Fissando il cielo delle nuvole…

La gara

di Raffaella Verdesca

Un giorno correvo sognando di volare.

Ferma d’un tratto sulle mie gambe incerte ho fissato il cielo delle nuvole: correvano quelle veloci e nel superarmi calpestavano alberi già avviati alle ombre della notte e solcavano mari ancora accesi salutando frettolose la chiazza bianca di una nave in lontananza.

Chissà chi aveva dato inizio a questa gara.

Con l’euforia del traguardo a scolpirne soffice i contorni, gli impavidi cirri si stringevano accanto alla mia strada, una di quelle costruite dagli uomini, piani robusti d’asfalto seminati a cartelli e cemento.

Capivo che per quella frangia di nuvole seguire la pista battuta dal ritmo della mia fatica altro non era che un divertente gioco.

“Siamo di te più leggere, sorella, e nessuna curva rallenterà la nostra corsa, nessuna, e nessun ostacolo spezzerà il nostro passo, nessuno !” dicevano scivolando sulla mia testa al finire di un giorno nato terso.

Le sorti dei contendenti hanno alfine voluto lasciar di stucco il vostro

Chi ha paura dell’Uomo Nero?

ph Woodi Forlano

di Raffaella Verdesca

L’ombra di questa creatura sinistra ha gettato da sempre nel panico generazioni di culle e di lettini.

Non esiste posto al mondo in cui una povera madre non sia stata costretta a far ricorso all’Uomo Nero per aiutarsi nell’annoso compito di educare la prole e di spegnere il divampante incendio dei suoi capricci e delle sue sterili lagne, prova ne sia la ninna nanna a noi tutti nota.

Per fortuna è arrivato più di cinquant’anni fa il mitico fumetto di Diabolik a risollevare la crisi post-traumatica dei futuri adulti e a consolare le più disparate fasce di adolescenti sull’identità e sulle intenzioni del cugino del temuto spauracchio infantile. In fondo Diabolik è solo un astuto ladro, che male potrebbero mai fare, dunque, lui e il famoso parente a un povero studente squattrinato?

Capita che ai giorni d’oggi, invece, questa ingenua certezza non sia più così consolidata.

L’Uomo Nero si espande a vista d’occhio, s’infiltra in campi e figure prima insospettabili fino a creare terrore e morte, stavolta quella vera.

Se nell’infanzia uno si consola dicendosi che, nella peggiore delle ipotesi, questo benedetto Uomo Nero lo preleverà a sorpresa per portarlo lontano da casa, attento a farlo sopravvivere se non addirittura vivere, nell’età della ragione uno sa, capisce che così non è.

L’hanno sperimentato i quattro ragazzi morti nell’attentato contro la scuola ebraica di Tolosa nel marzo di quest’anno, alcuni studenti della Finlandia, della Svezia, della Germania, del Belgio, le 186 piccole vittime di Beslan, in Cecenia nel 2004, e il 19 maggio 2012 Melissa Bassi, deceduta a Brindisi nello scoppio di un ordigno esplosivo davanti alla sua scuola.

No, questo non è un fumetto, amici miei, qui non c’è niente da rubare e

“Il principio dei lavori virtuali” e altre tecniche di innamoramento scientifico

Johann Heinrich Füssli (1741 – 1825) “Eufrosine con la Fantasia e la Temperanza” 1799-1800 (Kurpfälzisches Museum di Heidelberg).

di Raffaella Verdesca

Una buona parte degli studenti italiani, sia moderni che di generazioni passate, sembra non nutrire particolare simpatia per le materie scientifiche. Di questa irriducibile schiera ho fatto parte anch’io fino a qualche giorno fa, momento in cui ho dovuto ufficialmente rettificare la mia posizione dichiarandomi riappacificata, se pur non intima, col mondo dei calcoli.

Sbagliata la dissacrazione dei numeri, fuor di luogo questo continuo sbadigliare davanti a capitoli di Fisica in fondo avventurosi, movimentati da personaggi intriganti come la massa, lo spazio e il tempo, la forza e il campo, i liquidi e i solidi.

La dannosità di questa svogliatezza nazionale è confermata da studi statistici e dimostrata dall’avanzamento di popoli fino a pochi anni fa considerati poveri e fuori lizza dalla competizione delle potenze economiche mondiali, esempio fra tutti l’India, nazione il cui aumento demografico è stato ultimamente supportato dall’inquadramento scientifico dei piani di studio e delle scelte tecnologiche attuate dal governo.

