Da Tricase a Civita Castellana: il racconto di Lutgarda Turco / Quarta ed ultima parte

LUTGARDA TURCO, LA PIETRA E IL PESCATORE

La costa di Tricase si estende per otto chilometri, con numerose grotte che il mare ha sapientemente scavato nei secoli tra le scogliere. Per raggiungerle si accede solo con le barche, il loro interno pullula di pipistrelli e colombi selvatici che vengono a nidificare.

La marina principale è quella di Tricase Porto. C’è la certezza che il porto, essendo un’insenatura naturale, esista da sempre. Per la sua bellezza, i signorotti del paese vi costruivano le loro ville in stile liberty, mimetizzate tra una magnifica e lussureggiante vegetazione. Il pittoresco porticciolo è incastonato tra le scogliere che finiscono a strapiombo nel mare limpido e azzurro, una vera medicina dell’anima.

Arrivata a Tricase, nonostante siano trascorsi tanti anni, mi sono ben ricordata della mia casa in Via della Carità: come avrei potuto dimenticarla? È là che ho visto la luce! Dalla strada si entrava in un grande cortile dove noi più piccoli giocavamo a campana e alle signore[1], oppure ci raccontavamo storie fantasiose. Dal cortile si accedeva all’abitazione, una stanza grande con annessa cucina e un camino al centro; dalle scale si accedeva al piano superiore con camera e bagno. Al di sopra, una grande terrazza dove in grandi vasi mia madre coltivava basilico, prezzemolo, rosmarino e peperoncini piccanti, detti da noi tiaulicchi, piccoli diavoli. Dalla terrazza si scopriva parte del centro storico, i giardini con le piante di limoni e arance, le piazze, i monumenti e le chiese. Nelle serate d’estate, quando la gente usciva per la passeggiata, si poteva udire il chiacchiericcio, quasi fosse una melodia, salire fin sulla terrazza. Ricordo anche quando insieme a mia sorella passavamo interi pomeriggi a giocare con le bambole di pezza che confezionavano le sorelle più grandi.

Ricordando tutto questo, a stento potetti trattenere le lacrime e il pensiero corse ai miei genitori e alla loro sofferenza nel lasciare la casa costruita con tanti sacrifici. Nel fare il giro del mio paese, mi fermai nella piazza principale dove delle persone sedute sulle panchine chiacchieravano del più e del meno e

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