Gallipoli e la sua fonte abbandonata

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di Pietro Barrecchia

C’era una volta! C’era una volta una splendida piazza che incisa da un disegnatore francese, il Desprez, rappresentò Gallipoli tra le illustrazioni delle città del Regno di Napoli e delle due Sicilie. Era la piazza del Canneto.

Anticamente tale piazza era rinomata per una pregiata fiera di stoffe che si svolgeva dal 29 giugno al 2 luglio. Nell’illustrazione del Desprez è rappresentata l’antica fontana ellenistica sull’estrema destra, al centro una colonna ( non penso sia un osanna, atteso che non è raffigurato alcun segno religioso. Più probabilmente sarà stata una colonna delimitante la fine della via Traiana, come ad esempio, in Brindisi, per la via Appia), il Santuario della Vergine del Canneto sull’estrema sinistra e prospiciente la piazza, una fontana circolare, zampillante.

Poi tutto cambiò. La fiera si trasformò in festa della Madonna del Canneto, la colonna scomparve, la fontana greca rimase, ma della fontana in bronzo, rappresentata nel 1781, non ne rimase traccia. Poi, vi fu la costruzione dell’ottocentesco mercato coperto, a ridosso dell’antico maniero. E lì, tra le arcate del tempio commerciale, in un’abside improvvisata, si stagliava imponente l’antica fontana.

Ma, un giorno, si decise di ristrutturare il mercato coperto, di tagliare il cordone ombellicale che lo teneva ancora unito a quella madre di fattura angioina, sfondando la quinta di quell’abside e la fonte si dissolse dalla memoria cittadina. Che fine ha fatto? C’era una volta! No, no c’è ancora …. la fonte!

E’ la memoria collettiva che l’ha rimossa, ma lei resiste, anche senza la sua voce vitale. Dall’acqua all’arsura delle sterpaglie che ora la circondano. Dalla gloriosa posizione antica alla, quantomai, ingloriosa visione del Comune nuovo di via Pavia. Lì dimenticata e quasi invisibile, veglia sulle antiche grotte e si vergogna un pò di quel popolo che ha assetato e si circonda di rovi selvatici per non farsi più notare, perchè ha paura che se dovvesse essere ancora rinvenuta potrebbe fare una fine più ingloriosa di quella che sta subendo.

Ma la mia memoria non l’ha dimenticata e toccando le sensibili corde d’Euterpe che gli spigolatori usano suonare, oso parlare e provocare, all’ombra dei saggi, pregando loro che hanno narrato e difeso, riscoperto e vissuto, di tacere per una volta ed accogliere l’invito del fare.

Non abbandonate la mia antica fonte. Adottate il suo valore, ridatele dignità. Vorrei riveder vivere tale monumento con al fianco una targa commemorativa che ne descriva il fascino e rechi il ringraziamento agli spigolatori salentini, suoi salvatori.

Che dite si potrebbe ? E’ osare chiedervelo? Forse! Ma oso.

Grazie.

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