola comunità di Seclì, la scelta dell’immagine di copertina (foto Lino Rosponi), che ha come raffigurazione una parte della preziosa tela dell’Allegoria del Corpo e Sangue di Cristo, comunemente conosciuta con il titolo di SS. Sacramento. La parte raffigurata mostra i confrati incappucciati in adorazione che seguono la Croce e  il vessillo dell’omonimo sodalizio agli inizi del XVII sec.  Una tela di Donato Antonio D’Orlando, celebre artista neretino. Sulla quarta di copertina una recente foto, anche questa emblematica, di alcuni confratelli incappucciati che escono in processione da una chiesa di Gallipoli (foto Massimiliano De Giorgi).

 

Tra le tante sorprese che riserva il volume di circa 650 pagine, mi preme sottolineare l’esistenza di una pergamena miniata policroma della Confraternita del Ss. Sacramento di Parabita, con stemma civico e del feudatario dell’epoca, dalla quale si apprende che il cardinale De Cupis, già amministratore apostolico e poi vescovo della diocesi di Nardò, fa trascrivere al notaio Mario Capoccinus la copia legale della lettera apostolica in cui si parla delle indulgenze che papa Paolo III concesse alla Cofraternita del Ss. Sacramento di Roma, e quindi l’estensione dei privilegi al locale sodalizio parabitano. Il culto all’Eucarestia risulta quindi attestato a Parabita, così come in altri paesi della diocesi, soprattutto nel XVI sec.

Dalla lettura il testo appare come uno scrigno che custodisce gelosamente i suoi tesori che vengono rivelati al lettore, che ha il compito di leggere in maniera attenta le varie vicende passate e presenti che hanno caratterizzato la vita delle tante confraternite. Il volume inoltre può essere considerato come un vero e proprio manuale sulla storia dei vari sodalizi e come punto di partenza per ulteriori approfondimenti e studi che vadano ad arricchire il già vasto patrimonio che siamo chiamati a custodire e trasmettere alle generazioni future.

In ultimo è importante sottolineare l’attenzione che i curatori e l’Ufficio Diocesano per le Confraternite hanno avuto nell’elaborare due edizioni, una con copertina cartonata e l’altra con copertina flessibile. di maggiori dimensioni e minor costo, distribuita da pochi giorni da Amazon.

Libri| Tra fede e tradizione. Le Confraternite della diocesi di Nardò-Gallipoli. Un volume, tanta Storia

di Nunzia Piccinno

 

La recente novità editoriale Tra fede e tradizione. Le Confraternite della diocesi di Nardò-Gallipoli, a cura di Marcello Gabalo e Fabio Cavallo, è stata pubblicata per i tipi della Claudio Grenzi Editore (ottobrel 2023).

L’opera consta di 645 pagine, cartonata, con sovraccoperta a colori,che riproduce  sul fronte il particolare di una tela, del pittore neritino Donato Antonio D’Orlando (1562/ 1636), raffigurante l’Allegoria del Sangue e del Corpo di Cristo (inizi XVII sec.), conservata nella chiesa matrice di Seclì. Vi compaiono i confratelli incappucciati dell’antica confraternita del Sacramento, i quali, preceduti da un portacroce, sono prostrati in adorazione di Gesù che versa il proprio sangue in un calice sorretto da un angelo. L’abito dei confratelli presenta l’emblema del sodalizio, con il calice e l’ostia.

La scelta di questa immagine esprime in maniera appropriata quanto è contenuto nel poderoso volume, che si apre con il contributo di quattro presentazioni, a firma di importanti figure diocesane (in primis il Vescovo della diocesi di Nardò- Gallipoli, Mons. Fernando Filograna, seguito da Mons. Giuliano Santantonio Vicario generale della diocesi, e Don Giuseppe Casciaro, Assistente spirituale diocesano delle Confraternite). L’Introduzione è a cura di Luigi Nocita, direttore dell’Ufficio Diocesano delle Confraternite.

Il Vescovo esordisce citando un brano dell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium (nn. 123-126), laddove Papa Francesco sottolinea che la fede incarnata in una cultura trova le sue modalità di trasmissione nelle diverse forme di pietà popolare. Una di queste è quella che si ritrova nella storia delle Confraternite. Il presule elogia il lavoro svolto dai curatori dell’opera, con l’ausilio dei Priori e di vari studiosi, grazie ai quali è venuta alla luce la presente pubblicazione.

