Raffaele Monteanni da Lequile, maestro intagliatorein legno e artefice d’intarsi

 

di Filippo Giacomo Cerfeda

Le primissime informazioni su Raffaele Monteanni possiamo recuperarle in un lungo articolo di Pietro Marti sugli architetti, pittori e scultori leccesi, pubblicato nel 1927 nella rivista “Il Salento”. L’autore, nel tracciare le qualifiche professionali del Monteanni, come “intagliatore in legno e artefice d’intarsi” ne esprime anche un giudizio: “modesto ma infaticabile”.

Per lo scrittore Marti egli è un frate, generando quell’errore che si riscontra anche in numerosi cronisti e studiosi del Salento nei decenni successivi. Merito di Marti però è quello di una prima segnalazione di alcune opere del maestro, realizzate tra il 1793 e il 1797. Ma riportiamo fedelmente la presentazione del Marti:

Modesto ma infaticabile frate. Intagliatore in legno e artefice d’intarsi, nato in Lequile nella seconda metà del secolo XVIII. Portano il suo nome: il Coro in noce della Chiesa di S. Domenico Maggiore in Taranto, il Coro della Parrocchiale di Copertino (1793), il Pulpito della Parrocchiale di Tricase (1795), il Coro della Parrocchiale di Uggiano (1797) [1].

Il coro di Spongano. Foto di Federica Urso

 

Diverso parere, in merito al giudizio, è quello registrato nelle “pagine sparse di storia cittadina di Lequile”, scritte nel 1933 da Amilcare Foscarini e pubblicate nel 1941. Il Foscarini, nel tracciare brevemente tutti gli uomini illustri della città, annovera anche Raffaele Monteanni, definendolo “Intagliatore di molto merito, nato nella seconda metà del sec. XVIII. Empì di suoi lavori tutta la provincia di Lecce. Intarsi, cori, pergami, ed altro, trovansi sparsi a Taranto, Copertino (1793), Scorrano (1790 e 1801), Tricase (1795), Uggiano La Chiesa (1796) ed altrove” [2]. Ma è soprattutto nella ristampa di questo prezioso contributo che emergono interessanti informazioni sul Nostro artista.

 

Il curatore della ristampa, Michele Paone, in una ricchissima nota, riprende e illustra brevemente i risultati della tesi di laurea sul Monteanni discussa da Enzo Rizzato, a cui si deve una diligente e laboriosa ricerca biografica sullo stesso Monteanni sostenuta da imponente documentazione archivistica [3].

Notevoli quindi sono i contributi aggiuntivi alla prima edizione del Foscarini, debitamente inseriti nelle note dal curatore Paone e corredati da una ricchissima bibliografia. Lequile può certamente vantare di aver dato i natali a numerosi personaggi, in tutti i campi, soprattutto in quello artistico. Per tale ragione nelle pagine relative a Lequile, pubblicate nel volume sull’edilizia domestica e architettura religiosa nell’area della Cupa, il curatore Antonio Costantini scrive:

La vicinanza al capoluogo, la presenza di due noti ed operosi architetti, come Salvatore Miccoli e Fra Nicolò da Lequile, di artisti, come lo scultore e pittore Francesco M. da Lequile e Oronzo Rossi, e dell’intagliatore Raffaele Monteianni, hanno fatto di Lequile uno dei principali centri del barocco salentino. [4].

Il De Dominicis, nella sua corposa monografia su Spongano, sostiene che

Raffaele Monteanni è figlio di Lucio, originario di Lequile, vicino Lecce, accasato a Spongano con Maddalena, figlia di Andrea Marzo. Realizza l’artistico coro in legno con la tecnica della tarsia nel 1795 [5].

Elementi sobri ed essenziali quelli riferiti al maestro intagliatore nel descrivere gli stalli in legno della parrocchiale di Spongano. Ed è proprio in questo luogo che Monteanni stabilisce la sua dimora, fino alla morte, dopo aver contratto un secondo matrimonio con Maddalena Marzo, proveniente da una ricca e cospicua famiglia del paese.

Ma ritorniamo alle diligenti ricerche di Enzo Rizzato, magistralmente sintetizzate da Paone e inserite nella nota di approfondimento del profilo di Monteanni. Dalla dissertazione di laurea si ricava che Raffaele Monteanni

