Sant’Irene Lupiensium patronae: il culto al femminile
a cura di Danilo Ammassari
Le vicende della vita di S. Irene, secondo le fonti scritte, risultano essere un intreccio di vari racconti e tradizioni tra Oriente e Occidente.
La prima attestazione è il Menologio di Basilio II, databile al X sec. d.C., in cui è narrata la Passio della Santa senza alcuna indicazione dei luoghi e dei tempi della sua vita terrena.
Le voci della Bibliotheca Sanctorum riportano versioni discordanti sulla figura di S. Irene, in particolare una di questa si riferisce alle tre sorelle Agape, Chione e Irene, sante martiri di Tessalonica, le cui vicende sarebbero ambientate sotto Diocleziano nel 304 d.C.
Una seconda voce, che riprende il Menologio, si riferisce, genericamente, ad una S. Irene venerata a Lecce figlia di un signorotto di nome Licinio, che preoccupato per la sua bellezza la rinchiuse, all’età di sei anni, in una torre insieme a tredici ancelle. Convertitasi al Cristianesimo ricevette il battesimo da S. Timoteo, discepolo di S. Paolo e ripudiò gli idoli pagani donati dal padre. Questi, infuriato, la fece legare ad un cavallo imbizzarrito per darle la morte; ma mentre ella si salvò, il padre morì in seguito ad un morso alla mano ricevuto dal cavallo. Irene ottenne la sua resurrezione, cosa che indusse i genitori, nonché tremila pagani, alla conversione.
Dopo varie vicissitudini, avendo rifiutato l’apostasia, la Santa venne suppliziata e subì il martirio mediante la decapitazione.
Le linee fondamentali della vita della Santa sono ripercorse successivamente all’interno del Breviarium Liciense (1527?), nella Historia della Vita,