L’augurio è quello che anche oggi, epoca caratterizzata da innumerevoli sfide, le Confraternite possano svolgere il prezioso ruolo di “scuole di fede popolare, fucine di santità […]” e sappiano “rispondere”, attraverso un cammino sinodale e missionario, “ai bisogni e alle urgenze del nostro tempo”.

Nel suo intervento Mons. Giuliano Santantonio fa notare come il volume presenti una panoramica del fenomeno confraternale, che pone al centro realtà che non avevano ancora goduto delle “luci della ribalta”. Egli, tuttavia, non esclude il rischio di un inesorabile declino dovuto a pratiche percepite come obsolete e ripetitive, ragion per cui ritiene che vadano recuperate le basilari istanze spirituali e sociali che ne costituiscono la genesi.

Don Giuseppe Casciaro, nel congratularsi per il lavoro svolto, rammenta il percorso pastorale della Chiesa Diocesana a partire dall’insediamento nella sede episcopale diocesana di S. E. Mons. Fernando Filograna.

Il Diacono Prof. Luigi Nocita, denota come numerosi confratelli avvertissero da tempo l’esigenza di conoscere l’origine della propria istituzione e gli sviluppi successivi, pienamente soddisfatti con i testi che si susseguono. L’opera difatti consente di cogliere con uno sguardo d’insieme le varie realtà confraternali della diocesi, quasi sempre differenti nelle tradizioni e nel carisma.

Marco Carratta propone due illuminanti saggi introduttivi. Il primo, Per una storia del fenomeno confraternale, contiene i dati storici relativi a numerose Confraternite, le quali risultano attive già nell’Alto Medioevo, divenendo una componente fondamentale della società nel XIII secolo. Esse sorgono per iniziativa di singoli o sospinte da vari ordini religiosi, i quali, come interpreti delle inquietudini presenti nel popolo dei fedeli, si adoperano per arginare fratture emergenti nel rapporto tra Chiesa e laicato pio. E’ attraverso di esse che nel XVII secolo vengono promossi gli ideali post-tridentini, atti a combattere la Riforma Protestante (Scisma occidentale). Le confraternite hanno svolto attività di assistenza reciproca, di apostolato, invogliando i propri adepti ad atti di devozione e aderenza alla liturgia. Compito del Vescovo era di vigilare su tali organizzazioni laicali, la cui stagione più proficua è quella del secolo XVII. In seguito varie riforme secolari riducono la loro sfera di azione.

Nel secondo saggio, I rapporti tra le istituzioni secolari e confraternite durante il regime borbonico. L’esempio della Confraternita dell’Annunziata e del Carmine di Nardò, Carratta indaga i rapporti tra istituzioni secolari e Confraternite, registrandosi in questo periodo una maggiore incidenza dell’azione del potere politico.

In seguito il libro passa in rassegna le diverse Confraternite (59), trattate singolarmente con propria scheda, raggruppate in ordine alfabetico per ognuno dei Comuni della Diocesi. Si parte da Alezio per finire con Tuglie. Risaltano per ovvi motivi di consistenza numericica le realtà confraternali di Gallipoli e Nardò, i cui sodalizi occupano buona parte delle schede riportate.

Di ogni Comune la prima parte è dedicata alle confraternite tuttora esistenti, le quali vengono descritte a partire dall’anno della fondazione, con il relativo Statuto, le regole adottate, le principali opere artistiche di cui sono in posseso, l’abito usato nelle cerimonie religiose, il gonfalone. Alla fine di ogni scheda viene riportata la composizione dell’attuale Consiglio, in cui vengono elencati il nome del Priore, degli assistenti, dei consiglieri e delle altre cariche sociali, del Padre spirituale, con il numero totale degli iscritti, distinti per sesso (i dati sono aggiornati all’anno 2022).

Il ricco apparato iconografico, in buona parte realizzato da Lino Rosponi, si avvale di numerosi altri fotografi, e attira l’attenzione del lettore per i molteplici aspetti che in buona parte erano sconosciuti o comunque poco noti.

Un vero e proprio repertorio storico d’insieme, supportato dalle ricerche dei tanti studiosi che firmano le schede, molti dei quali priori delle stesse. Senz’altro apprezzabile la completa bibliografia e le fonti di archivio riportate a fine scheda,  utili per chi intende approfondire le tante realtà. Anche i rimandi alle varie opere d’arte commissionate dalle Confraternite si rivelano importanti, aprendo nuovi campi di ricerca.

