La bicicletta

di Maria Grazia Presicce

 

bici

 

                              […]    Ti consegno la bicicletta / me la devi conservare / te ne prego mia cara Antonietta / a nessuno la devi dare!/ Se Qualcuno te la domanda / tu gli devi dire di no: / non ha freni ai pedali / nemmeno fanali / avanti non andrà!/ […]

                

Pensando a questo, ancora, tanto utile mezzo di trasporto, mi è sovvenuto quest’antico motivetto che tante volte, da bambina, ho sentito cantare da mamma.

Per lungo tempo lo ascoltavo senza capirne il vero senso, finché , lei un giorno non mi spiegò che si trattava della raccomandazione che  un  innamorato suggeriva   alla sua ragazza.

I due fidanzati abitavano in paesi  vicini e, data la distanza non riuscivano a vedersi spesso. Il ragazzo, sicuramente, con enorme sacrificio era riuscito ad acquistare una bicicletta che le consentiva di giungere più rapidamente dalla sua bella, ma l’improvvisa chiamata alle armi ruppe l’incanto e procurò nel giovane, oltre al dolore del distacco, la preoccupazione della custodia della bicicletta durante la sua assenza. Per cui decise di affidarla alla fidanzata esortandola a non farla usare a nessuno.

La bicicletta, così, divenne per loro anche pegno d’amore!

Non sappiamo se il giovane tornò mai dalla guerra, lo speriamo però!

bici albero

Di un altro giovane che partecipò a quel conflitto e che aveva affidato ad un albero la sua bicicletta incatenandola al tronco, sappiamo che non è più tornato. La sua bici, però, è ancora lì e lo aspetta e l’albero testimone, protettivo e protettore continua a custodirla gelosamente, tenendola sempre più stretta al suo cuore. Meravigliosa natura sempre più maestra di vita e d’amore!

Durante una ricerca ho ritrovato su un vecchio settimanale del 1937 quest’articolo legato alla bicicletta. Leggevo e sorridevo considerando l’evolversi del tempo e le sue “ metamorfosi”.

Lo propongo ai lettori immaginando di fare cosa gradita.

bici l'ordine, la bicicletta delle donne, 16 apri, 1937

LA BICICLETTA DELLA DONNA E LA DONNA IN BICICLETTA

E chi non lo sa; oggi la bicicletta rappresenta un utile e pratico mezzo di trasporto e di piacevole svago, quando è usata con discrezione dagli uomini e con giudizio dai giovani.

Per le donne la cosa cambia un poco, quel telaio ricurvo, quelle ruote raggiate, quella comoda sella, per la donna, meglio ancora per la giovane, oggi così evoluta, libera in ogni suo capriccio, rappresenta l’occulto pericolo fisico e l’evidentissimo morale.

La scienza medica ha già opportunamente dato l’allarme, avvertendo che il prolungato uso della bicicletta è per la donna essenzialmente antigienico.

Nessun scalpore, signorine egregie … !!!

A quanto i medici hanno scientemente stabilito per cognizioni d’effetti, le signorine in modo speciale, non devono restare insensibili, sia per il danno che recano a loro stesse, sia per evitare il rimorso di far scontare ad altri esseri le conseguenze della loro trasgressione.

Ma oltre a questo che per qualcuno potrebbe passare fra le considerazioni secondarie , vi è un altro fattore ed è il più assillante, quello morale.

Basta uscire sulla strada per avvistare subito la frequenza di donne in bicicletta, le quali con quei dieci centimetri di sottana e due di corpo (?)[4], che oggi rappresentano l’ultimissima moda, offrono un aspetto indecoroso, talvolta persino schifoso che diventa un vero attentato al pudore.

C’è da supporre che tale offensivo indecente ed osceno spettacolo non sia del tutto a cognizione delle pedalatrici impenitenti, perché se si vedessero, per quanto vane e pervertite, loro stesse ne avrebbero vergogna.