nacque in Lequile il 20 ottobre 1754 dal bracciante agricolo Ciro Monteanni e da Caterina Sciombovuto e fu battezzato il giorno successivo, ricevendo, oltre il nome di Raffaele, gli altri di Giosuè, Lazzaro e Gaetano. A ventidue anni, il 10 agosto 1776, sposò in Martina Franca la trentenne Angela Aversa da Cisternino, vedova di Donato Olivieri, dalla quale ebbe quattro figli: Maria Caterina, nata il 14 agosto 1776, Beatrice Maria Chiara, nata il 12 agosto 1780 e morta in Spongano il 1833, Benedetta Giuseppa, nata il 27 luglio 1784 e Benedetto Giuseppe, nato il 24 marzo 1787. La moglie morì quarantacinquenne il 23 febbraio 1791 e fu seppellita nella suburbana chiesa di S. Stefano. Trasferitosi in Spongano, vi sposò il 4 ottobre 1792 Maddalena Marzo, dalla quale ebbe: Maria Giuseppa Domenica Leonarda, nata il 3 giugno 1794 e morta il 1820, Francesco Antonio Maria Giuseppe Cornelio Tiziano Giorgio Raffaele, nato il 16 settembre 1800 e morto il 1823, Michele Angelo Pietro Toma Pascale, nato il 6 marzo 1802, Caterina Vita Rosa Raffaela e morta il 16 febbraio 1815, Epifania, morta diciassettenne, Giorgio Maria Raffaele, nato il 22 aprile 1807, morto novizio, il 1828 e Maria Vittoria Vincenza, nata il 3 settembre 1811 e morta il 1829. La moglie morì cinquantottenne il 23 luglio 1827. Deputato del sale (1807), ternato (1808) per la carica di sindaco di Spongano, Surano ed Ortelle, Raffaele Monteanni è, il 1815, sindaco di Spongano, Surano ed Ortelle e, l’anno successivo, deputato annonario. Muore in Spongano nella sua casa in via S. Leonardo il 7 agosto 1835. [6].

La nota prosegue con un interessante aggiornamento delle opere del maestro ebanista, compreso quelle che andrebbero espunte dal suo catalogo per una scorretta o presunta attribuzione.

Negli anni 1788-1789 realizza egregiamente gli stalli in legno nel coro retrostante l’altare maggiore della chiesa parrocchiale di Spongano, secondo il progetto realizzato dallo stesso Monteanni e consegnato al clero locale.

Le vicende della realizzazione del coro ligneo di Spongano sono illustrate in un atto notarile inedito del 1788 che qui di seguito si espongono.

Altra angolazione del coro di Spongano. Foto Federica Urso

 

L’ALBARANA DEL 1788

Grande la nostra soddisfazione nell’aver individuato nei protocolli notarili di Giovanni Stasi di Diso del 1788 l’albarana di Spongano*, ossia la convenzione tra la civica amministrazione di Spongano ed il maestro Raffaele Monteanni per la realizzazione degli scanni in legno del coro della novella chiesa parrocchiale, solennemente benedetta nel 1770. Grande fermento c’era in quegli anni successivi alla riedificazione del nuovo edificio, sia per la realizzazione degli altari laterali sia per il loro abbellimento e decoro, attraverso i dipinti, le suppellettili e gli arredi sacri.

Ci è gradito consegnare ai lettori la sintesi di un lavoro di ricerca più ampio e articolato sulla chiesa parrocchiale, sull’albarana degli scanni e sul maestro artista Raffaele Monteanni.

Il rogito notarile è del 24 aprile 1788 ed è stato stipulato nella Terra di Spongano [7].

Davanti al notaio Giovanni Stasi di Diso si presentano Raffaele Monteanni, definito “magnifico” maestro, originario della Terra di Lequile, sposato e domiciliato nella città di Martina Franca, Girolamo Scarciglia e Giuseppe Maria Ruggeri, “deputati” ossia gli eletti dalla civica Amministrazione per gli abbellimenti e adornamenti che necessitano nella nuova chiesa parrocchiale insieme con Simone Lecci di Spongano, Regio Giudice ai Contratti, ed i sacerdoti di Spongano don Pietro Paiano, don Vito Spagnolo e don Casimiro Marzo.

Tra le parti si trattava e conveniva che il maestro Monteanni a sue spese e fatica dovesse costruire gli stalli in legno dentro il coro della chiesa parrocchiale, “secondo il disegno più moderno che apparisce nelle quattro figure, e proprio quello di basso del lato sinistro, formato detto disegno da esso magnifico Rafaele, e lasciato in possesso di detti Signori Deputati … di noce massiccio“.

Il costruttore aveva a disposizione due anni e mezzo di tempo utile, calcolato a partire dalla data dell’atto notarile. Per il lavoro il maestro Raffaele si rimetteva alla generosità e gentilezza dei signori “deputati” dal governo cittadino. Nell’albarana si stabiliva che il maestro falegname doveva mettere tutto il legname necessario per la costruzione degli stalli in legno. E tutto questo per il prezzo convenuto tra loro di 300 ducati, sia per il materiale, sia per la fatica, pagabili a rate.

Ma quali caratteristiche tecniche doveva avere l’intero complesso del coro? Si stabiliva, in particolare, che gli stalli dovevano essere realizzati in noce massiccio; le spalliere, i pilastri e ogni genuflessorio dovevano essere impellicciati, consistenti in noce, ulivo e lestinco romano; l’ossatura delle spalliere, i pilastri e il genuflessorio dovevano essere tutto di abete veneziano; il pavimento che sostenevano gli stalli e il sedile dovevano essere di larice, mentre il sedile del piano basso di legno di noce. In sostanza dovevano essere impiegate ben cinque qualità di legno.