Con questo volume la storia delle varie confraternite della diocesi di Nardò-Gallipoli, non sarà più un segreto. Ne risulta un testo basilare per chiunque voglia  studiare o soltanto conoscere il mondo confraternale diocesano.

Da segnalare nel ricco apparato iconografico frontespizi di libri confraternali, documenti manoscritti, incisioni, tele, statue, tabernacoli, altari, reliquiari, bastoni di priori, stendardi, tabelle di legno, tronetti eucaristici, ostensori, scapolari, abiti devozionali, repositori. Interessanti anche le foto di processioni e di confratelli, di alcune pratiche di pietà, tant che difficilmente se ne potrebbe rinvenire l’eguale.

Nel volume trovano posto anche le Confraternite ormai estinte, anche queste trattate con altrettanta cura e con ampia documentazione. Si ricava, ad esempio, che due paesi della diocesi (Seclì e Copertino) oggi risultano sprovvisti di queste realtà. Ciò dispiace soprattutto per la città che ha dato i natali al santo dei voli e che un tempo era provvista di numerose Confraternite.

Ma sono tanti gli approfondimenti, tra i quali l’antichissima Confraternita della Misericordia di Nardò, anche questa estinta. Alle “Misericordie” attuali, di recente istituzione ed operanti in alcuni Comuni della Diocesi, è dedicato un apposito capitolo.

In conclusione viene offerta la visione panoramica delle antiche e attuali confraternite, con interesanti statistiche che mostrano i dati riassuntivi e globali relativi al numero degli iscritti, distinti per sesso.

Finalmente, chiunque vorrà informarsi su una qualsiasi confraternita diocesana, avrà a disposizione il testo adatto, indispensabile per ogni membro delle confraternite, per il clero e per gli studiosi della materia.

Tra fede e tradizione: un volume sulle Confraternite della diocesi di Nardò-Gallipoli

 

di Alessio Stefàno

Nel noto Dizionario di erudizione storico ecclesiastica di Gaetano Moroni Romano (1842), una “Confraternita” (o Sacrum sodalitiu, Sacra sodalitas) viene definita come «società, e adunanza di persone divote stabilite in alcune chiese, o oratorii per celebrare alcuni esercizi di religione, e di pietà, o per onorare particolarmente un mistero, od un santo, non che per esercitare uffici caritatevoli»[1].

Le Confraternite, per mezzo delle quali «si ricavò gran profitto spirituale da ogni classe di persone, particolarmente dai laici», si distinguono tra loro «per colore, e per la forma dell’abito de’ confrati, pegli statuti e regole che osservano, per le chiese e i cimiteri che hanno, per le processioni e opere di pietà che eseguiscono».

Specie in alcune aree dell’ecumene cristiana occidentale, il fenomeno delle Confraternite risulta ancor oggi molto vivo, e risulta coinvolgere in parte attiva un gran numero di persone, le quali attraverso tali forme di aggregazione ricevono l’opportunità di vivere in maniera più profonda e partecipativa la vita religiosa nella propria comunità. Com’è noto, il Meridione e la Puglia, ma in particolar modo il Salento, rappresentano ancora oggi delle aree in cui tale realtà appare quanto mai diffusa e radicata, e dal fenomeno la stessa Diocesi di Nardò-Gallipoli appare essere tutt’altro che esente. Anzi, si potrebbe dire che ancora oggi, qui più che in altri luoghi, il fenomeno confraternale incide vivacemente nella vita e nelle vicende della comunità ecclesiale locale.

Mosse da tale consapevolezza – ma anche dal fatto che la funzione delle Confraternite oggi si esplica anche nell’ambito della valorizzazione del patrimonio culturale, materiale e immateriale – molte pie associazioni, specie negli ultimi decenni, hanno sentito la preoccupazione di mettere per iscritto la loro storia, con lo scopo di offrire ai propri aderenti ed alle città che le ospitano una realistica ed esaustiva narrazione delle loro origini, nonché delle peculiari forme in cui si andavano a declinare gli aspetti devozionali.

In questa rinnovata temperie di “riscoperta delle origini” mancava tuttavia un’opera organica che andasse a render conto della varietà e della ricchezza di queste associazioni di fedeli che per secoli hanno avuto un forte impatto nella vita religiosa locale. Da qui, l’esigenza di un volume che andasse a racchiudere una qualificata e organica trattazione sulla storia e sulle vicende delle confraternite della diocesi di Nardò-Gallipoli.