L’ipocrisia, il falso pudore della moda, porta a continui e disperati ( quando sinceramente sono tali) atti di modestia da parte delle cicliste, per stendere i ruderi delle falde della gonna e coprire superiormente le gambe, almeno per nascondere ai loro stessi occhi, pur restando in mostra al pubblico, il quale è condannato ad assistere al movimento di due arti calzati di ragnatele, che si agitano continuamente seguendo il movimento dei pedali, e buttando in aria un gonnellino, che ad onor del vero nasconde nulla, proprio nulla.

Povere farfalle inconsce, si circondano di disonore, condannando il loro sesso.

E tutti devono godersi il vergognoso spettacolo, che ripugna e nausea, ad eccezione fatta dei soliti allocchi, ai quali si allunga il collo, ed un sorriso idiota sboccia sulle loro labbra.

Questo per quanto succede nella strada, che è la carrozza di tutti, ma se poi penetriamo nell’intimità familiare, ed allora la bicicletta è causa di ben altre più gravi conseguenze.

Dare una bicicletta ad una giovane, è come liberare una farfalla dalla rete che la tiene prigioniera.

Libera ai venti, vola, vola, vola senza stancarsi mai: ma dove vola?

Rispondano le mamme a questa domanda.

La macchina non servirà solo per i brevi percorsi dalla casa all’ufficio, allo stabilimento, ma investirà invece la signorina da smania di indipendenza, che la porterà ai lontani solitari luoghi, ai ritrovi fuori le mura, alle passeggiate con compagnie promiscuo, ed ancora… porterà l’inferno nella famiglia .

Ah! Mamme, mamme, in cuor vostro piangete e pensate al candore dei vostri anni di gioventù, alla semplicità della vita, al pudore ed al rispetto di tutto il vostro corpo, della vostra anima, a quella riservatezza che non permetteva alla donna, alla giovinetta specialmente,di uscire sola di casa, invece le vostre figlie, emancipate volano…e poi ogni giorno assistiamo a catastrofi sempre più frequenti che fanno rabbrividire.

Ma le responsabili di quelle catastrofi siete voi mamme e non le biciclette, perché vi è diminuita la forza vivificatrice della grazia di dio, e quindi l’Autorità. Avete incominciato col disinteressarvi del primo atto, che è il segno della fede, della obbedienza, il segno della Croce che ogni mattina e ogni sera i vostri figli e tutti dobbiamo fare quale saluto al Sommo Iddio; avete concesso un primo passo libero, non siete state rigide al primo capriccio, siete scese, ed avete dato e donato senza ritegno, siete giunte senz’avvedervene alla libertà assoluta, avete perso la testa, temendo che le vostre figlie restassero escluse dalla velocità del vizio, dai divertimenti,restassero appiedate, ed a tutto avete aggiunto la libertà della bicicletta.

Bisogna frenare, bisogna risalire la corrente, se non volete che il fango sprizzato dall’innocente macchina delle vostre figliole nella vertiginosa corsa ai piaceri, imbratti la vostra coscienza. ( s. f.)



[1]  Da google immagini: Scrambler:ottobre 2011: http://romhero.blogspot.it/2011_10_01_archive.html

 

[2] Da google: C:\Users\Computer\Documents\Twitter _ MayaDjordjevic  Nel 1940 un ragazzo, partendo.htm

[3] Biblioteca Provinciale “ S, Castromediano” lecce, L’Ordine, settimanale cattolico, lecce 16 aprile 1937- XV, Anno XXXII, num.16,”La bicicletta della donna e la donna in bicicletta”. PH maria grazia presicce

[4] ???è riportato in questo modo. Non è molto chiaro…

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2 Commenti a La bicicletta

  1. Preziosa la memoria della cantilena, che non conoscevo, e altrettanto la citazione dal settimanale. Attenzione ai dati che sto per elencare!

