Lo stemma francescano

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di Marcello Semeraro

 

Uno dei motivi iconografici più ricorrenti riscontrabili negli edifici francescani è indubbiamente lo stemma araldico dell’Ordine. Le seguenti note si propongono di approfondire la questione relativa all’origine e al significato di questo antico emblema che vanta una significativa presenza anche nell’iconografia francescana della ex provincia di Terra d’Otranto.

Stemma francescano: la genesi e lo sviluppo di un emblema antico

Gli emblemi araldici cominciarono ad essere utilizzati dalla Chiesa almeno un secolo dopo la comparsa delle prime armi, avvenuta in ambito militare e cavalleresco nella prima metà del XII secolo. Il sistema araldico primitivo, infatti, fu totalmente estraneo all’influenza di Roma – lo dimostra anche l’iniziale uso del volgare nella descrizione delle armi – e gli ecclesiastici furono in un primo momento refrattari all’utilizzo di emblemi profani legati a guerre e tornei. Solo col prevare di un più generico significato di distinzione sociale l’uso degli stemmi troverà giustificazione negli ambienti ecclesiastici, soprattutto per via della sua utilità in ambito sfragistico: tale processo si svolse nel XIII secolo, durante il periodo di diffusione sociale delle armi1. Le comunità ecclesiastiche, invece, cominciarono ad utilizzare stemmi solo a partire dal XIV secolo: ordini religiosi, abbazie, priorati, conventi e case religiose faranno via via un uso sempre maggiore di emblemi araldici, con le dovute differenze, a seconda del particolare ordine e delle regioni di pertinenza. Anche i Francescani ebbero un proprio stemma, comune a tutte le varie anime dell’Ordine2: “d’azzurro (o d’argento), al destrocherio3 nudo di carnagione, posto in banda4, attraversante un sinistrocherio5 vestito alla francescana, posto in sbarra6, entrambi appalmati, stigmatizzati e attraversanti una croce latina al naturale”.

1Fig. 1. Colonia, Wallraf-Richartz Museum, Santi francescani, tavola del Meister der Verherrlichung Mariä
Fig. 1. Colonia, Wallraf-Richartz Museum, Santi francescani, tavola del Meister der Verherrlichung Mariä

Secondo Servus Gieben7, in origine l’arma era rappresentata in maniera diversa, ovvero con le sole mani di Cristo e di San Francesco fissate insieme da un unico chiodo, su campo azzurro. Questa forma primitiva è riconducibile all’iconografia araldica di San Bonaventura di Bagnoregio (*1217 †1274, ministro generale dal 1257 al 1274, canonizzato nel 1482) ed è testimoniata da alcuni dipinti e incisioni risalenti alla fine del Quattrocento (figg. 1 e 2).

Fig. 2
Fig. 2. Roma, Museo Francescano, tavola di anonimo fiammingo

Testi antichi, rintracciati dallo studioso olandese, fanno risalire l’origine e il significato di questo emblema a un episodio particolare della vita di San Bonaventura, quello della sua elevazione alla porpora cardinalizia (1273)8. In tale circostanza il Dottore Serafico avrebbe creato lo stemma con le due mani inchiodate insieme per simboleggiare l’indissolubile patto concluso con il Salvatore. Non sappiamo se il Nostro, durante il suo cardinalato, si sia effettivamente dotato di un blasone o se, invece, si tratti di una creazione postuma, dal momento che non disponiamo di esemplari coevi in grado di comprovarne l’effettivo utilizzo9. Né si può considerare come fonte attendibile l’edizione del 1677 delle Vite dei papi e dei cardinali del Ciacconio (nella quale sono riprodottI due stemmi di San Bonaventura, uno “ante Cardinalatum”, l’altro “in Cardinalatu”10), perché l’autore spagnolo era solito attribuire armi immaginarie ad ecclesiastici vissuti in epoche pre o protoaraldiche11.

Comunque sia, durante il generalato di Francesco Sansone (1475-1499), e più precisamente nei suoi interventi per la basilica di San Francesco ad Assisi, lo stemma cominciò ad essere modificato: al posto delle due mani inchiodate comparvero due braccia (quella di Cristo e di San Francesco) incrociate e stigmatizzate12 (fig. 3).

Fig. 3
Fig. 3. Assisi, portale d’ingresso della Basilica inferiore, stemma francescano (scultura anonima, 1487).

In questa nuova versione, che servirà da base per gli sviluppi successivi, venne sacrificato il significato simbolico originario per privilegiare quello della singolare conformità di Francesco con Cristo.

Nel XVI secolo l’emblema cominciò a svilupparsi progressivamente nella forma che diventerà classica, sotto l’impulso dell’edizione del 1513 del famoso trattato De conformitate vitae Beati Francisci ad vitam Domini Jesu Christi di Bartolomeo da Pisa, nella quale è visibile una xilografia dove per la prima volta compare la croce (fig. 4)13.