Come un ultrà del calcio che con ogni probabilità non sa neanche cosa sia un pallone, anch’io tifo per il progresso scientifico dei Paesi e volendo mantenere un minimo di coerenza, ho cercato più volte di capire o, nella peggiore delle ipotesi, di rivestire i numeri d’un pizzico di umanesimo.

In realtà le leggi della Fisica, all’apparenza fredde e circostanziate, ben si accostano a certe nostre realtà interiori, quelle cullate da secoli di narrativa e poesia, musica e pittura, in poche parole dalla massima espressione del sentimento artistico.

Senza andare troppo lontano, ho aperto d’istinto alcune pagine di Spigolature Salentine per averne conferma: ho ritrovato Silvana Bissoli, pittrice, che ha trasformato gli ulivi di Puglia in materia viva palpitante sentimento, ho riletto le belle poesie di Elio Ria, mi sono persa nelle delicate e intense storie di fidanzamenti scritte da Giorgio Cretì e ho battuto il ritmo delle canzoni di pizzica salentina intonate da Alfredo Romano e Mina: amori focosi, primitivi, lirici.

Chi può negare di aver affidato ricordi d’amore alle note di una canzone

Racconti/ Il castello di sabbia

 

disegno di Raffaella Verdesca

di Raffaella Verdesca

 

Solitamente l’ora di cena spopola le strade di mezzo mondo, ma l’ora di cena in piazza Castello a Crotone le annulla del tutto.

Sera fuligginosa e pigra.

Malkon guardava il cielo, prima che accadesse il fatto.

“Aprite! Aprite! Aiuto!” si alzarono le sue urla disperate ad accompagnare il suono sordo dei pugni contro il portone.

Nelle sue invocazioni, il ragazzo non aggiunse di essere rimasto chiuso dentro la fortezza di Carlo V, ma anche se fosse stato lucido e calmo, lì fuori non avrebbe trovato nessuno ad ascoltarlo: tutti a tavola.

Dopo un paio di tentativi di fuga, Malkon si rassegnò a prendere fiato.

Ricordava di essere entrato nel castello per vedere il panorama del porto e del mare. Ci veniva spesso da quando viveva a Crotone, e ora era diventato il suo posto preferito.

Nei momenti di libertà andava fin lassù a visitare le mostre o a guardare le stelle, tanto in casa sua non si poteva proprio stare. Non era distante da lì, gliel’aveva trovata il ‘Caporale’ poco dopo il suo arrivo. Quel giorno aveva scoperto le stradine irte e contorte del centro storico della città, la sua casa era lì. Gli era stata assegnata pezzo dopo pezzo, quasi a rate. Infatti, i primi tempi aveva dovuto sistemarsi nello sgabuzzino perché la famiglia di marocchini che ci viveva non era stata ancora trasferita in un nuovo alloggio. In quel periodo aveva camminato solo lungo il corridoio e nel bagno: interdetta tutta l’altra area calpestabile. Questo l’aveva indotto a immaginare quel posto grande e spazioso, perciò quando la famiglia Sharif finalmente se n’era andata, gli era stata riservata un’immensa delusione. Oltre al bagno, al suo sgabuzzino e al corridoio, infatti, esisteva solo un’altra stanza che fungeva da camera da letto, da dispensa e da cucina. E pensare che lui quegli Sharif li aveva detestati e perfino invidiati! Ecco dunque che per Natale Malkon aveva avuto la sua bella casa delle bambole! Si sarebbe adattato a viverci e anche bene, se al piano di sopra non ci fosse stata Ivanka, un’ucraina col vizio delle canzoni popolari sparate al massimo volume, e a fianco Rajid, un cittadino iraniano con la fissazione del mondo del cinema. Per questo motivo, Malkon lo sentiva ogni sera recitare, ripetere, urlare e sussurrare le preghiere del Corano! Diceva che gli

E io ora sai che fo’?

di Raffaella Verdesca

Fernando Botero, Gente del circo, 2007, olio su tela, 167×182 cm

Mi guardo a lungo le scarpe e capisco che è tempo di muoversi.

Non ho bisogno di guardare la testa, invece, per sapere che non si può mai smettere di pensare, così esco in strada e mi mimetizzo tra la gente.

Visi dolenti fanno la fila all’ACI sperando di pagare il bollo della propria auto a rate, mentre facce soddisfatte escono dai supermercati, felici di non portare più buste pesanti.

