di Armando Polito
Anzitutto ringrazio i sei presunti dispersi perché con un semplice cambiamento del numero mi hanno consentito di evitare l’accusa di pubblicità ad una trasmissione televisiva che, pur non rinunciando talora all’enfasi e alla spettacolarizzazione, forse è l’unico esempio di tv di servizio.
Mi occupo oggi di sei uccelli frequentissimi dalle nostre parti al tempo della mia infanzia. Non so se il provvido istinto ha suggerito loro di cercare altri lidi meno pericolosi o se, come temo, quella attività sportiva (?) che pure un cerebroleso si guarderebbe bene dal praticare e che si chiama caccia li ha cancellati da ogni angolo della Terra. Se qualche cacciatore ha intenzione di denunciarmi per calunnia, faccia pure; sappia che nel momento conclusivo del processo taciterò il mio avvocato (purtroppo, per motivi tecnici, dovrò, per quanto formalmente, servirmene) e dimostrerò il mio assunto con prove così fondate che anche un giudice fanatico cacciatore sarà costretto a darmi ragione, nonostante questo comporti di conseguenza pure per lui la conferma della mia diagnosi e a quel punto dovrò pubblicamente riconoscere che sarà pure cacciatore ma che nell’esercizio delle sue funzioni pubbliche ha il grande pregio di essere leale e sportivo…
Sarà mia compagna nello stilare queste poche righe quella stessa tristezza che ti prende quando pensi a qualcosa (tanto più quando si tratta di un essere vivente…) legata al tuo passato e che non rivedrai più.
Resta, magra consolazione, il fascino semplice dei loro nomi dialettali che evocano tempi in cui il cemento e l’asfalto non erano diventati ancora esiziali metastasi di quel cancro che abbiamo introdotto nell’ambiente affannandoci a nutrirlo e a moltiplicarlo anziché ostacolarne la proliferazione.
Cazzamèndule
Il nome (alla lettera: schiacciamandorle) la dice lunga sulla particolare abilità con cui era (uso l’imperfetto per lui e per i successivi in funzione scaramantica…) in grado di soddisfare i suoi gusti alimentari, bisogna riconoscerlo, non comuni e che non trovavano soddisfazione nella plebea consumazione di un altrettanto plebeo lombrico e simili. Piuttosto generico appare il nome italiano, frosone o frusone, che è dal latino tardo frisiòne(m)=della Frisia, col suo evidente riferimento al luogo di provenienza. Chi avrebbe sospettato che più aderente al nome dialettale fosse quello scientifico? Coccothraustes coccothraustes L., infatti, deriva dal greco kokkos=granello, chicco, pillola+thràuo=spezzare.
Furmicalùru
A differenza del precedente preferibilmente vegetariano, il suo pasto prediletto, come indica il nome dialettale, erano le formiche; credo che dovesse avere anche una grande pazienza nel rimediare un pasto completo, viste le dimensioni non certo ragguardevoli delle formiche nostrane. Pare, però, che il suo nome italiano, torcicollo, non alluda alle conseguenze di questa sua attività né ad una postura che per la stessa sembrerebbe obbligata ma alla capacità di storcere il collo quando viene disturbato o spaventato. Tuttavia, sulla Treccani on line, il nome è collegato alla facoltà di allungare il collo e volgere la testa di 180°, dettaglio non da poco per il tipo di caccia da lui praticato. Il nome scientifico, Jynx torquilla L., allude, invece, almeno in parte, ad altro. Jynx deriva dal greco ìunx=torcicollo (proprio il nostro uccello, non l’inconveniente), incantesimo, seduzione, dal verbo onomatopeico iùzo=gridare, urlare, ronzare (per le api); va detto, però che il significato di torcicollo fu assunto per ultimo, cioè, quando Iunx, figlia di Pan e di Eco, fu trasformata nell’uccello per aver suscitato in Zeus l’amore per Io e da allora la bestiola venne utilizzata (e ti pareva…!) per incantesimi d’amore. Torquilla è dal latino medioevale torquìlla (o tòrtula), che nel Du Cange, tomo VIII, pag. 133 ha questa definizione: torquilla, tortula, avis ita dicta quod collum crebro torqueat (torquilla, tortula, uccello così detto perché torcerebbe spesso il collo). Per completezza ricordo che torquilla si ricollega al latino classico torquère=torcere, tòrtula al suo supino tortum e non ha nulla a che fare con la tortora che è dal latino tùrture(m), di origine onomatopeica.
Saccufàe
Debbo confessare, anche se posso sembrare presuntuoso e sadico, che questo uccello, da quando sono diventato grande e le parole hanno cominciato a