La convenzione prevedeva anche la quantità e le forme di pagamento. A conclusione del rogito notarile dovevano essere sborsati immediatamente i primi venti ducati; altri ducati quaranta alla fine del mese di settembre 1788; altri ducati quaranta alla fine di gennaio 1789; altri ducati cinquanta dopo il primo fissaggio degli stalli nel coro; altri ducati cinquanta alla fine dell’opera. I restanti cento ducati, per il completamento dell’intera somma di 300 ducati, dovevano essere liquidati nel termine di un anno esatto dopo la definitiva collocazione degli stalli. Queste somme rateali dovevano essere consegnate brevi manu direttamente al maestro Monteanni se si trovava a Spongano, altrimenti nella città di Lecce nelle mani di una persona fidata.

I due “deputati” Scarciglia e Ruggeri promettono e si obbligano di somministrare al maestro Raffaele ed ai suoi aiutanti, per quel tempo che dimoreranno a Spongano per l’installazione degli scanni, l’uso di una abitazione privata, fornita di cucina, secondo il costume praticato in simili circostanze.

L’ultima parte dell’albarana è dedicata a tutte quelle situazioni avverse ed inaspettate che potevano verificarsi nel tempo concordato, tali da vanificare il progetto originario. Si pongono quindi delle condizioni affinché l’impegno civile e morale dei deputati, dell’amministrazione civica e della cittadinanza, e la spesa materiale non venissero a mancare nel caso di gravi situazioni di salute o di morte.

L’opera viene egregiamente portata a termine ed installata nel coro retrostante l’altare maggiore, secondo il progetto realizzato dallo stesso Monteanni e consegnato al clero di Spongano nel 1795, come attesta l’intarsio.

Purtroppo, quel disegno e progetto originario non esiste più nell’archivio parrocchiale, ma il ritrovamento dell’albarana del notaio Stasi sostituisce ed illumina le vicende di una lunga trattativa conclusasi felicemente con la consegna di una pregevole opera d’arte.

Il maestro intagliatore continuerà la sua attività con la produzione di altre meraviglie: il coro della chiesa di San Domenico Maggiore in Taranto (1787-1788); il coro della cappella dell’Immacolata in Martina Franca (1791); il coro della Collegiata di Copertino (1793); il pulpito della chiesa matrice di Tricase (1795); il coro della chiesa matrice di Uggiano la Chiesa (1796); il pulpito (1799) e il coro (1801) della chiesa degli Agostiniani in Scorrano ma avrà stabile e fissa dimora a Spongano dove risiederà fino alla morte.

Ai tempi di Monteanni l’Europa è percorsa da importanti novità quali le leggi eversive della feudalità promulgate dalla Francia rivoluzionaria e poi divulgate in tutti gli stati conquistati. Così anche in Italia e nel Salento.

Tra le riforme attuate da Giuseppe Bonaparte, una delle più significative è quella del 2 agosto 1806 che, abolendo gli ordinamenti feudali, poneva fine alla giurisdizione baronale sui comuni (le antiche Universitas) e ai diritti sulle persone.

Non ci furono i benefici sperati per le classi subalterne, sul frazionamento dei latifondi e sulla concessione delle terre con contratto di enfiteusi ai contadini e ai fittavoli; tuttavia questo nuovo ordinamento, favorì  nei Comuni la formazione di una nuova classe dirigente chiamata a svolgere funzioni di governo sulla base non più degli antichi titoli nobiliari, ma del censo; e così professionisti (come notai, medici, avvocati), commercianti artigiani e proprietari terrieri potranno ricoprire la carica di sindaci e decurioni nei Comuni, di consiglieri distrettuali e provinciali nei rispettivi organismi.

Il decurionato comunale era un organo amministrativo i cui membri venivano sorteggiati tra i cittadini benestanti che possedevano un reddito annuo non inferiore a 25 ducati nei Comuni fino a 3.000 abitanti, a 48 ducati nei Comuni maggiori; il presidente dell’assemblea, il sindaco e i suoi più stretti collaboratori (gli eletti e i deputati) venivano scelti dagli stessi decurioni, la cui nomina era vincolata al beneplacito dell’intendente provinciale, che aveva altresì il potere di revocarli dalla carica nel corso del mandato. I decurioni (o almeno un terzo di loro) dovevano saper leggere e scrivere.

La ristrutturazione amministrativa attuata dal re Giuseppe Bonaparte interessò anche le Universitas della ex contea di Castro. Con queste norme i conti di Castro che avevano per secoli tenuto sotto il loro dominio le comunità di Diso, Marittima, Vignacastrisi, Ortelle, Spongano e Castro, i baroni Spinola e i principi Caracciolo (feudatari di Andrano), i baroni Ventura, Maramonte e i marchesi Castriota (feudatari di Castiglione), lasciarono il posto ai rappresentanti della classe borghese nell’assunzione delle funzioni del governo locale e consentiranno a un artigiano di rango come Raffaele Monteanni di diventare Sindaco di Spongano.