“Cosa hai comprato di buono oggi, Tizia?”

“Bucce di patate e scatole vuote di biscotti, Caia! Umpf, scusami, ma che maleducata che sono: ne vuoi assaggiare un po’?”

“Mi vuoi morta, cara? Sono a dieta, la ‘Dieta Monti’! E poi chi lo sente mio marito se vede che a pranzo non assaggio neanche un mestolo di brodo d’aria!”

Le risate complici delle due amiche si perdono nel gelo, mentre le loro impronte sulla neve sembrano orme leggere di gatto.

Nel parcheggio, la chiave gira a vuoto e l’automobile, un po’ per l’atmosfera artica, un po’ per i postumi di una benzina tagliata con l’acqua, sbuffa: “Coff…, coff! Ohè, belle signore, non sono mica un cammello! Anzi, vi supplico, abbandonatemi nel deserto chè è più facile succhiare un po’ di petrolio lì piuttosto che queste cinque euro di miscela acquosa che mi avete messo!”

“Anche tu col pallino della protesta?” sbotta Caia esasperata “E poi, un po’ di buon cuore, suvvia! O paghiamo le tasse o riempiamo i serbatoi delle auto! In quanto alla qualità della benzina, lo sai che c’è stato lo sciopero dei camionisti, la benzina si è quindi esaurita e da un giorno all’altro tutte le stazioni di rifornimento hanno dovuto fronteggiare richieste folli di pieni di carburante. Come dovevano fare? E che diamine, almeno un po’ di comprensione!”

“Mi hanno ingozzata d’acqua, neanche fossi stata a Guantanamo!” borbotta l’autovettura ansimante.

“Mica erano Gesù Cristo a Canaan con la trasformazione dell’acqua in vino, no? Di benzina ce n’era poca, di acqua un po’ di più e allooora, per accontentare tutti…!”

Con un rutto assordante e rantoloso, la povera utilitaria decide di far partire il motore temendo un nuovo pieno d’acqua, oltre che la vendetta trasversale del fantasma della guerra di Etiopia.

“T’accise…t’accise,…t’accise!” strombetta l’auto scomparendo dietro la curva. E sembra tanto un’imprecazione educata.

Mi dileguo allora dietro le mura umide delle case e mi sfrego le mani pensando che tra qualche tempo, nel nostro Bel Paese, tutto si risolverà per il meglio, tanto l’inventiva e la sopportazione non mancano. Aggiungiamo, anzi, anche un bella dose di spirito di adattamento.

“Coooome?” schiamazza stridulo il vecchio Mimino De Iaco proprio al mio passaggio.

“Sì, sì, hanno dato il via libera alle trivellazioni dei fondali della Puglia, Mimino mio!” gli comunica l’amico Vituccio trionfante “Così ‘ssignuria avrai finalmente benzina agricola per il trattore e nafta a volontà per il camioncino. Tutto nel mare, a portata di mano. Sono finiti i tempi in cui eravamo costretti ad andare in centro per fare la fila alla Esso! Da oggi in poi ti svegli la mattina, vai su una spiaggia con un bidoncino, un imbuto ed è fatta!”

“E per i riscaldamenti di casa?” obietta saggiamente il vecchietto senza tralasciare nessun dettaglio, come la vita contadina insegna.

“La stessa cosa, amico mio! Però stavolta devi scendere davanti al mare con un aspirapolvere: premi il tasto di accensione, quello rosso a destra, e lo tieni in funzione per una mezz’oretta a pelo d’acqua, in modo da risucchiare i gas dispersi dopo le estrazioni nel fondale, tanto tu quattro stanze devi riscaldare! Dopo di che, svuoti la busta (usa quella grande, mi raccomando!) nel bombolone in giardino e vedi che i termosifoni ardono che è una bellezza!”

Mimino si fa il segno della croce e con un sorriso beato esclama: “Adesso sì che il governo ha pensato al popolo!” e il pover’uomo si sente così felice che potrebbe morire anche subito senza fregarsene se l’Inferno brucia, tanto farà le prove con il riscaldamento di casa!

Facendo attenzione a non farmi notare, mi allontano dalla scena decretando la fine, per questa giornata, del mio silenzioso sondaggio. Entro allora in un piccolo bar in piazza (niente in contrario se lo chiamiamo ‘Bar Centrale’?) e gongolante, pur stremata dalla stanchezza del mio girovagare, chiedo un’acqua tonica per rifocillarmi:

“Alla signora offro io!” si fa avanti un ometto panciuto e mette sul bancone due euro tintinnanti.

