Fine d’anno, con ritorno all’Ariacorte

l’insenatura acquaviva di marittima, come era una volta

 

di Rocco Boccadamo

 

Qualche tempo fa, un Dirigente scolastico, nel presentare il mio libro “Luca e il bancario” e riferendosi, più in generale, alla mia attività scrittoria, osservava come le mie narrazioni, molto spesso, sfiorino, sublimandolo, un sito naturale definito e speciale, ossia a dire l’incantevole seno “Acquaviva” di Marittima.

Era proprio nel giusto, il suddetto commentatore, giacché l’Acquaviva è, per me, davvero un luogo impareggiabile e magico, una sorta di bomboniera marina, dove, fra l’altro, ho compiuto i primi passi o movimenti natatori.

E, tuttavia, per completezza di pensieri e sentimenti, il fantastico specchio d’acqua limpida e frizzantina in questione non è l’unico ambito che ho caro, provo, parimenti, un profondo attaccamento anche verso il piccolo e antico rione del paese, l’Ariacorte, dove, nel remoto 1941, sono venuto al mondo.

L’Ariacorte, insomma, si pone anch’essa come una bomboniera: di ricordi e dell’anima.

Già in altre occasioni, ho avuto modo di soffermarmi sul minuscolo sommario quadrilatero, delimitato e intersecato dalle analogamente minuscole vie Francesco Nullo, Giacomo Leopardi, Isonzo, Pier Capponi e Piave, con breve estensione laterale al tratto iniziale di Via Premuda.

E però, mi piace ripercorrere ancora una volta lo scenario, puntualizzando che la rievocazione, sotto l’aspetto temporale, spazia dalla fase dei miei primi passi (sic) sino agli anni cinquanta dello scorso secolo.

Erano stagioni in cui l’esiguo agglomerato si trovava affollato fitto di nuclei famigliari, ciascuno, in genere, con molti membri, perciò, nell’insieme, contava una novantina d’abitanti, fra bambini e infanti, adulti e vecchi.

L’attuale stato dell’arte demografico e residenziale si presenta, è ovvio, del tutto mutato, posto che, nell’Ariacorte, dimora stabilmente appena una decina di persone, cui, nel periodo estivo e in alcuni fine settimana, si aggiungono, all’incirca nello stesso numero, presenze di proprietari o inquilini di abitazioni, i quali, abitualmente, vivono fuori.

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La mia località di nascita, Marittima, ameno paesino del Basso Salento, ha per protettore S. Vitale martire e per compatrona la Madonna di Costantinopoli o Odegitria.

Da ciò consegue che, secondo una secolare consuetudine (che, per la verità, negli ultimi tempi sembra gradualmente affievolirsi), molti abitanti portino il nome di battesimo di Vitale e Costantino/Costantina.

Difatti, durante il citato lasso della mia messa a fuoco, anche nell’Ariacorte, su circa centonovanta domiciliati, se ne enumeravano ben ventidue con tali nomi: Costantino ‘a Marta, Costantino ‘a Matalena, Costantino ‘u Nardu, Costantino ‘u Toti, Costantino ‘u Stinu, Costantino ‘u fusu, Costantina ‘a patana, Costantina ‘u medicu (nonna), Costantino ‘u medicu (nipote), Vitale ‘u Nardu, Vitale ‘u Consiglio, Vitale ‘u quendici, Vitale ‘u ciucciu (nonno), Vitale ‘u ciuccio (nipote), Vitale ‘a zuccaretta, Vitale ‘u minicone, Vitale ‘u casinu, Vitale ‘u fusu, Vitale ‘u puce, Vitale occhi ‘e lampu, Vitale ‘a Matalena, Vitale ‘a Paziavita (vigile urbano).

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Mi viene da soffermarmi, in particolare, su due degli anzidetti, Costantina ‘u medicu (nonna) e Costantino ‘u medicu (nipote).

Aveva, la prima, una casetta terranea verso il compimento di Via Isonzo e, ivi, la donna, già vedova, accoglieva i nipoti Costantino, appunto, e Maria (sua sorella), rimasti a loro volta orfani di entrambi i genitori in età giovanissima.

La donna in questione era di corporatura minuta ma dotata di un forte carattere, decisa, determinata e, all’occorrenza, severa.

Mentre andava accudendo amorevolmente i due congiunti arrivatile in casa, rammento che, di solito, si appalesava severa all’indirizzo di noi, altri ragazzini del rione, non le piacevano i nostri giochi in prossimità della sua abitazione, che, magari, talvolta finivano col disturbare il suo sonnellino pomeridiano; col risultato che, ogni tanto, sequestrava la palla di gomma con cui ci abbandonavamo a lunghe serie di tiri al calcio da un’estremità all’altra di Via Isonzo.

Ad ogni modo, interponendo garbate insistenze, la palla c’era restituita.

Altro ricordo, Costantino, da giovane, aveva una fidanzata (zita), sempre di Marittima, G. A un certo momento, la coppia pensò bene di accelerare e anticipare i tempi del rituale sposalizio, compiendo la classica fuitina, iniziativa, all’epoca, affatto rara.

Il gesto suscitò vivaci reazioni di contrarietà e stizza nel papà della giovane e, per ciò, venne meno la possibilità che la coppia andasse a stare presso quella famiglia.

Al che, l’anziana nonna Costantina si offrì spontaneamente di seguitare a ospitare in casa sua il nipote Costantino, non più da solo ma con G.

Gli sposini rimasero presso la nonna, nell’Ariacorte, per un po’ di tempo, anche dopo il matrimonio, sino a quando l’anziana, amorevole ma insieme fedele al suo rigore, non sollecitò i giovani a trovarsi una casa per conto loro e a stabilirvisi.

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Si sono nel frattempo succeduti svariati lustri e decenni, il volto esteriore e l’atmosfera dell’Ariacorte appaiono letteralmente differenti.

Nonostante questa realtà, rimangono forti il mio affetto e l’intenso legame con l’isola entro i cui confini sono nato, sentimenti che mi accompagnano anche nella corrente stagione dai capelli bianchi.

Infine, quando – d’estate – i miei nipotini vengono a trascorrere le vacanze nel Salento, non esito a condurli a girare lentamente fra le sue viuzze, narrando loro.

Intanto, il lungo intervallo temporale si è dipanato pure per Costantino, ho spesso occasione d’incontrarlo, possedendo egli un podere giusto di fronte alla mia villetta del mare sulla via per l’Acquaviva e, da antichi sodali dell’Ariacorte, ci scambiamo insieme, immancabilmente, nostalgiche reminiscenze delle stagioni andate.

Costantino si avvia a inaugurare il suo novantaquattresimo calendario e, per sua buona sorte, egli vive ancora in autonomia, muovendosi, alternativamente, alla guida dei suoi due mezzi: un motofurgone “Ape” e un’autovettura.

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