Fig. 4
Fig. 4. Stemma francescano, xilografia anonima, Milano, 1513.

Nelle Constitutiones Urbanae, approvate da papa Urbano VIII (1623-1644)nel 1628, l’insegna è ormai descritta ufficialmente come “stemma Religionis”(fig. 5)14.

Fig. 5
Fig. 5. Frontespizio delle Constitutiones Urbanae, Roma, 1628

Nel corso dei secoli detta arma ha conosciuto un significativo numero di varianti e di rappresentazioni più complesse, condizionate dal gusto del tempo o dall’arbitrio dell’esecuore, oppure motivate dall’introduzione di simboli che volevano riassumere le varie anime del francescanesimo15.

Si possono, tuttavia, distinguere due grandi tipologie entro le quali poter racchiudere la forma grafica dello stemma francescano: la versione semplice (comune a tutte le famiglie) e quella complessa, che si ha quando lo stemma semplice viene inserito in uno campo suddiviso in due o più parti mediante partizioni araldiche.

La forma più diffusa, soprattutto nel periodo fra il XVII e il XIX secolo, è indubbiamente quella semplice con le due braccia incrociate e stigmatizzate, poste davanti ad una croce latina, su campo azzurro. Solitamente sono raffigurati il destrocherio di Cristo e il sinistrocherio di San Francesco.

Tuttavia, sono numerosi i casi in cui si verifica un’inversione nella disposizione degli arti. La forma complessa, invece, è costituita da un campo che può presentarsi partito16, troncato17, interzato18 o inquartato19. Fra gli esempi più noti di stemma troncato, citiamo quello del Terzo Ordine Regolare di San Francesco, che al tradizionale emblema aggiunge una corona di spine, i tre chiodi della Passione e la sigla O.P.C. (fig. 6), e quello della Custodia di Terra Santa (fig. 7), recante nel primo quarto l’insegna francescana semplice e nel secondo una croce potenziata (cioè a forma di T) di rosso, accantonata da quattro crocette dello stesso smalto su un campo d’argento (quest’ultima è anche l’arma dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme).

Fig. 6
Fig. 6. Stemma del Terzo Ordine Regolare di S. Francesco (T.O.R.).
Fig. 7
Fig. 7. Stemma della Custodia di Terra Santa

Un esempio di scudo inquartato è quello utilizzato dal ministro generale dei Minori detti dell’Unione Leonina, così chiamati dal nome del pontefice (Leone XIII) che nel 1897 riunì in un unico Ordine le famiglie francescane degli Osservanti, Riformati, Alcantarini o Scalzi e Recolletti.

Nel primo quarto troviamo l’emblema francescano semplice, nel secondo un serafino in campo rosso, nel terzo cinque piaghe di Cristo sanguinanti al naturale in un campo d’oro, nell’ultimo una croce potenziata d’oro, accantonata da quattro crocette dello stesso smalto su un campo d’argento (quest’ultima è anche l’insegna dell’antico Regno di Gerusalemme).

L’uso dell’emblema francescano come stemma proprio dell’Ordine – in tutte le sue varianti – non esaurisce certo le sue possibilità di rappresentazione sulla superficie dello scudo. Anche gli ecclesiastici infatti, se provenienti da questa famiglia religiosa, potevano (e possono tuttora) inserirlo all’interno del proprio scudo. In questo caso lo stemma francescano semplice prende il nome di quarto di religione20 e può essere posto su uno scudetto, sul quarto più importante di un partito o di un inquartato, oppure nel capo dello scudo.

Quest’ultima soluzione è quella che ha avuto maggiore fortuna, tanto da essere “consacrata” nello stemma di Clemente XIV (1769-1774), uno dei pochissimi casi di arma papale recante un quarto di religione (fig. 8).

Fig. 8
Fig. 8. Verso di uno zecchino del 1769 con stemma di Clemente XIV

Nel corso dei secoli lo stemma, sia nella versione semplice che in quella complessa, è stato ampliato da un notevole numero di ornamentazioni esterne, alcune delle quali dotate di un forte significato simbolico. Fra le principali vanno annoverate la corda francescana, i vari tipi di corona, il rosario, gli strumenti della passione di Cristo, i tenenti (cioè le figure umane che sostengono lo scudo), i motti e i rami decussati (di palma, di ulivo o di alloro)21.

 

Note

  1. Cfr. B. B. Heim, L’araldica nella Chiesa Cattolica. Origini, usi, legislazione, Città del Vaticano 2000, pp. 23-24.

2. Cfr. J. Woodward, A treatise on ecclesiastical heraldry, Edimburgo e Londra 1894, pp. 418-419; A. Cordero Lanza di Montezemolo, A. Pompili, Manuale di araldica ecclesiastica nella Chiesa Cattolica, Città del Vaticano 2014,  p.49.

3. Braccio umano destro intero, normalmente uscente dal fianco sinistro dello scudo. E’ utile ricordare che in araldica la destra dello scudo è la sinistra di chi guarda e viceversa, poiché lo scudo va considerato dal punto di vista del portatore.