Il barista fa cenno di accettare l’offerta col capo e il simpatico sconosciuto mi si avvicina certo di aver comprato un po’ del mio tempo. Per carità! Tanto sembra che tutto sia gratis!

“Tornasse Stalin a fare un po’ d’ordine!” sospira fissando il suo bicchiere vuoto “Voi siete giovane e forse non vi ricordate degli ideali del comunismo! La terra al popolo!”

Gli sorrido per pura cortesia e per lo stesso motivo rispondo distratta dalle bollicine che friggono lo spicchio di limone galleggiante nella mia bevanda, un po’ chimica anche lei.

“Mi ricordo soprattutto dell’Armata Rossa che liberò le terre conquistate dalla Germania nazista, oltre che gli ebrei superstiti dei lager come Auswitz.” rispondo ben propensa a congelare per un po’ l’orgoglio patriottico dinanzi alla risposta del governo alla richiesta energetica del Paese. Una genialata, avrebbe detto un mio amico!

“Brava, signora, brava!” mi promuove l’uomo entusiasta e poi continua seguendo il corso dei suoi pensieri “E meno male che gli eserciti russi fecero un po’ d’ordine, un po’ di spazio! Come avrebbero fatto, se no, ad avere i treni piombati a disposizione per deportare gli italiani di Crimea nei campi di lavoro sovietici? Una mano lava l’altra, signò,” mi apostrofa severo “mica si possono mantenere tanti cristiani al mondo! E poi quegli italiani erano pure fascisti…!” e lo sconosciuto sputa a terra con disprezzo. Effetti indesiderati dell’indigestione da propaganda.

Conscia dell’atmosfera un po’ tesa, decido di battere le mani con allegria forzata: “Fantastico! Si devono essere stancati parecchio, però, i russi a interpretare i buoni e i cattivi quasi contemporaneamente! Prima liberano gli ebrei deportati nei lager e poi deportano a loro volta le minoranze etniche! A sentire la storia così come lei, esperto di comunismo, la racconta, questo fattaccio degli italiani sterminati in Russia (non dico Kazakistan per non mettere in imbarazzo il mio interlocutore) suona un po’ male, ma se in fondo un buon fine c’era, non riesco a non pensare che si trattasse di una prova per gli Stati di provenienza di quei poveracci!”

Il mio ospite cambia d’un tratto espressione, diventa ostile come se si trovasse di fronte un nemico, non afferra il senso del mio dire.

Pongo subito rimedio al fraintendimento usando tutta la mia benevolenza.

“Intendevo” sottolineo “che forse la Russia era solo curiosa di vedere cosa avrebbe fatto l’Italia per proteggere i suoi cittadini, tutto qui!”

Lo sconosciuto si concentra inebetito un paio di minuti e poi annuisce scoppiando in una fragorosa risata: “Proprio così! Brava la signora nostra! E cosa fece l’Italia, voi lo sapete?”

“Credo niente! Ma meglio così, aveva ben altro da fare allora l’Italia! Per non parlare di tutti i governi che si son susseguiti fino ad oggi per fare provare alla nazione il brivido dell’essere controcorrente: troppo benessere, giustizia e democrazia rammolliscono i popoli! Guardi noi che bei muscoli stiamo mettendo su grazie a questa crisi! Allora, se da qualche parte esistono campi di lavoro, lasciamo pure che la gente lavori!” e mi passa sul viso un’ombra strana, quasi d’invidia.

“Eh sì, ma poi in Crimea gli italiani deportati tornarono quando venne Kruscev!” m’informa l’ometto “Solo che i russi non gli restituirono né beni né terre!” ci tiene poi a spiegarmi con fare cattedratico.