Nonostante la prima deliberazione in assoluto, quella cioè relativa all’istituzione del Decurionato di Spongano, non sia giunta fino a noi, disponiamo, però, della conclusione decurionale successiva (la prima dal punto di vista archivistico), datata 11 dicembre 1808, sindaco Francesco Marzo, che riguarda la proposta della terna di amministratori per il 1809. Non bisogna dimenticare che per i primi anni del Decurionato i sindaci duravano in carica solo un anno, come nel vecchio regime.

Per Spongano vengono scelti, a maggioranza, lo stesso Marzo, Raffaele Monteanni e Pasquale Paiano; per Surano, ad unanimità, Domenico Cutrino, Saverio di Giuseppe Galati e Vito Galati; per Ortelle, sempre ad unanimità, Paolo Vito De Luca, Fedele De Luca e Vincenzo Abate.

Nel 1815 Raffaele Monteanni, che pure negli anni precedenti aveva svolto ruoli istituzionali, è Sindaco e ne troviamo traccia nell’atto notarile del 28 gennaio 1815, rogato dal notaio Francesco Fello di Poggiardo, riguardante l’assegnazione del patrimonio sacro al novizio di Spongano Giuseppe Rini da parte del padre Antonio Rini. Nel rogito vi è il certificato del Comune di Spongano con la firma del sindaco di Spongano Raffaele Monteanni [10].

Segue un altro atto dello stesso notaio Fello del 22 aprile 1815. Gennaro Rizzo, contadino di Spongano, abitante nella strada detta dello Putriso, vende e cede a Paolo Donato Rizzo di Spongano, abitante in strada del “puzzo d’avanti”, due fondi semenzabili siti nel Campo di San Vito a Ortelle. Anche in questo rogito leggiamo la firma del sindaco di Spongano Raffaele Monteanni, negli ultimi mesi del suo mandato amministrativo [11].

Nel mese di novembre Monteanni non è più Sindaco, infatti, tale carica è ricoperta dal De Micheli, come chiaramente appare in un allegato dell’atto notarile del 6 dicembre 1815 [12] e del 12 dicembre 1815 [13].

Il cospicuo patrimonio economico di Raffaele Monteanni, il radicamento nel tessuto sociale di Spongano e la sua intensa devozione verso la Vergine Immacolata, venerata soprattutto dai confratelli della locale Congregazione, lo porteranno ad offrire alla chiesa confraternale “un apparato fatto nuovo”. Certamente il riferimento è di un apparato d’altare ma la telegrafica segnalazione del redattore dell’inventario non consente di fissare con precisione la natura di questo “apparato” [14]. Un apparato nuovo, donato alla Confraternita dal “Maestro Rafaele Monteanni”. Vogliamo pensare che lo stesso falegname, nel ruolo di confratello dell’Immacolata, abbia realizzato anche i telai dei dipinti del presbiterio e delle pareti laterali, ma senza una documentazione certa tutto ciò resta una mera supposizione.

Raffaele Monteanni muore a Spongano nella sua casa in via San Leonardo il 7 agosto 1835 all’età di ottanta anni. Nell’atto di morte, redatto l’otto agosto 1835, Raffaele Monteanni viene registrato come “falegname intagliatore” ed anche il figlio Michele, che davanti al sindaco Luigi Paiano ne dichiara la morte, viene registrato “di professione falegname” [15].

La famiglia è ormai ben radicata a Spongano e qui vivono ed operano i figli dell’artista.

Benedetto Giuseppe Monteanni è il quarto figlio di Raffaele, avuto dal primo matrimonio con Angela Aversa. Gli viene attribuito lo stesso nome della sorella nata tre anni prima, Benedetta Giuseppa, morta quasi certamente in tenera età. Nel corso della sua vita Benedetto Monteanni eserciterà il mestiere del padre, conquistando lo stesso prestigio paterno sia nel campo sociale che in quello economico. Ciò risulta evidente in numerosi atti notarili, rogati nel primo ventennio dell’Ottocento, nei quali Benedetto compare come testimone e proprietario di beni fondi nel territorio di Spongano [16].

Diversa affermazione sociale viene raggiunta da Giuseppe Monteanni, figlio di Benedetto e nipote di Raffaele, che nella seconda metà dell’Ottocento ricopre un ruolo di prestigio sociale come “capo musico” della locale banda musicale di Spongano [17]. Le recenti operazioni di riordino e di inventariazione dell’archivio confraternale “Maria SS. Immacolata” di Spongano, hanno messo bene in evidenza numerosi mandati di pagamento a favore di Giuseppe Monteanni, coinvolto con la sua banda nelle maggiori festività promosse dalla locale Congregazione e soprattutto nelle processioni religiose durante i riti della Settimana Santa. Nel Mandato di pagamento dell’otto dicembre 1861 si fa esplicito riferimento al capo musica della banda musicale di Spongano, impegnata nelle festività civili e religiose dell’Immacolata Concezione [18]. Nel Mandato di pagamento del 26 marzo 1869 troviamo Giuseppe Monteanni che riceve dalla Confraternita ducati 7 per essere capo della compagnia musicale di Spongano, impegnata nella processione del Venerdì Santo [19]. Nel Mandato di pagamento datato 2 maggio 1870 si dispone la somma di lire 31 e centesimi 66 (pari a ducati 7 e grana 45) al signor Giuseppe Monteanni, capo musico di Spongano, per la processione del Venerdì Santo [20].

