Salento, terra di calendule e di tradizioni

LA CIVILTA’ CONTADINA NEL SALENTO DI FINE OTTOCENTO

TERRA TI CARENULE

Le calendule, simboliche deus ex machina della fortuna contadina

e, di riflesso, fiori emblematici dello stato padronale

di Giulietta Livraghi Verdesca Zain

(…) Se, tanto per fare qualche esempio, a calura già esplosa [i contadini] vedevano un campo di grano maturo punteggiato da cespi di papaveri, molti dei quali ancora in boccio, non avevano dubbi: quella era terra néura grascia (terra nera grassa), cioè talmente ricca di succhi e sali minerali da reggere imperterrita il risucchio del sole e non accusare impoverimento neppure in seguito allo sforzo di inchjtùra (riempitura delle spighe). Al contrario, se la stessa accensione di papaveri la notavano prematuramente, cioè sul finire di aprile quando il grano cominciava appena a spigare, il loro giudizio era tassativamente negativo: quella era terra russa subbràna ca fila sperta ma no rrìa a ttissìre (zona di terra rossa a strato superficiale, svelta nel filare ma incapace di giungere alla tessitura), cioè terreno che col sopraggiungere della calura si inaridiva, per cui il seminato – che in prima fase appariva rigoglioso – alla resa dei conti si rivelava rrisicàtu (stento, non florido), compensando la fatica del coltivatore con ccota mazza ti spiche ummàte a mmiénzu (raccolto magro di spighe piene solo a metà).

Ricitéddhra ca nasce a ttigna / terra a scuppatùre ca no bbole igna” (“Dove il convolvolo nasce a tigna [a chiazze isolate] è terreno dal sottosuolo discontinuo nella composizione, non adatto alla coltivazione del vigneto”), sentenziavano passando d’estate davanti a un campo che appariva solo qua e là punteggiato dalle campanelle bianche del convolvolo, intendendo per discontinuità del sottosuolo la presenza di carisciòle ti critàzzu (tracciati cretosi) che, per essere inserite in un contesto di terra nera, vietavano al terreno la necessaria uniformità nella reazione termica. Impiantando vigneto, ne conseguiva che al momento della vendemmia si registrava lo stesso effetto accusato dalla rada fioritura del convolvolo, cioè la sgradevole alternanza di ceppi la cui uva era già mpassulàta (stramatura, passita) a ceppi con grappoli di ua culirùssa (uva a culo rosso, cioè ancora acerba, non del tutto annerita e quindi lesiva alla mostatura).

La graduatoria di un terreno veniva sempre rapportata alla sua adattabilità all’impianto del vigneto, la cui coltivazione, per essere a lungo termine e

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