Scienza e scienziati salentini tra Seicento e Novecento


di Livio Ruggiero

La tradizione scientifica salentina, in buona parte messa in ombra da quella umanistica e dal barocco, è ricca di una lunga serie di personaggi, da Archita da Taranto, grande matematico del IV secolo a. C., a Ennio De Giorgi, uno dei più grandi matematici del Novecento. La vita e le opere della maggior parte di essi sono cadute inesorabilmente nell’oblio e solo di alcuni si è salvato il ricordo del nome nella toponomastica stradale. Eppure la loro attività è stata di grande importanza e spesso di rilievo internazionale, come quella del medico Giorgio Baglivi, dalmata ma salentino di adozione, dei naturalisti Oronzo Gabriele Costa e Salvatore Trinchese, del fisiologo Filippo Bottazzi, candidato al Nobel.

 

Alcuni hanno dotato Lecce di strutture scientifiche e tecnologiche d’avanguardia, anch’esse cadute nel dimenticatoio e scomparse dal panorama cittadino, come l’Orto Botanico realizzato da Pasquale Manni, la rete di orologi pubblici sincronizzati elettricamente ideata da Giuseppe Candido, sacerdote e vescovo, e l’Osservatorio Meteorologico e la Rete Termopluviometrica realizzati e gestiti, per oltre quarant’anni, con grande passione da Cosimo De Giorgi.

A ciò si aggiungano fatti di rilievo come i primi esperimenti di illuminazione elettrica condotti dal gesuita P. Nicola Miozzi, l’istituzione dell’Istituto Tecnico “O. G. Costa” e la realizzazione del tram elettrico Lecce-S.Cataldo, all’epoca il più lungo d’Italia.

In ambito universitario si sta cercando di recuperare questo ricco patrimonio, ma è l’intera comunità salentina che ne deve riprendere coscienza per salvare quanto rimane.

 

abstract del saggio pubblicato integralmente su Spicilegia Sallentina n°5

Giuseppe Candido: a Lecce i primi orologi sincroni d’Europa

di Marco Piccinni

Il 4 Luglio del 1906 si spegneva sull’isola di Ischia dopo una lunga malattia, a 68 anni, il vescovo Giuseppe Candido. “Demenza” fu la diagnosi dell’epoca.  Secondo la sua volontà le sue spoglie mortali vennero collocate nel Duomo dell’isola del golfo Napoleano, dove ancora oggi riposano. Nonostante le insistenze della sua famiglia, Don Pippi decise di non far ritorno nella città che gli ha dato i natali il 28 Ottobre del 1837, e che a lui doveva tanto: la sua Lecce.

A questo punto in molti si chiederanno: “Ma chi era quest’uomo?” Primo di sette figli, nato in via Regina Isabella, a due passi dall’immenso cantiere dei Teatini, da Ferdinando e Stella De Pascalis, Giuseppe Maria Luigi Candido divenne ben presto l’uomo che il mondo intero ci avrebbe invidiato, il cosiddetto punto all’infinito in cui due rette parallele finalmente si incontrano. I due binari della scienza e della religione che seppe tenere insieme in un connubio quasi metafisico che lo accompagnò fino alla fine dei suoi giorni.

Studiò sotto la guida dei padri gesuiti presso il collegio Argento dove accrebbe il suo interesse per la fisica e l’elettricità, quel semplice “movimento di cariche elettriche” di cui ormai non possiamo più fare a meno. I suoi studi proseguirono poi a Napoli dove si laureò in Matematica e Fisica prima e in Teologia poi.

Ritorno quindi a Lecce, in qualità di sacerdote nonché insegnante di lettere presso il Liceo-Ginnasio Palmieri e nel Seminario Diocesano, e poi ancora a Napoli dove si recava costantemente per perfezionare i suoi studi e incontrare altri scienziati. Studi intensi e ricercati che lo portarono a ricevere una “menzione onorevole” all’Esposizione Universale  di Parigi nel 1867, la prima in Italia in materia di Elettricità, per il suo brevetto della pila a diaframma regolatore che consentiva di ottenere una corrente costante per lunghi periodi con un basso costo di esercizio e grande facilità di manutenzione.

E si, perché don Giuseppe non si limitava solo a studiare, la sua spiccata intelligenza e la sua insaziabile curiosità gli consentirono di portare una vera e propria rivoluzione nel mondo scientifico ideando quello che potremmo definire come precursori dei primi campanelli elettrici, sveglie, impianti di illuminazione nonché orologi elettrici sincroni di cui Lecce può vantare il primato in Italia e annoverarsi tra i primi posti in Europa e nel mondo Intero. Tra il 1868 e il 1874 don Candido installa una rete 4 orologi: sul sedile, sul palazzo delle prefettura, sul liceo-convitto palmieri e sull’ospedale dello Spirito Santo. Tutti alimentati grazie alla sua pila, comandati in sincronia elettricamente da un orologio motore a pendolo meccanico, che azionava, sempre elettricamente, anche le quattro suonerie. Rimasero in funzione fino al primo trentennio del XX secolo.

Uno degli orologi di Candido- Ospedale dello Spirito Santo

Ideò e realizzò inoltre un pendolo elettromagnetico che batteva il

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