di Marcello Gaballo
Una figura ancora viva nei ricordi di Parabita è quella della duchessa Lucia La Greca, moglie del duca Giuseppe Ferrari (detto “lo zoppo”), esempio di nobile pietà e di instancabile beneficenza. Nuovi documenti rinvenuti nel carteggio del vescovo Luigi Vetta presso l’Archivio Storico della Diocesi di Nardò restituiscono il profilo umano e religioso di questa donna, la cui generosità si tradusse in opere durature a favore della comunità e, in modo particolare, della chiesa matrice.
Fu proprio in virtù di tale magnanimità che, poco prima della sua morte, il vescovo, con lettera datata 14 luglio 1853, si rivolse alla Segreteria di Stato – Ministro dell’Interno, chiedendo le debite autorizzazioni affinché la duchessa potesse, “nonostante i divieti ormai in auge”, essere sepolta “nella tomba di famiglia che era collocata presso la cappella dell’Addolorata della chiesa matrice”.
Nel suo scritto il presule descrive la nobildonna come “da oltre 50 anni si è distinta sempre per opere di pietà e di beneficenza. Non solamente i poveri hanno trovato sempre in Lei un pronto soccorso in tutti i loro bisogni, ma le Chiese e le case religiose ancora mostrano luminose pruove della carità di questa insigne benefattrice, ed ultimamente, essendosi dovuta ingrandire, e rendere più decente la Chiesa Matrice, la grand’opera non si sarebbe potuta intraprendere, e compire, senza una ingente somma offerta dalla Signora Duchessa medesima.”
Il vescovo proseguiva segnalando la veneranda età della nobildonna e il desiderio da lei espresso: “Essa, intanto, la pietosa Signora, è giunta all’età di anni 85, e vede perciò non molto lontano il suo passaggio alla eternità. Mi ha quindi espresso il suo desiderio che le sue spoglie mortali sieno deposte in una Cappella gentilizia posta nella Chiesa medesima. Chiesa matrice, ed è questo pure il desiderio di quel Clero, anzi di tutta quella popolazione, la quale grata a tanti benefici, non saprebbe come renderne perenne la memoria.”
Con queste premesse, Vetta si appellava alla Segreteria del Ministro, affinché “si rivolgesse al Sovrano per offrire l’assenso perché la salma della duchessa, ‘quando Dio vorrà chiamare a sé la buona Signora’, possa essere riposta nella tomba gentilizia della famiglia ducale, nonostante i divieti in vigore”. Il vescovo precisava inoltre che “in quel Comune non vi è il Camposanto ancora, ed i cadaveri sono sepolti in una Cappella che, sebbene posta all’estremo dell’abitato, è pure posta dentro l’abitato medesimo”.
A meno di un mese dalla richiesta, l’autorizzazione giunse in forma di Attestato ufficiale, con il quale veniva concesso alla duchessa “il privilegio d’esser seppellito il suo cadavere nel sepolcro della cappella gentilizia della Casa Ducale”. Il 20 settembre dello stesso anno, il Sotto Intendente comunicava al vescovo l’avvenuta concessione della grazia sovrana.

Il sepolcro, completato nel 1745 dal duca Paolo Ferrari, oggetto di studio dello studioso Mario Cala, è tuttora individuabile nella cappella dell’Addolorata della chiesa madre di Parabita. L’ingresso del sepolcreto è chiuso da una lastra tombale in marmo bianco, un tempo recante un’iscrizione oggi appena leggibile, fatta incidere da Paolo Ferrari. La tradizione locale vuole che la duchessa sia effettivamente qui tumulata, secondo le volontà espresse in vita e grazie al provvedimento ottenuto dal vescovo Vetta.

Dalle notizie biografiche contenute nel documento allegato, si apprende che Lucia La Greca, nata a Montalbano nel 1771 in una famiglia di antica nobiltà meridionale, unì al rango sociale una sincera vocazione caritativa. Sposata al duca Giuseppe Maria Ferrari di Parabita, visse tra Lecce e la residenza ducale del paese, dove si distinse per la promozione di opere pie, per l’assistenza ai poveri e per il sostegno alle istituzioni religiose. La sua vita, conclusasi il 18 giugno 1855, interamente spesa “per la gloria di Dio e il bene del prossimo”, rimase a lungo nella memoria collettiva dei parabitani come esempio di virtù cristiana e di nobiltà d’animo.
Il sepolcro, tuttora visibile nella cappella dell’Addolorata, rappresenta una delle più significative testimonianze materiali della presenza ducale nella chiesa matrice di Parabita. Il documento del 1853 permette di ricostruire con chiarezza la profonda devozione e la riconoscenza che l’intera comunità parabitana nutrì per la sua illustre benefattrice, alla quale si deve in gran parte il decoro e l’ampliamento del sacro edificio. Tuttavia, come osserva Mario Cala sulla base di alcune testimonianze tramandate dai discendenti della duchessa Lucia La Greca, la sepoltura nella cappella fu con ogni probabilità temporanea: la salma sarebbe stata in seguito traslata e deposta nella Basilica del Carmine Maggiore di Napoli, dove la famiglia possedeva antiche sepolture gentilizie.
Si ringrazia l’amico Matteo Milelli, ancora una volta prezioso nel reperire utili informazioni e adeguata bibliografia sulla chiesa, nonché autore delle fotografie che accompagnano questo contributo.
In allegato il saggio di Mario Cala sulla cappella dell’Addolorata:
