La spùrchia
di Armando Polito
Nome italiano: orobanche, succiamele delle fave
nome scientifico: Orobanche minor L.
famiglia: Orobanchaceae
Il primo nome italiano, la prima parte di quello scientifico e il nome della famiglia derivano tutti dal latino classico orobanche1, a sua volta dall’omofono e omografo greco2 composto da òrobos=veccia e ancho=stringere, soffocare; la seconda parte del nome scientifico (minor=minore) è distintiva rispetto alle innumerevoli varietà di questa specie. Il secondo nome italiano deriva da succiare e mele (variante popolare di miele, inteso come umore).
Tutte le etimologie fin qui riportate confluiscono concordemente a stigmatizzare il carattere di infestante parassita in grado di distruggere intere piantagioni di fave con l’azione del suo austorio (forma aggettivale sostantivata dal latino haustum, supino di haurìre=attingere, che definisce l’apparato attraverso il quale piante o funghi parassiti assorbono le sostanze nutritive dal corpo dell’ospite).
E il nome dialettale? Spùrchia, invece, contiene un riferimento alla grandissima quantità di semi che la pianta è in grado di produrre, derivando da un latino *exporculàre=produrre come una piccola porca3; legato ai successivi passaggi semantici per traslato (facilità di riproduzione> carattere infestante>danno) è il significato che la voce ha assunto come sinonimo di sfortuna (quandu tice la spùrchia=quando si parla di sfortuna) e, come epiteto poco gratificante, quando è riferita a persona: per lo più è la mamma a farne le spese: ddha spùrchia ti màmmata (quell’orobanche di tua madre).
E pensare che in passato, in tempi di bisogno, la spùrchia è stata una vera e propria risorsa alimentare, specialmente in Puglia dove lo stelo tenero veniva consumato fritto in olio. Ma della sua commestibilità non aveva parlato molti secoli prima, come abbiamo visto nella nota 2, Dioscoride?
________
1La voce è attestata in Plinio (I° secolo d. C.)): (Naturalis historia, XIX, 44): Est herba, quae cicer enecat et ervum, circumligando se: vocatur orobanche (C’è un’erba che uccide il cece e la lenticchia, avvolgendosi [questa caratteristica escluderebbe la possibilità di identificarla con la nostra e spingerebbe a credere che si tratti della cuscuta] loro intorno: si chiama orobanche).
2 La voce in Teofrasto (IV°-III° secolo a. C.), De historia plantarum, VIII, 8, 4, designa la cuscuta: L’orobanche della cicerchia e la speronella della lenticchia: la prima prevale soprattuttio per la debolezza della pianta infestata, la seconda prolifera poi soprattutto in mezzo alla lenticchia e in qualche modo è simile all’orobanche, poichè avvolge con i suoi riccioli tutto lo stelo avviluppato e in questo modo lo uccide, donde ha preso il nome.
In Dioscoride (autore greco contemporaneo del latino Plinio), De materia medica, II, 171 la descrizione rende plausibile l’identificazione con la nostra: L’orobanche (per alcuni cinomorio, per altri leone, per i Ciprioti tirsine,dal popolo detta lupo] è un piccolo stelo rosseggiante, quasi di un piede e mezzo, talora di più, senza foglie, un po’ lucido, un po’ peloso, tenero. Si fregia di fiori biancastri o tendenti all’arancione. Si dice poi che nascendo vicino a certe leguminose le soffoca, donde prende pure il nome. Si mangia poi a guisa di erba cruda o cotta nei pasticci a mo’ di asparago. Si dice che cotta insieme con i legumi ne accelera la cottura.
3. Rholfs, Vocabolario dei dialetti salentini, Congedo, Galatina, 1976, v. II, pag. 685, alla voce spùrchia, ove, tra l’altro, si ricordano le napoletane spòrchia=gemma germogliata e sporchiàre=gemmare, nonché il calabrese purchiàre= germogliare. Sulla probabile comunanza etimologica con brucàcchiu vedi sul sito il post Lu brucàcchiu del 3 dicembre u. s.