“Ehi, ehi, andiamoci piano!” cerco d’ingraziarmi l’ospite “In fondo, se è come lei ha detto prima, la terra era del popolo, ma mica di quello italiano, no? Riflettiamoci un po’ su: perché l’Italia avrebbe dovuto battersi o dovrebbe farlo ora per far riconoscere a questi miseri lo status di deportati, i loro diritti e tutto il resto? E mica ci guadagnerebbe qualcosa! Forse l’Imu, l’Imposta Municipale Unica? No, quelli sono in Crimea e quindi, anche se riavessero indietro le loro prime case…! Le tasse sugli ordini professionali? Niente da fare neanche qui, stiamo parlando di gente ridotta in miseria! Uhmmm, ora che ci penso, il Fisco potrebbe beccarli in flagrante col redditometro: corsi di lingua(parlano il russo, no?), sport(si muoveranno per lo più a piedi, possiamo farlo passare sotto la voce ‘maratona’, giusto?), viaggi(come sono arrivati in Russia? E qua li voglio!)e non vorrei dirlo, ma vedrai che qualcuno cercherà di prendersi la pensione di un parente massacrato, tanto non ci sono né corpi, né loculi nei cimiteri, né certificati di morte!” mi sembra un bel resoconto, ma poi convengo che sia ben magra conquista per uno stato democratico come l’Italia.

Che farsene delle elemosine dei sopravvissuti di Crimea? E quale deputato italiano potrebbe pagarsi questo viaggio ora che si è tassato di 1.300 euro (tradotto:. ora che ha rimandato di questa cifra l’aumento futuro del proprio stipendio)? Ricordiamoci che i discreti tagli alla politica(così discreti da non farsi notare, come buona educazione impone) hanno farfugliato qualcosa che suggerisce che è meglio non farsi beccare a prendere aerei pagati dai cittadini, a meno che non si debba andare ai Caraibi a curarsi i reumatismi, e che prevede che le auto blu non si possano mantenere a vita e…il viaggio fino in Crimea è così lungo!

Valà, lasciamo perdere, tanto per qualche migliaio di euro in più e in meno non diventiamo né ricchi né poveri! Qui ce ne sono tanti italiani da controllare e iniziare alla nobile causa del ‘Sostieni il tuo Stato, adotta una tassa a distanza!’, figuriamoci se il governo va a perdersi in Crimea!

Fosse stata la Svizzera, però…!

Racconti/ Il triste annuncio

 

Antonello da Messina, Sorriso dell’ignoto marinaio (1470-1472) Museo della fondazione Mandralisca – Cefalù

di Raffaella Verdesca

Si schiarì la voce più volte e fissandosi attentamente nello specchio, sussurrò valutando l’effetto scenico che ne veniva fuori:

“Mi dispiace molto, ma il povero zio Pierino ci ha lasciato per sempre.”

Accidenti! Erano ore che provava e riprovava a dire questa frase col pathos e l’intonazione migliore, ma dalla sua voce non usciva niente di buono.

Per non parlare poi di quell’espressione da salame che gli veniva fuori quando scandiva “…ci ha lasciato per sempre”!

Non poteva, zia Mara, affidare a qualcun altro l’ingrato compito di dare il triste annuncio?

In lista c’erano Marisa, Lucilla e Concetta che in quanto a recitazione non le batteva nessuno, non per niente si erano sposate gli uomini più facoltosi della città!

E Gino? Gino non sarebbe stato certo da sottovalutare, con quella sua naturale inclinazione alle espressioni lugubri e agli sguardi persi.

E invece no, e invece zia Mara aveva pescato proprio lui che faceva il cameriere sulle navi da crociera! Inutile dire che questo triste dovere gli costava forse di più degli altri perché zio Pierino lui l’amava e l’aveva amato come un padre.

Gli sembrava strano pensare al modo rocambolesco in cui lo zio si era tolto di mezzo.

Due sere prima si era alzato da tavola dopo cena, aveva salutato moglie e suocera come tutte le volte, e si era incamminato placidamente verso il Circolo di caccia del paese.

Era socio da anni di questo posto, pur non essendo mai stato un cacciatore.

Diceva che gli piaceva il fine ricreativo di quella tana di vecchi lupi d’assalto e

E insieme attenderemo Primavera…

di Raffaella Verdesca

Tramonto a Torre Colimena, di Francesco Politano

Ancora Estate, ancora sogno, ancora illusione.

Resta con me sole, non portarti dietro i colori del mondo, quelli che accendono i sorrisi e la fantasia, la voglia di fare e di volare.

So quello che mi dirai ora, mi dirai che altri colori lascerai per me sotto i tappeti di foglie e le nubi frizzanti. Grazie, ma… Certo, il rosso mi piace come la passione, l’arancio come il tramonto, il giallo come il mio vestito nuovo, ma… Aspetterò.

Fino ad allora il tuo mare sarà il mio, finchè giungeremo al bianco del sonno d’inverno e insieme attenderemo Primavera…

Simpatico, ma sciupato!