L’idea è stata maturata e sviluppata nel corso di ben due anni in seno all’Ufficio Diocesano delle Confraternite, con il plauso e l’incoraggiamento del Vescovo e dell’Ufficio Diocesano per i Beni culturali. Ha preso così avvio un esteso studio, che si è avvalso del contributo di ben 54 autori i quali, con rigore metodologico e attraverso l’ausilio delle fonti conservate negli archivi confraternali, parrocchiali, diocesani e dell’Archivio di Stato di Lecce, si sono preoccupati di ricostruire le vicende di ciascuna delle 55 confraternite presenti nei sedici comuni della diocesi, dalle origini sino ai nostri giorni, studiandone gli indirizzi comuni e le attività prevalenti, l’abito e il gonfalone, le azioni cultuali di rilievo. Particolare attenzione è stata inoltre data al patrimonio artistico custodito nei rispettivi oratori, documentando opere di grande pregio, molte delle quali poco note o del tutto sconosciute.

Dal paziente e corale lavoro, mirabilmente coordinato e curato da Marcello Gaballo e Fabio Cavallo, ha visto la luce un corposo e importante volume – ben 650 pagine! – intitolato “Tra fede e tradizione. Le Confraternite della diocesi di Nardò-Gallipoli”, pubblicato dall’editore Claudio Grenzi di Foggia, ed inserito come quinto numero della Collana “Analecta Nerito Gallipolitana”. Un prodotto di pregio, ricchissimo di illustrazioni e fotografie, appositamente realizzate o messe a disposizione da 24 fotografi, cui si sono affiancati vari collezionisti da ogni parte d’Italia.

Ma l’importanza del volume risiede anche nel fatto che questo costituirà un fondamentale punto di partenza, una tappa obbligata insomma, per ogni studio successivo che voglia occuparsi delle singole Confraternite e del fenomeno nel suo complesso. Con questo studio «si apre insomma un tracciato di ricerca che si presenta assai promettente e che ci si augura che possa appassionare una larga schiera di addetti ai lavori»[2].

Il volume, inoltre, si inserisce senz’altro nella vivace temperie di promozione dello spirito sinodale che la Chiesa dei nostri giorni va riscoprendo, con il recupero, in particolare, di due istanze che stanno alla radice del fenomeno confraternale, ma che restano di assoluta attualità: quella spirituale e quella sociale[3].

Alla fine del suo messaggio introduttivo al libro il Vescovo mons. Fernando Filograna esprime l’auspicio che ancora oggi le Confraternite possano rappresentare «scuole di fede popolare, fucine di santità, luoghi di recupero di identità ed autenticità, bagaglio di tradizioni» e possano rispondere, «con creatività e coraggio, alle urgenze del nostro tempo». E si può dire che sono senz’altro questi gli intenti che hanno portato allo sviluppo della ricerca e alla nascita di questo pregevole volume.

Il libro verrà presentato mercoledì 18 ottobre 2023 a Tuglie, nell’oratorio “Mons. Tramacere”, alle ore 19, da Mons. Domenico Giacovelli, Vicario episcopale per la Cultura della Diocesi di Castellaneta. Modererà Mons. Giuliano Santantonio, Vicario generale della diocesi di Nardò-Gallipoli, mentre i saluti istituzionali e le conclusioni saranno affidate al Vescovo Mons. Fernando Filograna e al Diacono Luigi Nocita, direttore dell’ufficio diocesano per le confraternite.

 

Note

[1] G. Moroni Romano, Dizionario di erudizione storico ecclesiastica, Vol. XVI, Venezia, Tipografia Emiliana, 1842, pp. 117-ss.

[2] Dalla premessa al volume di Mons. Giuliano Santantonio, Vicario Generale della Diocesi di Nardò- Gallipoli e Direttore dell’Ufficio Beni Culturali della Diocesi.

[3] Ibid.