    L’ordine, Settimanale cattolico salentino, 1937: essi spiegano abbondantemente l’assunto e il tono dell’articolo, che oggi verrebbe giustamente contestato anche dalla più pudica delle monache di clausura …

    Il nome della testata è tutto un programma e il secondo dato evoca subito quella morale cattolica che già da tempo nella sua cieca sessuofobia aveva bollato la masturbazione maschile (di quella femminile non si immaginava, meglio, si faceva finta di non immaginare, nemmeno l’esistenza!) come causa di varie malattie fra cui la cecità. Qui, funesto strumento del diavolo, il sellino “per la donna, meglio ancora per la giovane, oggi così evoluta, libera in ogni suo capriccio, rappresenta l’occulto pericolo fisico e l’evidentissimo morale”! Quanto maschilismo della peggior specie (che più avanti tradisce anche una componente voyeuristica) in ogni parola del brano appena citato, in cui spicca il binomio libertà-capriccio confusi e fraintesi fino a diventare, nella mentalità maschile, quasi sinonimi!

    E poi la data: 1937. Siamo nel pieno periodo di una fase sciagurata della nostra storia in cui alle parole non corrispondono i fatti, nonostante la guida dell'”uomo della provvidenza”. A chi si meraviglia che abbia scritto non tanto “uomo” quanto “provvidenza” con l’iniziale minuscola rispondo, sorvolando pietosamente su “uomo”, che anche ad un credente a modo suo come il sottoscritto è difficile immaginare una divinità tanto improvvida …

    Per tornare, però, al sellino mi piace sottolineare, per amor di verità, che alle sue insidie fisiche per conformazione della parte del corpo umano destinata al contatto mi pare più esposto il maschio e, se penso che fino ad ora isolati risultano essere i casi di cicliste dopate, concludo che esso anche sotto il profilo morale (a voler trascurare le conseguenze fisiche del doping) costituisce un pericolo più per gli uomini che per le donne …

    Non voglio, infine, passare come il materialista insensibile che rovina tutto (fortunatamente lo spirito e la tenerezza del post non ne risultano minimamente intaccati), ma la foto della bicicletta lasciata dal soldato innamorato e fagocitata dall’albero mi pare proprio una delle tante bufale circolanti in rete, anche se parziale, come si apprende dal sito anti-bufale (non poteva mancare, ma chi ci garantisce dalla bufala controbufala?) http://www.snopes.com/photos/natural/bicycle.asp

    La nostra umanità sembra condannata a non apprendere mai la lezione del passato e sempre disponibile ad emularne gli aspetti peggiori, magari passando dall’estremismo forse solo formale (comunque in grado di fare i suoi bravi danni …) dell’articolo a quello sostanziale dei nostri giorni, in cui prevale la gara a rendere privato (e non mi riferisco certo alle privatizzazioni …) ciò che pubblico è e pubblico deve restare (i soldi dei contribuenti in primis), senza parlare di altri “capricci” comportamentali assunti, magari, a nostra insaputa …

    E abbiamo perfino la spudoratezza di continuare a citare (proprio come sto facendo ora io …) l’antico adagio, felicissimo nella sua allitterazione di t, r e p, “il troppo storpia”.

  2. Ti ringrazio del commento che ha reso ancora più interessante e completo l’articolo che avevo preferito non commentare e lasciare ai lettori le intime riflessioni!
    Per quanto riguarda la bici incastonata nel tronco dell’albero, quando ho letto il brano mi aveva colpito ed emozionato anche perché spesso ho visto tronchi di alberi che col trascorrere del tempo incastonano pietre ed anche uncini in ferro che spesso l’uomo dimentica appesi ai rami. Nella mia ingenuità “ genuina” non ho minimamente pensato ad una bufala. Avevo immaginato, che potesse essere accaduto davvero visto che la bici era stata incatenata per lungo tempo in un luogo non italiano ( qui non sarebbe rimasta a lungo legata a quel tronco!).

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