di Simone Sapone
Camminare in un oliveto secolare, nell’assolato silenzio dei campi d’agosto è come mettere piede in un’allucinazione, come toccare per mano il miraggio di un altro mondo, un mondo in cui ci si sente piccoli piccoli, per una volta ancora.
Esseri antichi e maestosi, ma allo stesso tempo bonari, amici dell’uomo che per secoli li ha accuditi in una simbiosi da recuperare: la corteccia contorta nella danza con le umane faccende.
E’ entrato nei millenni nella cultura di interi popoli Nutrendoli con un alimento indispensabile, Curandoli con le sue mille benefiche proprietà, Ispirandoli e Guidandoli con la calda luce delle lampade.
Sole, sassi, siccità, silenzio e solitudine sono secondo la tradizione le cinque parole che formano l’habitat ideale per l’olivo, condizioni che nel Salento deve aver trovato in abbondanza vista la quantità di esemplari secolari che si ‘aggirano’ tra le nostre pianure.
L’olio che se ne ricava accompagna l’uomo fin dall’inizio della sua storia, essendo simbolo stesso della civilizzazione ottenuta per grazia della dea Atena; è l’unico albero da frutto a mantenere le foglie verdi per tutto l’anno come dice Plutarco riconoscendo la valenza politica dell’ulivo che ‘Senza posa (l’olivo) sostituisce con foglie nuove le foglie cadute; come la città, esso resta