I miracoli operati dal Crocifisso di Casarano in un libretto del 1688

di Fabio Cavallo

Nel 1688 si verificarono diversi interventi miracolosi e guarigioni, attribuiti ad una immagine affrescata raffigurante la Crocifissione, ritrovata nella Chiesa Madre di Casarano, non l’attuale ma la precedente del sec. XVI. Il resoconto completo dei fatti accaduti fu stilato da un notabile di Casarano, Santo Riccio, notaio e sindaco del paese, il quale depositò presso la Curia vescovile di Nardò un libretto contenente date, luoghi e nomi riferiti agli interventi miracolosi. Padre Antonio Chetry lo rinvenne nei faldoni dell’archivio diocesano e lo pubblicò nelle sue “Spigolature”. Di seguito riporto un adattamento linguistico del documento che, letto così come fu scritto, potrebbe risultare in alcune parti incomprensibile.

 

Libretto dei miracoli operati dal Santissimo Crocifisso di Casarano e compiuti nella Chiesa Matrice di questa città il 27 gennaio 1688 e raccolti dal sottoscritto Santo Riccio, indegno peccatore.

I.M.I. (Gesù, Maria, Giuseppe!)

A lode e gloria di Dio onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo, della Gloriosa Madre di Dio, la santissima Vergine Maria e di San Giovanni Elemosiniere nostro protettore, il quale, per sua intercessione, a favore del popolo di Casarano e di tutti i devoti, ottenne dall’Altissimo che, martedì 27 gennaio dell’anno 1688, intorno alle ore 18 pomeridiane, all’interno della Chiesa matrice di Casarano, si scoprisse un’immagine del SS. Crocifisso nascosta dietro una tela raffigurante la Passione che stava, da molto tempo, in precario equilibrio. Mosso da zelo il Rev.do Sac. Domenico Antonio Vernaleone del posto, avendo notato la tela prossima a cadere, disse a me, Santo Riccio, notaio e consigliere anziano di Casarano, di provvedere ad accomodare il quadro poiché mi trovavo in chiesa per rimuovere i paramenti utilizzati per la passata festività di San Giovanni Elemosiniere, il 23 gennaio. Mi rivolsi, quindi, ai sagrestani presenti e chiesi loro di prendere una scala per sistemare la tela. Essi mi risposero dicendomi: ”Perché vuoi sistemare quel quadro? Hai già fatto abbastanza organizzando la festa civile di San Giovanni”. Mi affrettai a prendere la scala ma mi precedettero i due sagrestani, Domenico De Paulis (+ 1730) e Tommaso Castrignanò (+18/06/1732), i quali la portarono subito in chiesa. Essendo presenti i signori Alessandro De Giorgi (+26/11/1738) e Antonio D’Astore (+21/06/1692), chiesi loro di aiutare i due sagrestani a sollevare la scala per sistemare la tela che si era staccata dall’altare di circa 15 centimetri. Durante la sistemazione, il quadro cedette dalla parte sinistra, dove era sostenuto da Domenico De Paulis, e questi con stupore mi disse: “Notaio mio, che bella immagine del Crocifisso c’è dietro!”. Tutti notammo l’effige della Crocifissione con Maria Vergine ai piedi ed altre figure, così linde come se fossero state dipinte quel giorno stesso da Mano Divina. Davanti all’immagine scoperta, lo zelante sacerdote Don Domenico Antonio Vernaleone si mise in ginocchio, commosso, e così facemmo anche noi. Implorammo pietà e misericordia per i nostri peccati davanti a quell’affresco, così bello, mai visto in precedenza e decidemmo di non coprirlo più. Nel frattempo la gente accorsa in chiesa per le funzioni notò il dipinto ed iniziò a diffondere la notizia del ritrovamento per tutto il borgo. Molti fedeli giunsero nel tempio chiedendo perdono per i loro peccati. Profondamente impressionato da tale visione, l’arciprete, Don Daniele Calò (+…), accese una piccola lampada davanti l’immagine e tutto il popolo che vi accorreva, iniziò a prelevare l’olio da questa, non con le dita ma inzuppando pezzi di stoffa stracciati delle proprie vesti senza che l’olio stesso diminuisse.