“Mangia e non pensare!”

di Raffaella Verdesca

“Ditemi voi se non è troppo magro!” esclamò a gran voce Cristina nel corridoio dell’ospedale, vedendo comparire il nipote durante l’orario delle visite.

Il brusio di approvazione delle compagne spinse l’anziana signora ad emozionarsi per dimostrare ancor meglio la sua disperazione.

Gianluca sorrise schernendosi davanti a quel gruppo attempato di sconosciute: “Che stupido che son stato a chiedere dov’era la tua stanza, nonnina! Bastava solo affacciarsi per riconoscerla dalla tua  solita lagna. Scommetto che ti lamenti che son troppo magro anche quando non mi vedi!

Intanto, buonasera a voi, signore, e scusate questa piccola divagazione familiare!”

Il coro di sorrisi sdentati esibito in risposta, fece capire al ragazzo che lì dentro l’età media non superava la speranza d’incontrare una bella ragazza in degenza ed era di poco inferiore ai settant’anni.

“Non state a sentire mia nonna! Se fosse per lei dovrei mangiare primo, secondo e terzo anche a merenda!”

“La nonna ha ragione, invece.” parteggiarono per l’amica le presenti “Guarda che bel giovanotto alto che sei, ma senza carne, però!”

“Sono nel reparto di Medicina Generale o al banco macelleria della COOP?” rise Gianluca divertito.

“Che simpatico!” pensò ad alta voce una delle vecchiette “Simpatico, ma sciupato!” si corresse poi subito dopo temendo di essere linciata dalle altre.

“E’ naturale!” esordì allora nonna Cristina gonfia di tutto il suo diritto di parentela “Cosa volete che ne venga fuori da un signorino che si alza a mezzogiorno,…”

Boato di disappunto.

“…beve cinque bicchieri d’acqua e ci annega dentro fette di mela con flessioni?”

“Dai nonna, smettila!” cercò di opporsi il nipote in visibile imbarazzo.

“Ho appena cominciato invece!” lo zittì risentita la donna prima di continuare il sermone: “Sapete poi che fa il nostro giovin signore? Si veste, legge i giornali

Storie di ambientalisti e di spedizioni punitive

 

“Chi la fa l’aspetti”

di Raffaella Verdesca

Sandro è in compagnia del suo respiro, pesante come un carico di piombo.

Si sente risuonare nelle orecchie i soliti proverbi della madre: “Non fare agli altri quello che non vuoi sia fatto a te.”

Strana donna quella, non l’ha mai sentita parlare fuori da frasi fatte: ne è morta soffocata.

Questa volta, però, Sandro le darebbe ragione, anzi si autoaccuserebbe di stupidità davanti al mondo intero.

Da bravo ambientalista, milita da molti anni nel WWF: ne ha fatte di spedizioni punitive contro i trasgressori della natura! Lui, Carlo e Francesco, sempre uniti negli ideali e nella vita.

Mentre la fronte gli si ricopre di sudore, Sandro rimane immobile nel suo riparo di fortuna e per non pensare al pericolo che sta correndo, ricorda la volta in cui tutti e tre hanno disegnato un enorme fiore sulla pelliccia del sindaco Marina Salieri. Ha ancora davanti agli occhi l’immagine della faccia inviperita di quella: “Imbecille! I fiori a una donna si regalano, non si disegnano!”

Ma è un ricordo che si consuma in un lasso di tempo troppo breve per far dimenticare la paura.

Quando hanno liberato dalle ville i cani legati alla catena hanno ricevuto in cambio qualcosa di poco vicino alla gratitudine, ma di molto simile a un morso nel sedere.

Fortuna, poi, non aver subìto la legge del taglione il giorno in cui hanno svuotato un intero flacone di lassativo nella minestra del guardiano dei polli! Quel poveraccio non è più tornato al lavoro nell’allevamento!

Piccoli eroismi di ragazzacci idealisti, davvero poco consolanti ora che uno di loro si trova aggrappato a un tronco che può cambiare il suo destino. E poi parlano di abbattimento degli alberi!

Meno male che qualche mese prima il WWF si era battuto per la conservazione dei dieci ulivi secolari attorno alla zona industriale della città, altrimenti a

Una spina in gola

di Raffaella Verdesca

E non è un modo di dire! E’ vero, Alessio era distratto, disordinato, a volte smemorato, ma questa volta era stata solo sfortuna nera.