 

particolare, foto Andrea Pedone

 

 

particolare con la dedca, foto Andrea Pedone

 

 

particolare della dedica e della firma, foto Andrea Pedone

 

* Nel Grande Dizionario della lingua italiana del Battaglia il termine “albarana” deriva dall’antico sostantivo femminile “albarà” col significato di polizza, quietanza, ricevuta di pagamento (che attestava la tassa pagata per la merce importata, ed esentava il mercante da ulteriori obblighi doganali). Nello spagnolo antico il termine è attestato già nel 1039 nelle diverse forme di albarà, albaran e albalà, col significato di “cedola regia”. Nella lingua araba il termine al-barà’a aveva il significato di “ricevuta di pagamento” e perciò “esenzione”. Dal latino medievale albaranus si è avuto il volgarizzamento siciliano albarà e poi alberanu con il significato di “scrittura privata”. Entrato nel linguaggio giuridico e notarile il termine è stato utilizzato nel significato di “convenzione”, “accordo tra due parti” e nei rogiti notarili appare indifferentemente nelle due forme: maschile (albarano) e femminile (albarana).

 

NOTE

  1. MARTI PIETRO, Elenco di Architetti, Pittori e Scultori fioriti in Provincia di Lecce fino a tutto il secolo XIX e novero delle loro opere principali, in IL SALENTO, Almanacco 1927, compilato da Gregorio Carruggio, Lecce, Stabilimento tipografico Giurdignano, 1926, p. 47.
  2. FOSCARINI AMILCARE, Lequile. Pagine sparse di storia cittadina, a cura di Michele Paone, Galatina, Congedo editore, 1976, p. 84.
  3. FOSCARINI, op. cit., pp. 84-85.
  4. COSTANTINI ANTONIO (a cura di), Edilizia domestica e architettura religiosa nell’area della Cupa, Regione Puglia assessorato Pubblica Istruzione C.R.S.E.C. LE/39 San Cesario di Lecce, editrice Salentina, Galatina, 1999, p. 52.
  5. DE DOMINICIS FERNANDO, Spongano da villa a Comune. Storia e documenti, Capone Editore, Lecce 2003, vol. I, pp. 395-396.
  6. FOSCARINI, op. cit., pp. 84-85.
  7. ARCHIVIO DI STATO DI LECCE (d’ora in poi ASL), fondo Protocolli notarili, Protocolli di Giovanni Stasi di Diso, 35/4, anno 1788, atto notarile del 24 aprile 1788, foll. 83r-85v (in lapis), 70r-72v (cartulazione coeva).
  8. ARCHIVIO DIOCESANO DI OTRANTO (d’ora in poi ADO), fondo Curia arcivescovile, sez. I, serie Sacre Ordinazioni, sottoserie Spongano, anno 1808, fascicolo personale di Michele Marzo, Fede di verità del luogotenente di Spongano Giuseppe Alemanno.
  9. ADO, fondo Curia arcivescovile, sez. I, serie Sacre Ordinazioni, sottoserie Spongano, anno 1808, fascicolo personale di Raffaele Corvaglia, Fede di verità del luogotenente di Spongano Giuseppe Alemanno.
  10. ASL, fondo Protocolli notarili, Protocolli di Francesco Fello, 76/5, anno 1815, atto notarile del 28 gennaio 1815, foll. 16r-21r.
  11. ASL, fondo Protocolli notarili, Protocolli di Francesco Fello, 76/5, anno 1815, atto notarile del 22 aprile 1815, foll. 65r-67r. Al folio 67r vi è la firma del sindaco di Spongano Raffaele Monteanni.
  12. ASL, fondo Protocolli notarili, Protocolli di Francesco Fello, 76/5, anno 1815, atto notarile del 6 dicembre 1815, foll. 130r-132r. Al folio 132r vi è la firma autografa del sindaco De Micheli.
  13. ASL, fondo Protocolli notarili, Protocolli di Francesco Fello, 76/5, anno 1815, atto notarile del 6 dicembre 1815, foll. 130r-132r.
  14. ARCHIVIO CONFRATERNITA IMMACOLATA DI SPONGANO (d’ora in poi ACS), serie Corrispondenza e carteggio, unità archivistica n.3, “Inventario de’ Sacri Arredi, ed utensili della Congrecazione di Spongano”, doc. non datato ma post 1830-ante 1863. Questo inventario è stato integralmente pubblicato da CERFEDA FILIPPO GIACOMO, Loquar ad cor eius. La chiesa confraternale dell’Immacolata di Spongano e l’omonima Confraternita, Edizioni Giorgiani, Castiglione d’O. 2014, pp. 234-235.
  15. ARCHIVIO COMUNALE DI SPONGANO, Registro degli atti di morte del 1835, foglio n. 6, atto di morte n. 11 dell’otto agosto 1835 di Raffaele Monteanni. Ringrazio Gino Tarantino e Virgilio Corvaglia per la piena disponibilità nel recuperare l’atto di morte di Raffaele Monteanni presso l’archivio comunale di Spongano. Il documento, finora inedito, viene quindi a pieno titolo recuperato e inserito nel presente saggio.
  16. Nell’atto notarile del 24 dicembre 1811, redatto a Spongano dal notaio Francesco Fello di Poggiardo, foll. 61r-72r, troviamo i contraenti: Giuseppe Nicola Scarciglia e Maddalena Scarciglia; i due testimoni: Benedetto Monteanni, figlio di Raffaele Montejanni e Simone Lecci. Si segnala ancora l’atto notarile del 26 settembre 1816, rogato dal notaio Francesco Fello di Poggiardo, foll. 85r-89r. In questo atto di acquisto tra i testimoni vi è anche Benedetto Montejanni, falegname, figlio di Raffaele.
  17. GIUSEPPE CORVAGLIA, Zinnananà. Storie di bande e musicanti, Edizioni Youcanprint, Lecce, 2020, pp. 18 e 205.
  18. ACS, serie Mandati di pagamento, anno 1861, Mandato di pagamento 8 dicembre 1861.
  19. ACS, serie Mandati di pagamento, anno 1869, Mandato di pagamento 26 marzo 1869.
  20. ACS, serie Mandati di pagamento, anno 1870, Mandato di pagamento 2 maggio 1870.

