di Armando Polito
Premesso che si capirà alla fine l’iniziale maiuscola della preposizione del titolo, dico che, se Renzi fosse stato salentino e avesse voluto rivolgersi a Letta con la fatidica frase ormai passata alla storia (stai sereno!) nella sua traduzione dialettale, gli avrebbe detto statte scuscitatu! Qui non starò a discettare sulla buonafede o meno dell’espressione salentina rispetto a quella immortalata in italiano (tutto il mondo è paese …), ma scuscitatu merita un approfondimento, anzitutto per le sue nobili origini e poi per il suo uso originale, direi controcorrente. Scuscitato, intanto, nasce dal latino excogitatu(m), participio passato di excogitare (che significa trovare pensando), formato dalla preposizione ex che significa lontano da e da cogitare (che significa pensare). La preposizione ex accoppiata, come nel nostro caso, ad un verbo può avere valore intensivo o, al contraio, privativo.
In excogitare il valore di ex è chiaramente intensivo (alla lettera sarebbe pensare fuori dalla norma, tant’è che da esso è derivato l’italiano escogitare, che concettualmente suppone uno sforzo mentale non comune. Questa originaria ex in italiano si è evoluta in es- (come, appunto in escogitare), ma anche in s-: per esempio: stendere, che è dal latino extendere o scavare che è dal latino excavare. Oltre al valore intensivo ex in composizione con i verbi può avere pure un valore privativo, che è l’esatto contrario di quello intensivo: excommunicare, da cui l’italiano scomunicare o explicare (alla lettera togliere le pieghe) da cui gli italiani esplicare e spiegare.
Ricapitolando: l’italiano escogitato presenta es- con valore intensivo. E il dialettale scuscitatu? La sua s- ha valore chiaramente privativo (scuscitatu vale come senza pensieri, senza preoccupazioni), perciò la sua s- ha valore privativo, cioè l’esatto contrario rispetto alla voce italiana perfettamente corrispondente dal punto di vista formale. Questa divaricazione tra dialetto e lingua nazionale pone serie difficoltà di traduzione, come nel nostro caso perché sarebbe impossibile rendere scuscitatu con escogitato senza incorrere in effetti comici simili a quelli in cui ancora oggi va incontro l’italianizzazione di parole dialettali da parte di gente incolta (e non solo …), insomma quello che è stato il vasto campo di ispirazione di Nino Frassica e prima di Totò e prima ancora di Plauto.
Colgo l’occasione per ricordare come ben consapevole di questi problemi di dialetto>”italianese” si mostra Pasquale Chirivì nella prefazione del suo Con decenza parlando, Kurumuny, Calimera, 2010, un lavoro notevole, la cui ricchezza documentaria, fra l’altro, meriterebbe (al di là dell’intento umilmente dichiarato dell’autore) un’integrazione di natura scientifica, magari con un’appendice integrativa in cui i singoli vocaboli dialettali “intraducibili” o soggetti ad equivoco (come scuscitatu) trovino ospitalità alfabetica (avrei fatto più presto a parlare di glossario …) per consentire un immediato riscontro, volendo anche di carattere comparativo, con gli approfondimenti locuzione per locuzione fatti dall’autore, conservando, cioè, l’agile ed accattivante impianto originale (l’ideale per una prima lettura) e riservando al glossario il compito di registrare annotazioni di ordine linguistico e non, a corroborare quanto già volta per volta presente al fine di soddisfare la curiosità del lettore (anche non salentino …) più esigente e proporre, nei limiti del possibile, la risposta a domande che la lettura del testo principale potrebbe aver suscitato nel lettore non disposto a starsene … scuscitatu.
CON DECENZA PARLANDO: LA PRIVATIZZAZIONE DEL NOME “ITALIA” E IL POPULISMO. “Ghe Pensi Mi”!
SICCOME QUI SI TOCCANO TEMI di tranquillizzazione politica (con tutti i suoi risvolti teologici e costituzionali: cfr. http://www.lavocedifiore.org/SPIP/article.php3?id_article=3211) e di “superomismo” populistico (“stai sereno!” – “scuscitatu” vale come “senza pensieri, senza preoccupazioni”: cioè, “Ghe Pensi Mi”), e c’è da svegliarsi e riappropriarsi della propria *dignità* (politica e *costituzionale*, e non solo economica) di cittadini e di cittadine, è bene ricordare che per “stare sereni” troppo e troppo a lungo, come cittadini italiani e cittadine italiane, abbiamo perso la stessa possibilità di “tifare” per noi stessi e stesse, per se stessi e per se stesse, sia sul piano sportivo sia sul piano *costituzionale*: non solo perchè la nostra NAZIONALE è fuori dai MONDIALI DI CALCIO ma, anche e sopratutto, perché il NOME della NAZIONE (di tutti e di tutte) è diventato il “logo” di un Partito e di un’Azienda.
IL LUNGO SONNO DELLA RAGIONE COSTITUZIONALE CONTINUA …
Federico La Sala
nell’antico idioma – di nostra gente : si tamponava così – chi tentava di emergere sbagliando o combinare guai : ci cu lu furmina DDiu cu pretica sempre statibu ” scucitati “- mo limu ccappatu – lu….- uai. Vi ringrazio – cordialità sempre -peppino
LA LINGUA, LE PAROLE, E LE COSE ….
CONDIVIDENDO con Peppino Martina la brillante annotazione relativa all’antico idioma e alla memoria di una saggezza eterna, ricordo quanto “accadde oggi”, 11 luglio 1982: l’Italia vinceva in Spagna il suo terzo titolo mondiale di calcio. Oggi, al tempo del “Mondiale 2018” in Russia,, l’Italia è l’espressione geografica di una “grande” realtà economica sub-nazionale.
Federico La Sala
La ringrazio -prof. Sala – quanto dice : quel ” Ghe pensi mi ” -cordialità sempre- a tutti Voi -peppino .