“Buoni questi saraghi che ti ho preparato, vero amore? Mi son ricordata che sono il tuo pesce preferito e quando stamattina li ho visti sul banco al mercato, non ho resistito alla tentazione di comprarli.” la moglie.

“Grazie tesoro, davvero squisiti.” lui.

Era stata una giornata infernale: il commercialista gli aveva riservato la stangata a tradimento, un autovelox mimetizzato in un cespuglio lo aveva folgorato, sempre a tradimento, a una velocità di oltre 160 km/ora su una statale con il limite dei 70, il figlio minore aveva ritirato la scheda di valutazione scolastica che definire tradimento era solo un simpatico eufemismo e la piscina, che gli era costata quanto il Tower Bridge, si era arrugginita tradendo sfacciatamente il suo conto in banca.

All’improvviso, il consueto silenzio dell’ora dei pasti in casa Stecchi fu lacerato da un’imprecazione sommessa: “Aarrgh! Cara…! Coff! Coff! Aiut…!”

“Che ti prende, amore? Sembra quasi che soffochi.”

“Una spina, cazz…! Un bicchiere d’acqua, svelta!”

Ci mancava pure quel maledetto sarago a mettere in onda l’anteprima del Giudizio Universale!

Più che di un ennesimo tradimento, a questo punto si trattava di una vera e propria congiura!

La donna, senza riempirsi la testa di inutili supposizioni, tornò lesta dalla cucina con in mano una caraffa d’acqua da due litri: “Manda giù, manda giù, amore!” e presa dalla foga del soccorso, travasò fino all’ultima goccia del recipiente nella bocca del marito, neanche fosse stato un imbuto.

Mai occhi umani furono più espressivi di quelli di Alessio in quel momento: rossi, fuori dalle orbite, bagnati come se tutta quell’acqua se la fossero bevuta loro.

“Il medico! Chiamiamo un medico!” riuscì a balbettare l’uomo con sgomento, sentendosi la spina sempre più conficcata in gola, come se quella schifosa

Cefalea in camice

di Raffaella Verdesca

Era quasi tutto pronto per il convegno internazionale sulle cefalee.

L’avevano preparato in gruppo per ben quattro mesi, collaborando con i più famosi specialisti del campo: Zimmermann, Devor, Zhang e una copiosa schiera di addetti ai lavori provenienti da ogni parte del mondo.

Squallida storia quella dei ‘cervelli in fuga’ dall’Italia: studiosi, ricercatori, scienziati divenuti famosi in Stati capaci e felici di rendere onore e merito alla loro intelligenza. Lui, Salvatore Bensi, era rimasto stoicamente in Italia ad esercitare la professione di neurologo e neurochirurgo, naturalmente non di ricercatore.

Aveva lavorato duro e ogni giorno era riuscito a guadagnarsi un gradino in più in fama e potere, tanto da essere stato scelto come coordinatore del convegno in assoluto più prestigioso nel campo delle emicranie e delle cefalee.

Oltre questo, dov’era il merito?

Sicuramente quello di aver portato un simile clamore scientifico fino al suo paese piccolo e sconosciuto: Algìa.

Ridete?

Algìa era l’unico luogo degno di fare da spalla a un convegno sul dolore.

Heng Zhang, esimio rappresentante della Repubblica Popolare Cinese, saputa la traduzione del nome del paese, non aveva smesso di ridere per giorni, convinto che gli italiani fossero davvero insuperabili a creare scherzo e buonumore da tutto.

E se quel simpatico luminare cinese avesse scoperto che proprio lui, il dottor Bensi, ideatore e relatore della convention, nonché illustre cittadino di Algìa, proprio quel giorno era portatore di una cefalea all’ultimo stadio?

“Italiani mattacchioni, ih, ih, ih!”

Eh no, il viso stravolto e tumefatto di Bensi faceva capire lontano un miglio che non c’era proprio niente da ridere! Salvatore non era nuovo a forti mal di testa in seguito ad esplosioni di ansia incontrollata, ma in quell’occasione,

Avventura di un pescatore ubriaco e di una seppia

di Raffaella Verdesca

Ogni giorno, di buon mattino, Corrado si levava dal letto per correre sulla spiaggia a pescare, cosa che credeva di saper fare meglio di chiunque altro.

E così sarebbe stato, se solo non si fosse messa di mezzo la bottiglia!