 

 

Copertino. La chiesa matrice di Santa Maria ad Nives elevata a basilica pontificia minore

di Aldo Zuccalà

 

La chiesa matrice Santa Maria ad Nives in Copertino è stata elevata dal Santo Padre Benedetto XVI alla dignità di “Basilica Pontificia Minore”.
Tale solenne proclamazione è avvenuta il 3 luglio 2011 durante la celebrazione eucaristica, presieduta da S. Em. il Card. Salvatore De Giorgi, concelebrata da S. Ecc. il Vesc. Domenico Caliandro, dal parroco Mons. Giuseppe Sacino e da tutto il clero copertinese.
La messa solenne ha visto la partecipazione tanto delle istituzioni locali, nelle vesti del Sindaco di Copertino e del presidente della Provincia di Lecce, quanto di numerosissimi fedeli (la chiesa era stracolma di gente anche sulle navate laterali e sul sagrato) plaudenti e gioiosi per l’evento.
L’insigne titolo, materialmente visibile con l’apposizione degli stemmi pontifici sul prospetto principale e con una lapide commemorativa posta all’interno, concesso alla chiesa di Santa Maria ad Nives in Copertino per la sua particolare importanza storica, artistica e religiosa, lega ora la Collegiata copertinese in modo speciale con la Chiesa romana e il Sommo Pontefice; inoltre le conferisce specifici compiti e privilegi, riservati alle Basiliche Pontificie Minori.

Copertino, chiesa collegiata, la cosidetta “porta dei leoni”

La chiesa matrice, o collegiata, dedicata a “Sancta Maria ad Nives” (Madonna della Neve), rappresenta lo scrigno della storia religiosa e civile di Copertino.
Le collegiate erano praticamente delle cattedrali ma, mancando la figura del vescovo, non potevano rappresentare la sede episcopale né adempiere alle funzione di governo della diocesi. Esse facevano da corona alla chiesa vescovile e i membri appartenenti, oltre a curare le cerimonie liturgiche, erano tenuti a far vita comune insieme (da cui il nome).
Esistevano due tipologie di collegiate: quelle “a pieno titolo”, oppure quelle “ad instar”, e tale differenziazione nasceva dall’onorificenza del “canonico” del quale si fregiavano i componenti delle prime; mentre le seconde erano formate da semplici sacerdoti.
Nella diocesi di Nardò, dipendevano dalla cattedrale neretina due chiese propriamente collegiate (Copertino e Galatone) e due “ad instar” collegiate (Casarano e Parabita).

L’attuale chiesa matrice di Copertino fu fondata sull’antica chiesa di San Nicola di rito greco-bizantino, nel 1088, quando nel Salento, per volere e ad opera del conte Goffredo il Normanno, si andò affermando il rito latino. Purtroppo non si sa nulla sulle caratteristiche della chiesa precedente, né di quella edificata nel 1088.
Essa venne riedificata da Manfredi, come possiamo leggere in una fonte tutt’ora conservata negli archivi della stessa Collegiata:

Giacinto Dragonetti, Difesa del Real Patronato
della Collegiata di Cupertino fondata nel
MLXXXVIII (1088) dal Conte Goffredo Normanno
e nel MCCXXXV (1235) riedificata e dotata dal
serenissimo re Manfredi, Napoli.