E fra tanto afflusso di fedeli, vi fu un certo Giuseppe Ferilli, il quale mosso da viva fede, andò a casa di Angelo Romano, suo amico, che si trovava allettato da molti mesi per irrigidimento dei nervi motori ed impossibilitato a muoversi, e gli disse: “Sii felice che il SS. Crocifisso, ritrovato dentro la Chiesa Madre ti ha fatto la grazia, vieni con me davanti a quell’immagine”. Angelo Romano gli rispose: “Volesse Iddio farmi camminare!”. Giuseppe replicò: “Se sei impossibilitato, ti porto io in groppa”. Angelo, pieno di speranza, pian piano si alzò dal letto e, appoggiandosi a Giuseppe e alla stampella, raggiunse la chiesa. Arrivati davanti al sagrato, Angelo disse a Giuseppe: “lasciami andare che il SS. Crocifisso mi ha fatto la grazia”. E così, davanti a tutto il popolo, cominciò a camminare in chiesa senza impedimenti, liberandosi della stampella ed inginocchiandosi davanti l’immagine. Chiese perdono dei suoi peccati gridando “Grazie!”. Se ne ritornò a casa, guarito, davanti a tutto il popolo di Casarano. Questo fu il primo miracolo.

Sempre il 27 gennaio.

Anna Mennella di Casarano (+31/01/1727) era affetta, da sei mesi, da continui dolori che le avevano fatto perdere la vista; entrata in chiesa, inginocchiatasi davanti all’immagine del Crocifisso ed implorando la grazia di rivedere, toccatisi gli occhi con l’olio della lampada, riottenne la vista davanti al popolo. Furono così numerosi i fedeli accorsi che circa 100 litri d’olio non sarebbero stati sufficienti per segnarsi la fronte col dito unto. Eppure la piccola lampada, accesa davanti all’immagine, nella quale inzuppavano larghi stracci, non si spense mai né mai venne meno l’olio. Essa arse continuamente tre giorni e tre notti nonostante le grandi folle, provenienti da Casarano e dai paesi limitrofi, continuassero a prelevare l’olio senza mai rabboccarlo. Mi è stato riferito che, dopo i tre giorni, una devota aggiunse del nuovo olio e, dal quel momento, esso cominciò a consumarsi.

Sempre il 27.

Angela Cursano da Casarano, paralizzata da molti mesi da entrambe le braccia e in stato indigente poiché si sosteneva col lavoro della figlia, essendo venuta fiduciosa davanti all’immagine del Crocifisso e toccatasi con l’olio, ottenne la grazia davanti al popolo tant’è che il mattino seguente andò in campagna a raccogliere le olive insieme a sua figlia. Per disposizione dell’arciprete Don Daniele Calò si coprì la miracolosa immagine con un telo ed io venni incaricato a raggiungere Nardò ed incontrare l’illustrissimo Vescovo, Mons. Orazio Fortunato, per relazionare di tutti gli avvenimenti. Fui accompagnato dal Rev.do Don Giuseppe Nicola Gaballone e dal chierico Don Antonio Arnò. Mons. Vescovo, ascoltata la mia relazione, concluse che 200 litri di olio per segnarsi non sarebbero stati sufficienti, dato il forte afflusso di fedeli, eppure la lampada rimase accesa ininterrottamente per tre giorni, ed e questo il maggior miracolo che ha operato il SS. Crocifisso. Dopo questa relazione, Mons. Vescovo delegò il chierico Antonio De Jaco di Felline a prendere informazioni; egli venne a Casarano, indagò sui fatti annotando il tutto. Avendo interrogato Francesco Marrella (+ 20/10/1706) e Scipione Caroppo (+ 21/10/1694), quali persone più anziane di Casarano, chiese loro semmai avessero mai vista l’immagine affrescata del SS. Crocifisso; essi dichiararono di no, aggiungendo quanto fosse bellissima. Ricordavano, invece, che tale affresco era così sbiadito da indurre i vescovi, venuti in visita pastorale, di coprirlo con una tela della Passione dal momento che le figure dipinte non erano più visibili; pertanto la Famiglia De Lentinis, che detiene lo giuspatronato sull’altare, fece dipingere la tela, che è proprio quella che si è tolta. Questi sono i fatti reali così come sono esposti nella relazione del Chierico.

 

29 gennaio.