Corrado, pescatore maturo di quarant’anni, aveva da tempo il vizietto di fare colazione con tre dita di grappa in un goccio di caffè, di pranzare annegandosi nel vino rosso e, dulcis in fundo, di chiacchierare lungamente, a sera fatta, con un amabile d.o.c. del ’99.

Una vita perfetta, senza pensieri.

A dirla tutta, però, il poveretto faticava un po’a trovare il letto di notte e la porta di casa al mattino, ma niente lo faceva sentire in imbarazzo.

Anche le disgrazie erano un motivo per ridere di sè e brindarci sopra.

Sentiva fissa da anni una forte pressione sul capo, il classico ‘cerchio alla testa’, qualcosa di simile a una pesante corona. Perciò si era convinto di essere la reincarnazione di un re di qualche pezzo di terra, o il lontano parente di un pianeta col suo anello attorno.

Nessuno dei suoi mali poteva ricondursi all’alcool, a suo avviso, meno che mai questa terribile emicrania capace di rinchiuderlo fuori dal mondo.

Non ricordare date, nomi e avvenimenti era la sua fortuna, la stessa che gli aveva lasciata intatta l’area del cervello preposta a maneggiare lenze e ami.

La sua pesca preferita era quella di cefali, merluzzi, saraghi e orate.

Era lo stesso pescato che adorava Sandra, l’unica nella ‘Locanda del molo ’ disposta a intrattenersi con lui il giovedì dalle sette alle nove di sera, a fine

Racconti/ La solitudine delle virgolette

di Raffaella Verdesca

 

Se qualcuno ha inventato, usato, messo in un commercio scritto le virgolette, un valore ce l’avranno!

Eppure, a qualcun altro non sono simpatiche affatto, tanto che vederle girare sul foglio a due a due, provoca un fastidioso disappunto.

La virgola, presa da sola, ha un valore sacro, un’aria contro cui non si può obiettare.

A guardarla, appare piccola, timidamente incurvata come a dire:

“Mi hanno voluta a tutti i costi, potevo dire di no?”

E proprio quella cosuccia da niente è capace di far tremare biblioteche e librerie di mezzo mondo.

Tuttavia, e lo vedi due righi più su, anch’essa ha dovuto ricorrere alle diaboliche virgolette per il suo parlare scritto.

Prova ora a pensare a una qualsiasi chiacchierata tra amici: ti sarà capitato di sentir aggiungere nel discorso, la dicitura “…tra virgolette…”.

Infatti, anche quando noi parliamo e non abbiamo perciò bisogno di usare questo benedetto segno di punteggiatura, spesso, per sottolineare sensi e doppi sensi, ci serviamo del “…tra virgolette…”, o potendo avere carta e penna, ci incastriamo il nostro concetto nel mezzo.

Che umiliazione per la povera virgola, potente segnetto legale in qualsiasi terra emersa, indispensabile in ogni tipo di scrittura. E pensare che questa voce della punteggiatura attira attenzioni e polemiche quasi esclusivamente nel suo stato coniugato!

Che c’entra? ti chiederai, e invece il problema sta proprio qua, che la coppia, anche in grammatica, fa discutere!

I punti esclamativi, quelli interrogativi, di sospensione e i punti e virgola, a volte si sentono esclusi, frustrati, convinti che la causa di questo disagio sia nascosta nel loro stato da ‘single’.

Come starebbero insieme due punti esclamativi? Bè, se ne vedono davvero pochi in giro, così come i punti interrogativi, troppo panciuti per

La lisca

 di Raffaella Verdesca

 

La spina dorsale dei pesci ha una geometria perfetta, di straordinaria simmetria. Ognuno dei suoi aculei, infatti, descrive un attraente disegno inserendosi ad angolo, insieme al gemello, lungo la struttura ossea portante. Quest’ultima è retta come dovrebbe essere il percorso della vita, ma le sue spine hanno inclinazione diversa e le si aggrappano ad arte, come le storie umane, pungenti e fragili. La lisca non ferisce se la si osserva da lontano, non graffia se la si prende con delicatezza, nel punto giusto. Sembra uno scheletro, ma è una traccia, il segno che la vita è passata da qui.

In questa ‘Lisca’ fatta di pagine c’è l’eco umano sciolto in brandelli colorati, uno diverso dall’altro.

Mi ritiro a riflettere e osservo che questo colore si accende o sbiadisce a seconda di quanta apertura ci sia verso il mondo e finalmente capisco

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