di Pino de Luca
Nel ventennio, quello tragico del secolo scorso non quello comico che si conclude in questo, nella furia autarchica e nazionalista vi fu una opera agricola straordinaria: la battaglia del grano. Le scuole agrarie della penisola che s’avvalevano di studiosi di grande valore furono messe alla frusta e incaricate di far diventare l’Italia il granaio dell’Europa. La Puglia, ed in particolare il tavoliere furono investite in pieno della missione. Nulla fu inventato, solo dato corso a ricerche già completate e conoscenze già sperimentate.
Pochi rammentano l’opera di Peppino Cuboni, membro dell’accademia dei Lincei, e grande esperto di fitopatologia. Personaggio straordinario che nel 1887 (non è un errore è proprio milleottocentoottantasette) cominciò a studiare gli effetti dell’inquinamento industriale sulle coltivazioni agricole alla Regia Stazione di Patologia Vegetale di Roma. Nel 1903 portò alla conoscenza della comunità scientifica italiana le scoperte alle quali era giunto Gregor Mendel. Scoperte alle quali era già giunto un suo allievo che si chiamava Nazareno Strampelli. Ibridare il frumento per avere specie più resistenti e produttive.
Cuboni fu un grande sostenitore dell’Aridocultura e ne promosse lo studio in Puglia, a Bari, anche se con scarso successo. Ma l’allievo Nazareno Strampelli proseguì gli studi e le applicazioni e, nonostante i tanti impedimenti per superare i quali ebbe ad accondiscendere a numerosi compromessi (divenne massone e si iscrisse al Partito fascista nel 1925 ma non firmò mai il manifesto sulla razza), portò a compimento numerosi ibridi che contribuirono alla Vittoria del grano.
Una di queste varietà destò l’interesse di Raffaele Cappelli, personaggio politico di grande prestigio nella Destra Storica e con grandi interessi in