Margherita Finagrana aveva un ginocchio rotto che le impediva di camminare; con profonda fede si unse con l’olio della lampada ed ottenne la guarigione; Agata Finagrana era affetta da un tumore alla mammella sinistra, si spalmò l’olio e, subito, guarì. Brigida Lezzi, da molti mesi affetta da ulcere della pelle, nonostante i tentativi di cura da parte di molti medici, non era guarita. Si rivolse al SS. Crocifisso implorando perdono per i suoi peccati. Untasi con l’olio, subito ottenne la grazia davanti alla folla presente. La figlia di Francesco De Nuzzo ebbe un attacco epilettico mentre era davanti l’immagine del Crocifisso, subito fu segnata con l’olio e il male la lasciò definitivamente. Domenica Coia di Supersano era ammalata da un anno e mezzo, impossibilitata a parlare; venendo a sapere delle grazie dispensate dal SS. Crocifisso di Casarano, con viva fede partì dal suo paese. A metà del tragitto ottenne la guarigione e ricominciò a parlare. Giunta a Casarano, entrò in chiesa ed iniziò a gridare: ”grazie SS. Crocifisso”. Il popolo ivi presente, incuriosito, domandò quale grazia avesse ricevuta. Ella disse di aver riconquistato l’uso del parlare dopo un anno e mezzo di malattia; si unse con l’olio della lampada e guarì definitivamente. Venne in chiesa Leonardo Marrella, indigente e con menomazioni al braccio, chiese perdono dei suoi peccati davanti alla sacra Immagine del SS. Crocifisso e segnatosi con l’olio ottenne la grazia davanti a tutti.

2 febbraio 1688.

Domenica Felippo di Matino, storpia e immobilizzata in un fondo di letto da settembre scorso, senza speranza di guarigione come affermato dai medici e dal Dottor Onofrio Tafuro di Matino, fu legata su un cavallo e venne trasportata a Casarano; appena arrivata sul sagrato della chiesa disse: “slegatemi perché il SS. Crocifisso mi ha fatto la grazia”. Scesa autonomamente da cavallo, iniziò a camminare per tutta la chiesa davanti ai fedeli presenti e al predetto medico Tafuro, il quale affermò che tale guarigione era attribuibile esclusivamente al Crocifisso. Unta con l’olio della lampada dal Rev.do Don Domenico Antonio Buffello, guarì definitivamente e tornò risanata nel suo paese di Matino. La povera ragazzina Lucrezia Ammassara di Matino di anni sette, sofferente dalla nascita, venne trasportata in un cesto davanti all’immagine; venne segnata con l’olio su tutto il corpo mentre la madre recitava le litanie; giunta all’invocazione “Santa Trinita, unico Dio”, la piccola uscì dalla cesta ed iniziò a camminare per tutto l’altare davanti a tutti. Il genero della “Cocozzella” [sic] era storpio e, davanti al SS. Crocifisso, si unse con l’olio ed ottenne la grazia.

8 febbraio

Lucia Mi di Taviano, menomata da entrambe le mani, venuta davanti alla sacra Immagine, preso l’olio della lampada, guarì. Il povero Domenico Feuli, mentre caricava del ghiaccio dalla neviera con la sua carretta, cadde da essa ed esclamò “SS.Crocifisso aiutami”. I cerchioni delle ruote lo investirono all’altezza delle gambe ma questi rimase illeso grazie alla sua fede. Corse in chiesa e rese grazie al Crocifisso. Nel paese di Supersano, crollò una casa e i detriti caddero sopra l’abitazione vicina in cui dormivano cinque persone. Al rumore del crollo essi esclamarono “SS. Crocifisso di Casarano aiutaci!” uscendone incolumi. Furono liberati dalle macerie insieme al loro somaro. La mattina seguente vennero a Casarano per ringraziare il Crocifisso della grazia ricevuta. Un sacerdote di Tiggiano, affetto da dissenteria da molto tempo, appena giunto nel feudo di Casarano, ottenne la guarigione; entrò in chiesa e rese i dovuti ringraziamenti davanti all’Immagine. Una povera giovine di Gagliano del Capo, gravemente inferma ed abbandonata dai medici, mentre era assistita spiritualmente dai sacerdoti, farfugliò a denti stretti una frase indecifrabile. Essi, credendola in agonia, la invitarono a raccomandarsi alle piaghe di Gesù Cristo. Allora la povera inferma riuscì a gridare ad alta voce: “SS. Crocifisso di Casarano aiutami!”. I sacerdoti chiesero il perché di questa invocazione ed essa dichiarò di aver udito un uomo che parlava del ritrovamento di un miracoloso Crocifisso a Casarano. Aggiunse di doversi recare lì per rendere grazie qualora avesse ricevuto la guarigione. Dopo qualche tempo, essendo risanata completamente, venne a Casarano per il ringraziamento e raccontò tutti i fatti davanti al popolo.