Manfredi di Svevia, conte di Copertino, la dotò di numerosi privilegi elevandola a basilica con il titolo di Vergine delle Nevi, dedicazione che sostituì quella originale dell’Assunta.
Dopo il 1235 la chiesa matrice subì solo delle modifiche e dei restauri, senza essere completamente distrutta. La struttura ha subito, infatti, ampliamenti e rimaneggiamenti nel corso dei secoli, sopratutto nel corso del ‘500 e del ‘700, per poi assumere la forma che noi oggi possiamo ammirare.

La facciata a capanna, è caratterizzata dalla presenza di archetti pensili, medievali, appartenuti alla prima costruzione medievale e dal portone principale, realizzato in bronzo nel 1985 dagli artisti R. Del Savio e G. Gianese.

Copertino, chiesa collegiata, l’ingresso principale

Sul portale maggiore di ingresso esiste un’epigrafe che cita e ricorda il nome di Manfredi e la data di costruzione della riedificazione.
Il cosidetto “portale dei leoni” è quello che si apre sulla facciata del lato destro, in prossimità del campanile, così chiamato per la presenza di due leoni stilofori, romanici.
Questo portale, molto più elegante di quello maggiore, è affiancato da due colonne rinascimentali, che lo separano da due nicchie; al di sopra dell’architrave, è incisa la seguente frase latina di dedica alla vergine Maria della Neve: “Divae Mariae ad Nives Dicatum” ed è impreziosito da un piccolo rosone scolpito nella pietra leccese, sormontato dal un timpano spezzato al cui centro è collocata la statua lapidea della Vergine.

Il campanile, sorto sui resti dell’antico cimitero di Copertino, fu innalzato tra il 1588 ed il 1603 dal magister lapidarius Giovan Maria Tarantino da Nardò.
Tale torre campanaria, in stile tardo rinascimentale, per molti aspetti stilistici e strutturali richiama quella della chiesa matrice di Galatone e le altre dell’Immacolata e del Carmine di Nardò. Da una attestazione risulterebbe che ai piedi del campanile, nel 1460 vi fosse una cappella dedicata allo Spirito Santo, sita iuxta parochialem, nel cortile della chiesa di allora, oggi sostituito dal sagrato.

Copertino, chiesa collegiata, interno

All’interno la chiesa Matrice si presenta con una pianta basilicale a tre navate, un tempo sorrette e scandite da colonne rinascimentali, poi rivestite ed incassate negli attuali pilastri tardo-barocchi del XVIII secolo; entrando dall’ingresso principale sul primo pilastro a destra è possibile scorgere da una fessura, lasciata appositamente, tale stratificazione di stili architettonici.

Il vano absidale, pentagonale, realizzato nel 1576, è opera del Tarantino, lo stesso del campanile, e di Francesco Maria Dello Verde, suo concittadino.
La collegiata di Copertino fu radicalmente restaurata a partire dal 1707 per volontà del vescovo di Nardò, Antonio Sanfelice. Ciò causò l’inglobamento delle colonne romaniche interamente affrescate e dei relativi capitelli in poderosi pilastri; scomparve anche la volta a capriate, nascosta da un tetto decorato con stucchi in stile rococò; il tutto ad opera di valenti artigiani provenienti dall’area barese.

Copertino, chiesa collegiata, particolare del portone bronzeo

Nell’antico rituale religioso delle collegiate il luogo deputato per la recita dell’Ufficio, la partecipazione alla messa “conventuale” e le eventuali riunioni capitolari era il coro (o aula capitolare), posto dietro l’altare maggiore. Sulla parete frontale rispetto all’altare maggiore vi erano gli scranni riservati alle “dignità” del Capitolo, mentre gli altri posti venivano occupanti dai restanti. L’ordine superiore era  riservato ai sacerdoti mentre i cosiddetti “beneficiari minori” (chierici, accoliti, mansionari…) occupavano posto nell’ordine inferiore.
Il coro della Matrice è formato da stalli, intagliati in legno, attribuiti a Raffaele Monteanni, che lo realizzò nel 1793, per volontà testamentaria di Vito Nicola Saggese..

La zona del transetto sinistro è occupata da un altare settecentesco con la tela della “Gloria di San Giuseppe” (1754); sul lato destro si trova il magnifico altare, in pietra e indorato, eseguito nel 600, dal celebre scultore copertinese Antonio Donato Chiarello e dedicato alla Vergine della Neve, contenente, incastonato al centro un affresco di stile tardo-gotico, raffigurante Gesù Bambino e la Madonna, la quale è rappresentata mentre viene incoronata da due angeli.

