Frustulum ossium sive digitum Divę Agathę Virginis et Martiris
Ricostruzione storica della reliquia contenente il frammento osseo del dito di Sant’Agata
di Antonio Faita
Per noi cristiani le reliquie sono collegate al culto dei santi, sono segni, simboli, memorie, testimonianze della loro presenza. Reliquia, che letteralmente significa “ciò che resta” di un corpo o di una sua parte o ancora di oggetti appartenuti alla persona, è tutto ciò che ricorda un santo, che lo rende vivo allo spirito degli uomini. Significa anche affrontare i temi della memoria, della testimonianza, del ricordo, disporsi in una prospettiva rispetto ai quali, chiesa e mondo laico, in diversa misura, non possono dichiararsi disinteressati. Il Galateo, nella sua epistola Callipolis descriptio, indirizzata al Summonte tra il 1512 e il 1513, così scrisse riguardo la religione e il popolo di Gallipoli: Hic populus religionis, et divini cultus haud negligens est[1].
Da sempre, il popolo di Gallipoli ha dimostrato una larga ed intensa partecipazione alle testimonianze di fede, di culto e di devozione che hanno scandito l’incedere del tempo. E ancora, prosegue il Galateo: Habent urbis patronam, et praesidem divam virginem Agatham, quam pie venerantur[2].
In effetti, la città di Gallipoli e l’intera Diocesi di Nardò-Gallipoli il 5 febbraio celebrano solennemente la memoria della santa catanese vergine e martire. Sin dal XII secolo il culto della vergine venne introdotto a Gallipoli grazie all’evento straordinario, come vuole la tradizione, del ritrovamento, nell’agosto 1126, di una mammella della santa, giunta sul lido gallipolino durante il viaggio di traslazione da Costantinopoli a Catania.
Come noi tutti sappiamo la reliquia rimase a Gallipoli nella Basilica Cattedrale a lei dedicata, dal 1126 al 1389, fino a quando, purtroppo, il principe Del Balzo Orsini la trasferì a Galatina, dove fece costruire la chiesa di Santa Caterina