Il chierico Filippo Gioffreda (+ 16/12/1696) essendo precipitato da sei metri di altezza, invocò l’aiuto del SS. Crocifisso e, a vista di tutti, non si fece alcun male. A Carluccio Ferrari di Casarano (+ 24/01/1704) gli scoppiò il fucile tra le mani; invocando il SS. Crocifisso rimase illeso davanti a numerosi testimoni.

Io stesso, ritrovandomi nel borgo di Grottaglie, incontrai una donna, addetta al castello, che mi domandò se avessi con me l’olio del SS. Crocifisso di Casarano in quanto aveva una figlia morente a causa di un aborto. Il feto era morto in grembo ma la donna non era riuscita ad espellerlo non avendo contrazioni spontanee. Diedi l’olio alla madre e la invitai a chiamare un sacerdote per recitare le litanie e far ungere la povera ragazza. Così fece e, mentre il sacerdote invocava la SS. Trinità, subito iniziarono le contrazioni e la ragazza riuscì ad espellere il feto morto riacquistando la salute.

Nel Casale di San Giorgio [Ionico], uno storpio, avendo ricevuto dell’olio del SS. Crocifisso dal Sacerdote Don Mauro Occhiazzo, si unse, ottenne la grazia e venne a Casarano per rendere grazie alla miracolosa immagine.

Moltissimi infermi, affetti da diversi mali, segnatisi con l’olio della lampada, immediatamente ricevevano la grazia davanti al popolo e gli stessi invocavano più volte:”Grazie, grazie Santissimo Crocifisso perché ci hai liberati da molti mali”.

Nicolò Silvestri di Napoli, in servizio presso il palazzo del Sig. Duca, Don Antonio D’Aquino (+22/11/1690), avendo suonato il violino per la festività del Crocifisso, si ammalò gravemente senza speranze di guarigione; chiese grazia al Crocifisso, ottenendola e, come ex voto, fece appendere di fianco alla miracolosa immagine, la cassa da morto che era già pronta per il suo funerale.

Don Antonio Coluccia di Casarano (+19/02/1706), si ammalò di cistite e non poteva orinare nonostante le applicazioni mediche. Segnatosi con l’olio, immediatamente guarì.

 

Nella prima festa del SS. Crocifisso che si fece con una fiera mercatale,  necessitando una certa quantità di farina per preparare la colla con cui rivestire di fogli di carta le mura della città finta di legno, io stesso mi ritrovavo in casa un vaso con dentro circa sette chili di farina. Ebbene, questa farina non venne mai meno, tant’è che il vaso risultava sempre pieno, pur avendo preparato e consumato tre caldaie di colla al giorno per otto dì consecutivi. Sicché un giorno chiesi a mia sorella Caterina (+12/12/1713) come si stesse in farina ed ella prese il vaso e lo mostrò al Rev. Don Giacomo Antonio Costa (+11/06/1718) e a tutti i presenti: il vaso era pieno! Ciò avveniva per grazia del SS. Crocifisso che faceva crescere la farina poiché, a mio giudizio, non sarebbe stato sufficiente oltre mezzo quintale di farina per incollare tanti fogli, lunghi circa due metri e mezzo e alti un metro e mezzo, per non parlare poi di tanti altri pezzi di carta di varie dimensioni. In un altro anno si celebrava la festa del Crocifisso. Nell’ultimo giorno delle festività, quando si stava rappresentando la liberazione della città di Otranto dai Turchi, la finta città di legno, circondata da figuranti vestiti da soldati ed altri mascherati da ottomani, cadde rovinosamente. Tutti i presenti gridarono “SS. Crocifisso aiutali!”. In virtù di questa invocazione nessuno si fece alcun male e tutto ciò per la grazia concessa dal SS. Crocifisso.

23 gennaio. A Casarano si festeggia San Giovanni Elemosiniere con i suoi panitteddhi

Casarano. Il busto di S. Giovanni Elemosiniere e i “panitteddhi”

di Fabio Cavallo

Nel cuore dell’inverno, si colloca la solennità di San Giovanni Elemosiniere, amato patrono dei Casaranesi, che cade il 23 gennaio.

La festa patronale vera e propria sarà a metà maggio con le sontuose celebrazioni religiose e civili, ma il Martirologio Romano, il grande libro dei Santi della Chiesa cattolica, riporta in questo mese la solennità liturgica del Santo cipriota.

La festa religiosa sarà preceduta dal Novenario in Chiesa Madre, a partire dal 14 gennaio, dove, ogni sera, a partire dalle ore 17 si alterneranno la recita del

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