Copertino, chiesa collegiata. Antonio Donato Chiarello, altare in pietra e indorato, eseguito nel 600

Nella stessa sezione di questo altare è raffigurato il Miracolo della Neve.
Si racconta che a metà del IV secolo d.C, ad agosto, in piena estate, una forte nevicata si abbattè su Roma. Fu così che papa Liberio tracciò un solco, tra la neve caduta, sul colle Esquilino, esattamente nel luogo nel quale poi sarebbe sorta la basilica di Santa Maria Maggiore, conosciuta anche tempio della Vergine della Neve. Dopo questo prodigioso miracolo il culto della Madonna della Neve si diffuse ampiamente ed in suo onore, nel Salento, oltre alla matrice di Copertino, furono edificate la cappella a Galugnano, la parrocchiale di Strudà ed una chiesetta a Neviano.

In una cappella nel transetto a destra è collocata una tela con la rappresentazione del Trionfo dell’Eucarestia, affiancata da delle tavole raffiguranti le effigie di San Pietro, San Paolo, San Zaccaria e San Gerolamo, dipinte dal copertinese Gianserio Strafella. Queste tavole, risalenti al 1554, probabilmente erano parti di un unico polittico di cui non esiste più la figura centrale.

Rinnovatore della pittura figurativa salentina della metà del ‘500, lo Strafella, fu enfaticamente definito dal medico leveranese Girolamo Marciano, “pittore nobilissimo, discepolo di Michelangelo, il quale non solamente si può eguagliare al suo maestro e a Raffaello da Urbino, ma agli antichi Apelle e Zèusi”.

Più veritiero, è invece il giudizio espresso nel 1882 dallo studioso leccese Cosimo de Giorgi, che lo riteneva ”uno dei pochi pittori veramente esimi di Terra d’Otranto”.
L’attività manierista dello Strafella, oltre che nei dipinti presenti nella matrice, è visibile negli affreschi della cappella di San Marco nel Castello di Copertino ed è rintracciabile in molti dei principali centri dell’epoca (Lecce, Nardò, Gallipoli) e conferma le capacità artistiche dell’artista copertinese e le chiare influenze desunte dai maestri del tempo.
Interessanti sono le decorazioni barocche degli altari delle cappelle laterali, posti nel 700, in sostituzione di quelli rinascimentali; tra essi, spiccano quelli dedicati a Sant’Anna, al Cristo morto, con l’altra celebre tela dello Strafella, al Crocefisso ed alla Visitazione.

La collegiata di Copertino è il tempio salentino, nel quale gli elementi architettonici di vario stile e di varie epoche si fondono tra di loro, rendendo questo monumento mariano un bene prezioso, pieno di fascino e di arte, tenuto da sempre in enorme considerazione dagli storici, per via anche del suo archivio storico plurisecolare.

Da secoli attrae l’attenzione di fedeli, turisti e studiosi, provenienti dall’Italia e da tutta Europa, e da oggi, con l’elevazione a Basilica Pontificia Minore, si spera possa mantenere indiscusso ed inalterato nel tempo questo suo splendore e possa essere motivo di vanto per tutta la comunità copertinese e salentina.

 

 

le foto sono di Marcello Gaballo. Vietata la riproduzione.

Fonti:
– Salento Mariano – Valerio Terragno – Rubrica de “L’Ora del Salento” del 5 settembre 2009
– Topografia Medievale: Copertino e Sternatia, Studio di due Borghi in Età Medievale – 2004/205 – I. Alemanno
– http://www.facebook.com/l/lAQD3R6ZgAQD-yXbRJoCH4QE5Xr-9Sw8mpqk5h-Pep_3Jkg/www.comune.copertino.le.it/

La Fondazione Terra d'Otranto, senza fini di lucro, si è costituita il 4 aprile 2011, ottenendo il riconoscimento ufficiale da parte della Regione Puglia - con relativa iscrizione al Registro delle Persone Giuridiche, al n° 330 - in data 15 marzo 2012 ai sensi dell'art. 4 del DPR 10 febbraio 2000, n° 361.

C.F. 91024610759
Conto corrente postale 1003008339
IBAN: IT30G0760116000001003008339

Webdesigner: Andrea Greco

www.fondazioneterradotranto.it è un sito web con aggiornamenti periodici, non a scopo di lucro, non rientrante nella categoria di Prodotto Editoriale secondo la Legge n.62 del 7 marzo 2001. Tutti i contenuti appartengono ai relativi proprietari. Qualora voleste richiedere la rimozione di un contenuto a voi appartenente siete pregati di contattarci: fondazionetdo@gmail.com.

Dati personali raccolti per le seguenti finalità ed utilizzando i seguenti servizi:
Gestione contatti e invio di messaggi
MailChimp
Dati Personali: cognome, email e nome
Interazione con social network e piattaforme esterne
Pulsante Mi Piace e widget sociali di Facebook
Dati Personali: Cookie e Dati di utilizzo
Servizi di piattaforma e hosting
WordPress.com
Dati Personali: varie tipologie di Dati secondo quanto specificato dalla privacy policy del servizio
Statistica
Wordpress Stat
Dati Personali: Cookie e Dati di utilizzo
Informazioni di contatto
Titolare del Trattamento dei Dati
Marcello Gaballo
Indirizzo email del Titolare: marcellogaballo@gmail.com

error: Contenuto protetto!