
di Elio Ria
L’alba sottende sempre qualcosa di nuovo alla luce di un giorno, sempreché il giorno appaia nelle modalità inconsuete. Non basteranno gli occhi a diramare le nubi. Il sole d’autunno è pigro è ineluttabile, sente l’indifferenza che la gloria reca. Non arriva sui radi alberi poveri di una piazzetta di paese. Lassù la piazza è diversa. L’allegria del sole è spazzata via dal vento, anche la vita pulsa di meno. Al sud l’alba ha l’odore degli ulivi, del mare, della riproducibilità delle parole inattese, dei sogni infranti dalle differenze. L’alba è un libro che non si conclude, nonostante il tramonto e l’assenza delle figure d’altri tempi. Gli altri sono immagini-fantasmi che ci sfiorano casualmente, in momenti di transizione di sentimenti, in un tramonto alato. Riconduciamo gli oggetti del panorama alle idee che nel pensiero si assoggettano a desideri e giochi fantastici in cui le montagne non sono pietre ma carta, gli alberi giganti prostrati e vinti. L’alba non ci dice nulla, eppure tutto di noi è scritto in essa, ma non ci interessiamo, lo sguardo è irrimediabilmente perso nel tutto della vanità. L’alba del Sud resiste, ancora, per coloro che sono diversi dagli altri, e non capitolano.
L’alba è ciò che in ultimo rimane di noi. Un nuovo giorno che si schiude al sole o alle nuvole, alla pioggia e al vento. Essa dirà qualcosa in assenza o in presenza, in assenza per pudore, in presenza per rimprovero, dirà comunque parole e segni, non sogni, sarà radiosa nelle vesti di una donna. Lo sguardo rimprovererà gli occhi, le mani conterranno gli spiccioli di una bellezza consumata. Un nuovo giorno giungerà al termine con la sua alba di fiori appassiti, di giardini contorti, di territori malati. Un giorno chiederà conto all’altro, al divenire che si appresta a non concedere certezze ma diseguaglianze di speranze. Tutto si concluderà a nostro sfavore, a nulla varranno le preghiere, gli scongiuri, le maledizioni. Ogni fatto si cristallizzerà nella parola di penitenza e nessuna redenzione è concessa. L’alba è la bellezza di un dio che si annuncia a non si presta a nulla di umano, la logica non vale quando l’ignoto percorre strade indeterminabili e sconosciute. Poiché tutto è così, a nulla servirà il moto veloce della vita, l’agire inconsulto per gli affari. A nulla può l’alba sull’uomo, sul paesaggio, sull’aria, nella sua autonomia e insaziabile superbia di scandire la notte dal giorno si mostra bella per ingannare. Gli occhi comprendono, non la mente, il corpo è inutile e servile. L’alba sull’altalena del cielo disegna le nubi e dà forza al vento, sorride alle piante, ascolta i silenzi dei cipressi. Tutto è così, sempre, nella convenzione di un universo non fatto per noi e che non contempla l’estrema follia dell’immaginazione nei suoi comparti di razionalità.
L’alba del Sud è l’alba della nostalgia, in esilio del tramonto, che si spappola sulle campagne e sul mare.