4. Cioè posto nella direzione della banda, pezza onorevole che scende diagonalmente dall’angolo destro a quello sinistro

5. Braccio umano sinistro intero, normalmente uscente dal fianco destro dello scudo.

6. Cioè posto nella direzione della sbarra, pezza onorevole che scende diagonalmente dall’angolo sinistro a quello destro.

7. Cfr. S. Gieben, Lo stemma francescano. Origine e sviluppo, Roma 2009. Si tratta di un ottimo studio corredato da tavole, imprescindibile per conoscere l’origine e la cronologia dell’arma in questione.

8. Si tratta del Den Wijngaert van Sinte Franciscus, scritto da un anonimo fiammingo ed edito ad Anversa nel 1518, del Pomerium sermonum de sanctis di Pelbarto de Temesvàr, pubblicato in varie edizioni a partire dal 1499, e dell’Historia Seraphica vitae Beatissimi P. Francisci Assisiatis di Enrico Sedulius nell’edizione del 1613. Nel Den Wijngaert van Sinte Franciscus, in particolare, si legge: “San Bonaventura dunque, fatto cardinale, avendo rinunciato al mondo con le sue vanità, non voleva di nuovo riprendere ciò che aveva calcato sotto i piedi. E benché fosse nato da persone e parenti nobili, non voleva imitare la nobiltà secolare. E per rimanere più estraneo al mondo e perché a nessuno potesse far piacere di vedere il suo stemma gentilizio tra quelli dei cardinali, ordinò uno stemma speciale, corrispondente al suo stato. Si fece dipingere uno scudo azzurro con la mano di Nostro Signore e con la mano di San Francesco in fede chiodata l’una sull’altra. È questo è lo stemma dei Frati Minori, che si trova in un campo azzurro perché tutti i loro pensieri, opere ed esercizi li devono dirigere verso il cielo. Dovendo pensare alla fedeltà che nella loro professione hanno promesso a Dio e a tutti i suoi santi, queste mani sono chiodate insieme, perché da questo legame mai devono essere sciolti e liberi etc. Il papa gli confermò questo stemma beato ed egli lo fece imprimere nel suo sigillo e dovunque era necessario”. Cfr. ivi, pp. 9-14. Lo stemma descritto corrisponde esattamente a quelli visibili  nelle  figure 1 e 2.

9. Va, inoltre, ricordato nella seconda metà del Duecento l’araldica cardinalizia era ancora in una fase primitiva.  Cfr. A. Cordero Lanza di Montezemolo, A. Pompili, op. cit., pp. 18-19. Fra gli stemmi cardinalizi più antichi citiamo quello di Guglielmo de Braye (†1282), raffigurato sul cenotafio presente nella chiesa di San Domenico di Orvieto,  e quello di Riccardo Annibaldeschi della Molara (†1276), visibile sul suo sepolcro, del quale restano frammenti nel chiostro dell’Arcibasilica Lateranense.

10. Erudito spagnolo morto a Roma tra il 1599 e il 1602. Cfr. A. Chacòn, Vitae et Res gestae Pontificum Romanorum et S.R.E. Cardinalium ab initio nascentis Ecclesiae usque Clementem IX P.Q.M., ed. Roma 1677, tomo II, p. 194.

11. A tal proposito, Heim ha osservato che ai tempi del Ciacconio “era usanza diffusa quella di attribuire stemmi ad eroi e Santi del passato. Si inventarono stemmi di molti personaggi famosi, persino di Nostro Signore”. Cfr.  B.B. Heim, op. cit., p. 100.

12. Cfr. S. Gieben , op. cit, 16-17.

13. Ivi, p. 17.

14. Cfr. Constitutiones Urbanae fratrum Ord. Min. Conv. S. Francisci, Roma 1628, pp. 13-14. Sul frontespizio sono riprodotti  lo stemma di Papa Barberini e quello francescano semplice.

15. Le varianti dello stemma francescano semplice riguardano la disposizione della croce (tra o davanti alle braccia anziché dietro di esse), l’inversione degli arti incrociati (il destrocherio di Francesco e il sinistrocherio di Cristo), la posizione delle mani che possono mostrare il dorso anziché la palma, la foggia della croce, la presenza all’interno dello scudo di varie figure quali monti, nubi da cui escono le braccia, colombe, cuori, corde, piaghe di Cristo, ecc. Cfr. S. Gieben, op. cit., tavv.

16. Scudo diviso da una linea verticale in due parti uguali.

  1. Scudo diviso da una linea orizzontale in due parti uguali.

18. Scudo diviso in tre parti uguali mediante due linee che possono essere parallele o seguire altri andamenti.

19. Scudo diviso in quattro parti uguali da due linee che si incrociano nel cuore.

20. Si dicono quarti di religione le singole armi degli  Ordini religiosi rappresentate nello scudo.

21. Cfr. S. Gieben, op. cit., pp. 26-34.

 

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